| Capitolo7: Verso lo stesso destino
“Ahah… hai abbassato la guardia!” Solaris fissò il compagno, steso a terra di fronte a lei, sorridente e soddisfatto del combattimento a cui aveva appena partecipato. “Non succederà mai più, goditi questo momento di gloria cucciola” “Ei cucciola a chi?” Ignitus Terrador e gli altri si scambiarono un’occhiata d’intesa, poi il maschio dal manto scarlatto si avvicinò ai due draghetti che avevano cominciato a darsele di santa ragione. “Sei solo un…” Ignitus si piantò loro in mezzo. “Ei! Fatela finita, credo che sia giunto il momento” I due draghetti osservarono l’amico ancora distesi a terra a pancia all’aria, senza smetterla di punzecchiarsi con le code. “Sicuro?” “Mio padre dice che dovremo essere in grado di raggiungerlo in meno di un giorno se ci impegnamo” “Una giornata di volo? Mi mancano le energie solo a pensarci” Rispose Solaris, mentre aiutava l’amico a rialzarsi con una delle zampe anteriori. “Ma è possibile che tu ti lamenti sempre di tutto?” “Zitto Glaider… tu sei come me” “Ma non è vero!” Ignitus anticipò i due draghetti che stavano per riazzuffarsi e con un movimento fulmineo li scaraventò a terra in direzioni opposte. “Non costringetemi ad usare la forza” Glaider si alzò sulle quattro zampe. Dispiegò le ali, e con il muso puntato verso Ignitus e le zanne snudate ringhiò rumorosamente. “Perché, pensi di avere speranza?” “Devo dimostrartelo?” “Non vedo l’ora guerriero del fuoco!” Senza neanche lasciargli il tempo di terminare la frase Ignitus gli era già balzato addosso, pronto per colpire. Glaider non si fece cogliere impreparato e balzò agilmente di lato,, afferrandolo per un ala e torcendogliela per farlo precipitare. Prima di finire al tappeto Ignitus fu in grado di scagliargli contro una fiammata incandescente, che non riuscì a ferire l’avversario ma lo distrasse abbastanza da permettergli di rialzarsi e riprendere quota. Glaider era circondato da un’aura gelida che irradiava aria fredda verso ogni angolo del campo d’addestramento, impenetrabile per le fiamme di Ignitus che fu costretto a ricorrere a uno dei drastici metodi di cui si serviva quando il suo semplice fuoco si rivelava inutile: scagliò un getto infuocato verso l’alto, dove Glaider concentrò l’attenzione per un istante, senza abbassare la guardia. Da questo fuoriuscirono altre fiamme, che presero la forma di frecce scintillanti e dall’alto puntarono il drago blu come predatori danzanti e inferociti. Glaider, non riuscendo a comprendere cosa passasse per la testa all’altro, si limitò a spegnerle con un ondata gelida che scagliò verso l’alto per far in modo che nessuna freccia potesse raggiungere il suo corpo. Ignitus approfittò del momento e lo caricò a testa bassa, con le aguzze corna puntate al suo ventre. La risposta fu immediata ma non del tutto efficace: Glaider afferrò Ignitus prima che potesse colpirlo, per bloccare la sua corsa impetuosa, ma questo gli costò alcune scaglie delle zampe anteriori che si staccarono dai palmi all’impatto con le cuspidi dell’avversario . Ignitus, riuscito nell’intento di renderlo inoffensivo per qualche istante, gli saltò addosso e portò gli artigli sulle sue zampe, immobilizzandolo al suolo. “Adesso non fai più lo spaccone vero?” “Ignitus… togliti o ti farai male” Il draghetto rosso ridacchiò, facendo schioccare la lingua. “Voglio proprio vedere come” Non ebbe un istante per rendersi conto del pericolo che una coda irta di punte gli frustò violentemente la testa, impedendogli di mantenere la presa su Glaider, che lo spinse via e lo scrutò sorridendo. Si massaggiò il cranio squamoso e sbuffò due zampilli di fumo dalle narici. “Bene! niente male drago” Solaris si avvicinò a Glaider, il quale, nonostante la sua spavalderia, ansimava vistosamente. “Si… molto bene. quindi chi è il migliore?” Ignitus gli si avvicinò a sua volta. “Non hai vinto” “Lo farò la prossima volta. Non vorrei che le tue belle scaglie si rovinassero proprio oggi che dobbiamo far visita al grande saggio” I restanti cuccioli li attorniarono, pronti per la loro importante missione. “Ma sei davvero sicuro che potremo avere questo privilegio?” Ignitus si voltò a fissare un altro draghetto molto simile a lui, che all’apparenza sarebbe potuto sembrare suo fratello. “Possibile Kiriax che tu non ti fidi una santa volta?” “Non è che non mi fido, ma…” L’altro mosse un ala pigramente. “Hai paura per caso?” “Certo che no ma… mi sembra un’impresa tutt’altro che semplice, non lo raggiungeremo mai in un giorno, voleremo senza sapere dove dirigerci” “Discorsi di chi ha paura” “Vuoi prenderle anche da me Ignitus?” Gli altri sorrisero, lanciandosi brevi occhiate l’un l’altro, godendosi quei momenti di quiete fraterna, che li vedeva uniti sotto lo stesso cammino. Cuccioli in cui risiedeva la speranza di un futuro prospero e rigoglioso. All’interno della sala principale del tempio, i guardiani osservavano un bagliore violaceo provenire da un cristallo dalla superfice prismatica, che si irradiava tutto attorno come un minuscolo sole. Neiry, Axius Siil e Ignitor erano consapevoli del potere che quell’oggetto racchiudeva, se pur incompleto. temevano ciò che sarebbe potuto accadere nel momento in cui le due fonti di energia si sarebbero ricongiunte, dando origine al più tremendo dei poteri. “Siete sicuri che sia una buona idea mandare i cuccioli alla ricerca del saggio così presto” Chiese Neiry, al fianco di Axius che continuava a tenere lo sguardo fisso sul cristallo, come temesse che sarebbe esploso da un momento all’altro. “Devono pur conoscere la loro strada…” La voce cupa e profonda del guardiano del fuoco contrastò con quella della dragonessa, che ogni volta che aveva a che fare con quel drago si sentiva oppressa. “Non è questo il punto. È una missione pericolosa, un viaggio privo di meta potrebbe condurli alla perdizione” Ignitor emise un lungo respiro, che emanò aria calda per tutto il vano. “Non è questo il loro futuro. Riusciranno in quest’impresa. Riusciranno