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Un destino oscuro, Le ombre del passato di Malefor, il perfido antagonista della serie The Legend Of Spyro

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view post Posted on 6/7/2015, 19:57
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Sono 16 capitoli, ma li posto con calma XD intanto iniziamo!

Capitolo 1: L'origine delle ombre

“Airack non credi che abbiano bisogno di te al tempio?” l’enorme drago rosso scrutò la compagna torvo.
“E tu non credi che sia più importante la famiglia del lavoro? Due spade possono anche aspettare”
“quando avrai scatenato l’ira dei guardiani non venire ha chiedermi aiuto però”
“Non ho paura di quei vecchi rimbambiti”
"Non sono poi così vecchi"
"Ma comunque rimbambiti"
Lei lo ignorò, voltando lo sguardo alle proprie spalle. La loro casa, una grotta dalle dimensioni piuttosto modeste, presentava pareti levigate di pietra bianca e calcarea come quella che costituiva il semicerchio di colonne che avvolgeva l’intero vano. Sul fondo si trovavano Due misere nicchie scavate.
Al fianco di una di queste, su un piccolo giaciglio di paglia, era disteso un uovo.
Un uovo viola, con la superfice cosparsa di striature nere e bluastre che davano forma ad un piccolo disegno simile ad una figura alata.
Il drago dalle scaglie cremisi si mosse lentamente e si diresse verso il piccolo uovo, che oscurò con la sua enorme mole.
“Il nostro piccolo”
“Si” Rispose la dragonessa. Le sue scaglie erano di un azzurro intenso e i suoi occhi perlacei riflettevano la bontà del suo animo, puro e desideroso soltanto di sorridere di fronte alla schiusa di quel piccolo uovo viola, che sapeva le avrebbe regalato incommensurabili soddisfazioni.
“Lehr… pensi che sarà un problema…”
Lei lo fulminò con lo sguardo.
“Ti ho già detto mille volte che non possiamo far finta di niente… ma non voglio che venga considerato diverso da gli altri. Ne loro nemico”
Airack mosse leggermente la lunga coda spinata, per poi acquattarsi come a voler proteggere l’uovo.
“Non lo abbiamo portato con le altre uova proprio per paura di metterlo in pericolo. Non mandiamo tutti i nostri sforzi di tenerlo nascosto in fumo”
“Significa che vuoi vederlo crescere isolato da tutto e da tutti? Che vuoi vederlo guardare gli altri cuccioli che giocano impedendogli di unirsi a loro?”
“Ovviamente no. Ma conosci la leggenda”
“Allora saremo noi la sua guida. Ciò non toglie che debba trascorrere giorni felici e crescere con gli altri draghi”
Airack sembrò rassegnarsi e chinò il capo in segno di resa. Prese il fragile uovo tra gli artigli rapaci e lo osservò come farebbe un cucciolo con il suo primo gioco.
“Puoi andare, non c’è bisogno di te al momento. Non voglio che al tempio ci siano litigi”
“non ce ne saranno” Rispose il drago rosso, stringendo il figlio tra le dita della possente zampa, per poi riaprirla e restare un altro minuto a contemplarlo.
“Ti auguro un futuro radioso”
Lehr sorrise.
“E un padre che non trascuri il proprio dovere di fabbro”
L’altro sogghignò e si diresse svelto verso l’uscita della grotta.
Non perse troppo tempo a contemplare l’alba ancora non del tutto completa, ma lanciò un’occhiata ai primi raggi del sole che splendevano alle sue spalle, non troppo convinto che abbandonare Lehr e l’uovo fosse la scelta più saggia, per poi sollevarsi in volo con un balzo fin troppo elegante per la sua massa
fisica.
Volò alto nella brezza fresca di un mattino soleggiato, dilettandosi nell’sservare le scimmie e le talpe che sotto di lui erano impegnate nelle più disparate
attività: chi scavava tane, chi costruiva capanne, chi disseminava i campi più fertili di semi e grani e chi batteva ferri sulle forge.
Intorno a lui le fronde degli alberi più alti sembravano correre nella direzione opposta alla sua; le sue ali sferzavano un vento portatore di dubbi e incertezze e le sue scaglie percepivano il disagio come se provenisse dal suo interno.
Nonostante il cielo fosse terso e l’alba gioisse festosa sui tetti delle capanne e sulle strade che si diramavano in tutto il regno dei draghi, l’atmosfera era carica
di tensione. Airack sentiva come se quel giorno il tempio non lo stesse aspettando invitante come i giorni precedenti. Scacciò quel pensiero infondato dalla testa e prese velocità, giungendo in breve a destinazione.
***
Un’ombra attraversò la copertura naturale della grotta nella quale Lehr e il piccolo riposavano felici e ignari. Quattro zampe silensiose e artigliate
si posarono sulla superfice rocciosa della caverna, osservando la zona circostante costellata da arbusti di ogni genere.
Restò in ascolto, nel tentativo di captare anche la più insignificante forma di movimento. Nessuno doveva scoprirlo, neanche la stessa Lehr, che se ne
stava pensierosa a fissare la povera volta che costituiva la copertura interna della caverna, ignorando che qualcuno era seduto proprio sopra di lei.
“Una casa perfetta per nascondere qualcosa” Pensò l’intruso, grattando pigramente sulla pietra ruvida.
***
“Airack… erano anni che non tardavi. Che è successo?”
Un drago dalle squame glaciali e blu come il gelo degli abissi se ne stava seduto sulle zampe posteriori, le ali stese lungo i fianchi, osservando Airack, in piedi di fronte a lui, , che sostenne lo sguardo cercando di apparire il più indifferente possibile.
Intorno a loro, le mura antiche come il tempio che le ospitava si ergevano circolarmente fino al soffitto, costituito da un oculo vitreo dal quale filtrava
la luce mattutina. Sulle pareti erano incastonate lame delle più incredibili fattezze: spade, asce, lance e mazze di ogni forma e dimensione, che costituivano il risultato
di una faticosa mano d’opera da parte del drago cremisi, che trascorreva lì molto del suo tempo per esercitare le sue abilità di fabbro.
“Se dopo tutto questo tempo… un piccolo ritardo di neanche pochi minuti mi dovesse costare chi sa quali pene non esiterò ad andarmene”
“Nessuno ti ha chiesto di andartene”
Airack mosse leggermente le ali per donare al suo aspetto una sfumatura più solenne e composta.
“Allora non vedo dove sia il problema. Per me è un onore servire te e gli altri guardiani, ma di questi tempi il vostro comportamento mi sta lasciando al quanto perplesso”
L’altro sbuffò sonoramente, spingendo il muso di qualche centimetro più vicino a quello dell’interlocutore, che non indietreggiò. Il suo corpo, nonostante apparisse robusto e navigato, al confronto di quello di Airack pareva di un’esilità sconcertante.
“Non scaldarti. Non ce n’è alcun bisogno. Il tuo aiuto, che tu erroneamente chiami servizio, ci è molto utile e se ti senti oppresso dal nostro comportamento sei libero di andartene”
Airack per un attimo sembrò pentirsi della propria irruenza.
“Non intendevo dire questo. Solo che ogni minuscolo errore o incertezza riesce a diventare un pretesto di lamentela. Non mi sto riferendo a te Axius, sai
che sei l’unico qua dentro del quale mi possa fidare ciecamente, ma l’aria che si respira al tempio mi sembra diventata piuttosto pesante”
Le iridi marine di Axius si intrecciarono con quelle del fabbro, che non distolse le proprie per non lasciar trasparire quel guizzo di incertezza che avrebbe
potuto tradirlo come farebbe il movimento chiassoso di una preda nascosta.
“Noi pensiamo Airack… che il tuo comportamento così inusuale, così diverso dal tuo solito tono semplicistico sia dovuto a qualcosa. Non hai mai fatto ritardo,
neanche di un secondo, non fosse stato per qualcosa di più che rilevante. La tua fretta di tornare a casa ogni giorno… tutte le domande alle quali ti guardi bene dal rispondere in maniera esaustiva… hanno insospettito molto Flarendor. Io personalmente ho molto rispetto per te e per le tue doti manuali, ma se
c’è qualcosa che al tempio non piacciono sono i segreti”
La mente di Airack comprese che c’era poco tempo per elaborare una risposta convincente e credibile. Cos’è che l’aveva tradito? Quale aspetto del suo comportamento
aveva destato tali sospetti nei draghi del tempio?
Il suo muso non riuscì a non contorcersi in una smorfia di disprezzo verso le sue modeste capacità di mascherare i propri pensieri.
“Non ho mai mentito a voi guardiani degli elementi e mai lo farò. Ma non posso fare attensione ad ogni mio gesto o pensiero preoccupandomi della vostra interpretazione”
Axius si sollevò rapidamente sulle quattro zampe, lasciando che le ali coperte di scaglie azzurre gli scivolassero a coprire le spalle.
“Senti Airack… cosa c’è in quella tua grotta a cui sei tanto affezionato che noi non dobbiamo vedere. Spero per te che non sia niente di importante perché Flarendor era diretto proprio là”
Come se una delle sue spade lo avesse trafitto su ogni singola scaglia del corpo, un brivido di terrore invase Airack dalla testa ai piedi.
“Maledettooo!”
Il ruggito scaturì dalle profondità del suo essere, da tutti quei dubbi che purtroppo si erano rivelati esatti. Il guardiano del ghiaccio ebbe l’istintivo riflesso di gettarsi all’indietro fino a sfiorare la parete opposta con la punta della coda.
“Se si azzarda a toccare Lehr o l’uovo lo rovino!”
Troppo furente e devastato dalle paure per degnare l’altro anche di una minima attenzione, si gettò fuori dalla stanza, attraversò a balzi gli ampi atri del tempio fino a lanciarsi da una finestra oculare priva di invetriata.
Sfruttò lo slancio della spinta delle zampe posteriori sulla pietra che rivestiva l’esterno del tempio per accumulare velocità e come un’enorme saetta
rossastra si confuse violentemente tra gli albori prossimi a lasciar spazio a quel giorno di sofferenza che avrebbe segnato per sempre la vita del leggendario drago viola.
___

Ed ora...

