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| Al comando delle tre legioni romane (per un totale di 15.000 uomini), affiancate da sei coorti e tre ali di truppe ausiliarie (per un totale di 5000 uomini aggiuntivi) c'era Publio Quintilio Varo, abile in tutto tranne che nell'arte della guerra ed in qualunque cosa riguardasse anche minimamente quest'ambito. Insomma, un burocrate piazzato da Augusto a governare la Germania romana come Proconsole, dopo averlo già fatto in Siria e Africa (intese come province romane di allora, non con i confini odierni, considerando che per Africa i Romani intendevano Cartagine e dintorni). A capo delle cinquemila truppe ausiliarie c'era un Germanico naturalizzato Romano, Arminio, che si era guadagnato la fiducia dei Romani tanto da entrare nello Stato Maggiore di Varo. Il piccolissimo, anzi insignificante dettaglio che nessuno tra i romani conosceva era la doppia vita di Arminio: egli, infatti, era anche a capo della tribù dei Cherusci e della coalizione che questi formarono con Bructeri, Catti e Marsi per respingere i Romani e bloccarne l'avanzata. Varo se ne accorse solo quando non vide Arminio tra le sue fila, a guidare gli Ausiliari, ma tra le fila avversarie, a guidare l'imboscata. E lì cascò l'asino. Mille perdite germaniche a fronte delle 15.000 romane, praticamente tre quarti delle truppe in mano a Varo, il quale è purtroppo da annoverare tra quelle perdite.
Ma prima o poi ci riprenderemo ciò che è nostro, in barba ai dannati Crucchi!
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