dove noi abbiamo fallito” Neiry abbassò la testa, fissando senza un preciso scopo lo scuro pavimento sotto le sue zampe. “Hai ragione. in fondo… se le foglie d’autunno cadono, saranno quelle di primavera a prendere il loro posto. E con loro avrà inizio la nuova stagione” Axius sorrise, sbuffando una nuvoletta di brina. “La nuova era” Seguì un religioso silenzio, attenuato solo dalla vivida e pulsante presenza del cristallo al centro della stanza, la cui energia poteva essere palpabile anche a qualche metro di distanza. Axius tese una zampa, portando gli artigli sulla superfice vitrea di quel piccolo mondo di luce. “Siil… tu conosci bene quest’oggetto giusto? Sai di cosa è capace” Il drago dell’elettricità, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare passivamente gli altri, si voltò verso Axius con un’espressione di indifferenza. “Non ho conosciuto niente di quel cristallo, l’unico che penso vi possa spiegare gentilmente il suofunzionamento è lo stesso drago che volete eliminare. Quindi… temo di non potervi aiutare più di molto” “C’è almeno qualcosa che sai?” Siil sollevò una zampa, da cui fuoriuscirono lapilli elettrici che si mossero in ogni direzione, scontrandosi con le pareti e annientandosi tra di loro, come in una pioggia di piccole saette. “So che Flarendor ha un cristallo identico a questo, ma non so come sia riuscito ad utilizzarne il potere. Mi spiegò che il suo potere sarebbe diventato illimitato… possedeva un oggetto in cui convergevano le forze del creato e presto ne sarebbe diventato il padrone” “Ma lui non sa che noi siamo in possesso dell’altra metà di quel potere?” Chiese Neiry. “E come pensi che io possa saperlo. Una cosa è certa, se dovesse riuscire a riunirle… non credo vivremo a lungo” “Non ci riuscirà!” Esclamò Axius, sbattendo la lunga coda a terra. “Abbiamo celato questo potere al mondo proprio perché non venisse utilizzato in maniere sconsiderate… e non dovrà mai più accadere che qualcuno intacchi il nostro compito. Purtroppo Flarendor è entrato in possesso di parte di questa energia, ma dobbiamo impedirgli di completare la sua opera” Gli altri assentirono, anche se Siil non voleva dar segno di molto interesse per la situazione. In quegli anni il guardiano dell’elettricità non era cambiato il suo comportamento ambiguo e meschino non aveva trovato ancora pace in una sola dimenzione, il suo unico scopo era rimasto quello di saper prendere ciò che più gli faceva comodo per sopravvivere nel migliore dei modi. La sua era un’esistenza priva di scopo, paralizzata dal triste giogo della paura della morte. Nonostante ciò allontanarsi da Flarendor gli aveva permesso di imboccare un sentiero opposto alla distruzione. Richiuse istantaneamente gli artigli da cui continuavano a schizzare saette luminose e queste cessarono di muoversi, tornando a convergere sul suo palmo, da cui ricominciarono a far parte della sua energia. “Axius perché invece di blaterare non vai ad avvertire i nostri guerrieri che è ora di andare?” Il drago azzurro gli lanciò un’occhiata stizzita, anche se una volta tanto Siil aveva detto qualcosa da poter prendere come un giusto consiglio. Si mosse lentamente, poggiando un’ala sul dorso di Neiry per invitarla a seguirlo. Lei si lasciò guidare dall’amico e insieme uscirono dal tempio, entrambi assorti nei propri pensieri. Quando i draghetti li videro arrivare, concentrarono i loro occhietti e le loro anime in quello che a breve sarebbe stato proposto loro di attuare. Specialmente i cuccioli più temerari, che ancora non avevano avuto l’occasione di scrutare l’immenzo mondo esterno al loro tempio se non per perlustrazioni e voli di poco conto, non vedevano l’ora di mettere in pratica gli insegnamenti dei loro maestri e di sollevare i veli che celavano il loro destino. “Guerrieri del domani… questo è l’appellativo che vi è stato attribuito. È in voi che noi riponiamo la nostra fiducia. Nonostante la vostra giovane età avete dimostrato coraggio da vendere e vi siete già trasformati in guerrieri dall’indubbio valore. Adesso io sono qui… per assegnarvi un’importante missione, a nome di tutto il tempio e di noi guardiani degli elementi” Axius era circondato da sguardi di stupore, di gioia e di speranza. I draghetti attesero che il drago aprisse di nuovo bocca, mentre Neiry restò immobile accanto a lui. “Dovete incontrare il saggio eremita, il drago che tutto conosce e niente ignora. Sarà lui a guidarvi verso il vostro destino. Noi dobbiamo proteggere il tempio da eventuali assalti del nemico che come temiamo non tarderanno ad arrivare, quindi vi prego di non fallire e riponiamo in voi le nostre più profonde speranze, siate la luce del futuro!” I cuccioli si scambiarono occhiate fraterne, di sincero affetto reciproco, poi sorrisero al guardiano del ghiaccio. “D’accordo… non vi deluderemo” Rispose Ignitus, facendo un passo avanti. Glaider si voltò a fissarlo, non perdendo l’occasione per accentuare la loro rivalità. “Ti sembra questo il modo di dimostrarsi superiore agli altri? Non c’era bisogno che fossi tu a rispondere” Quasi tutti gli altri cuccioli risero , compiaciuti e felici di intraprendere il loro primo vero viaggio. Anche Axius rivolse un sorriso ai due draghetti, i quali si stavano fissando con evidente odio reciproco. “E voi due non fate sciocchezze, la missione è di vitale importanza” Glaider poggiò una zampa sulla spalla di Ignitus, rivolgendosi ad Axius. “Tranquillo… se farà lo sciocco ci penserò io a rimetterlo il riga” Ignitus scattò in avanti, facendolo rovinare a terra. Glaider si alzò ridacchiando, mentre i compagni alle loro spalle avevano assunto una sorta di assetto di guerra, pronti per spiccare il volo. “Bene. potete andare. Lasciate che sia il cuore a indicarvi la meta. E ricordate… il destino del nostro mondo è nelle vostre zampe!” Come una nube colorata, un arcobaleno bagnato di splendenti bagliori di speranza, i draghetti si lanciarono in cielo dispiegando le ali verso la loro gloriosa meta.