Capitolo 2: Come una meteora

Come una scintilla splendente Airack correva tra le nuvole rosee che al suo passaggio parevano squarciarsi e mostrare una qualche natura iridescente e luminosa.
Percuoteva il cielo con le ali possenti, furibondo e permeato di una paura arrivata tanto rapidamente quanto farebbe la notte durante un eclissi solare.
Ogni immagine felice e ogni sentimento fulgido e puro rischiava di infrangersi su un fiebile istante.
In quel tragitto che la sua mente registrò come infinito, quando in realtà stava viaggiando ad una tale velocità che il volo non sarebbe durato che pochi altri secondi, il terrore si impadronì di lui e sequenze di immagini fin troppo nitide per sembrare solo illusioni irrealizzabili gli si pararono di fronte
agli occhi rischiando più volte di fargli perdere il contatto con la realtà. Il suo rispiro si fece affannoso e gli artigli si spalancarono automaticamente, come a difendersi da qualcosa più grande di lui. Più grande di un semplice destino avverso: un destino oscuro.
Sfidò tutte quelle forze che volevano portarlo a cedere all’oblio della paura e concentrò tutto se stesso nell’atterraggio tragli alberi frondosi e colmi di un’affascinante primavera, attutendo l’impatto con il suolo contraendo i muscoli di tutte e quattro le zampe.
Qualcosa gli suggerì di fermarsi un istante, per riprendere fiato, per tornare a contatto con la realtà, per captare con i sensi più profondi ogni movimento e segno vitale all’interno della sua dimora, ai suoi occhi triste e occultatrice di un orrore troppo violento perché lui potesse sopportarne l’impatto.
Silensio.
Tutto attorno a lui pareva essersi immobilizzato in un attimo glaciale di tensione.
“Lehr…”
Forse non riuscì a pronunciarlo in maniera più decisa, forse non ne aveva le forze, la sua voce uscì in un tenue gorgoglio gutturale.
Si impose di entrare e scontrarsi con i propri dubbi, che purtroppo, si rese conto essere fondati.
Lehr giaceva al centro della caverna, stesa su una pozza scarlatta.
Il cuore di Airack si contrasse e si espanse convulsamente e non fu in grado di compiere il ben che minimo movimento. L’unico guizzo del suo sguardo si bloccò sul piccolo mucchio di paglia dal quale, qualche ora prima aveva preso il fragile uovo viola, brutalmente strappato dalle cure dei propri genitori.
“Leeeehr!”
Il drago si gettò sulla compagna inerte sul pavimento roccioso della grotta. L’ala sinistra era squartata e le articolazioni che univano le membrane alari sembravano mozzate. Presentava lesioni su tutto il corpo e il muso poggiato a terra, sotto la trasparente dolcezza che non si era spenta neanche con tutte
quelle ferite, racchiudeva un’immensa tristezza e un dolore incommensurabile, più profondo di quello inferto al corpo stesso.
“Lehr ti prego… no”
Il groviglio di sentimenti di sconforto, rabbia e vendetta convergerono in un solo e selvaggio ruggito di disperazione.
Scosse il corpo della dragonessa azzurra, ma non ottenne risposta.
“Lehr… ti prego Lerh svegliati!”
Per molti secondi che sembravano secoli restò immobile a fissare l’orrore che gli si parava davanti.
Solo un movimento impercettibile di una delle zampe anteriori della dragonessa riaccese in lui una minuscola scintilla di speranza.
“Lehr! Dai…”
Afferrò delicatamente il suo muso e lo sollevò, cercando nei suoi occhi ancora socchiusi un qualche sollievo.
“Airack...”
“Non sforzarti… dobbiamo portarti da qualcuno… riesci a…”
“Non sono riuscita a proteggerlo! Hanno portato via l’uovo Airack… Flarendor… è stato Flarendor”
“Lo so. Ma dobbiamo pensare a te ora…”
“Lascia perdere”
Airack la lasciò ricadere a terra e le si avvicinò al fianco sinistro, portando entrambe le zampe anteriori sotto il suo ventre.
“Ti ho detto di lasciar stare… ormai…”
“Non dire sciocchezze! Devi solo resistere qualche minuto”
Lei sbuffò e un piccolo getto d’aria fresca scaturì dalla sua gola.
“È troppo tardi… non so quanto resisterò ancora”
Airack non si curò dei suoi discorsi e provò ad issarla sopra al suo dorso, ma con le ultime forze rimaste Lehr si divincolò, convincendolo che non aveva
nessuna intensione di collaborare.
“Ti prego. Non essere stupido. Vattene da qui! Nessuno ci aiuterà sapendo che tenevamo nascosto un uovo che avrebbe… potuto… modificare le sorti… di questo
mondo… sciocco e insensibile”
Il respiro le si fece più affannoso
“Loro sapevano… sapevano tutto. Dovevano solo trovare l’occasione giusta perché tu non potessi intralciarli…”
Tossì un fiotto di sangue.
Airack si chinò su di lei. Una lacrima bagnò il muso rigato da una vena di dolore e scivolò sul collo scaglioso, per infrangersi al suolo. Forse la prima lacrima scesa da quell’anima temeraria e guerriera.
“Hanno rapito nostro figlio… ma tu devi salvarti. Axius è dalla tua parte…… lo dimostra il fatto che…”
Fece una pausa, raccogliendo le poche forze che le restavano per alzare di nuovo la testa e fissarlo negli occhi.
“Che non sapeva molto di questa faccenda, non era stato informato… per quei vermi… sarebbe stata un’ulteriore presenza fastidiosa da eliminare”
In mezzo a tutto ciò che stava provando in quel momento, una piccola parte dell’anima la dedicò al guardiano del ghiaccio, rendendosi conto che almeno da lui non era stato tradito.
“Lehr… io…”
“No!”
Il vigore con cui la dragonessa lo interruppe parve tutt’altro che quello di una creatura moribonda. Quella che fino ad un momento prima era l’immagine della dolcezza e dell’innocenza stroncata bestialmente da artigli superiori, si trasformò in un’espressione decisa e risoluta. Espressione degna della compagna di Airack.
“Non ti permetterò di fare sciocchezze. So a cosa stai pensando. Se ti trovassero saresti spacciato, avresti contro tutto il tempio… e per estensione tutto il regno”
L’enorme drago rosso ringhiò furente e la sua ira che ormai lo pervadeva, osso per osso, scaglia per scaglia, si manifestò in un ruggito infuocato che si abbatté sulla parete di fronte.
“Non mi importa! Non… permetterò che la passino liscia… me la pagheranno! Lehr… fosse l’ultima cosa che faccio io ti vendicherò! Flarendor è finito… finito!
Voglio vederlo soffrire e supplicare pietà… pietà che non gli concederò neanche se mi implorasse in ginocchio!”
Lehr poggiò nuovamente il capo pieno di ferite a terra. Il suo impeto era apparso insignificante di fronte alla collera di Airack. Non insistette, conoscendo il temperamento fiero e risoluto del compagno, che per la propria famiglia avrebbe dato la vita.
Una famiglia fatta a fette dall’esistenza di quel piccolo e innoquo uovo viola, racchiudente un potere troppo grande per essere ignorato.
La dragonessa abbassò lentamente le palpebre, rivolgendo i suoi ultimi pensieri al figlio e a cosa ne sarebbe stato di lui. Poi, con un filo di voce ormai
prossimo all’oblio, bisbigliò:
“Airack non voglio andarmene con la consapevolezza che il cucciolo crescerà senza né una madre ne un padre. Esaudisci questo piccolo desiderio, ti prego.
Aspetta che sia cresciuto… guardalo crescere… e vivi il futuro insieme a lui. Non farti uccidere. Potrai rivendicare l’amore che ti hanno portato via… ma solo quando sarà cresciuto, quando nessuno si ricorderà di suo padre… solo allora potrai salvar…”
Non riuscì a concludere la frase, le parole si infransero nel suo ultimo respiro.
L’ultima immagine, una zampetta viola che si faceva largo tra la membrana solida del guscio dell’uovo viola, sogno che quasi ogni notte la rendeva fiera e felice. Lo stesso sogno che aveva causato tutto il sangue che ancora non aveva smesso di fluire dalle sue ferite, di cui non poteva più percepire il dolore.
Airack non si mosse. La macchia di rosso e ombra che avvolgeva Lehr divenne ai suoi occhi un insieme indistinto di frammenti d’incendio. Non vide né sentì
più niente. Il tempo si era fermato su un’unica ma feroce parola: vendetta.
Osservò il corpo martoriato di Lehr, sapendo che non avrebbe retto a lungo la visione della madre di suo figlio prona su quel lago rosso. Incurante del sangue che gli imbrattò le scaglie delle zampe la afferrò sotto al collo e in mezzo al ventre e la portò all’esterno, volando fino al piccolo
torrente che si trovava a pochi metri dal bosco che circondava la grotta, nel mezzo di una tranquilla radura rocciosa.
Lavò accuratamente le sue ferite e le macchie di sangue gia incrostato, senza neanche guardare cosa stava facendo. Non voleva più vedere il corpo straziato
di Lehr, quindi chiuse gli occhi e cercò di frenare, per il momento, quel fuoco che lo stava corrodendo fino alle viscere.
Finito di pulirla, iniziò a scavare meccanicamente dei solchi sul suolo terroso, che presto si trasformarono in un letto abbastanza grande perché la dragonessa
potesse riposare in pace per sempre. Un brivido lo attraversò non appena adagiò il suo corpo inerme nella fossa, un senso di inesorabile angoscia nel distendere
le ali azzurrine che fino al giorno precedente l’avevano avvolto per trasmettergli il loro amore.
Represse con difficoltà il desiderio di chiederle di svegliarsi, per poi abbracciarla un’ultima volta, sperando che il calore delle sue zampe la potesse
raggiungere ovunque lei fosse. Si lasciò andare alle lacrime.
Lacrime che non avrebbero mai potuto colmare il vuoto orrendo che celava nel cuore, né sostituire la rabbia e il disprezzo che provava, ma si rivelarono necessarie affinché potesse sfogare una parte dell’odio che di li a poco l’avrebbe spinto a gesti incoscienti e l’avrebbe trasformato in un automa di fuoco e zanne.
Carezzò il dorso della compagna come faceva spesso prima di dormire, passando delicatamente gli artigli tra le scaglie lisce e nobili.
“Buonanotte Lehr” Singhiozzò, prima di rivolgere lo sguardo al cielo, ancora limpido e luminoso.
Mosse con cautela alcuni pezzi di terra per coprirla, fino a quando non restò scoperto solo il suo muso dolce e dormiente, che Airack baciò delicatamente.
Le ultime ferite l’avrebbero accompagnata nel suo sepolcro , a testimonianza del coraggio dimostrato nel difendere l’amore per il proprio figlio.
Terminato il lavoro, Airack si avvicinò ad un robusto albero che piangeva rami primaverili; Anche lui sembrava sconvolto per la sorte di Lher. Con una zampata ne tranciò di netto metà del tronco, per concludere l’opera con una frustata della coda spinata con cui abbatté il povero legno, che cadde rumorosamente.
“Tu farai la stessa fine verme!” Esclamò, guardando i resti dell’albero spezzato.
“Se ne sei convinto…”
Airack sobbalzò. Si voltò di scatto alle proprie spalle, per incrociare lo sguardo di un altro drago del suo stesso colore ma di dimensioni leggermente
minori che planava sopra il mucchio di terra che proteggeva Lehr. Quattro corna nere e irsute si alternavano sulla sua testa. Un paio di ali cremisi e una
muscolatura robusta donavano al suo aspetto una nota solenne.
Il muso di Airack mutò in un rostro di zanne splendenti e brutali.
Fu un lampo, la sua mente registrò solo una possibile azione, dilaniare.
Un balzo fulmineo e Flarendor fu costretto a lanciarsi di lato per scansare una possente artigliata, che distrusse una spessa zolla di terra e sollevò
una nube di polvere e lapilli ghiaiosi.
Senza neanche fermarsi si lanciò di nuovo verso l’altro che nonostante avesse dalla sua parte anni e anni di severo allenamento dovette fare appello a tutte le sue energie e a una sufficiente dose di fortuna per evitarlo.
Airack non gli diede tregua, non passò neanche un secondo che un fiume di fuoco rovente lo travolse. Le fiamme dilagarono per molti metri, mentre Flarendor si sollevava in’aria, lontano da quell’inferno, che nonostante non l’avesse potuto danneggiare in quanto guardiano del fuoco, gli aveva selvaggiamente
regalato due livide ustione alle scaglie delle zampe anteriori, usate per ripararsi il muso.
Non si aspettava un simile impeto, nonostante sapesse dell’immondo reato commesso.
Airack lo scrutò dal basso con tutto il disprezzo che era in grado di trasmettere e con veemenza gli si scagliò di nuovo contro, incurante di non poterlo
annientare con le fiamme.
Un’altra vampata incandescente, ancora più violenta della precedente, scaturì dalle sue fauci e circondò Flarendor, che ne emerse con una virata istantanea
e inaspettata. Sfruttando la distrazione di Airack si portò al fianco dell’enorme drago rosso, che venne gettato a terra da una cornata sul fianco.
I riflessi agili permisero ad Airack di alzarsi istantaneamente ed evitare una pericolosa sferzata di coda che gli passò a pochi centimetri dal collo.
Riuscì a darsi una leggera spinta con le zampe posteriori, ma il movimento troppo rapido gli aveva impedito di concentrare le forze sul balzo e quindi
si ritrovò momentaneamente indifeso. Flarendor ne approfittò per artigliarlo sull’addome e lasciargli un profondo squarcio sul ventre.
Airack cadde a terra urlando di dolore, la ferita iniziò subito a sanguinare copiosamente.
Il suo avversario restò a distanza, limitandosi a ghignare soddisfatto.
“Sei… sei soltanto uno schifoso bastardo! Come hai potuto distruggere così la mia famiglia! Devi morire!”
Si gettò ancora all’attacco, ma la ferita l’aveva gia reso troppo vulnerabile, impedendogli di concentrarsi solo su Flarendor, a cui fu sufficiente spostarsi
leggermente e colpirlo sulla fronte.
Milioni di stelle gli esplosero nel campo visivo. Non riuscì a distinguere altro che la massa scarlatta di Flarendor che gli era balzato addosso, schiacciandolo
sotto il proprio peso.
Con un colpo secco il drago gli fracassò le ossa di una delle zampe anteriori e Airack guaì in preda al dolore, perdendo per qualche secondo la cognizione
di quello che stava succedendo.
Con un ringhio sommesso riuscì a spingere via Flarendor, che non oppose neanche resistenza, sicuro di averlo annientato.
“Perché… perché tutto questo”
L’altro sorrise divertito.
“Davvero non ci arrivi? Povero sciocco… per quanto pensavi di poter nascondere la natura di tuo figlio?”
Airack si alzò a fatica, distrutto nel corpo e nella mente.
“Noi l’abbiamo nascosto a causa di quello che prevedevo sarebbe successo… e infatti le nostre deduzioni si sono rivelate esatte… siete solo degli infami…
non avete un briciolo di pietà! Per questo la pagherai!”
Ormai sapeva che sarebbe stato inutile, ma mise tutte le sue energie nell’ultimo disperato tentativo di contrattaccare. Nessuna esitazione, niente lo frenava.
Un’anima sofferente in cerca di pace in quel suicidio.
“Se continui ad insistere sono costretto a farti ancora più male. Non ero venuto con l’intenzione di uccidere anche te, ormai non sei più un pericolo. Ma se proprio mi devi costringere…”
Con la semplice rotazione di una zampa, Flarendor fece rovinare l’avversario miseramente al suolo, che risentì di tutta la sua stessa mole sul proprio corpo dolorante.
La sua anima e il suo cuore volevano lottare, volevano salvare il figlio, ma sembrava che tutto fosse destinato a concludersi in quel luogo, in quel momento.
Sarebbe caduto accanto alla sua compagna e come lei l’avrebbe fatto lottando.
Capì che il momento di arrendersi arriva sempre, prima o poi, ma non volse cedere. Sapeva che doveva resistere, per Lehr, per il piccolo.
“Cosa ne avete fatto dell’uovo”
Non riuscì a gridare, a sembrare minaccioso, ormai si sarebbe accontentato del suo diritto di sapere.
“Ancora niente… è qui sai? È molto vicino… volevo concludere il lavoro prima di tornare al tempio e l’ho nascosto non molto lontano da qui. Volevo accertarmi che tu non mi seguissi. Non sarei voluto arrivare a tanto, ma visto che ti sei rivelato testardo quanto la tua sciocca compagna…”
Con uno scatto di rabbia le sue zampe, compresa quella fratturata, si drizzarono e la bocca irta di zanne si spalancò furiosa.
“Non ti azzardare a offendere ancora Lehr…”
“Altrimenti?”
Airack lo sprezzò con lo sguardo, consapevole che non era nella condizione di minacciare.
“Voglio soltanto sapere cosa ne sarà di mio figlio… perché non ci avete permesso di crescerlo! Perché hai distrutto la nostra famiglia!”
“Hai detto bene… io ho distrutto la vostra famiglia. Io ho deciso di venire a farvi visita, sperando che con la tua assenza la tua compagna sarebbe stata più docile e non avrebbe opposto resistenza. In oltre non so se sarei stato in grado di sconfiggervi entrambi… combatte come una belva infuriata…”
Flarendor sollevò un’ala, mostrando il fianco sinistro al quale era stata inferta una profonda ferita da taglio.
“Mi ha lasciato questo bel ricordino con le sue lame di ghiaccio… se devo essere sincero sono rimasto spiazzato dalla forza che ha dimostrato. Se non fosse stata così cocciuta avrebbe potuto diventare un’ottima madre”
“Madre di un figlio che le hai portato via?”
“La mia… intensione è quella di addestrarlo ad essere un guerriero freddo e impassibile di fronte al nemico agonizzante ai suoi piedi… un guerriero che non conosce la pietà, padrone di tutti gli elementi… un guerriero al mio servizio! Sarò in grado grazie a lui di raggiungere
il massimo potere mai acquisito da un drago e tutto sarà sotto il mio dominio”
Airack ebbe un fremito d’ira. Il suo corpo iniziò ad essere scosso da convulsioni e da spasmi che sembravano sul punto di mutare le sue membra in qualcosa di demoniaco.
“Allora… non solo hai ucciso Lehr ma… vuoi sfruttare mio figlio per essere padrone del mondo! Tu e quegli schifosi del tempio… è a questo che miravate!”
Il suo corpo si circondò di un alone fiammeggiante che si irradiò nello spazio circostante come un’aura d’energia viva e pulsante.
Flarendor non parve turbato da quella singolare manifestazione di potenza, ma non riuscì ad evitare che una riga di stupore si dipingesse nel suo volto quando il corpo di Airack divenne una piccola stella splendente e incandescente, pronta ad esplodere.
“Tu non sei degno di essere il guardiano del fuoco! Tu devi morire! Mio figlio non sarà come te!”
Accompagnato da una scia di luce abbagliante, Airack si scagliò con tutte le sue forze verso il perfido drago, che fece appena in tempo a rendersi conto
del pericolo che incombeva su di lui che si ritrovò in aria, stretto in una morsa rovente. Airack l’aveva afferrato ad una velocità impressionante e, coperto da uno strato infuocato con l’avversario tra gli artigli, si era lanciato verso l’alto con un’energia inimmaginabile.
“Lasciami! Cosa hai…”
“Non ti permetterò di attuare i tuoi sporchi ideali! Io me ne andrò… ma tu verrai con me!” Gli urlò, a pochi centimetri dal muso.
Senza che nessuno dei due avesse il tempo di dire o pensare altro, Airack si capovolse e con un vigoroso battito d’ali incandescente scese in picchiata tanto rapidamente da non riuscire più a distinguere ciò che lo circondava.
"Perdonatemi Lehr... Malefor..."
Come una meteora sfrecciò inarrestabile verso il suolo.
Una tremenda esplosione mutò radicalmente la zona, al momento dell’impatto, che avvenne tra un incendio di bagliori gialli e rossi.
Il boato fu accompagnato da un immenso calore che avvolse la piccola radura, deserta.
un soffice alito di vento spirò nei pressi del ruscello.
Dei due draghi, nessuna traccia.
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e ecco i successivi:

