SECONDO CAPITOLO:
IL SIGNORE DEGLI ANELLI e
IL SILMARILLION di J.R.R. Tolkien
Prima di iniziare intendo premettere una cosa: nel caso mi faccia trascinare troppo dall'entusiasmo non ci badate. Infatti Tolkien è, per il momento, il mio autore preferito, non solo per il genere letterario - il genere fantasy - ma anche per i contenuti.
In realtà, è difficile parlare di quali siano i contenuti delle opere di Tolkien. Qui per contenuti ho voluto intendere il messaggio, che per me è una componente centrale nelle storie; ma il messaggio non è l'unico contenuto dei libri di Tolkien. E infatti non sono io la prima a dire che Tolkien non ha inventato solo delle semplici storie, ma un mondo: un mondo fatto di storia, cultura, costumi, persino di svariati linguaggi, l'elfico - con diversi dialetti! - l'orchesco, il nanico, la lingua degli Uomini; sembra addirittura che le lingue siano proprio la base sulla quale Tolkien ha articolato le sue storie.
Partirò dal Signore degli Anelli: l'ho letto un paio d'anni fa, si tratta di un'opera di rara lunghezza e vastità; nonostante ciò, leggendola, non ho avuto l'impressione che fosse così lunga. La sua lettura non mi ha annoiata, ho amato le atmosfere create, a volte solari - come nelle città degli Elfi, caratterizzate da boschi luminosi, luci, fiori ecc.. - a volte cupe, come le terre buie e piene di cenere di Mordor. Ma non voglio dire che si tratti di una lettura facile: la difficoltà maggiore con la quale mi sono scontrata è stato il fatto che si tratta di un romanzo pieno di nomi. E ti capita a volte di leggere distrattamente un nome, che so, a pagina 30, per poi ritrovartelo 100 pagine dopo. E allora te ne esci con una domanda del tipo, "e da dove diavolo è uscito questo?" Si tratta in realtà di una cosa che ho ritrovato anche nel Silmarillion, motivo per il quale ho ringraziato quell'anima pia del figlio di Tolkien per aver fatto un pratico indice dei nomi, che consultavo tipo due volte ogni pagina.
Ma non voglio divagare. In ogni caso, si tratta di un'opera così vasta che riesce quasi difficile farne una riflessione. Sulla trama, nulla di particolare in sé per sé: Sauron vuole impossessarsi di un oggetto - l'Unico, il famoso anello - mediante il quale potrà raggiungere una situazione di strapotere sulla Terra di Mezzo. A questo punto intervengono i protagonisti della storia, l'incarnazione del bene, fanno la guerra, e lo neutralizzano e alla fine tutti tornano felici a casa, essendo stato l'anello distrutto; tutto questo, tralasciando tutti i vari intrecci paralleli, la storia di Merry e Pipino che con gli alberi parlanti distruggono Saruman il Bianco che si contendeva l'anello con Sauron, e poi la storia di Frodo e Sam che si avventurano, da soli, a Mordor.
Prima di leggere il Signore degli Anelli avevo sentito dire che è un racconto "sull'eterna lotta tra il bene e il male"; questa definizione non mi attirava perché la ritenevo una storia trita e ritrita, banale - non sono mai stata una "manicheista". I cattivi che minacciano il mondo, i buoni che li menano, e poi tutti felici a festeggiare. Ma leggendo il Signore degli Anelli mi accorsi che la questione non è così semplice; e anzi molto più originale e approfondita.
Anzitutto, il male è incarnato dall'Anello: si tratta di un bellissimo cimelio in grado di accendere in chi lo indossi sete di potere, brama, desideri e tutto quel che ne consegue, ossia la malvagità. Chiunque abbia a che fare con l'anello - e Sauron più di tutti - perde la ragione e diventa malvagio. Prendiamo la scena di Boromir, il personaggio più problematico del romanzo: Boromir vorrebbe l'anello perché, secondo lui, gli consentirebbe di vincere contro Sauron e salvare Gondor, la sua terra; il fine è rivolto al bene, sì, ma in quel momento Boromir è aggiogato dall'anello e arriva ad aggredire e insultare Frodo per impossessarsene, affermando, nella sua follia, la frase che maggiormente si oppone al pensiero di Tolkien: dice infatti che sono gli Uomini a fare la storia, e non gli Hobbit, da lui considerati in quel momento esseri senza importanza, poiché gli Hobbit erano sempre vissuti nella Contea, lontani dai grandi avvenimenti; e per questo Boromir afferma che non sono capaci di grandi cose. Subito dopo, quando Boromir si rende conto di quello che ha fatto, si pente e si vergogna tantissimo delle sue azioni e del solo aver desiderato l'anello. (Per fortuna fa in tempo a rifarsi, in ogni caso). Pertanto l'anello ha la capacità di far perdere le rotelle anche alle persone meglio intenzionate, e, usando le parole di Tolkien, schiavizzarle. Si tratta a mio parere di un messaggio molto positivo, perché dicendo questo Tolkien altro non dice che chi fa il male non è mai libero. Tolkien non si sofferma mai ad analizzare le motivazioni delle azioni