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Malefor stava giocherellando oziosamente con la ruvida corteccia di un pioppo in mezzo alla foresta, graffiandone la superficie con i robusti artigli. Trascorse molti minuti a incidere strane figure sul legno dell’enorme albero, sfregando più e più volte tralle scalanature i solchi che lui stesso aveva creato. Sembrava che con quel gesto volesse esprimere senza parole ciò che il suo cuore desiderava. Dopo un bel po’ di lavoro sul tronco era comparsa la figura approssimata di molte coppie di ali che danzavano unite in un unico volo, in mezzo al quale si trovava l’autore dell’insolito disegno. Aveva iniziato a disprezzare la solitudine, ma allo stesso tempo temeva la compagnia di individui che non fossero Flarendor. Udì rumore di zampe che calpestavano il fogliame alle sue spalle, ma non si preoccupò neanche di voltarsi. Non c’era nessuno in quel luogo eccetto lui e il suo maestro. Il drago del fuoco restò a fissare l’allievo per qualche secondo, mentre il cucciolo non lo degnò neanche della sua minima attenzione. L’indifferenza di Malefor non dovette piacergli. Senza il minimo preavviso, lanciò una vampata incandescente in direzione dell’albero, colpendo sia questo che il draghetto. Il pioppo divenne tristemente una colonna di fiamme e fumo. Dal rosso del fuoco ricomparve Malefor, con il suo solito sguardo distaccato e freddo che Flarendor non sopportava, ma adorava. Era stato lui ad imprimerglielo come un marchio indelebile. Con un getto d’aria gelida Malefor ridusse istantaneamente le fiamme ad una soffice folata di vento; dell’albero non era rimasta alcuna traccia, se non basse radici sporgenti dal terreno coperte di ghiaccio. “Maestro…” Non riuscì a concludere la frase; Qualcosa gli suggerì di scrutare l’orizzonte. Lo stesso orizzonte che bramava da sempre e che in quel momento lo stava chiamando. Non vide nient’altro che nuvole candide e smussate che si divertivano a mutare continuamente forma, come in un puzzle di casuale soluzione su uno sfondo limpido e azzurro. “Malefor…” Il draghetto tacque. “Torniamo a casa, ti aspetta una giornata d’allenamento molto dura domani, ti conviene riposare oggi” Malefor scosse il capo, rivolgendosi di nuovo alla volta cieleste. “No, non voglio riposare. Voglio il permesso di volare via da qui, almeno fino a stasera” “Non dire assurdità, questo permesso non ti è concesso” I loro sguardi si incrociarono di nuovo. questa volta nel draghetto splendeva una nuova luce di consapevolezza. “Non lo voglio da te, ma dalla mia anima. Voglio non temere più il mio destino e voglio scoprire cosa vive al di fuori di questo mondo” Così dicendo, Malefor si sollevò dolcemente in volo e si diresse verso quel nuovo mondo che lo stava aspettando.
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Ignitus, Terrador, Glaider, Solaris e tutti gli altri volavano ad alta quota, sopra le terre del loro meraviglioso e insidioso mondo. Di tanto in tanto si scambiavano occhiate fiere e vivaci, divertendosi a stabilire chi dovesse guidare lo stormo per qualche minuto, litigando assurdamente come solo i cuccioli sanno fare e prendendo quella dura missione con la moderata semplicità che era loro concessa. “Ignitus, tu che sai sempre tutto, hai una pallida idea di dove si possa trovare questo eremita?” Chiese Glaider, al fianco del suo compagno rivale. “Purtroppo no, so quello che sapete voi” Solaris, Terrador e un altro draghetto dal manto giallo splendente accelerarono, per raggiungere i due. “Axius ha detto… di seguire il nostro cuore” Disse la draghetta, neanche troppo convinta. Glaider si voltò verso di lei e le sorrise. “Bell’aiuto si…” “Che devo farci! Comunque credo che non troveremo niente in cielo” “Beh… non si sa mai” Le rispose Terrador, mentre Glaider e alcuni membri del gruppo avevano già iniziato a scendere verso il basso. Atterrarono uno dopo l’altro in cima ad un alto pendio da cui la natura regalava un panorama mozzafiato, stupendo anche per creature capaci di scrutare il mondo da sotto le nuvole.