Capitolo3: Nubi oscure

Axius se ne stava immobile di fronte a una fila di uova bianche e perlacee, osservandone pigramente le diverse striature colorate che disegnavano contorni astratti e irregolari sui gusci.
Intorno a lui una grotta di ampie dimenzioni si allargava circolarmente tra colonne e mosaici di varia entità; i suoi occhi vorticavano dall’insieme delle
uova al vuoto ad esse retrostante, preoccupato e dubbioso a causa dei recenti comportamenti dell’amico fabbro e della piega che stava prendendo il suo
compito di guardiano.
Si sentiva ingiustamente indegno di coprire quel ruolo, dopo aver udito Flarendor complottare contro la sicurezza del loro mondo. Non aveva preso nessuna posizione, lasciando che la faccenda scivolasse sulle sue scaglie come nuvole di minacciosa burrasca che si allontanano bruscamente all’orizzontedirigendosi a coprire un altro azzurro.
Alle sue spalle, un rumore di scalpiccii lo destò dai suoi pensieri.
“Cosa ci fai qui? Non dovresti essere al tempio… Axius?”
Il drago azzurro si voltò lentamente, per incontrare lo sguardo irritante di un suo simile quasi totalmente identico a lui, non fosse stato per la presenza
di un terzo corno sulla sommità del capo e un terzo centrale curvo all’indietro, e il colore giallo delle scaglie che presentava distintamente la sua appartenenza all’elemento d’ell’elettricità.
“Potrei farti la stessa domanda… Siil”
L’altro sbuffò sonoramente e inclinò la testa di lato, con fare di scherno.
“Ero venuto a controllare che le uova stessero al sicuro… ma a quanto pare mi hai preceduto…”
Axius lesse la mensogna nelle parole e nel tono della voce che Siil non cercò neanche di nascondere.
I loro occhi lampeggiarono per un istante di odio reciproco.
“Vedi amico mio… questa tua arroganza un giorno potrebbe diventare la tua più grande rovina. Io sono sempre stato decisamente paziente, ma… credo tu sappia che a tutto esiste un limite” Sputò Axius, cercando di non esagerare e di reprimere tutti gli insulti che avrebbe voluto scagliargli contro.
“Non sei sempre stato tu a dirci che la calma può essere più efficace di mille artigliate?”
“E lo ribadisco. Adesso però se non ti dispiace, dovrei passare. Potresti gentilmente toglierti da lì? L’uscita è una sola”
Siil ghignò in segno di sfida, per poi scostarsi quel tanto che bastava perché l’altro potesse raggiungere la fresca aria notturna che portava sul regno una polvere di stelle splendenti, destinate molto presto ad oscurarsi.
La volta celeste era immersa in una notte profonda e silenziosa, bagnata di opachi nembi grigiastri.
“Il cielo giura pioggia… promette sventura”
Siil lo seguìì senza staccargli gli occhi di dosso.
“Non dovresti temere l’acqua… in fondo è parte del tuo elemento”
“Non temo la pioggia Siil. Temo qualcosa di molto peggiore purtroppo”
L’altro rise. Il sibilo acuto della sua voce riecheggiò nella quiete che li circondava.
“E che cosa sarebbe… sentiamo”
“Penso che tu sappia gia di cosa sto parlando. E poi sei tu che devi preoccuparti della pioggia… tu resti danneggiato anche da poche goccioline”
Siil gli balzò agilmente di fronte, planando bruscamente a pochi centimetri dal suo dorso.
Axius sostenne pacatamente il suo sguardo furente, che sembrava volerlo trafiggere.
“Perché vuoi darmi un motivo per farti del male Axius?”
“Perché una buona volta non mi lasci in pace?”
Il drago dorato non riuscì a far presa sull’espressione indifferente e fredda del guardiano del ghiaccio, che senza degnarlo di troppa attensione si librò
in aria e scomparve in direzione del tempio.
Rimasto solo, Siil tornò sui propri passi e lanciò una vaqua occhiata all’interno della grotta di pietra, dove riposavano decine di uova innoque e ignare del fato che attendeva i cuccioli che ne sarebbero usciti.
Una sagoma scura gli si avvicinò di soppiatto, cogliendolo di sorpresa.
“Ottimo lavoro Siil. L’hai fatto arrabbiare”
Il drago si voltò, trovandosi faccia a faccia con il guardiano del fuoco.
“Flarendor…”
“Si. Sono io. ti turba questo?”
“Affatto. Ansi ne deduco che sia andato tutto a buon fine”
Flarendor soffiò un piccolo sbuffo di fumo dalle narici e sorrise beffardamente.
“Non è più un problema se è questo che vuoi sapere”
“Ovviamente ma… era come pensavamo?”
“Proprio come pensavamo”
A Siil sfuggì un leggero gorgoglio di vittoria dalle fauci. Il suo sguardo lasciava trapelare la soddisfazione nel sentire le parole di Flarendor, fiero
quanto lui del proprio operato.
“Quindi l’ostacolo più grande… è stato schiacciato?”
“È presto per gioire Siil. La meta è ancora lontana. E soprattutto… non è ancora finita. Ci sono altri ostacoli da…” Un ghigno divertito intervallò la
frase, “Schiacciare”
“Ti riferisci ad Axius? Potrebbe essere un problema secondo te?”
“Oh no non dico questo. Semplicemente è uno di quei tanti fastidiosi insettini che ti ronzano noiosamente tra le scaglie”
Il muso di Siil assunse una sfumatura impercettibilmente preoccupata.
“Non vorrei sembrarti ccodardo, ma… non credi che sarebbe controproducente un simile conflitto interno al tempio?”
Il tono più cupo e profondo di Flarendor stonò totalmente con quello leggero e acuto di Siil, che sembrò trasalire di fronte all’impeto del drago rosso.
“Perché devi sempre dimostrarti così stupido. È proprio questo conflitto interno che ci porterà all’instabilità. Allora non avremo più né doveri ne obblighi
verso il nostro ruolo e potremo attuare i nostri progetti”
Siil si erse raggiante in volto sulle quattro zampe e scoppiò in una fragorosa risata.
“Una cosa è certa, ci sarà da divertirsi!”
Flarendor si unì a lui.
“Questo è poco ma sicuro”
Entrambi si diressero all’interno della grotta, nella quale rimbombò il suono acuto del loro riso crudele. Flarendor si avvicinò al gruppo compatto di uova opalescenti e senza troppa cautela ne spostò distrattamente alcune con una zampa, facendole rotolare senza pietà in ogni direzione.
“Non vorrai che i membri del tuo esercito siano menomati… lasciali stare poverini. Va a finire che dobbiamo sopprimerli prima del tempo quei poveri cuccioli”
Flarendor scrutò divertito Siil, la perfidia stampata sul muso cornuto. Spalancò gli artigli della zampa anteriore sinistra dalla quale scivolò l’uovo viola, che finì al fianco di uno dei suoi futuri compagni. Siil restò basito per qualche momento; seguì con lo sguardo l’uovo, per poi tornare a fissare
Flarendor, sorridendo, se possibile, in maniera ancora più spregevole.
***
Axius era immobile a fissare la luce scaturire da un cristallo al suo fianco. Un chiarore azzurrino splendeva intrappolato nella sfera vitrea.
Osservò la luce ambrata provenire da altri cristalli incustoditi, a qualche metro da lui, incastonati sulle pareti lapidee della sala degli elementi. Al suo fianco, una dragonessa dalle scaglie verde smeraldo e dal dorso attraversato da una fila di minuscole cuspidi argentee, lo fissava con fare curioso e allo stesso tempo compassionevole.
“So cosa provi a vedere quei cristalli senza i loro guardiani. Ma non pensi che...”
“Il sacro compito dei guardiani di proteggere gli elementi è stato violato Neiry. Non posso far finta di niente” Rispose il drago azzurro, senza voltarsi.
“Non ti sto suggerendo di farlo. Ansi vorrei poterti aiutare”
Axius girò il capo senza però muoversi di un millimetro.
“Vorrei che almeno tu ne restassi fuori. Non penso il futuro abbia in servo per noi giorni felici”
“Restarne fuori? Certo… o magari consegnare direttamente l’energia della terra a quei due squilibrati”
La dragonessa si mosse dolcemente e si sedette al fianco di Axius, ancora immobile nella medesima posizione da parecchi minuti. sollevò una delle ali argentate e con essa coprì la sua stessa coda, che distese alla sua destra.
“Allora l’hai capito anche tu…”
Lei sbuffò.
“Non pensavo ci volesse una mente così acuta per capirlo. Secondo te cos’hanno in mente”
“Non lo so. Ma che non si azzardino a soverchiare l’ordine che da sempre regna tra gli elementi… perché non avrei alcuna pietà”
Neiry gli poggiò una zampa artigliata sull’incavo dietro al collo.
“Sono con te”
Axius la fissò con due pupille che celavano odio sepolto e molta preoccupazione, addolcito solo dalla consapevolezza che poteva contare su qualcuno.
Decise di ridare alle proprie articolazioni un motivo per muoversi e lasciando scivolare la zampa della dragonessa sul proprio fianco si diresse verso
il cerchio che designava il centro della sala.
“Non gli permetterò di corrompere il cucciolo che nascerà da quell’uovo. La leggenda si è avverata… non dobbiamo lasciare che Flarendor se ne approfitti”
dichiarò Axius, con gli occhi puntati alla copertura interna della sala.
“Ho la sensazione che Airack e Lehr c’entrino qualcosa con tutta questa faccenda”
“In che senso?”
“Airack si sta comportando in maniera insolita… e Flarendor ha sospettato qualcosa. Spero solo che non gli venga in mente qualche pazzia”
“Non vorrei sembrarti pessimista ma… ho la strana sensazione che l’abbia già fatta”
Axius abbassò il capo.
“Già… lo credo anch’io. spero che Airack stia bene”
“Lo spero anch’io” Rispose Neiry, non esageratamente convinta.
“Futili speranze le vostre”
Entrambi trasalirono, voltandosi all’ingresso della stanza, dove Flarendor era comparso improvvisamente, seguito dal drago dell’elettricità che lo oltrepassò dirigendosi alle spalle di Neiry, dove solitamente si stendeva per riposare.
“Che… cosa significa”
Il guardiano del fuoco raggiunse a sua volta il proprio cristallo, del tutto indifferente, per voltarsi poi a guardare Axius, in bilico tra il dubbio e la furia.
“Airack ci ha traditi e per questo ha pagato. Era quello che si meritava”
Neiry si avvicinò cauta a Flarendor, che non la degnò neanche di attenzione.
“L’hai ucciso?”
All’udire quella domanda Axius trasalì e Siil ghignò vistosamente.
“Sarebbe più corretto dire che mi ha offerto la sua vita… in cambio di un bel po’ di scottature”
Flarendor mostrò ciò che prima aveva celato a Siil. Sollevò le ali, scoprendo i fianchi coperti di ustioni e strinature. Le zampe anteriori sotto le scaglie
nascondevano ferite ancora fresche e sul lato sinistro del collo una macchia scura di scaglie bruciacchiate striava il suo manto scarlatto.
“Caspita amico. Adesso che ti guardo meglio sei conciato piuttosto male sai? Non credevo che un drago del fuoco potesse… bruciarsi” Lo Derise Siil, pacatamente
seduto sul pavimento di pietra.
Axius non riuscì a guardare nessuno dei due, perché il disprezzo che provava non sarebbe giunto loro se non con un insulso atto di rabbia, che trattenne
a fatica.
“Non ti toglierò di mezzo in quest’istante perché il mio cuore ragiona diversamente dal tuo. Ma ora parla… Voglio sapere le tue intenzioni Flarendor. Per
quale motivo hai fatto una cosa del genere? Perché ti sei abbassato a tanto…”
“Molto semplicemente perché la leggenda si è avverata e non mi lascerò sfuggire quest’occasione. Sono anni che aspetto questo momento… finalmente un drago
viola. Mi sono stufato del mio inutile ruolo di… Guardiano del fuoco. Voglio ottenere qualcosa di più, voglio dare a questo compito una sfumatura concreta. E quale sogno sarebbe più grande di addestrare il più potente drago mai nato?”
Neiry e Axius si lanciarono un’occhiata sbigottita, mentre Flarendor si compiaceva della vivida sorpresa nei loro volti.
“Drago… viola? Ma…”
Una sequenza d’immagini legata ad un cucciolo viola e alla punizione dedicata a Flarendor gli squarciarono la testa, facendolo trasalire bruscamente.
“Che… cosa hai fatto! Come hai avuto quell’uovo””
“Dovresti vedere il tuo muso…” lo Schernì l’altro, mettendosi a ridere.
“Sei un pazzo!”
Axius fece per balzargli addosso, ma Neiry gli si parò davanti e gli sfiorò il muso con il proprio.
“Tranquillo… adesso ci penso io”
Senza che nessuno potesse prevederla, la dragonessa si lanciò fuori dall’antro e schizzò per le stanze illuminate d’azzurro dai cristalli del tempio.
Siil si drizzò sulle zampe, pronto a lanciarsi all’inseguimento. Come se le loro menti contorte pensassero all’unisono, Siil e Flarendor si lanciarono contemporaneamente sulle tracce di Neiry, con Axius che ruggiva furioso alle loro spalle.
___