malvagie dei nemici, creando dei malvagi dotati di grande profondità; perché questa profondità nei malvagi non c'è. L'unico motivo che spinge gli abitanti della Terra di Mezzo a essere cattivi è uno solo, ed è legato al possesso, alla sete di potere, e a null'altro. Le opere di Tolkien sono abbastanza svincolate dal generale panorama letterario del Novecento: perché Tolkien ha cercato di fare un recupero di quelle certezze che negli ultimi secoli si sono perse. Tolkien pone il disinteresse come valore opposto alla brama di possesso: se leggiamo il Signore degli Anelli ci accorgiamo che i personaggi più belli sono proprio quelli che agiscono senza alcun interesse dietro - e al contrario, i più malvagi sono sempre lì ad aspettare ricompense. Il mio personaggio preferito è stato proprio Samvise Gamgee. è un personaggio che veramente incarna la bontà tolkieniana: non possiede grandi domini, regni, la sua unica occupazione è fare giardinaggio nel giardino di Frodo. Per questo la sua mentalità è molto distante dai conflitti d'interesse, e al contrario fondata su valori autentici e disinteressati. Proprio in virtù di questi valori Sam è in grado di accompagnare Frodo nel suo viaggio a Mordor, una sfacchinata assurda, oltre che a salvarlo, lui da solo, da una torre pattugliata da tremendi Orchi; e infine, gesto più grande di tutti, sale sul Monte Fato tenendo Frodo sulla spalla, perché il peso dell'anello fa mancare le forze a Frodo. Oserei dire che l'ho trovato uno dei personaggi più positivi di tutta la letteratura occidentale, per quel poco che ne so io. è inoltre molto interessante il modo in cui Tolkien l'ha caratterizzato: la semplicità di Sam si rispecchia in tutto, anche nel suo modo di parlare. Ancora mi viene da ridere a ricordare la scena in cui inventa un termine per definire degli insetti che disturbano le notti dei viaggiatori, chiamandoli "nichibrichinichi" per i versi che fanno, ossia, come sta scritto, una sorta di "niiic briiic"
Per quel che riguarda gli altri personaggi, uuh, qui ce n'è una marea. Come già detto, il mio preferito è stato Sam; mi è molto piaciuta anche Eowyn - una donna che vuole prendere parte alle grandi azioni e non gingillarsi in casa a non fare nulla, e peggio ancora, ad aspettare gli uomini. Proprio la scena in cui confessa ad Aragorn di voler partire in guerra e non restare a casa come "una balia asciutta", temendo "una gabbia" che le impedisca di fare grandi gesta basta a smentire il mito di un Tolkien sessista. è vero, la stragrande maggioranza dei personaggi è maschile, e non nego che all'inizio anche io ho storto un po' il naso a questa cosa, però approfondendo la lettura ci rendiamo conto anche del modo in cui Tolkien parla di donne come Eowyn: senza la sarcastica diffidenza, quella snervante arietta di sufficienza che caratterizza tanta letteratura maschilista, ma con sguardo pieno di comprensione e ascolto. Le donne di Tolkien non sono mai scontate e insipide, non c'è verso di loro un atteggiamento di sdolcinato maschilismo che le vorrebbe chiuse a casa perché poverine fuori si sciupano: al contrario, se decidono che devono fare una cosa, la faranno. E infatti Eowyn alla fine va in battaglia e, risoluta, uccide, se non sbaglio, il Signore dei Balrog, mostri al servizio di Sauron; il quale Signore dei Balrog, per una profezia, non sarebbe potuto morire in altro modo.
Il personaggio di Eowyn, inoltre, partecipa alle scene che a mio parere sono tra le più belle: il dialogo con Aragorn di cui sopra, la scena in cui si rivela orgogliosamente come donna al Signore dei Balrog, e infine la storia d'amore con Faramir con uno dei dialoghi più belli e maturi di tutta la storia, in cui entrambi decidono d'inaugurare una vita di pace, lontani dai grandi avvenimenti.
Il personaggio che invece mi è piaciuto di meno è stato Denethor: padre di Boromir e Faramir, re di Gondor, il suo figlio preferito è Boromir e questa preferenza lo porta a fare delle battute davvero poco felici con l'altro figlio.
Belle anche le storie d'amicizia che si sviluppano durante la storia: il già citato duo Frodo-Sam e anche l'amicizia di Legolas l'Elfo con il Nano Gimli, una storia d'amicizia che sfida, con la sua autenticità, secoli di storia contrassegnati da inimicizia tra gli Elfi e i Nani, un'amicizia fondata sul perdono che rompe ogni schema mentale; salvo poi favorire, grazie all'unione e alla collaborazione di tutti, la vittoria. Questa è proprio la tematica dominante nel Silmarillion: il valore dell'unione e del perdono contro gli schemi mentali e i rancori. Un esempio è la bellissima storia d'amore tra Beren e Luthien, appartenenti a due razze tra loro ostili, ma che in nome dell'amore riescono a superare quest'odio e questo rancore e, unendosi a combattere insieme, riescono a vincere.