Attorno a loro si apriva un volto paradisiaco del pianeta: da una parte si estendeva un’immensa foresta di latifogli, dall’altra lo sconfinato azzurro dell’oceano. “Mitico!” Urlò il draghetto del fulmine che si trovava al fianco di Glaider e Solaris, zampettando allegro sul quel nuovo terreno. “Zell, se non fai arrivare l’eco anche ad Avalar sarebbe…” Ignitus, che stava cercando di rimproverare l’amico, ruppe le sue stesse parole con un espressione degna di un illuminato. “Avalar! È lì che potremo andare. Ho sentito che…” Glaider scoppiò a ridere, stroncando sul nascere l’idea. “Certo… pensi che non ci avesse ancora pensato nessuno? Sbaglierò, ma non penso possa essere così scontato” Ignitus spinse la punta della coda nella pietra che componeva la superficie del pendio di quel piccolo monte, cercando di non rispondere come avrebbe voluto. “Oh nostro sommo consigliere, sai che lì abita un eremita… di cui teoricamente nessuno dovrebbe conoscere l’esistenza, ma che si trova proprio nella valle di Avalar? Magari non sarà un bersaglio valido come il nostro, ma forse potrebbe esserci d’aiu…” Improvvisamente si voltò alla sua destra, dove le cime di alberi secolari incorniciavano la scura foresta in cui il male aveva deciso di nidificare. Drizzò le zampe, facendo guizzare gli occhi verso un punto indecifrato del cielo. “Scusate un attimo…” Disse, sferzando l’aria con le ali e salendo di nuovo in volo. “Credo di aver visto qualcosa che…” I draghetti alle sue spalle erano troppo impegnati a discutere del più e del meno, a scambiare opinioni per opinioni e a perdere tempo, per rendersi conto che Ignitus stava già puntando qualcosa. Solo Glaider e Solaris se ne accorsero. “Cosa hai visto” Chiese la cucciola al suo fianco, cercando di seguire la linea del suo sguardo. “Non lo so, qualcosa si è mosso la in aria, qualcosa di piccolo… e…” Glaider si portò una zampa al muso. “E?” “E potente” I due lo fissarono spaesati, accontentandosi della sua convinzione. “Aspettatemi qui, vado e torno” “No ma aspetta… veniamo anche noi” “No Solaris tranquilla, non mi caccio nei guai inutilmente. Restate a spiegare a questi casinisti che abbiamo una missione da compiere” La draghetta gli sorrise, voltandosi poi verso la massa di cuccioli che avevano preso gusto ad inseguire Zell e un altro draghetto dalle scaglie verdi come le foglie di primavera. “Va bene… stai attento” Disse Glaider, sorridendogli. “Non sono imbranato come te” I draghetti si scambiarono un’artigliata amichevole e Ignitus si lanciò verso le ombre della foresta, intento a far luce su quella sensazione di disagio provata qualche momento prima. Planò verso un gruppo di alberi alti e silenziosi su cui si appostò per potersi guardare meglio attorno, rendendosi conto di quanto fosse tetro quel luogo. Niente sembrava realmente vivere, tutto era come rinchiuso in una foschia illusoria in cui pochi raggi di luce facevano timidamente capolino tra le fronde degli alberi. Udì un movimento a pochi metri di distanza; senza perdere troppo tempo si gettò verso la fonte del suono, pronto a qualsiasi sviluppo. Si fermò sull’erba all’ombra di una massiccia farnia. Ombra… troppa ombra. Qualcosa gli sfrecciò rapidissimo alle spalle, ma Ignitus non riuscì a fare altro che distinguere quello che poteva essere scambiato con il sibilo di una freccia. Si voltò di scatto e vide che in cielo stava volando a gran velocità un altro cucciolo di drago, circa delle sue stesse dimenzioni. Non fu in grado di distinguere immediatamente il colore delle sue scaglie, ma quando i suoi occhi forarono il velo di opacità causato dalla distanza il suo cuore perse un battito. “Quello è…” Non disse altro. Con una piccola rincorsa prese velocità, per poi schizzare al suo inseguimento, incapace di restarsene immobile ad assistere a quell’evento straordinario. “Ei fermati!” Il draghetto capì immediatamente che non stava inseguendo uno sprovveduto: sicuramente doveva avere molte più ore di allenamento alle spalle, vista la semplicità con cui lo aveva distanziato. Il suo primo pensiero finì agli altri cuccioli, ormai abbastanza distanti da non permettergli di tornare a chiedere loro aiuto. Gli avrebbe fatto comodo la velocità di Zell o di uno dei draghetti del fulmine. Si fermò a mezz’aria, limitandosi a muovere lentamente le ali e a fissare l’altro allontanarsi, finché accadde qualcosa che Ignitus certo non poteva aspettarsi. Il cucciolo viola invertì la rotta, come minimo dimezzando la velocità di volo e si diresse verso il draghetto del fuoco a cui sembrava che le parti si fossero invertite. Ignitus sentì il bisogno di scendere a terra, se il drago avesse avuto intenzioni ostili forse non valeva la pena di rischiare contro un avversario così esperto nel volo. Atterrarono all’unisono, a meno di venti metri di distanza. Mentre Ignitus si dimostrava timoroso e indeciso come il fuoco di fronte al mare , attendendo che fosse l’altro a compiere la prima mossa, il draghetto dalle scaglie viola mosse alcuni passi decisi e risoluti. In breve i loro musetti si trovarono l’uno di fronte all’altro. ___
capitolo8
Quattro acuminati artigli neri stringevano la superficie trasparente di un cristallo luminescente che sprigionava baleni violacei all’interno della grotta. Flarendor cercò di percepire quell’estranea energia come sua, saggiandone l’essenza e assaporando quel potere che non era in grado di sfruttare a pieno. La sua limitata natura di drago del fuoco non gli concedeva il privilegio di una tale forza, il suo spirito come quello di tutti gli altri draghi non avrebbe mai potuto rivestirsi di quell’infinito e opaco potere. Solo una creatura ne sarebbe stata in grado. La stessa che Flarendor temeva avrebbe perduto se non avesse estratto tutto il male che in essa risiedeva. Le ruvide e smembrate pareti della caverna, maculate da qualche piccolo strato di muschio, venivano monotonamente illuminate dal cristallo incastonato in un ampio foro sul pavimento, mentre il soffitto grondava brandelli di roccia sgretolata. Il drago osservò il flusso energetico che sgorgava dal cristallo per concentrarsi all’interno del suo corpo, che ne assorbiva la potenza. Era ancora molto fragile il potere che ghermiva tra i propri artigli, ma quella forza gli avrebbe conferito la possibilità di schiacciare il mondo sotto le sue fiamme, che avrebbero divampato per mezzo di Malefor, in cui non vedeva altro che lo strumento per raggiungere il dominio assoluto. Eppure quel potere restava incompleto, oltre che instabile. Sembrava che il suo controllo sul cucciolo si stesse affievolendo e dell’altro cristallo,necessario per completare il potere assoluto, non vi era ancora traccia. Qualcosa in lui sapeva dove avrebbe dovuto cercare, ma qualcos’altro gli suggeriva di tenersi alla larga dal tempio, almeno finché non si fosse rafforzato abbastanza da poter dominare Malefor e scagliarlo contro i suoi avversari. C’era già qualcosa che però avrebbe potuto fare. Abbassò lo sguardo sul cristallo viola e ghignò perfidamente.