Capitolo4: Nato tra le tenebre

Neiry sfrecciava nel buio della notte, con Flarendor e Siil alle calcagna. Axius alle spalle del drago dell’elettricità cercava di restare calmo, cosa che sembrava impossibile.
Teneva d’occhio i due perfidi guardiani, pronto a scattare in caso che avessero avuto la sciagurata idea di attaccare Neiry. La dragonessa stava cercando
di spingere il suo corpo al limite, concentrando tutte le sue forze sulle ali, non riuscendo però a seminarli.
Quattro ombre si muovevano rapide tralle buie nubi grigiastre, quattro anime con pensieri opposti, quattro guardiani con destini diversi. Sotto di loro si estendevano larghe steppe e basse montagne di pietra, alternate a piccoli e solitari boschetti che costellavano il percorso che divideva il tempio
dalla grotta in cui le uova erano state nascoste in precedenza. Neiry volava con la mente fissata sull’immagine dell’uovo viola, così bestialmente tolto alle cure dei propri genitori. Non sapeva se quel cucciolo sarebbe vissuto felice, ma una cosa era certa, non avrebbe mai conosciuto la madre che l’aveva dato alla luce. questo pensiero la tormentava, le fracassava il
cranio e le costole a colpi di anima e di cuore. Voleva dare tutta se stessa per aiutare i piccoli che sarebbero nati di lì a breve, non avrebbe permesso a due scellerati di infliggere dolore inutile a creature innocenti.
Si voltò, senza perdere velocità, verso i draghi che ancora la inseguivano, troppo calmi per non nascondere qualcosa. Se avessero voluto l’avrebbero raggiunta in un attimo, almeno Siil non avrebbe faticato molto grazie alla propria capacità di infondere energia elettrica ai propri muscoli, rendendolo più rapido del fulmine.
Giurò di aver visto Flarendor sorridere, ma non se ne curò. Cercò di accelerare, ma non era in grado di volare più in fretta. Batteva le ali in maniera frenetica e monotona, senza concedersi tregua.
Dopo alcuni secondi interminabili, intravide la sagoma della grotta far breccia tra le ombre dell’oscurità. Un semicerchio indistinto coronato da contorni sfocati anche a causa della velocità che aveva raggiunto.
Scese di quota, acquistando ulteriore spinta grazie alla forza di gravità e gli altri draghi la imitarono. Stava quasi per raggiungere il suolo, quando Siil gli saettò accanto ad una velocità incredibile, mentre si grattava pigramente il collo scaglioso.
“cosa hai intenzione di fare piccola?”
Neiry non si intimorì, e proseguì verso la grotta, ormai a pochi metri da lei.
Siil rallentò, fino a fermarsi del tutto in prossimità del terreno. Axius gli passò sopra, oscurandone la figura, mentre Flarendor frenò il suo volo impetuoso a qualche metro da lui.
Il drago del ghiaccio fece per rallentare a sua volta, non comprendendo le intenzioni dei due, ma non appena vide Neiry gettarsi a capo fitto all’interno della grotta la seguì senza troppi indugi.
Entrambi ansimavano per lo sforzo, ma le membra e il fiato non erano le uniche parti deboli del loro corpo. Anche una piccola scintilla nelle loro teste suggeriva che qualcosa non andava.
Axius si portò al fianco dell’amica, dandole le spalle in modo da poter tenere d’occhio Flarendor e Siil, che si erano distesi oziosamente sull’erba fredda e coperta di notte.
Non riusciva a capire cosa passasse loro per la testa. Tese tutti i muscoli del corpo, pronto a riceverli se necessario. Un ruggito furioso lo fece trasalire, nonostante fosse scaturito dalle fauci di Neiry. La dragonessa tornò sui suoi passi, urtando Axius senza preoccuparsi di scusarsi e uscì nuovamente all’esterno, le zanne grondanti rabbia e lo sguardo tramutato in quello di una belva priva di ragione, guidata per metà da puro istinto selvaggio.
“Che c’è tesoro… i tuoi ovetti sono spariti?”
L’espressione di collera di Neiry travolse Siil, che nonostante fosse riuscito a non scomponersi, non potette impedire ad un sussulto di pervaderlo quando dalle radici di un albero si protesero dei rami acuminati decisi a trafiggerlo. Saltò in avanti per evitare l’assalto della natura che assieme a Neiry
e ai suoi formidabili poteri stava cercando di fargliela pagare, ma la dragonessa lo intercettò e con una poderosa zampata lo sbilanciò, per poi sferzargli
un colpo d’artiglio sul collo, che lo costrinse a indietreggiare.
“Mi sembrava di aver visto che prima ti grattavi proprio in quel punto… magari ora ha smesso di pruderti”
Siil sorrise beffardamente, apprezzando l’ironia dell’avversaria.
“Non posso permetterti di rubarmi il ruolo di simpaticone del gruppo, questa battuta ti costerà cara”
“Voi non fate più parte di nessun gruppo. Voi non siete nessuno ormai, il vostro destino è quello di morire soffrendo. Quindi puoi anche dirmelo. Cosa
ne hai fatto delle uova!!”
Siil ghignò come al solito, assumendo quell’espressione canzonatrice che la dragonessa aveva sempre odiato e che era sempre riuscita ad ignorare. Adesso
però non solo stava collaborando con Flarendor a favore di piani oscuri che avrebbero inequivocabilmente alterato il pacifico flusso della vita, ma stava persino contribuendo alla distruzione di una famiglia che di perfido aveva solo il destino.
Lehr e Airack non meritavano quell’orribile fine, e il loro cucciolo ancora meno. Come espressione della bontà materna della dragonessa azzurra e dell’odio
che stava inviando dalla sua coltre di luce alla perfidia dei due draghi, Neiry si sentiva in dovere di prendere il suo posto e come lo sarebbe stato quello di ogni madre, il suo primo dovere era quello di impedire ai malvagi propositi di Siil e Flarendor di prendere forma.
Puntò tutte e quattro le zampe al suolo, affondando nella superfice umida con i robusti artiglii che attinsero dalla terra e dalla natura che li circondava ad un enorme potere.
Sill percepì il repentino mutamento di stato d’animo nella dragonessa e provò una certa sensazione di disagio nel constatare a quale livello potesse portare il legame indissolubile che la univa all’energia della natura.
Si concentrò a sua volta, preparandosi a ricevere e contrastare l’assalto nemico, circondandosi di una sottile ma pericolosa aura elettrica che gli pervase
ogni fibra del corpo. un rombo assordante ferì il silenzio e un fulmine squarciò l’aria, gettandosi violento sul terreno al suo fianco.
Le due figure si scrutarono intensamente, concentrandosi sulla potenza dei rispettivi elementi e trafiggendosi l’uno con l’altra con occhi di sangue, per motivazioni totalmente opposte.
Flarendor nel frattempo se ne restava impassibile ad osservare il violento svolgersi degli eventi, mentre Axius, scioccato dalla reazione della compagna, era indeciso su quale ruolo assumere in quella situazione.
In conflitto con se stesso, in bilico tra il voler imitare Neiry e il restarsene momentaneamente in disparte, decise che si sarebbe gettato in aiuto dell’amica solo se fosse stato necessario.
La dragonessa percepì la sua presenza alle proprie spalle, ma ignorò ciò che Axius avrebbe potuto pensare di lei, raccogliendo tutta la sua concentrazione per lo scontro.
Dal punto di vista del combattimento temeva Siil, per il suo smisurato potere e la sua innata padronanza del fulmine, ma non si lasciò minimamente intimorire
dalla minaccia proveniente dal suo sguardo bramoso di morte.
Senza perdere tempo, balzò in aria cercando di guadagnare una piccola distanza che le avrebbe permesso di anticipare una mossa del drago nonostante la
sua velocità, infatti non appena Siil fu schizzato nella sua direzione, le sue ali si piegarono violentemente e con una rapida cabrata si portò sopra di lui, disorientandolo. Ne approfittò per sparare una sfera di luce verde, nel quale era concentrata la forza della sua compagna natura, che l’avversario
riuscì ad evitare solo grazie ad una buona dose di fortuna. Neiry gli si gettò in contro, con le fauci spalancate e la veemenza di una fiera indemoniata.
Nonostante la furia, però, la ragione non l’abbandonava mai, infatti non appena Sill ebbe utilizzato il proprio potere elettrico per gettarsi fulmineamente verso il suolo, delle radici spuntarono sotto di lui pronte a ghermirlo.
Purtroppo, solo una delle zampe posteriori venne intrappolata dalle spirali lignee generate dal potere di Neiry, che il drago spezzò concentrando un’intenza
quantità d’elettricità sul piede stesso, che sfruttò per darsi lo slancio e portarsi al disotto della dragonessa. Neiry non potette evitare una scarica elettrica dritta sul torace che le impedì di contrattaccare per qualche istante.
Riuscì a non perdere quota solo grazie ad un enorme forza di volontà, che le impose di afferrare Siil e spedirlo nuovamente al suolo, dove ad attenderlo
c’era un acuminata stalattite di pietra. Il drago riuscì a capovolgersi e a ridurre i danni, sfiorando con un ala la roccia e atterrando totalmente illeso.
Anche Neiry scese a pochi metri da lui, tornando a contatto con il terreno che le diede quasi istantaneamente nuovo vigore. Siil guardò in alto, sogghignando.
“Mi sto divertendo sai?”
Un lampo si generò a qualche metro sopra la dragonessa, che resasi conto del pericolo scattò di lato, facendo così il gioco di Siil, che sfruttò la sua
distrazione per schizzargli addosso, gli artigli infusi di elettricità.
Un bagliore verdastro avvolse Neiry trasformandosi, al momento dell’impatto tra i due, in una solida sfera rocciosa che impedì all’avversario di ferirla.
Le lame elettriche che spuntavano dalle zampe di Siil si conficcarono nella pietra, cercando di perforarla, ma in vano.
“Non riuscirai mai a tagliare questo scudo!” Gridò soddisfatta Neiry, dall’interno della propria protezione.
“Beh… forse è vero. Ma stai consumando un sacco di energia per tenerlo in piedi e non puoi muoverti da lì, altrimenti lo scudo si infrange”
“Ne sei sicuro?”
L’enorme sfera rocciosa iniziò a rotolare spinta dalla straordinaria forza di Neiry, che riuscì a travolgere Siil, schiacciandolo e trascinandolo alla cieca fino ad un albero sul quale entrambi si schiantarono.
Il guardiano dell’elettricità si rialzò leggermente frastornato, con qualche osso rotto e le zanne che desideravano vendicarsi per l’affronto subito. Non
fece in tempo a riprendere le forze però che Neiry era già tornata all’azione, facendo esplodere la sfera protettiva in una tremenda emissione d’energia
naturale che si propagò tutt’attorno, spazzando via Siil e spedendolo a molti metri di distanza.
Il drago si impennò e indirizzò le fauci verso la dragonessa, che nel frattempo, dal bel mezzo dell’esplosione, aveva caricato un’altra sfera d’energia che saettò nella sua direzione, scontrandosi con l’onda elettrica di Siil e tuonando in tanti bagliori splendenti che sfrecciarono tutt'attorno.
Il drago dorato osservò compiaciuto l’avversaria ansimare pesantemente dopo lo sforzo, facendo tesoro di quell’unica occasione che la vedeva vulnerabile. Virò verso destra e lanciò una saetta splendente che Neiry schivò per un soffio, finendo però nel raggio d’azione di Siil che le piombò sul dorso, spingendola brutalmente a terra.
La dragonessa provò a scrollarselo di dosso, ma gli artigli di Siil le perforarono il collo e una scarica elettrica le invase tutto il corpo, paralizzandone temporaneamente ogni funzione motoria. Alcune vene esplosero per l’eccessiva tensione e piccoli zampillii azzurrini le uscirono dalle ferite sanguinanti
comparse su tutto il corpo, lasciandosi a presso un forte odore di carne bruciata.
Axius, inoriddito dalla scena, lanciò un ruggito disperato e fece per lanciarsi in suo aiuto, ma Flarendor da disteso e tranquillo com’era, gli si piazzò
davanti per sbarrargli la strada.
“Prima dovrai batterti con me se vuoi salvarla”
“Salvarla? Non ha bisogno del mio aiuto per quell’inetto…”
“E allora dove stai andando. Devi fare un bisognino?”
“Si… in faccia a te!” Gli urlò sul muso, colpendolo con una zampata sul muso, da cui scese un sottile rigagnolo scarlatto quanto le sue scaglie.
“Sei uno sciocco Axius”
“E tu allora? Guarda a causa tua a cosa siamo arrivati. A una lotta fratricida… lotta che non ha alcun senso”
“Ti sbagli. Ne ha e come di senso. Questa lotta presto diventerà una guerra se non vi piegherete a noi”
“Nessuno si piegherà al tuo volere Flarendor… neanche sotto tortura”
“Staremo a vedere”
Neiry non riusciva neanche a gridare tanto era il dolore, ma con i residui di un’energia non ancora spenta fece nuovamente appello alla terra, che le conferì la forza di gettare Siil al suolo con un brusco movimento delle zampe anteriori.
Sapeva che non avrebbe potuto afferrarlo e trattenerlo a terra, a causa della sua capacità di emettere scariche da ogni parte del corpo, ma doveva trovare un modo per neutralizzarlo. Mentre l’altro si drizzava ancora sulle zampe, spiegò le ali e impedendo a chiunque di prevederla concentrò quel poco dienergia rimasta nella zampa sinistra, che si permeò di un potere scaturito direttamente dalle profondità dellla terra. questa iniziò a tremare sotto il suo rabbioso influsso.
Questa volta l’estrema velocità non servì a Siil ad evitare l’attacco, perché sembrava che tutto ciò che lo circondava fosse contro di lui, spinto da una
volontà indipendente a distruggerlo. Il colpo di Neiry lo centrò in pieno muso, fracassandogli gran parte dell’ossatura facciale e spedendolo al tappeto con una forza tremenda.
Flarendor scosse il capo, neanche troppo stupito dal risultato dello scontro.
“Sapevo che Siil era un incapace. Adesso dovrò apportare qualche piccola modifica al piano. Ma almeno me l’ha tolta di mezzo”
Axius rabbrividì.
“Ma che stai dicendo… è viva e vegeta”
“Ti facevo più sveglio Axius… perché non vai a chiederle come sta?”
Axius restò basito dallo strano comportamento del rivale, ma non indugiò. Si fiondò verso Neiry, che si ergeva immobile con le ali afflosciate lungo i fianchi di fronte all’avversario riverso al suolo, semi sommerso da una pozza di sangue,.
La robusta muscolatura della dragonessa era stata irrimediabilmente consumata dalle scariche elettriche e il volto contratto in una smorfia di dolore lasciava intendere quanto il danno fosse grave.
Siil, dal canto suo, ghignava sotto una maschera rossastra che gli tingeva per metà il muso.
“Sarai soddisfatto ora. Abbiamo finito col distruggerci a vicenda… spiegami che senso ha” Disse Neiry, fissando le iridi d’inchiostro del drago che anche in quelle condizioni parevano deriderla.
“Sei stata tu ad attaccare per prima. Quindi devi spiegarmelo tu che senso ha… mi sono solo limitato a difendermi”
“Beh…” Rispose Neiry avvicinandosi, “Questo tuo ultimo sarcasmo ti accompagnerà nell’aldilà”
Fece per prepararsi a sferrare il colpo di grazia, ma Axius la raggiunse tempestivamente, impedendo ai suoi artigli di abbattersi sul collo già ferito di Siil.
“Cosa stai facendo. Lui non mi avrebbe risparmiata Axius”
“Tu non sei come lui. So che non lo sei, e lo sai anche tu. Posso capire come ti senti in questo momento, lui e quell’altro essere ignobile… non meriterebbero
il tuo perdono. Ma lascialo vivere, è destinato a morire per mano di qualcun altro”
Neiry distolse lo sguardo dal compagno, dirigendolo verso Flarendor e abbozzando un sorriso.
“Giusto”
Siil sapeva a cosa stavano alludendo e non fu capace di ignorarli. Riuscì a rialzarsi, il muso grondante sangue.
“Siete una coppia di poveri sciocchi. Qualunque cosa facciate non riavrete le vostre uova”
“Fossi in te non ci giurerei troppo” Gli rispose Axius.
“Come pensi di fare…” Continuò Neiry, seriamente preoccupata per la sorte di quei piccoli.
Flarendor lanciò una strana occhiata a Siil, prima di librarsi in aria a gran velocità. Avrebbe sfruttato l’altro drago finché fosse stato possibile.
Axius corse a grandi balzi sull’erba, prima di volare al suo inseguimento, ma una saetta azzurra scaturì dalle fauci di Siil, colpendolo dal basso sul
ventre e stordendolo per un lasso di tempo che bastò a Flarendor per allontanarsi a sufficienza.
“No maledettoooo! Non mi sfuggirai!” Ruggì, Scendendo bruscamente a terra per darsi un portentoso slancio con tutti gli arti e scomparire nel buio dietro a Flarendor. Batté violentemente le ali, frustando l’aria che al suo passaggio pareva gelarsi. Il drago cremisi, sfruttando il calore del fuoco e la sua sviluppata forza muscolare, gli era decisamente superiore in quanto a velocità, ma Axius non demorse, per non rendere vani gli sforzi di Lehr e per non lasciare a quel pazzo l’opportunità di farla franca.
Sapeva che molto probabilmente si stava dirigendo verso il nascondiglio dove aveva riposto le uova e ne ebbe la conferma quando Flarendor atterrò in prossimità di un enorme cratere calcareo profondo almeno un centinaio di metri, alle pendici di una silenziosa collina con il profilo oscurato dal velo notturno.
Nembi violenti continuavano a inseguirsi sopra di loro come in una perenne fuga verso l’oblio. Axius non lo seguì, ma si limitò a restare sospeso in’aria continuando a muovere pesantemente le ali, cercando di intuire le sue intenzioni Lo vide gettarsi all’interno dell’immensa bocca scura e per non perderlo di vista lo seguì, ignorando il perché di tanta indifferenza nonostante lo sapesse alle sue spalle.
“Ti conviene non seguirmi Axius… non vorrei che il tuo buon cuore ti giocasse brutti scherzi di fronte a ciò che ti aspetta”
Axius lo ignorò e continuò a scendere insieme a lui, fino a quando il buio non lo avvolse completamente.
Non temendo la temporanea cecità, continuò a seguire i movimenti di Flarendor con gli altri sensi, percependolo a pochi metri di distanza sotto di lui. Ebbe la sensazione che qualcosa dal fondo del cratere si avvicinasse, e quando con i piedi urtò la superfice sabbiosa del suolo capì che era giunto il momento della verità.
Iniziò a reclamare il cielo notturno di Avalar, oppresso dalla quieta oscurità che lo attanagliava.
Nonostante sapesse che in un luogo simile Flarendor era nelle sue stesse condizioni, non potette fare a meno di temere il suo rivale anche se solo per un fugace istante.
“Che dici… sarà meglio fare un po’ di luce?” Commentò Flarendor, scagliando una fiammata ai suoi piedi, generando un piccolo fuoco che fu comunque sufficiente
a rischiarare il vuoto che li circondava.
“Guarda un po’ alle tue spalle”
Axius si voltò, restando per un momento con il fiato sospeso nel constatare che tutte le uova si trovavano distese dietro di lui.
Le venature colorate dei gusci brillarono a contatto con il tenue bagliore del fuoco, mutando in tanti piccoli sorrisi rivolti al guardiano del ghiaccio.
“È stata una faticaccia portarle tutte qua dentro. Che peccato… i nostri sforzi devono andare in fumo per colpa di quell’idiota di Siil”
“Esatto. Non riuscirai a portarli via di nuovo”
“Infatti non ho intenzione di farlo. Ho solo quattro zampe… come pensi che possa portarle via da solo?”
La freddezza e la ferrea sicurezza di Axius stavano per bacillare, il suo avversario si stava comportando in modo decisamente assurdo. Non riusciva a capire
per quale motivo l’avesse portato fino a lì, svelandogli il nascondiglio delle uova. Ciò che successe dopo neanche l’Aedo l’avrebbe previsto. Flarendor vomitò un getto infuocato in direzione di Axius, che impreparato a respingere un attacco così violento e improvviso fu costretto ad evitarlo, distendendosi istantaneamente a terra e lasciando che le fiamme lo oltrepassassero.
Una sensazione di vuoto e di smarrimento gli devastò l’anima, quando si rese conto di ciò che Flarendor aveva intenzione di fare.
un grido, un insieme di lamenti provenienti dalle viscere della terra, dalle nuvole del cielo e da ogni forma di esistenza, gli fracassò il costato e penetrò fino al cuore, che per un momento sembrò volersi fermare.
Non osò neanche girarsi per vedere cosa fosse rimasto dell’insieme di uova, ormai ridotto ad un mucchio di gusci vuoti e distrutti.
“Dovresti vedere la tua faccia Axius…” Lo schernì il drago rosso, dimostrando a cosa poteva arrivare la sua crudeltà. “Comunque devo informarti che… dovrò fare il bis. È rimasto qualcosa intatto… Togliti da lì o farai la loro fine”
I milioni di pensieri di Axius si infransero su una sola azione: colpire. Il suo corpo vibrò, le sue membra fremettero. Flarendor si ritrovò a scontrarsi contro la parete di pietra alle sue spalle senza neanche rendersene conto. La pressione, gia alta a causa della profondità del luogo, si fece ancora più pesante sotto l’incessante incremento d’energia che Axius stava manifestando, spinto da la stessa rabbia che aveva guidato in precedenza Airack e Neiry.
L’aria si fece gelida, il freddo si impadronì del nulla sopra e intorno a loro.
Il drago stava per lanciare un soffio congelante che avrebbe sicuramente spappolato il nemico con una simile pressione, ma un suono proveniente dall’alto
lo fece desistere.
“Axius! Dove sei! che caspita stai facendo”
Riconobbe la familiare voce di Neiry, che stava scendendo a tutta velocità verso di lui, invisibile nell’ombra.
Udì distintamente due paia di ali frusciare quasi all’unisono, riconoscendo immediatamente anche la presenza di Siil e lasciò che il suo potere scivolasse via dal suo corpo.
Ne potette identificare le figure quando ebbero raggiunto il fuoco acceso da Flarendor, che li aveva aiutati nella discesa verso di loro.
“Neiry… che sta succedendo”
“Ho l’uovo… ho l’uovo di Airack e Lehr”
Axius si sentì falciare in due. La sua testa pulsava furiosamente come un pesante martello che colpiva con sempre maggior violenza. Sapere che l’uovo era salvo lo riempiva di gioia, ma la sorte degli altri poveri cuccioli lo lasciava sprofondare in un vuoto ancora più tetro di quello del buio cratere che li attorniava.
Sapeva che qualcosa poteva essere salvato, non tutte le uova erano state distrutte, e lui doveva fare il possibile per permettere almeno a quei pochi cuccioli superstiti di vivere.
“Bene! cioè… aspetta… come hai fatto a trovarlo…”
“Che succede?”
“Beh… succede che…”
Flarendor nel frattempo si era ripreso dal colpo e stava puntando Neiry, pronto per investirla con un fiume di fiamme, che però non giunse mai.
Siil si parò di fronte a Neiry, avendo compreso le sue intenzioni.
“Cosa fai vigliacco… sei dalla loro parte?”
“Assolutamente no… ma ci tengo alla mia pelle”
Axius sorrise divertito nel constatare la codardia di Siil, che piuttosto che farsi ammazzare da Flarendor per il fallimento aveva preferito rivelare a Neiry il luogo nel quale avevano nascosto l’uovo viola.
“Siil… sapevo che sei un essere ignobile, ma… non immaginavo fino a questo punto. Però meglio così. In fondo…”
“Attento Axius, l’hai appena detto... sono un essere ignobile. Potrei tradirvi da un momento all’altro, quindi stai attento e guardati sempre alle spalle”
“Secondo me non lo farai”
“Può darsi… staremo a vedere”
“Silenzio!” esordì Neiry, sbalordita.
Entrambe le sue zampe anteriori si mossero quasi indipendenti dalla sua volontà e andarono a stringere delicatamente l’uovo viola, che venne scosso da un flebile fremito.
Poteva percepire distintamente il calore proveniente dall’uovo farsi sempre più intenso e il guscio venire colpito ripetutamente dall’interno. Come un cuore che batte in un petto, come una piccola luce che tenta di incunearsi nell’oscurità.
“No… non qui, non quaggiù ti prego”
Axius guardò la compagna con rinnovato stupore, avendo avvertito una profonda tensione erompere dal piccolo uovo che la dragonessa continuava a stringere tra gli artigli.
“Ti prego, non tra le tenebre… ti prego”
Le sue suppliche non vennero ascoltate. La superfice dell’uovo iniziò a creparsi in maniera impercettibile, fino a quando alcuni piccoli forellini non comparvero tra le striature che la decoravano.
Nessuno potette assistere alla nascita del piccolo, Soltanto Neiry, che non lo abbandonò neanchequando cinque minuscoli artigli si fecero strada verso l’esterno in cerca di una luce che probabilmente non avrebbe mai visto, fu spettatrice della nascita del primo drago viola.
Il drago della leggenda, che avrebbe modificato le sorti del mondo, che sarebbe diventato la più potente di tutte le creature e che sarebbe stato la guida verso un cambiamento epocale.
La dragonessa assisté incredula a quell’evento straordinario, poggiando l’uovo a terra solo dopo che il cucciolo ebbe messo la piccola testolina fuori dal guscio.
Axius si avvicinò a Neiry, spingendo delicatamente l’uovo di fronte alle sue zampe e posizionandosi in modo che il piccolo fosse protetto da ogni lato, con ben 20 artigli a sua difesa.
Siil fece per avvicinarsi, più per paura di essere rimasto da solo che per interesse verso il draghetto, ma Axius lo respinse con l’ala sinistra, lasciando
che fosse Neiry a coprire l’uovo con il proprio corpo mentre Malefor finiva di romperne il guscio, venendo così all’oscurità.
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view post Posted on 14/7/2015, 16:32
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capitolo5: Guerrieri per il domani