Si tratta questa di una costante che è alla base di tutte le storie contenute nel Silmarillion. Il perdono e l'unione contro gli schemi mentali a favore del cambiamento. Non a caso, quando Thingol, padre di Luthien, manda Beren a prendere il silmaril convinto di mandarlo a morte, - perché non vuole che sua figlia sposi un uomo - Tolkien dice che nel regno di Thingol in quei giorni "le ombre si allungarono". Un altro esempio è la storia di Earendil il viaggiatore: osservando il dolore degli Elfi nella Terra di Mezzo a causa di una loro antica colpa, Earendil chiede agli dei perdono e pietà per loro; e grazie a quest'invocazione disinteressata, gli dei salvano gli elfi da Morgoth, il dio nemico che tormenta da secoli tutti, Elfi e Uomini.
Un'altra costante di tutte le storie del Silmarillion sono le cadute. Ossia, cadute di regni felici che avevano prosperato a lungo e che sono crollati per colpa dei conflitti d'interesse e per la brama. Finché vige la legge del bene comune e della fiducia, le civiltà del Silmarillion prosperano, ma quando entra il germe dell'interesse e del desiderio, eccole entrare in una fase di decadenza che si conclude con una rovina. A portare questo germe sono i silmaril, gemme prodotte anticamente da un Elfo di nome Feanor - un personaggio antipatico, tra l'altro, sempre indiavolato manco fosse Vegeta. I silmaril assumono nel Silmarillion lo stesso ruolo che l'Unico Anello assume nel Signore degli Anelli: riescono ad assoggettare tutti alla propria volontà e chi li desidera condanna il suo regno alla rovina.
Ho finito il Silmarillion qualche ora fa e mi è piaciuto tantissimo: ci sono stati momenti in cui sono stata incollata alle sue pagine. Però bisogna dire una cosa: il Silmarillion non è un romanzo come il Signore degli Anelli. Assume più che altro i tratti di una rassegna storica, dall'origine dei tempi fino alle vicende del Signore degli Anelli; quindi non aspettatevi una storia avvincente. La narrazione certo ogni tanto è avvincente, tipo nella già citata storia di Beren e Luthien, ma in sostanza è un resoconto storico, anche se è pur sempre un'opera letteraria e artistica, con un suo messaggio, e come tale va vista. Differisce dal Signore degli Anelli anche per la sostanziale mancanza di personaggi umili e semplici come Sam e Frodo, che sono una presenza costante nell'opera di Tolkien, e per le pochissime poesie che pure sono numerose nelle sue opere. Di conseguenza manca anche quel tono leggermente umoristico e divertito che ogni tanto compare nel Signore degli Anelli - si vedano i nichibrichinichi - e i toni si mantengono nel Silmarillion molto impegnati ed elevati.
Non manca anche qui la contrapposizione tra le atmosfere serene e felici dei periodi di prosperità e le atmosfere dei periodi di decadenza, cupe fino alla malinconia. Queste atmosfere cupe trovano la loro massima espressione nella storia dell'eroe tragico Turin - che è quella che più mi ha incollata sulle pagine. Turin è destinato sin dalla nascita a una vita infelice e votata al fallimento, per colpa di una maledizione di Morgoth. Visto che tutta la sua storia era una serie di eventi tragici allora io maggiormente mi accanivo a leggere, per vedere se ahimè finiva bene. Infatti era così sfortunato che mi era diventato simpatico
davvero la più triste storia che Tolkien abbia inventato, a mio parere, e che mi ha fatto odiare Glaurung, il drago asservito a Morgoth che rovina la famiglia di Turin. Come detto, nel narrare la storia di Turin Tolkien ricorre a descrizioni di ambienti molto cupe, a sottolineare il fatto che l'eroe è nato in un periodo infelice per la Terra di Mezzo e che è oppresso da un destino drammatico: e allora descrive tempeste, venti, e usa spesso il termine "la luce smoriva".
In ogni caso, anche se è meravigliosamente scritto - leggete l'inizio del capitolo su Beren e Luthien, è stupendo - a volte il Silmarillion, essendo pensato come una rassegna storica, non riesce a rendere davvero la bellezza di certe storie, come quella di Beren e Luthien o di Turin, che qui sono soltanto riassunte; tanto che per storie del genere Tolkien ha pensato di scrivere dei romanzi a parte.
Nella prefazione Tolkien precisa che il Silmarillion è una storia incentrata sugli Elfi. Prima del Silmarillion si racconta la storia delle origini e degli dei, poi comincia il Quenta Silmarillion ossia la storia dei Silmaril, che parla degli Elfi; dopo si parla invece, in via sommaria, del regno di Numenor e degli Uomini ai tempi degli eventi del Signore degli Anelli. Il finale è suggestivo: il libro finisce con la fine della storia degli Elfi, che lasciano la Terra di Mezzo partendo con le loro navi verso Occidente - un finale tra l'altro simile a quello del Signore degli Anelli.
Concludo qui comunque questa lunghissima riflessione, sperando di essere stata chiara e di non aver fatto una confusione assurda...che può anche essere