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Terrador Zell e gli altri avevano deciso che la missione sarebbe stata al quanto noiosa, quindi avevano intavolato una caotica discussione su quanto le scaglie di un draghetto del gruppo fossero splendenti. Il diretto interessato se ne stava immobile al centro di un cerchio di cuccioli che gli chiudevano ogni via di fuga, costringendolo a sorbirsi tutti i commenti insensati che gli venivano indirizzati. Il draghetto, un esemplare dalle scaglie azzurre e argentee che rilucevano sotto i candori mattutini, teneva gli occhi smeraldini fissi verso l’alto, nella speranza della venuta di un “salvatore”, forse più per gli altri che per se stesso. Stava pensando seriamente di far ricorso al suo elemento per spazzarli via e farli precipitare giù dal monte sottoforma di ghiaccioli, ma la saggia decisione di aggregarsi alle loro spensierate e innocenti angherie salvò molte delle loro scaglie. “Ei che ne dici? Potremmo squamarlo dalla testa alla coda, così la smette di pavoneggiarsi” “No non ci sarebbe gusto, sarebbe più divertente vederlo schiacciato da una frana e poi ridotto in cenere dal suo stesso ghiaccio” “Questa è buona, però come può il ghiaccio ridurlo in cenere?” “Beh le sue scaglie troppo luminose potrebbero riflettere il sole e incendiarsi” I cuccioli osservavano la preda dei loro insulti, aspettando che se la prendesse per azzuffarsi allegramente. Quello rivolse loro occhiatacce feroci, pronto per perdere la pazienza e dar sfogo al desiderio di vendetta. Solo Zell si era allontanato, resosi conto che qualcosa non era al suo posto. Raggiunse Glaider e Solaris, che osservavano seri l’orizzonte sbarrato dai rami degli alberi, sperando di veder tornare al più presto Ignitus. “Glaider dov’è il tuo amicone?” Il draghetto si voltò verso Zell a cui fu grato per aver trovato qualcosa che potesse distrarlo dai suoi sospetti. “Non so, sicuramente starà dando la caccia a qualunque cosa abbia visto prima. Non preoccuparti, È un po’ arrogante ma di lui possiamo fidarci” “Di me vi fidate?” Il draghetto blu sorrise, passando la punta della coda sull’ala sinistra, sfregandola tra le scaglie della robusta membrana. “È di quegli sconclusionati là che non mi fido, cosa accidenti stanno facendo?” Zell scoppiò a ridere, grattando il terreno con gli artigli. “Si stanno divertendo a prendere in giro Dorim…” Glaider sospirò. “Ti dispiace dare una raddrizzata alla situazione?” “Nessun problema capo” Il draghetto finse un inchino scherzoso, puntando verso il drago le piccole corna color del verde di bosco e mostrando fieramente il dorso di una zampa, su cui un fulmine blu esprimeva orgogliosamente la sua appartenenza all’elettricità. I due draghetti del ghiaccio lo osservarono allontanarsi trotterellando, per poi rivolgere l’attenzione a una strana vibrazione del terreno che li mise in allerta. Qualcosa si stava muovendo e lo stava facendo sotto di loro. L’aria iniziò improvvisamente a saturarsi di elettricità e di tenzione, fino al punto di diventare palpabile. Un suono dalla fonte occulta e dall’agghiacciante entità si propagò attorno a loro, come se le viscere della terra si stessero rivoltando per svelare l’incubo celato al loro interno. I cuccioli si guardarono negli occhi attoniti, cercando poi l’origine di quell’orrore che da un momento all’altro si sarebbe manifestato in tutta la sua terribile potenza. “Glaider…” Solaris si avvicinò all’amico, stringendo le ali sui suoi stessi fianchi e cercando il contatto fisico con il draghetto. “Tranquilla…” La roccia sotto i loro artigli iniziò a vibrare. Di fronte a loro un profondo solco si materializzò sulla solida superficie del terreno, scossa da continui fremiti. Sembrava che la stessa terra palpitasse in preda al terrore. Dal buio squarcio emerse un’alta coltre di fiamme che venne seguita da un’enorme massa rocciosa dalla forma pericolosamente insolita. Acuminate guglie spuntavano irregolarmente da essa, come le corna di quella che si rivelò essere la testa di una colossale creatura interamente coperta di pietra. Si fece strada verso l’esterno a suon di percosse e onde sismiche, lasciando credere che sia cielo che terra in quel momento stessero ruggendo per annunciare la sua venuta. Glaider e Solaris, trasformati in statue di marmo dal panico, non riuscirono a far altro che osservare l’immenzo corpo del mostro che si ergeva di fronte a loro in tutta la sua straordinaria interezza. Non molto distante, Ignitus e il leggendario drago viola continuavano a studiarsi, ognuno con le proprie curiosità e con le proprie domande da rivolgere all’altro. Il drago del fuoco avrebbe voluto legittimamente chiedergli se fosse veramente lui il cucciolo di cui spesso parlavano al tempio e che un giorno forse sarebbe diventato il loro più pericoloso nemico. D’altro canto Malefor, non conoscendo nientaltro che il suo piccolo mondo, aveva un infinità di quesiti a cui sperava che Ignitus potesse avere risposta. Entrambi stavano per aprire bocca, ma ogni volta che provavano ad iniziare la conversazione qualcosa glielo impediva; forse il dubbio, forse la paura. Ignitus distese le ali e cercò di rilassare le membra, continuando a restare mentalmente teso e vigile in vista di un’improvvisa minaccia. “Tu… tu sei il drago viola dell’antica profezia… giusto?” Il suo interlocutore, apparentemente assorto nei suoi lontani pensieri, teneva con difficoltà il pieno contatto con quel nuovo mondo di cui anche le più semplici forme d’esistenza gli erano ignote. Quella innocente domanda non fece altro che confonderlo ulteriormente. “Il drago viola di che cosa? Perché… cos’hanno le mie scaglie viola di strano” Ignitus sorrise, altrettanto stupito dalla risposta di Malefor. “Oh niente, le tue scaglie non hanno niente di strano… è il tuo potere che a quanto dicono è incredibile. Ma non mi sembri pericoloso” “Pericoloso? a chi ti riferisci quando dici… dicono?” “Ai guardiani degli elementi. A quanto pare non ti conoscono, girano strane voci sulle tue origini e su un drago di nome Flarendor. Ah comunque perdonami non mi sono presentato, io sono Ignitus” “Io Malefor…” Sussurrò il drago viola, cercando poi di rispondere con una sola frase sia ai propri dubbi che a quelli di Ignitus. “Flarendor è il mio maestro, ma chiunque siano i guardiani degli elementi non conoscono niente di me. Ma… anch’io so di avere qualcosa che non va” Ignitus distorse il muso in una strana smorfia e la sua espressione mutò. “Non intendevo dire questo, non mi faccio influenzare da ciò che gli altri dicono. Solo che…” “Ma non hai detto niente di falso o sbagliato. Però nessuno può conoscermi visto che io non conosco nessuno” Ignitus cercò di ragionare sotto lo stesso percorso mentale di Malefor, rendendosi conto che non era un draghetto come gli altri e anche capirlo non sarebbe stato semplice. “Hai ragione. Ma cosa ne dirresti…” Non riuscì a concludere la frase, perché un boato proveniente dal luogo in cui si trovavano ancora gli altri lo fece sussultare. Attraverso l’aria si propagavano invisibili ma potenti onde d’energia che raggiunsero entrambi, deviando la loro attenzione sulla provenienza di quell’occulta forza. Malefor percepiva distintamente quel potere come molto familiare. “Ma cosa sta succedendo…” Chiese Ignitus atono, senza rivolgere la domanda a qualcuno in particolare se non a se stesso. Si voltò di nuovo verso Malefor, lanciandogli un’occhiata sfuggevole mentre iniziava a muovere le zampe in direzione dei compagni, che sentiva essere in pericolo. “Scusami, torno subito… vado a vedere cos’è successo…” Malefor se ne stava immobile con lo sguardo rivolto alle proprie spalle, tristemente assorto in un buio vortice di pensieri rivolti al suo maestro. Mosse lentamente la coda, sfregandola sull’erba nervosamente e drizzando le scaglie quando una dubbia idea gli balenò in mente come un lampo in una notte liscia e placida.