Malefor sollevò lentamente le palpebre, senza neanche dover abituare i propri occhi alla luce, troppo fiebile per ferirli. Forse neanche si era reso conto di essere già uscito dall’uovo.
Axius e Neiry osservarono il piccolo come ammaliati e nonostante il colore del guscio dell’uovo gli avesse anticipato la sua natura, restarono a fissare il viola delle sue scaglie con un’espressione tanto sbigottita quanto atterrita. Era interamente coperto di minuscole scaglie di quel viola leggendario. Una fila di placche ossee si dirigeva dalla testa fino all’estremità della coda,
che terminava con quattro piccole lame sporgenti. Ai lati del muso presentava quattro fragili corna scure e altre due si gettavano all’indietro dal cranio. Gli occhi erano quelli di un innocente cucciolo ignaro del suo ruolo nel mondo. Malefor alzò lo sguardo verso il ventre di Neiry, che ancora lo stava coprendo con il suo corpo. dai suoi occhi traspariva un’espressione innaturalmente tranquilla per un draghetto appena nato. Cercò quelli dolci e rassicuranti che una madre avrebbe regalato al figlio, incontrando solo le tenebre intorno a se.
Flarendor continuava a seguire lo svolgersi degli eventi con parsiale indifferenza, turbato dal ritorno dei due draghi. Non riusciva a capire come, ridotti praticamente in fin di vita, i due fossero sopravvissuti e li avessero potuti raggiungere in così breve tempo.
“Siil!” Ruggì, facendo Trasalire il drago dell’elettricità. Anche gli altri si voltarono a fissarlo, il cucciolo con rinnovato interesse.
“Com’è possibile che siate ancora vivi. Non avevate speranze… nessuno dei due… cos’è successo”
Siil abbassò lo sguardo, voltandosi verso Neiry, in cui sembrò addirittura cercare protezione.
“E tu… non ti importava minimamente di che… fine avrei fatto vero?”
Flarendor sbuffò irritato, semplicemente turbato dalla presenza di tre avversari invece di uno. Avrebbe dovuto impegnarsi parecchio se voleva fuggire con Malefor. Le altre uova in oltre erano ancora intatte e nonostante fossero un numero esiguo in confronto a qualche momento prima, non avrebbe potuto distruggerle o catturarle tutte e portarle con se senza incappare nell’ira di Neiry e Axius.
“Flarendor arrenditi, puoi ancora tornare in dietro… sei in tempo a fermarti, non costringerci ad ucciderti” Sentenziò il guardiano del ghiaccio con aria
allo stesso tempo mesta e solenne.
“Stai scherzando vero Axius? Non penserai che sia disposto a fermarmi proprio ora che manca un passo alla realizzazione di molti dei miei sogni?” Si rivolse poi verso Siil, con lo sguardo più fiammeggiante delle sue viscere. “Le hai mostrato il cristallo vero? Le hai fatto conoscere l’origine del potere… credevo che tu fossi mio alleato”
Axius guardò confuso l’amica, ancora intenta a proteggere Malefor, che dal canto suo se ne stava impassibile ad ascoltare quello che gli accadeva attorno.
Neiry si accorse solo in quell’istante che gran parte delle uova erano state ridotte in un ammasso di gusci distrutti,ma il suo cuore non ne soffrì più di tanto, dato che Siil gli aveva anticipato cosa sarebbe potuto succedere se Axius non fosse riuscito a fermare Flarendor.
Si limitò a grugnire di rabbia reprimendo un grido. Non poteva certo accusare l’amico, doveva piuttosto prepararsi al peggio consapevole di cosa Flarendor
avrebbe cercato di fare, si mise sull’attenti e cinse Malefor con tutte le zampe, acquattandosi a sua protezione. Axius si lanciò verso le uova indifese, senza perdere d’occhio il malvagio drago che stava bramando il sangue di Siil, il quale avendo fatto appello a quell’invisibile barlume di coraggio del suo animo si era posizionato davanti a Neiry, senza però troppa convinzione.
Flarendor rinunciò, se pur con rammarico, alle uova protette al momento da Axius e si concentrò sulla chiave che gli avrebbe aperto tutte le porte verso il potere a cui ambiva tanto avidamente.
“siete un branco di poveri illusi…”
Senza concedere il tempo di prevederlo si lanciò verso l’alto a velocità incredibile, facendo perdere le proprie tracce. I piccoli bagliori che zampillavano dal fuoco acceso dal drago si dissolsero in una fugace nuvoletta di fumo e il cratere sprofondò di nuovo nel buio più totale.
Il draghetto non si spaventò. Sfiorò le zampe di Neiry con il musetto, sfregando le piccole e fragili scaglie viola su quelle della dragonessa che non sembrava molto tranquilla.
“Siil…”
“Non chiedermi di seguirlo, non avrei speranze contro di lui”
Neiry sbuffò, stringendo quasi involontariamente il drago viola che aveva iniziato a giocherellare con i robusti artigli di quella che forse pensava essere sua madre.
“Non dire sciocchezze… hai soltanto paura, tu stesso l’hai ammesso”
“Si ho paura va bene? Dovreste averne anche voi… Flarendor non può raggiungere il potere ultimo ma può farne uso quanto basta per mandarci tutti all’altro mondo. Invece di perdere tempo a giudicare me, fareste meglio a nascondere il vostro draghetto… prima che Flarendor torni e nasconda voi sotto qualche metro di terra”
Axius affondò gli artigli sulla morbida sabbia che sembrò ritirarsi sotto al suo peso. Teneva lo sguardo glaciale disteso verso l’alto, in attesa di qualche spiegazione.
“Cristallo? È qualcosa di simile ai cristalli d’energia del tempio?”
“Diciamo di si, anche se questo racchiude un potere molto più grande e pericoloso. È pura energia negativa… è talmente potente che è stato capace di curarci
entrambi nel giro di due secondi. È un cristallo di luce violacea, da cui si può ricavare un grande potere”
Axius si incupì.
“Se è stato in grado di curarvi entrambi… che eravate conciati veramente male… sarà anche in grado di conferire a Flarendor un potere immenso”
“Il problema non è Flarendor stesso, ma se quel cristallo fosse utilizzato su…” Disse Neiry, chinando il muso ad osservare il piccolo… “su di lui, le consequenze
potrebbero essere catastrofiche. Come ti ho detto è un’energia oscura e incredibile”
Sill si prese il permesso di intervenire.
“Se posso…”
“Siil sei veramente il peggior individuo che io abbia mai conosciuto. Ti ho sempre odiato ma Dopo quello che hai fatto a Neiry… se fosse per me faresti una brutta fine. Qui…”
“No Axius non è nella tua natura uccidere senza un movente ben preciso, adesso che vi sto aiutando non prenderai neanche in considerazione l’idea di uccidermi. O sbaglio?”
Axius avanzò deciso, facendo scricchiolare le zanne l’una sull’altra.
“Senti Siil… potresti anche aver ragione, ma ti assicuro che dopo quello che ti ho visto fare potrei cambiare radicalmente idea. Sei sicuro di voler restare dalla nostra parte? Per convenienza è certo… sai che se ci tradirai ancora ti eliminerò seduta stante?”
Axius non poté vederlo a causa dell’oscurità, ma sentì il drago dell’elettricità sputare a terra.
“Come vi ho già detto, invece di preoccuparvi di me fareste meglio ad andarvene. Credo non ci sia molto tempo”
Neiry, recepito il messaggio, creò dal sottosuolo delle piccole radici, che spuntando dalla sabbia scura andarono a formare una sorta di nido ramificato.
“Axius… prendi quelle uova e vattene da quì” Disse la dragonessa, allontanandosi con riluttanza dal draghetto che stringeva fra le zampe. “E porta il cucciolo con te”
Senza aspettare risposta, Si avvicinò alle uova e le dispose una ad una dentro a quella sorta di cesto naturale.
“Non dire sciocchezze! Se è vero quello che dite non ti lascierò qui da sola”
“Sono guarita è vero, ma il mio corpo ha risentito molto del combattimento e non sarei in grado di volare per molto, tanto meno di fuggire e Siil non è messo molto meglio di me. E poi appunto non sono sola…”
“Ah certo… che compagnia…” Osservò Axius, rivolgendosi astiosamente a Siil che non si scompose.
“Non ti lascierò con questo verme, preferirei che fossi da sola con Flarendor”
“Quanta fiducia amico mio”
“Noi nonsiamo amici Siil, eravamo soltanto legati dal nostro destino di guardiani che voi avete distrutto. È anche colpa tua se sta succedendo questo, ansi… è solo colpa tua. Flarendor non avrebbe mai potuto fare tutto da solo. se non ci fossi stato tu non ci avremmo pensato due volte a squamarlo scaglia
dopo scaglia”
“Axius…” Bisbigliò Neiry, notando la rabbia salire anche nell’amico.
“ A quest’ora Lehr e Airack sarebbero ancora vivi, a quest’ora non avremo dovuto nascondere il loro figlio dalle grinfie del tuo compare la fuori. Non avrebbe avuto il coraggio di sfidarci tutti. E tu ti sei unito a lui solo per paura di affrontarlo? Sei vile e perfido fino a questo punto? Hai preferito
salvaguardare la tua incolumità al prezzo di quella di una famiglia e di una generazione intera di cuccioli!”
Siil scosse il capo pigramente.
“Il mio iniziale intento era quello di seguire il progetto di Flarendor, un progetto molto allettante. Avreste fatto meglio a seguirlo anche voi. adesso però sono stato testimone del suo egoismo, non sono più interessato ad aiutarlo”
“Sciocco… pensavi veramente che quel pazzo avrebbe condiviso il risultato delle sue follie con te?”
“Axius!”
Questa volta la voce di Neiry venne ascoltata.
“Discuterete dopo, adesso vattene…” Continuò, porgendogli il nido ligneo.
Malefor, ignaro di tutto, si era disteso sulla sabbia, saggiandone la consistenza con i artigli con cui si scavò una piccola buca dove poggiò la testolina. Raschiò i granelli freneticamente, senza uno scopo ben preciso, fino a quando il foro non fu abbastanza grande perché ci potesse infilare anche il resto del corpo.
Neiry lo raggiunse, accortasi che si stava seppellendo completamente.
“Che stai facendo piccolo? Non nasconderti, in questo buio poi non ti ritroviamo”
Con una zampa lo tirò fuori dalla sabbia e se lo portò alla bocca, leccandogli con delicatezza il musetto, prima di metterlo con i suoi fratelli che ancora non si erano svegliati. Lo adagiò tra le uova e si rivolse di nuovo ad Axius, che non aveva nessuna intenzione di ascoltarla.
“Per piacere… fallo per me…”
“Cosa dovrei fare? Lasciarti qui per farti fare da esca? Andiamocene tutti”
“No… Flarendor tornerà qui, se non ci troverà verrà a cercarci. Da solo riuscirai sicuramente a sfuggirgli, io non sono nelle condizioni di proteggere il draghetto, dovrai farlo tu”
”Ti ho detto di…”
Axius venne interrotto dall’apparizione di un improvviso fascio di luce violacea che si iraddiò in tutto il cratere, squarciando il buio e originando una strana forza sovrannaturale che spinse tutti a qualche metro di distanza. Axius afferrò la gerla con le uova e il cucciolo appena un attimo prima di essere
sbalzato via, impedendo per un soffio che cadessero.
“Accidenti a te Axius te l’avevo detto di andartene!” Gridò Neiry, cercando di far presa sul terreno friabile per non rovinare a terra.
Flarendor comparve dallo squarcio di luce formatosi di fronte a loro con le ali spalancate e le fauci pronte alla lotta.
“Adesso ditemi… chi dovrò fare fuori per primo…? beh… Axius… se mi consegnassi il drago viola e le uova senza provare a darmi problemi, potrei anche lasciarvi
stare… non avrei mai voluto far del male proprio a te, abbiamo vissuto tanti anni insieme… niente mi farebbe più felice che risparmiarti la vita oggi. Ora fatti da parte…”
“Preferirei morire bastardo!”
Come ad anticipare la mossa del drago, Axius fece da scudo con il corpo al piccolo nido e si erse in tutta la sua maestosità, spiegando le ali azzurre e snudando gli artigli.
“La vostra ingenuità non ha limiti” Disse il drago cremisi, prima di gettarsi a tutta velocità verso Neiry che non riuscì a contrastare l’assalto. Era ancora troppo debole per reggere uno scontro del genere, il suo corpo era attraversato da continue fitte di dolore che cercava di nascondere agli altri,
ma quando Flarendor le piombò addosso conficcandola nella sabbia, un urlo agghiacciante eruppe dalla sua gola. Axius cercò con difficoltà di non perdere la cognizione dello spazio e del tempo. Avrebbe corso un rischio troppo grande gettandosi contro Flarendor a cui sarebbe bastato poco per finire Neiry, danneggiata com’era.
“Non costringermi a fare sciocchezze che potrei evitare. Dammi quel maledetto draghetto o guarda la tua amica morire”
Il tempo si fermò, il bivio formatosi nella mente di Axius era troppo devastante per permettergli di scegliere senza pensare alle consequenze che avrebbe causato escludere l’altra opzione. Non avrebbe neanche osato sperare in un aiuto da parte di Siil, che non perse occasione per far mostra della sua viltà, indietreggiando di qualche passo.
Axius ghermì con gli artigli il cucciolo, ora in piedi sopra al mucchietto di uova perlacee.
Neiry urlò di nuovo, questa volta non provando neanche a trattenersi. Flarendor le stava torturando le scaglie, incrementando rapidamente e inesorabilmente la sua temperatura corporea, fino a raggiungere un calore elevatissimo, che la corazza della dragonessa non poté più sopportare.
“Neiryyyy!” Urlò il guardiano del ghiaccio, in preda allo sconforto e all’orrore.
Stava per gettarsi in aiuto della compagna, ma sentì anche le proprie zampe ricoprirsi di uno strano calore, di cui riuscì a comprendere la fonte solo quando Malefor gli schizzò via dagli artigli, correndo verso la madre in pericolo.
Flarendor non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere e preso alla sprovvista lasciò libero il corpo di Neiry, che compresa la situazione provò a rialzarsi, senza successo.
Il muso del draghetto si mosse in una specie di sorriso, da cui scaturì un fiotto di fuoco splendente che investì Flarendor.
Nonostante la portata del colpo fosse anche solo inimmaginabile per un cucciolo appena nato, il getto non lese il corpo incandescente del guardiano che invece scoppiò a ridere.
“Caspita! Che grinta… si sei proprio quello di cui ho bisogno drago viola”
Senza pensarci due volte scattò verso Malefor e lo afferrò al volo, facendolo strillare di paura. Incredibilmente fu Siil questa volta a cercare di fermarlo, caricando due fulmini che da direzioni diverse si diressero contro il drago rosso. Nello stesso tempo anche Axius aveva impiegato un istante per rivestire il corpo di un etereo manto gelido che avrebbe dovuto annientare il fuoco di Flarendor, ma quando i colpi dei due draghi stavano per raggiungerlo, il suo corpo si dissolse sotto la stessa luce sinistra chel’aveva accompagnato al suo ritorno.
I raggi di luce si espansero fino alle estremità del cratere, illuminando per l’ultima volta quel buio che in un istante ingoiò di nuovo tutti, lasciandoli
in balia di un soffocante rammarico e una disperazione incommensurabile.
Axius era riuscito, come Neiry del resto, a sentire Malefor implorare aiuto in un grido soffocato dall’oscura energia di cui anche lui sarebbe stato padrone.