Solaris schizzò verso l’alto, cercando in ogni modo di evitare l’enorme pugno dell’immonda creatura, che provava a ghermirla con le possenti dita deformate. Glaider volava al suo fianco, pronto a difenderla da un successivo attacco del mostro, il quale li fissava con un paio di pupille giallastre prive di qualsiasi segno di razionalità, lo mancò per pochi centimetri. Ogni sua azione era guidata da puro istinto, da folle desiderio di distruzione, unicamente finalizzata a devastare qualsiasi cosa lo circondasse e qualunque forma di vita gli si parasse davanti. Il corpo della creatura effondeva fiamme da le crepe sul suo corpo come crateri in continua eruzione. Glaider prese quota e si allontanò dalla creatura quanto bastava per essere al sicuro e ragionare in maniera sensata. Ftava sottovalutando il gigante , a cui bastò sollevare una delle due braccia sconfinate per raggiungerlo. Evitò il colpo anche grazie ad una buona dose di fortuna, non aspettando si muovesse così rapidamente. L’emanazione di energia e il caos creato dalla sua apparizione erano giunti anche agli altri draghetti, che raggiunsero i due compagni già impegnati nello scontro. Il primo a comparire fu Zell, che afferrò Solaris un istante prima che venisse brutalmente schiacciata dalla forza del mostro e la “teletrasportò” a un paio di metri di distanza grazie alla sua velocità. Ogni movimento della creatura squoteva il terreno che si sfagliava sotto la sua tremenda forza, accentuata dall’irrazionale desiderio di ridurre in poltiglia i cuccioli. Solaris si divincolò dalla leggera presa diZell, fissandolo negli occhi. “Grazie infinite… non fosse stato per…” “Di niente. Ma… cos’è quella cosa!” “Credimi, mi farebbe molto piacere saperlo” “Ma… è mastodontico!” Esclamò Zell, sconvolto.” “È comparso all’improvviso, dal sottosuolo” Continuò Solaris, voltando poi lo sguardo verso l’alto per cercare Glaider, ancora sotto le omicide attenzioni del possente essere che non sembrava volergli concedere tregua. Zell e Solaris continuarono a battere le ali per restare sospesi in aria, abbastanza distanti da quella forza della natura. “Non è ancora tornato Ignitus?” Solaris si sentì presa alla sprovvista. “In effetti…” “Ma non era stato lui a dirci di restare uniti? Perché se n’è andato” “Non è andato via, ha semplicemente seguito qualcosa, ci ha detto di aspettarlo e mentre eravamo lì ad attendere il suo ritorno è arrivata quella roba” Glaider passò loro davanti, avvicinandosi a Zell che lo salutò sorridendo e agitando i sei artigli di una delle zampe. “Zell, lascia stare Solaris… devo proteggerla io” Il draghetto del fulmine sbuffò divertito, allontanandosi gradualmente da Solaris. “Va bene eroe, allora torna qui, ci penso io a buttare giù quell’albero secolare” “Zell, non per sminuire il tuo amore per gli alberi, ma quello è più alto di un albero secolare” Rispose Glaider, avvicinandosi di nuovo. “Noo… non è vero” Coprendosi di un manto elettrificato Zell si lanciò verso la creatura, caricando il suo potere sugli artigli, che sguainò ruggendo. I suoi movimenti erano troppo rapidi per la mole del mostro, ma non sarebbero bastate due saette per sconfiggerlo, quindi gli altri due draghetti, concentrata a loro volta tutta l’energia a disposizione, lo seguirono pronti per combattere. Alle loro spalle gli altri draghi parevano talmente spaventati che le loro ali non volevano saperne di aiutarli neppure a fuggire. Furono un numero esiguo quelli che ebbero il coraggio di gettarsi in aiuto dei compagni e furono ancora meno quelli a farlo senza timore. Terrador e Dorim si trovavano in testa al piccolo stormo. “Hai visto?” Chiese il draghetto dal manto verde come la primavera. “Si Terrador, ma posso pensarci io… tu puoi startene con quegli altri vigliacchi che non hanno neanche il coraggio di affrontare il pericolo” Dorim venne trafitto da una furiosa occhiataccia. “Sei uno stupido. Non sono tutti preparati per cose del genere! E poi… penso non ci sia tempo per le tue bravate, qualunque cosa sia è pericolosa” Dorim continuò a fissare a qualche centinaio di metri di fronte a se dove la potenza della creatura infuriava priva di controllo. “Adesso ti faccio vedere io…” Terrador gli si parò davanti, cercando di sbarrargli la strada, ma dagli artigli del drago si materializzarono due lame di ghiaccio che gli vennero puntate contro. “Togliti o farai la fine di quella creatura” Terrador si scostò, innervosito dal suo comportamento. “Non insisto se no ti farei male… vai a farti ammazzare, non sarà una grave perdita” “Non mi fai paura, né tu ne lui” Detto questo Dorim raggiunse gli altri, pronto per affrontare a testa alta il mostro. Si posizionò alla destra di Solaris che era indietreggiata di qualche metro per lasciare campo libero a Glaider e Zell che stavano tentando ogni mezzo per liberarsi di quella pericolosa minaccia. “Scusa Glaider, non faremo meglio ad aspettare Ignitus? Insieme siamo più forti” “No, faremo meglio ad andarcene, non è avversario alla nostra portata questo” Rispose il draghetto blu, seriamente preoccupato che qualcuno dei compagni potesse rimanere ferito. Improvvisamente Dorim si librò al loro fianco, portandosi davanti al mostro e mettendosi prepotentemente in mostra. Scagliò un soffio gelido verso il suo ciclopico ventre, che neanche considerò quella folata d’aria fredda come un tentativo d’attacco. Alle spalle di Dorim, Glaider e Zell erano sfrecciati verso l’alto per combinare i loro poteri in una tecnica dalla forza smisurata, ma che probabilmente non sarebbe stata sufficiente neanche per scalfirlo. Improvvisamente il mostro allungò una mano verso Glaider e lo afferrò per l’ala sinistra, torcendogliela con violenza. Il draghetto trattenne a stento un ruggito e provò a divincolarsi, ma le robuste dita dell’essere lo chiusero in una morsa quasi meccanica e strinsero le sue piccole ossa da cucciolo, che nonostante la loro robustezza vennero in parte maciullate. Non riuscì neanche ad urlare tanto era il dolore, ma i presenti si resero immediatamente conto dell’estremo pericolo in cui si trovava. “Glaideer!” Solaris si avvicinò a Zell e senza neanche comunicare capirono che entrambi dovevano concentrare tutte le proprie energie sull’altro, unendo le forze per liberare l’amico dalla mano del mostro. Le loro fauci si colmarono di energia elementale. Solaris attirò a se più gelo possibile dai d’intorni e dall’interno del suo corpo, concentrandolo in una sola sfera bianco-azzurra che si generò tra le sue zanne, mentre il draghetto del fulmine permise al suo potere di confluire in una saetta azzurra che si materializzò sulla sua zampa sinistra. La creatura portò la sua preda ormai agli sgoccioli di fronte alle immenze fauci, mostrando un brutale arzenale di zanne simili a stalattiti. Glaider si rassegnò, socchiudendo le palpebre e aspettando l’improvvisa e imminente fine della sua esistenza. Non si concesse neanche di sperare che i suoi amici potessero fare qualcosa per salvarlo, un avversario del genere era troppo per dei cuccioli. Solo pochi metri lo dividevano dalla sconfinata gola della creatura, quando una spirale d’energia luminosa impattò contro il braccio di questa, scuotendolo vigorosamente. L’attacco ebbe l’esito sperato, infatti la stretta che imprigionava Glaider si alleggerì e il draghetto precipitò inerme al suolo. Solaris gli si gettò subito in contro, spaventata dalla consapevolezza che i danni si sarebbero potuti rivelare irreparabili. “Glaider! Glaid alzati…” Osservò come il cucciolo giaceva disteso a terra con le ali e le zampe aflosciate, apparentemente privo di soffio vitale. “Ei… non fare lo scemo, alzati!” Mentre l’idea di averlo perso per sempre gli annebbiava la vista, si chinò su di lui e poggiò le proprie zampe anteriori sulle sue e lo scosse leggermente. “Solaris… mi fanno male le ossa, non sbriciolarmele ancora di più!” Riuscì a risponderle Glaider, facendole riaffiorare un piccolo sorriso sulle labbra. “S… scusa” Si distanziò di qualche centimetro, continuando a fissarlo senza degnare di una minima attenzione tutto ciò che la circondava. “Riesci ad alzarti?” Glaider compì un movimento impercettibile con le zampe, digrignando i denti per il dolore. “No…” La draghetta gli si avvicinò di nuovo, portando le zampe sotto quelle dell’amico per aiutarlo. “Solaris, lascia stare…” Seguì un breve istante di silenzio, in cui Solaris avrebbe replicato se Glaider non avesse sollevato la testa di scatto e non le avesse urlato in faccia, allontanandola con il capo… “Attenta!” Un mastodontico piede li stava prendendo di mira come formiche da schiacciare senza pietà. La sua distrazione le sarebbe stata fatale, se qualcosa non avesse impedito all’arto del mostro di raggiungerli . Un paio di ali si mosse tra loro e la creatura, che dopo qualche istante venne messa alla prova da una sequenza rapidissima di fulmini splendenti e sfere infuocate. Il colpo non ebbe un esito estremamente positivo, ma l’impenetrabile armatura di pietra si fendé in più punti, a dimostrazione dell’incredibile forza della fonte di quello straordinario potere. Ignitus planò al fianco di Glaider, sollevando un ala sul suo dorso. “Cosa ci fai li per terra? Non dirmi che ti sei fatto annientare come una femminuccia…” Glaider sorrise. “No, peggio… visto che è stata una femminuccia a salvarmi” Ignitus rivolse un’occhiata a Solaris, per poi tornare a fissarlo. “Beh c’era da aspettarselo da un imbranato come te” L’altro non si curò delle sue parole, concentrato piuttosto su ciò che stava tenendo a bada il mostro mentre loro conversavano beatamente. “Ignitus, cos’è… quello” “Dovrei chiederlo io a voi! Avete fatto talmente tanta confusione da svegliare quella creatura?” “Non parlavo della creatura, ma di quel drago viola che… caspita, riesce a tenergli testa” Ignitus si voltò, scorgendo come i colpi del mostro si scontravano con il vuoto e come il draghetto riusciva allo stesso tempo ad evitarli e a contrattaccare. “Lui… è Malefor, il drago di cui abbiamo sentito parlare”
***
I suoi artigli e le sue corna non erano ancora abbastanza robusti da poter infrangere le difese del mostro e il suo soffio non era sufficiente per metterlo in difficoltà. Osservava di fronte a se i pugni di pietra muoversi rapidamente nel tentativo di distruggerlo, cercando di elaborare una soluzione contro quell’avversario con cui non aveva mai dovuto confrontarsi. Le battaglie erano sempre state la sua unica ragione di vita fin dalla nascita, tra un addestramento e l’altro in cui era costretto ad attingere a tutte le sue risorse per sopravvivere. In quel momento se lo sentiva, il suo cuore lo incitava ad aiutare Ignitus e tutti quei draghetti che aveva capito essere suoi compagni. Squadrò l’enorme mole del suo nemico, puntando immediatamente a quello che era convinto fosse il suo punto debole. Una delle tante lezioni impartitegli dal maestro era quella di cercare anche nell’avversario più ostico la peculiarità che lo avrebbe portato alla sconfitta. In