*qualche anno dopo*

“Forza Terrador… raggiungi i tuoi compagni, ti stanno aspettando”
Un cucciolo dalle scaglie verdi splendenti fissava il muso vigile e impassibile di Axius, preparandosi al suo primo giorno d’allenamento serio. Era in corso la prova che gli avrebbe dato l’opportunità di guadagnarsi il titolo di futuro guardiano della terra. Il giovane drago, come sempre allegro e vivace, si esibì in un piccolo inchino e si allontanò trotterellando, pregustando con frenesia la sfida che l’attendeva per la prima prova.
“Terrador!”
Il draghetto si voltò.
“Si?”
“Non c’è bisogno di inchinarsi di fronte a me” Rispose il guardiano del ghiaccio.
“Va bene… a dopo!”
Lanciò un ultima occhiata alla sala degli elementi nella quale era entrato in cerca di informazioni riguardo la prova, per poi dirigersi a passo svelto alle scale che davano verso il basso, che scese a grandi balzi. Dopo aver superato un dedalo di scalinate e corridoi si diresse all’esterno, verso l’arena
che li attendeva a tergo del tempio. Ad attenderlo c’era una decina di esemplari circa della sua stessa taglia ma appartenenti ad elementi diversi, due cuccioli dalle scaglie azzurre come
il cielo stavano conversando con un altro dal colore più scuro e dalla statura leggermente più robusta. I restanti draghetti erano ammassati di fronte
a una delle colonne marmoree che circondavano il campo d’allenamento.
Il selciato che realizzava l’arena era interamente levigato e dipinto e la figura di un drago a custodia di un uovo era stato scolpito su l’unica porzione
di muro non costituita da colonne. le quattro statue degli attuali guardiani degli elementi si ergevano grandiose alle estremità dellenorme anfiteatro. Neiry e Siil erano seduti al fianco di un drago dal manto scarlatto, su una delle balaustre che davano sull’arena, in attesa che tutti i draghetti fossero pronti. Quando vide che anche Terrador si era aggiunto ai compagni, richiamò la loro attenzione con un rumoroso verso gutturale.
“Guerrieri! Avvicinatevi…”
Il gruppo di giovani raggiunse il centro del campo muovendosi in maniera quasi meccanica, prendendo posto l’uno accanto all’altro in linea retta. “Bene. Oggi siete qui… per mostrarci se siete in grado di prendere il nostro posto tra qualche anno. Purtroppo sapete della disgrazia che ha colpito i draghi che sarebbero dovuti essere quest’oggi con voi, quindi so che vi impegnerete a fondo per fare in modo che in seguito una disgrazia simile non si ripeta. Ho solo una cosa da dirvi prima di lasciare la parola a Ignitor… ricordatevi sempre che quello che di più importante ci resta siete voi, non deludeteci.
Ma soprattutto… non lasciatevi mai corrompere dal male”
I draghetti annuirono, scambiandosi occhiate fraterne tra di loro e iniziando a bisbigliare su quale fosse realmente il significato delle parole della dragonessa.
“Ei Ignitus… secondo te che vuol dire?” Chiese uno dei due draghi azzurri.
La draghetta aveva allungato il collo sopra al dorso del compagno alla sua destra, per rivolgersi ad un altro cucciolo rosso come il fuoco di un bracere, molto simile a quello che sedeva al fianco di Siil a qualche metro da loro.
“Non so…”
“Tuo padre però mi fa paura”
“Hahaha non dirglielo se no si offende”
Il drago blu che si trovava tra i due si scostò, facendoli trasalire.
“la fate finita? Ci stanno guardando malissimo”
“Non rompere Glaider, almeno noi smorziamo la tenzione”
Neiry e Ignitor ringhiarono all’unisono, nel tentativo di riportare la quiete. I draghetti ammutolirono e si immobilizzarono, con lo sguardo fisso su i tre guardiani.
“Ignitus, Solaris… parlerete dopo… se ne avrete ancora le forze. Adesso concentratevi, quello che vi aspetta non sarà piacevole. Dovrete sudarvi il vostro futuro!” Esordì Ignitor, esprimendo tutto il suo incombente e severo rigore.

***

“Malefor. Questo è il nome che tuo padre ha sussurrato prima di morire per te. Forse prevedeva per te sofferenza… o forse sapeva che saresti tu ad aver
portato il male. In ogni caso non ha importanza… farò di te il più forte dei guerrieri, il mondo si piegherà dinnansi al tuo passaggio. Darò forma al tuo destino… drago viola”
___

Capitolo6: A caccia di se

Sollevò lentamente le palpebre, non aspettandosi un oscurità meno buia di quella del sonno.
Mosse quasi a fatica le zampe, portandosele sotto al muso come per farne un morbido cuscino, sicuramente più accoglienti della dura pietra su cui si era addormentato.
I suoi muscoli, troppo sviluppati per appartenere naturalmente ad un cucciolo della sua età, gli dolevano profondamente e anche alzarsi non fu semplice come sarebbe potuto sembrare.
Lo attendeva un’altra giornata colma di fatica, dolore e perché no… sangue. il suo fisico si era temprato a tal punto da permettergli di ignorare qualsiasi forma di fatica o sofferenza, si stava trasformando lentamente e inesorabilmente in una macchina da guerra inesauribile. Nonostante ciò, il suo spirito continuava a patire le pene della convinzione che all’esterno, un mondo esisteva. Fissò lo sguardo in un punto indecifrato dell’ampia grotta che lo circondava, scrutando nient’altro che il buio.
“Sono qui…”
La voce profonda e cavernosa del suo maestro lo fece voltare di scatto. I suoi occhi scuri, che mai parevano aver visto la vera luce, guizzarono verso l’unica macchia di colore all’interno di quello spoglio vano. Si mosse con cautela, come un servo a cui è stato dato l’incarico di porgere qualcosa al proprio sovrano. Era quello che era diventato, un servo capace solo di soddisfare i desideri del maestro, e di ciò ne era consapevole. Lo raggiunse e attese che gli venisse impartito qualche ordine, o comunque che fosse il drago a decidere per lui quale sarebbe stato l’inizio di quel nuovo giorno.
“Cosa stai aspettando? Vai a fare colazione”
Il draghetto chinò leggermente il capo in segno di assenso per poi dirigersi verso l’uscita della caverna, a cui non osò non rivolgere un’ultima occhiata prima di allontanarsi, come ingenuo rafforzamento del triste legame che aveva con quel posto, in cui era costretto a tornare. Si lanciò all’interno della foresta di abeti e pioppi che circondava quella che lui credeva la sua dimora, balzando sotto le fronde degli alberi, da cespuglio a cespuglio, in cerca di una colazione sostanziosa.
La luce del sole filtrava dolce e carezzevole negli sprazzi di foresta più aperti, giocando ad inseguirsi con le ombre sul suolo erbaceo dipinto di mille tonalità di verde.
Il vento muoveva senza il minimo rancore le foglie sui rami estivi degli alberi, sibilando sinuosamente e accompagnando il canto degli uccellini come un basso in una melodia.
Scelse come punto d’osservazione un piccolo alberello oscurato dalle chiome di altre piante che lo circondavano. Si guardò avidamente attorno, cercando di concentrarsi anche sulla più piccola sensazione. Poteva percepire qualsiasi cosa, dai piccoli scoiattoli che zampettavano sull’erba, alle ali degli uccelli che sferzavano l’aria sopra di lui, a quelle che designò come succulente lepri che presto avrebbero dovuto far fronte al loro triste destino di prede.
Con un movimento leggero e fluido scese dal fusto dell’albero e si diresse verso il punto da cui aveva sentito provenire la fonte di cibo. Il suo passo era quello di un’ombra, nessun suono, nessun filo d’erba di troppo veniva smosso dalla sua silenziosa avanzata. Come un assassino spietato e celato dalla sua stessa oscurità, piombò su una delle lepri che zigò spaventata e disorientata e la atterrò, schiacciandola al suolo nonostante avessero più o meno le stesse dimensioni. Con gli artigli di una delle zampe anteriori gli fracassò il collo, spezzandolo come se fosse stato un fragile ramoscello.
Restò per qualche secondo a contemplare la sua opera, mentre il sangue sgorgava dal collo della povera bestia, ormai senza vita.
Dedicò non molto tempo al pasto, cercando di sbrigarsi per non irrompere nelle ire del maestro che lo stava aspettando.
Si mosse con l’intenzione di far ritorno a casa, quando qualcosa in mezzo agli alberi attirò fugacemente la sua attenzione. Si fermò d’innansi ad un piccolo ruscello da cui zampillava acqua pura e cristallina. Abbassò il capo, cercando di scrutare oltre la superficie come in cerca di qualcosa, ma ciò che trovò
fu solo se stesso. In quel piccolo specchio d’acqua si rifletteva la sua immagine, quella di un cucciolo di drago viola sporco del sangue di un'altra creatura e dall’espressione fiera per il proprio operato. Si sentiva forte, invincibile, non c’era avversario che potesse opporsi a lui. Portò la zampa sinistra
verso quella opposta per godere del contatto con la sua perfetta e sviluppata muscolatura, costruita con mesi di duro allenamento. Fissò il suo riflesso come se volesse studiarne il più piccolo particolare, rafforzando ogni secondo che passava la fiducia in se stesso, nella propria forza.
Eppure c’era qualcosa che quella figura non possedeva, e il draghetto se ne accorse. Era orgoglioso di ciò che stava diventando, un guerriero impietoso, indipendente da ciò che lo circondava e sprezzante della paura, ma in quell’espressione imperturbabile risiedevano anche la più profonda solitudine e il
più sconcertante dolore.
Un anima che nonostante la giovane età conosceva già la più grande sofferenza, un cuore costretto a farsi carico di una profonda tristezza. Avvicinò il muso al pelo dell’acqua per sprofondare all’interno del suo stesso sguardo, che stava cercando di penetrare in lui come un raggio di stella nella notte più buia.
“Chi sono io?”
Un interrogativo a cui non era in grado di trovare, forse neanche cercare risposta.
Alzò la testa e osservò per un attimo il cielo sconfinato sopra di lui, che lo osservava urlandogli in faccia l’oscurità del suo cammino. Immerse il muso nell’acqua per pulirsi dal sangue della lepre, poi Senza fare il più piccolo rumore si voltò e si incamminò verso la caverna, dove il suo
maestro lo stava aspettando. Se avesse tardato ancora forse il supplizio quotidiano sarebbe diventata una vera e propria pena di morte. Con un balzo si sollevò in’aria, spalancando le ali come un’aquila fiera e maestosa. Durante quasi metà del tragitto tenne gli occhi chiusi, cercando conforto
ai suoi dubbi nelle tenebre stesse che lo cullavano come un figlio.
“Il figlio delle tenebre?”

Mancavano pochi battiti d’ali alla grotta. Le palpebre ancora abbassate, le membra già affaticate ancor prima di cominciare a vivere la giornata, iniziò a scendere di quota, percependo attorno a se quel vuoto e quella folle ebbrezza che solo la dimora e la presenza del suo maestro sapevano trasmettergli.
L’aria attorno a lui si fece improvvisamente più calda. Poteva avvertire chiaramente un’intenza fonte di calore provenire dalla sua sinistra, una vampa silenziosa, colma di ambizioni, ma priva di vita.
Lo stesso fuoco che l’avrebbe travolto se solo non si fosse gettato in picchiata verso il basso, costretto a riaprire gli occhi.
Ormai era abituato all’insistente e costante pressione che il suo mentore esercitava su di lui, non c’era momento in cui abbassasse veramente la guardia. Nonostante l’impeto atterrò con grazia, come se guidato da una forza meccanica. I suoi artigli stridettero contro la dura pietra che costituiva il terreno
di quella piccola radura isolata dal resto del mondo.
Era in quello sputo di terra che il draghetto era cresciuto, trasformandosi in risposta a quello che lo circondava. Adesso alle sue spalle si estendeva la foresta che aveva appena visitato, di fronte a lui il nero ingresso della sua dimora.
“Ti vedo molto distratto… cosa ti prende? Hai già deciso di mollare? Il tuo sogno non si è ancora realizzato”
Malefor si voltò a fissare il drago dal manto cremisi, il quale gli si stava avvicinando.
“Il mio sogno…”
“Si esatto. È questo il tuo sogno, diventare l’essere in cui ti sto generosamente permettendo di trasformarti”
Malefor lo fissò, tentando di trovare le parole in quel tenue cono luminoso che cercava disperatamente di raggiungere la sua mente.
“No. non è… il mio sogno”
Flarendor mosse con fermezza la coda, per poi sedersi di fronte a lui.
“E dimmi. Qual è il tuo sogno”
Il cucciolo non seppe cosa rispondere. Si limitò ad osservare come anche il nulla nei dintorni potesse esistere. Il vento che serpeggiava sinuoso attorno alle pareti della grotta, le nuvole che passeggiavano stanche verso l’orizzonte, piccole creature non molto distanti che trascorrevano le loro innocenti vite… tutto si muoveva nonostante l’immobilità.
Tutto tranne lui, che era sempre rimasto identico a se stesso da quando aveva memoria. Pensieri questi affatto comuni per un cucciolo della sua età, ma necessari perché si rendesse conto del mondo in cui si trovava.
Alzò il musetto verso quello scuro e minaccioso del maestro, che trasmetteva fiammate incandescenti anche solo con lo sguardo.
“Il mio sogno è scoprire…”
Si bloccò. Non temeva la possibile reazione a ciò che avrebbe dovuto dire, la paura costante di vivere gli stava permettendo di ignorare la paura stessa; Temette soltanto il suo cuore.
Si chiese se quella domanda avesse veramente un significato per lui.
“È scoprire se posso scegliere”
L’espressione di Flarendor non mutò, ansi si fece, se possibile, ancora più vaqua.
“E sentiamo… quali scelte vorresti compiere?”
“Voglio sapere se come dice lei maestro… un drago viola deve per forza portare distruzione”
Il drago allora parve esibirsi in un sorriso freddo e meschino, contorcendo le labbra per mostrare un arsenale di zanne acuminate come il male.
“Hai bisogno di conferme, Malefor?”
“No”
“E di cosa allora”
il draghetto mosse placidamente le ali, come se quella situazione non lo turbasse minimamente, e si sedette sulla superfice ruvida e rocciosa del –giardino- di casa.
“Vorrei conoscere il tuo di sogno”
Come se un colpo più potente degli altri si fosse abbattuto sul suo corpo, il drago questa volta sembrò bacillare per un istante.
“E a te… perché interessa?” Chiese, scrutando ferocemente il cucciolo.
“Perché in questo momento io mi sto allenando e sto crescendo per il tuo sogno”
Flarendor perse un attimo il controllo delle sue emozioni impassibili, che non gli permisero di nascondere un geiser di odio verso quella creatura che lui stesso stava formando e che era convinto non avrebbe dominato per sempre.
“Questo è il destino di ogni drago viola! Sei nato per dominare il mondo, quando tutto sarà sotto di te potrai fare degli altri ciò che più ti piace… realizzerai qualsiasi tuo sogno, perché il creato sarà tuo! Quindi adesso piantala di dire sciocchezze e preparati”
Il draghetto avvolse la piccola coda attorno a una delle zampe posteriori e si grattò il ventre con gli artigli.
“Sono pronto”
una linea rossa si mosse fulminea di fronte a lui, accompagnata da un sibilo agghiacciante. Evitò la frustata di coda con non curanza, ritenendolo pericolo di ben poco conto.
L’atteggiamento del draghetto stimolava Flarendor ad essere sempre più severo e spietato con l’allievo.
Cercò con uno scatto di afferrarlo per la testa, ma Malefor schizzò via prima che i suoi artigli potessero chiuderglisi attorno.
Provò a ghermirlo di nuovo mentre il draghetto gli passava a pochi centimetri dal collo, muovendosi agilmente in’aria come una libellula, ma non fu in grado neanche di sfiorarlo.
Quando Malefor atterrò tranquillamente dietro di lui dovette portarsi una zampa al collo per tastare un rigagnolo di sangue rosso come le sue scaglie che gli stava scivolando verso la spalla sinistra.
“Molto bene…”
ruotando rapidamente su se stesso il drago scagliò una fiammata purpurea addosso a Malefor, il quale non si aspettava una reazione così istantanea e repentina. Il corpo del draghetto venne circondato da un alone di energia gelida su cui il fuoco di Flarendor si infranse, perdendo quasi completamente calore e consistenza. Le fiamme lo circondarono, ma quando ne riemerse sul suo corpo erano presenti solo lievissime scottature di insignificante entità.
Sapendo che era quello che il maestro voleva, Malefor gli si gettò addosso con rabbia e brama del suo sangue. sfrecciò come una macchia scura e indistinta verso il suo addome scoperto, mancando però il bersaglio per un soffio, in quanto Flarendor fece in tempo a librarsi verso l’alto un attimo prima dell’impatto.
Il draghetto non perse un istante di tempo e seguì il suo esempio, alzandosi in volo e volteggiandogli attorno come un rapace fa con la propria preda.
Attese il momento giusto per attaccare, finché non si ritrovò senza neanche volerlo aldisopra del dorso dell’avversario, che sembrava così gustosamente desideroso di essere squartato.
Snudò i piccoli ma già letali artigli e Con uno slancio gli si gettò incontro per affondarli tra le sue scaglie, fino alla carne.
Flarendor emise un ruggito di dolore che riecheggiò nello spazio circostante e si scrollò di dosso il draghetto. Malefor non riuscì a mantenere la presa né ha trovare un appiglio solido e venne scaraventato direttamente al suolo.
“Per questa mattina ritengo sia sufficiente”
Il cucciolo si alzò da terra dolorante, cercando di ignorare le fitte alle zampe che avevano sicuramente risentito del colpo e senza neanche voltarsi a
guardarlo si diresse all’interno della caverna, dove il buio lo inghiottì di nuovo. quell’oscurità che non lo abbandonava mai e nella quale era sempre costretto a rintanarsi.
Osservò le nude pareti dell’antro, barriera invalicabile che sperava non l’avrebbe intrappolato ancora per molto. La sua mente non impiegò chi sa quanto a scovare la soluzione a tutti i suoi problemi. Questa si trovava lì, a pochi metri da lui, e lo stava fissando con una punta di orgoglio e una di disprezzo.
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view post Posted on 28/8/2015, 19:42
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Capitolo7: Verso lo stesso destino

“Ahah… hai abbassato la guardia!”
Solaris fissò il compagno, steso a terra di fronte a lei, sorridente e soddisfatto del combattimento a cui aveva appena partecipato.
“Non succederà mai più, goditi questo momento di gloria cucciola”
“Ei cucciola a chi?”
Ignitus Terrador e gli altri si scambiarono un’occhiata d’intesa, poi il maschio dal manto scarlatto si avvicinò ai due draghetti che avevano cominciato a darsele di santa ragione.
“Sei solo un…”
Ignitus si piantò loro in mezzo.
“Ei! Fatela finita, credo che sia giunto il momento”
I due draghetti osservarono l’amico ancora distesi a terra a pancia all’aria, senza smetterla di punzecchiarsi con le code.
“Sicuro?”
“Mio padre dice che dovremo essere in grado di raggiungerlo in meno di un giorno se ci impegnamo”
“Una giornata di volo? Mi mancano le energie solo a pensarci” Rispose Solaris, mentre aiutava l’amico a rialzarsi con una delle zampe anteriori.
“Ma è possibile che tu ti lamenti sempre di tutto?”
“Zitto Glaider… tu sei come me”
“Ma non è vero!”
Ignitus anticipò i due draghetti che stavano per riazzuffarsi e con un movimento fulmineo li scaraventò a terra in direzioni opposte.
“Non costringetemi ad usare la forza”
Glaider si alzò sulle quattro zampe. Dispiegò le ali, e con il muso puntato verso Ignitus e le zanne snudate ringhiò rumorosamente.
“Perché, pensi di avere speranza?”
“Devo dimostrartelo?”
“Non vedo l’ora guerriero del fuoco!”
Senza neanche lasciargli il tempo di terminare la frase Ignitus gli era già balzato addosso, pronto per colpire. Glaider non si fece cogliere impreparato
e balzò agilmente di lato,, afferrandolo per un ala e torcendogliela per farlo precipitare. Prima di finire al tappeto Ignitus fu in grado di scagliargli contro una fiammata incandescente, che non riuscì a ferire l’avversario ma lo distrasse abbastanza da permettergli di rialzarsi e riprendere quota. Glaider
era circondato da un’aura gelida che irradiava aria fredda verso ogni angolo del campo d’addestramento, impenetrabile per le fiamme di Ignitus che fu
costretto a ricorrere a uno dei drastici metodi di cui si serviva quando il suo semplice fuoco si rivelava inutile: scagliò un getto infuocato verso l’alto,
dove Glaider concentrò l’attenzione per un istante, senza abbassare la guardia.
Da questo fuoriuscirono altre fiamme, che presero la forma di frecce scintillanti e dall’alto puntarono il drago blu come predatori danzanti e inferociti. Glaider, non riuscendo a comprendere cosa passasse per la testa all’altro, si limitò a spegnerle con un ondata gelida che scagliò verso l’alto per far in modo che nessuna freccia potesse raggiungere il suo corpo. Ignitus approfittò del momento e lo caricò a testa bassa, con le aguzze corna puntate al suo ventre. La risposta fu immediata ma non del tutto efficace:
Glaider afferrò Ignitus prima che potesse colpirlo, per bloccare la sua corsa impetuosa, ma questo gli costò alcune scaglie delle zampe anteriori che si staccarono dai palmi all’impatto con le cuspidi dell’avversario .
Ignitus, riuscito nell’intento di renderlo inoffensivo per qualche istante, gli saltò addosso e portò gli artigli sulle sue zampe, immobilizzandolo al suolo.
“Adesso non fai più lo spaccone vero?”
“Ignitus… togliti o ti farai male”
Il draghetto rosso ridacchiò, facendo schioccare la lingua.
“Voglio proprio vedere come”
Non ebbe un istante per rendersi conto del pericolo che una coda irta di punte gli frustò violentemente la testa, impedendogli di mantenere la presa su Glaider, che lo spinse via e lo scrutò sorridendo.
Si massaggiò il cranio squamoso e sbuffò due zampilli di fumo dalle narici.
“Bene! niente male drago”
Solaris si avvicinò a Glaider, il quale, nonostante la sua spavalderia, ansimava vistosamente.
“Si… molto bene. quindi chi è il migliore?”
Ignitus gli si avvicinò a sua volta.
“Non hai vinto”
“Lo farò la prossima volta. Non vorrei che le tue belle scaglie si rovinassero proprio oggi che dobbiamo far visita al grande saggio”
I restanti cuccioli li attorniarono, pronti per la loro importante missione.
“Ma sei davvero sicuro che potremo avere questo privilegio?”
Ignitus si voltò a fissare un altro draghetto molto simile a lui, che all’apparenza sarebbe potuto sembrare suo fratello.
“Possibile Kiriax che tu non ti fidi una santa volta?”
“Non è che non mi fido, ma…”
L’altro mosse un ala pigramente.
“Hai paura per caso?”
“Certo che no ma… mi sembra un’impresa tutt’altro che semplice, non lo raggiungeremo mai in un giorno, voleremo senza sapere dove dirigerci”
“Discorsi di chi ha paura”
“Vuoi prenderle anche da me Ignitus?”
Gli altri sorrisero, lanciandosi brevi occhiate l’un l’altro, godendosi quei momenti di quiete fraterna, che li vedeva uniti sotto lo stesso cammino.
Cuccioli in cui risiedeva la speranza di un futuro prospero e rigoglioso.
All’interno della sala principale del tempio, i guardiani osservavano un bagliore violaceo provenire da un cristallo dalla superfice prismatica, che si irradiava tutto attorno come un minuscolo sole.
Neiry, Axius Siil e Ignitor erano consapevoli del potere che quell’oggetto racchiudeva, se pur incompleto. temevano ciò che sarebbe potuto accadere nel momento in cui le due fonti di energia si sarebbero ricongiunte, dando origine al più tremendo dei poteri.
“Siete sicuri che sia una buona idea mandare i cuccioli alla ricerca del saggio così presto” Chiese Neiry, al fianco di Axius che continuava a tenere lo sguardo fisso sul cristallo, come temesse che sarebbe esploso da un momento all’altro.
“Devono pur conoscere la loro strada…”
La voce cupa e profonda del guardiano del fuoco contrastò con quella della dragonessa, che ogni volta che aveva a che fare con quel drago si sentiva oppressa.
“Non è questo il punto. È una missione pericolosa, un viaggio privo di meta potrebbe condurli alla perdizione”
Ignitor emise un lungo respiro, che emanò aria calda per tutto il vano.
“Non è questo il loro futuro. Riusciranno in quest’impresa. Riusciranno dove noi abbiamo fallito”
Neiry abbassò la testa, fissando senza un preciso scopo lo scuro pavimento sotto le sue zampe.
“Hai ragione. in fondo… se le foglie d’autunno cadono, saranno quelle di primavera a prendere il loro posto. E con loro avrà inizio la nuova stagione”
Axius sorrise, sbuffando una nuvoletta di brina.
“La nuova era”
Seguì un religioso silenzio, attenuato solo dalla vivida e pulsante presenza del cristallo al centro della stanza, la cui energia poteva essere palpabile anche a qualche metro di distanza. Axius tese una zampa, portando gli artigli sulla superfice vitrea di quel piccolo mondo di luce.
“Siil… tu conosci bene quest’oggetto giusto? Sai di cosa è capace”
Il drago dell’elettricità, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare passivamente gli altri, si voltò verso Axius con un’espressione di indifferenza.
“Non ho conosciuto niente di quel cristallo, l’unico che penso vi possa spiegare gentilmente il suofunzionamento è lo stesso drago che volete eliminare. Quindi… temo di non potervi aiutare più di molto”
“C’è almeno qualcosa che sai?”
Siil sollevò una zampa, da cui fuoriuscirono lapilli elettrici che si mossero in ogni direzione, scontrandosi con le pareti e annientandosi tra di loro, come in una pioggia di piccole saette.
“So che Flarendor ha un cristallo identico a questo, ma non so come sia riuscito ad utilizzarne il potere. Mi spiegò che il suo potere sarebbe diventato
illimitato… possedeva un oggetto in cui convergevano le forze del creato e presto ne sarebbe diventato il padrone”
“Ma lui non sa che noi siamo in possesso dell’altra metà di quel potere?” Chiese Neiry.
“E come pensi che io possa saperlo. Una cosa è certa, se dovesse riuscire a riunirle… non credo vivremo a lungo”
“Non ci riuscirà!” Esclamò Axius, sbattendo la lunga coda a terra. “Abbiamo celato questo potere al mondo proprio perché non venisse utilizzato in maniere
sconsiderate… e non dovrà mai più accadere che qualcuno intacchi il nostro compito. Purtroppo Flarendor è entrato in possesso di parte di questa energia, ma dobbiamo impedirgli di completare la sua opera”
Gli altri assentirono, anche se Siil non voleva dar segno di molto interesse per la situazione. In quegli anni il guardiano dell’elettricità non era cambiato
il suo comportamento ambiguo e meschino non aveva trovato ancora pace in una sola dimenzione, il suo unico scopo era rimasto quello di saper prendere ciò
che più gli faceva comodo per sopravvivere nel migliore dei modi. La sua era un’esistenza priva di scopo, paralizzata dal triste giogo della paura della morte.
Nonostante ciò allontanarsi da Flarendor gli aveva permesso di imboccare un sentiero opposto alla distruzione. Richiuse istantaneamente gli artigli da cui continuavano a schizzare saette luminose e queste cessarono di muoversi, tornando a convergere sul suo palmo,
da cui ricominciarono a far parte della sua energia.
“Axius perché invece di blaterare non vai ad avvertire i nostri guerrieri che è ora di andare?”
Il drago azzurro gli lanciò un’occhiata stizzita, anche se una volta tanto Siil aveva detto qualcosa da poter prendere come un giusto consiglio.
Si mosse lentamente, poggiando un’ala sul dorso di Neiry per invitarla a seguirlo.
Lei si lasciò guidare dall’amico e insieme uscirono dal tempio, entrambi assorti nei propri pensieri.
Quando i draghetti li videro arrivare, concentrarono i loro occhietti e le loro anime in quello che a breve sarebbe stato proposto loro di attuare. Specialmente i cuccioli più temerari, che ancora non avevano avuto l’occasione di scrutare l’immenzo mondo esterno al loro tempio se non per perlustrazioni e voli di
poco conto, non vedevano l’ora di mettere in pratica gli insegnamenti dei loro maestri e di sollevare i veli che celavano il loro destino.
“Guerrieri del domani… questo è l’appellativo che vi è stato attribuito. È in voi che noi riponiamo la nostra fiducia. Nonostante la vostra giovane età avete dimostrato coraggio da vendere e vi siete già trasformati in guerrieri dall’indubbio valore. Adesso io sono qui… per assegnarvi un’importante missione, a nome di tutto il tempio e di noi guardiani degli elementi”
Axius era circondato da sguardi di stupore, di gioia e di speranza. I draghetti attesero che il drago aprisse di nuovo bocca, mentre Neiry restò immobile accanto a lui.
“Dovete incontrare il saggio eremita, il drago che tutto conosce e niente ignora. Sarà lui a guidarvi verso il vostro destino. Noi dobbiamo proteggere
il tempio da eventuali assalti del nemico che come temiamo non tarderanno ad arrivare, quindi vi prego di non fallire e riponiamo in voi le nostre più profonde speranze, siate la luce del futuro!”
I cuccioli si scambiarono occhiate fraterne, di sincero affetto reciproco, poi sorrisero al guardiano del ghiaccio.
“D’accordo… non vi deluderemo” Rispose Ignitus, facendo un passo avanti.
Glaider si voltò a fissarlo, non perdendo l’occasione per accentuare la loro rivalità. “Ti sembra questo il modo di dimostrarsi superiore agli altri? Non c’era bisogno che fossi tu a rispondere” Quasi tutti gli altri cuccioli risero , compiaciuti e felici di intraprendere il loro primo vero viaggio. Anche Axius rivolse un sorriso ai due draghetti, i quali si stavano fissando con evidente odio reciproco.
“E voi due non fate sciocchezze, la missione è di vitale importanza”
Glaider poggiò una zampa sulla spalla di Ignitus, rivolgendosi ad Axius.
“Tranquillo… se farà lo sciocco ci penserò io a rimetterlo il riga”
Ignitus scattò in avanti, facendolo rovinare a terra. Glaider si alzò ridacchiando, mentre i compagni alle loro spalle avevano assunto una sorta di assetto di guerra, pronti per spiccare il volo.
“Bene. potete andare. Lasciate che sia il cuore a indicarvi la meta. E ricordate… il destino del nostro mondo è nelle vostre zampe!”
Come una nube colorata, un arcobaleno bagnato di splendenti bagliori di speranza, i draghetti si lanciarono in cielo dispiegando le ali verso la loro gloriosa meta.