quel caso, la smisurata altezza sarebbe potuta essere la rovina della creatura se l’avessero colpita nella maniera giusta. “Ignitus…” Malefor scese di fronte a Ignitus e Glaider, cercando l’attenzione del drago del fuoco. “Dobbiamo utilizzare il potere della terra all’unisono, solo più energie convergenti nello stesso punto possono farlo crollare. Non reggerà se gli togliamo la base su cui sta in piedi” “Allora dobbiamo chiedere a terrador e agli altri…” Malefor tese i muscoli delle zampe, concentrando le forze sull’elemento della terra. “Perché non puoi farlo tu?” “Malefor, io sono un drago del fuoco, non posso aiutarti con altri elementi” “Quindi… non ti hanno insegnato ad utilizzare energie esterne al fuoco?” “No, io non posso dominare nient’altro che il fuoco” Malefor sembrò quasi deluso da quella rivelazione, credendo scontato che ogni drago potesse utilizzare più di un elemento, anche se effettivamente sapeva che il suo maestro non aveva mai fatto ricorso ad un potere che non fosse il fuoco. “D’accordo…” Il drago viola spalancò le ali e si diresse verso la creatura, sperando di riuscire nel suo intento. Il suo corpo venne avvolto da un iridescente bagliore verde, mentre attingeva a tutta la forza che il mondo attorno a lui poteva conferirgli. Ignitus si allontanò momentaneamente da Glaider, volendo chiamare a raccolta i draghi della terra affinché potessero attuare il piano di Malefor, che si trovava nuovamente faccia a faccia con il mostro. In breve la creatura fu attorniata da una decina di cuccioli. “Colpite il terreno sotto di lui!” Senza lasciar spazio a inutili domande, senza alcuna esitazione, tutti ascoltarono l’ordine di Malefor e bersagliarono il terreno all’ombra della creatura con tutta la forza di cui erano a disposizione. Questa da principio non ne risentì, ma quando il suolo si sfaldò compresso dal suo peso un infinitesimale scintilla di intelligenza gli suggerì che stava per cadere. Con una forza e una resistenza impensabili il mostro recuperò l’equilibrio e assunse una posizione stabile nonostante la grossa crepa sul terreno. I draghetti indietreggiarono, spaventati dal fallimento che stava per costare loro la vita: il mostro scagliò un improvviso getto d’energia incandescente dalle fauci, che li avrebbe indiscutibilmente ridotti in un ammasso di cenere se Solaris Dorim e Malefor non l’avessero contrastato con il ghiaccio. L’enorme essere, infastidito dalla tenue resistenza che i suoi avversari gli stavano disperatamente opponendo, emise un tremendo ruggito che sconvolse radicalmente l’atmosfera del luogo rendendola un insieme di vibrazioni e spasmi dell’aria. Tutti gli altri, nonostante il timore e l’insicurezza che cercavano di trattenerli, non potettero fare a meno di unirsi ai compagni in pericolo. La zona venne ricoperta da uno stormo di draghi. La mente di Malefor trasmise al suo sguardo l’immagine del desiderio che aveva persino inciso sulla corteccia di un albero, Quel sogno a cui sperava di poter un giorno realmente partecipare. Attorno a lui miriadi di ali danzavano unite in una sola ascesa; le loro forze congiunte in un’unica energia, di cui anche lui era parte. Gli occhi del mostro brillarono, le sue zanne si mostrarono minacciose. Dall’oscurità delle sue viscere emerse un'altra onda di fuoco, che si riversò impietosa su i draghetti. Un lampo di luce bianca li investì. Un istante dopo ebbero appena il tempo di vedere la creatura deflagrarsi in tanti piccoli brandelli di pietra, che si ritrovarono avvolti dal buio abbraccio del vuoto. Attorno a loro l’esistenza stessa pareva essersi spenta, una coltre di irreale oscurità si prendeva gioco del loro contatto con la realtà. Stavano fluttuando in quella che interpretarono come una spaventosa dimensione totalmente separata dal mondo reale, qualcosa di inquietante e allo stesso tempo mistico e curioso. Di fronte al gruppo di cuccioli un globo di luce azzurrina illuminava,anche se fievolmente, quel piccolo fascio di infinito, come una stella ai confini dell’universo. Ignitus si guardò attorno, cercando di capire se fosse caduto in una sorta di sogno o di qualsiasi cosa si trattasse, comprendendo che stava accadendo seriamente. Si mosse, spostandosi nello spazio circostante senza la benché minima fatica, come se fosse sorretto dal nulla, come se nessuna forza di gravità o di attrito fosse presente in quel luogo. Scivolò verso Glaider, che come lui se ne stava immobile ad osservare quell’incredibile fenomeno di cui sarebbero stati i primi testimoni. “Glaider… tutto a posto?” “Ignitus… tu che ti preoccupi per me?” “Se tornassi a casa senza un membro del gruppo i guardiani se la prenderebbero con me, perché sono l’unico capace di gestirvi tutti” “Ah si certo, il lider ultraterreno” “Non ultraterreno, ma anche se non mi si addice il ruolo del lider devo pur fare voi da guida, non posso certo lasciarvi nelle tue zampe” Glaider sbuffò, colpendo l’amico con la punta di un’ala che notò con enorme piacere non provocargli più fitte lancinanti. Furono costretti ad interrompere il loro battibecco, perché la sfera luminosa aumentò di dimenzioni, divenendo un piccolo sole pieno d’energia viva e pulsante, come un cuore in procinto di esplodere. “Dove siamo finiti… e che è quel coso?” La domanda che Solaris espresse a voce alta ronzava nella testa di tutti, ma nessuno aveva la ben che minima idea di quale fosse la risposta. “Avvicinatevi… guerrieri del domani…” ___
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