***

Malefor stava giocherellando oziosamente con la ruvida corteccia di un pioppo in mezzo alla foresta, graffiandone la superficie con i robusti artigli. Trascorse molti minuti a incidere strane figure sul legno dell’enorme albero, sfregando più e più volte tralle scalanature i solchi che lui stesso aveva
creato. Sembrava che con quel gesto volesse esprimere senza parole ciò che il suo cuore desiderava. Dopo un bel po’ di lavoro sul tronco era comparsa la figura approssimata di molte coppie di ali che danzavano unite in un unico volo, in mezzo al quale si trovava l’autore dell’insolito disegno.
Aveva iniziato a disprezzare la solitudine, ma allo stesso tempo temeva la compagnia di individui che non fossero Flarendor.
Udì rumore di zampe che calpestavano il fogliame alle sue spalle, ma non si preoccupò neanche di voltarsi. Non c’era nessuno in quel luogo eccetto lui e il suo maestro.
Il drago del fuoco restò a fissare l’allievo per qualche secondo, mentre il cucciolo non lo degnò neanche della sua minima attenzione.
L’indifferenza di Malefor non dovette piacergli.
Senza il minimo preavviso, lanciò una vampata incandescente in direzione dell’albero, colpendo sia questo che il draghetto. Il pioppo divenne tristemente una colonna di fiamme e fumo. Dal rosso del fuoco ricomparve Malefor, con il suo solito sguardo distaccato e freddo che Flarendor non sopportava, ma adorava. Era stato lui ad imprimerglielo come un marchio indelebile.
Con un getto d’aria gelida Malefor ridusse istantaneamente le fiamme ad una soffice folata di vento; dell’albero non era rimasta alcuna traccia, se non basse radici sporgenti dal terreno coperte di ghiaccio.
“Maestro…”
Non riuscì a concludere la frase; Qualcosa gli suggerì di scrutare l’orizzonte.
Lo stesso orizzonte che bramava da sempre e che in quel momento lo stava chiamando. Non vide nient’altro che nuvole candide e smussate che si divertivano a mutare continuamente forma, come in un puzzle di casuale soluzione su uno sfondo limpido e azzurro.
“Malefor…”
Il draghetto tacque.
“Torniamo a casa, ti aspetta una giornata d’allenamento molto dura domani, ti conviene riposare oggi”
Malefor scosse il capo, rivolgendosi di nuovo alla volta cieleste.
“No, non voglio riposare. Voglio il permesso di volare via da qui, almeno fino a stasera”
“Non dire assurdità, questo permesso non ti è concesso”
I loro sguardi si incrociarono di nuovo. questa volta nel draghetto splendeva una nuova luce di consapevolezza.
“Non lo voglio da te, ma dalla mia anima. Voglio non temere più il mio destino e voglio scoprire cosa vive al di fuori di questo mondo” Così dicendo, Malefor si sollevò dolcemente in volo e si diresse verso quel nuovo mondo che lo stava aspettando.

***

Ignitus, Terrador, Glaider, Solaris e tutti gli altri volavano ad alta quota, sopra le terre del loro meraviglioso e insidioso mondo. Di tanto in tanto si scambiavano occhiate fiere e vivaci, divertendosi a stabilire chi dovesse guidare lo stormo per qualche minuto, litigando assurdamente come solo i cuccioli sanno fare e prendendo quella dura missione con la moderata semplicità che era loro concessa.
“Ignitus, tu che sai sempre tutto, hai una pallida idea di dove si possa trovare questo eremita?” Chiese Glaider, al fianco del suo compagno rivale.
“Purtroppo no, so quello che sapete voi”
Solaris, Terrador e un altro draghetto dal manto giallo splendente accelerarono, per raggiungere i due.
“Axius ha detto… di seguire il nostro cuore” Disse la draghetta, neanche troppo convinta.
Glaider si voltò verso di lei e le sorrise.
“Bell’aiuto si…”
“Che devo farci! Comunque credo che non troveremo niente in cielo”
“Beh… non si sa mai” Le rispose Terrador, mentre Glaider e alcuni membri del gruppo avevano già iniziato a scendere verso il basso. Atterrarono uno dopo l’altro in cima ad un alto pendio da cui la natura regalava un panorama mozzafiato, stupendo anche per creature capaci di scrutare il mondo da sotto le nuvole.

Attorno a loro si apriva un volto paradisiaco del pianeta: da una parte si estendeva un’immensa foresta di latifogli, dall’altra lo sconfinato azzurro dell’oceano.
“Mitico!” Urlò il draghetto del fulmine che si trovava al fianco di Glaider e Solaris, zampettando allegro sul quel nuovo terreno.
“Zell, se non fai arrivare l’eco anche ad Avalar sarebbe…”
Ignitus, che stava cercando di rimproverare l’amico, ruppe le sue stesse parole con un espressione degna di un illuminato.
“Avalar! È lì che potremo andare. Ho sentito che…”
Glaider scoppiò a ridere, stroncando sul nascere l’idea.
“Certo… pensi che non ci avesse ancora pensato nessuno? Sbaglierò, ma non penso possa essere così scontato”
Ignitus spinse la punta della coda nella pietra che componeva la superficie del pendio di quel piccolo monte, cercando di non rispondere come avrebbe voluto.
“Oh nostro sommo consigliere, sai che lì abita un eremita… di cui teoricamente nessuno dovrebbe conoscere l’esistenza, ma che si trova proprio nella valle di Avalar? Magari non sarà un bersaglio valido come il nostro, ma forse potrebbe esserci d’aiu…”
Improvvisamente si voltò alla sua destra, dove le cime di alberi secolari incorniciavano la scura foresta in cui il male aveva deciso di nidificare. Drizzò le zampe, facendo guizzare gli occhi verso un punto indecifrato del cielo.
“Scusate un attimo…” Disse, sferzando l’aria con le ali e salendo di nuovo in volo. “Credo di aver visto qualcosa che…”
I draghetti alle sue spalle erano troppo impegnati a discutere del più e del meno, a scambiare opinioni per opinioni e a perdere tempo, per rendersi conto che Ignitus stava già puntando qualcosa.
Solo Glaider e Solaris se ne accorsero.
“Cosa hai visto” Chiese la cucciola al suo fianco, cercando di seguire la linea del suo sguardo.
“Non lo so, qualcosa si è mosso la in aria, qualcosa di piccolo… e…”
Glaider si portò una zampa al muso.
“E?”
“E potente”
I due lo fissarono spaesati, accontentandosi della sua convinzione.
“Aspettatemi qui, vado e torno”
“No ma aspetta… veniamo anche noi”
“No Solaris tranquilla, non mi caccio nei guai inutilmente. Restate a spiegare a questi casinisti che abbiamo una missione da compiere”
La draghetta gli sorrise, voltandosi poi verso la massa di cuccioli che avevano preso gusto ad inseguire Zell e un altro draghetto dalle scaglie verdi
come le foglie di primavera.
“Va bene… stai attento” Disse Glaider, sorridendogli.
“Non sono imbranato come te”
I draghetti si scambiarono un’artigliata amichevole e Ignitus si lanciò verso le ombre della foresta, intento a far luce su quella sensazione di disagio provata qualche momento prima.
Planò verso un gruppo di alberi alti e silenziosi su cui si appostò per potersi guardare meglio attorno, rendendosi conto di quanto fosse tetro quel luogo.
Niente sembrava realmente vivere, tutto era come rinchiuso in una foschia illusoria in cui pochi raggi di luce facevano timidamente capolino tra le fronde degli alberi.
Udì un movimento a pochi metri di distanza; senza perdere troppo tempo si gettò verso la fonte del suono, pronto a qualsiasi sviluppo. Si fermò sull’erba all’ombra di una massiccia farnia.
Ombra… troppa ombra.
Qualcosa gli sfrecciò rapidissimo alle spalle, ma Ignitus non riuscì a fare altro che distinguere quello che poteva essere scambiato con il sibilo di una freccia. Si voltò di scatto e vide che in cielo stava volando a gran velocità un altro cucciolo di drago, circa delle sue stesse dimenzioni.
Non fu in grado di distinguere immediatamente il colore delle sue scaglie, ma quando i suoi occhi forarono il velo di opacità causato dalla distanza il suo cuore perse un battito.
“Quello è…”
Non disse altro. Con una piccola rincorsa prese velocità, per poi schizzare al suo inseguimento, incapace di restarsene immobile ad assistere a quell’evento
straordinario.
“Ei fermati!”
Il draghetto capì immediatamente che non stava inseguendo uno sprovveduto: sicuramente doveva avere molte più ore di allenamento alle spalle, vista la semplicità con cui lo aveva distanziato.
Il suo primo pensiero finì agli altri cuccioli, ormai abbastanza distanti da non permettergli di tornare a chiedere loro aiuto.
Gli avrebbe fatto comodo la velocità di Zell o di uno dei draghetti del fulmine.
Si fermò a mezz’aria, limitandosi a muovere lentamente le ali e a fissare l’altro allontanarsi, finché accadde qualcosa che Ignitus certo non poteva aspettarsi.
Il cucciolo viola invertì la rotta, come minimo dimezzando la velocità di volo e si diresse verso il draghetto del fuoco a cui sembrava che le parti si
fossero invertite.
Ignitus sentì il bisogno di scendere a terra, se il drago avesse avuto intenzioni ostili forse non valeva la pena di rischiare contro un avversario così esperto nel volo.
Atterrarono all’unisono, a meno di venti metri di distanza.
Mentre Ignitus si dimostrava timoroso e indeciso come il fuoco di fronte al mare , attendendo che fosse l’altro a compiere la prima mossa, il draghetto
dalle scaglie viola mosse alcuni passi decisi e risoluti. In breve i loro musetti si trovarono l’uno di fronte all’altro.
___

capitolo8

Quattro acuminati artigli neri stringevano la superficie trasparente di un cristallo luminescente che sprigionava baleni violacei all’interno della grotta.
Flarendor cercò di percepire quell’estranea energia come sua, saggiandone l’essenza e assaporando quel potere che non era in grado di sfruttare a pieno. La sua limitata natura di drago del fuoco non gli concedeva il privilegio di una tale forza, il suo spirito come quello di tutti gli altri draghi non avrebbe mai potuto rivestirsi di quell’infinito e opaco potere. Solo una creatura ne sarebbe stata in grado. La stessa che Flarendor temeva avrebbe perduto se non avesse estratto tutto il male che in essa risiedeva. Le ruvide e smembrate pareti della caverna, maculate da qualche piccolo strato di muschio, venivano monotonamente illuminate dal cristallo incastonato in un ampio foro sul pavimento, mentre il soffitto grondava brandelli di roccia sgretolata.
Il drago osservò il flusso energetico che sgorgava dal cristallo per concentrarsi all’interno del suo corpo, che ne assorbiva la potenza.
Era ancora molto fragile il potere che ghermiva tra i propri artigli, ma quella forza gli avrebbe conferito la possibilità di schiacciare il mondo sotto le sue fiamme, che avrebbero divampato per mezzo di Malefor, in cui non vedeva altro che lo strumento per raggiungere il dominio assoluto.
Eppure quel potere restava incompleto, oltre che instabile. Sembrava che il suo controllo sul cucciolo si stesse affievolendo e dell’altro cristallo,necessario per completare il potere assoluto, non vi era ancora traccia.
Qualcosa in lui sapeva dove avrebbe dovuto cercare, ma qualcos’altro gli suggeriva di tenersi alla larga dal tempio, almeno finché non si fosse rafforzato abbastanza da poter dominare Malefor e scagliarlo contro i suoi avversari.
C’era già qualcosa che però avrebbe potuto fare.
Abbassò lo sguardo sul cristallo viola e ghignò perfidamente.

***

Terrador Zell e gli altri avevano deciso che la missione sarebbe stata al quanto noiosa, quindi avevano intavolato una caotica discussione su quanto le scaglie di un draghetto del gruppo fossero splendenti.
Il diretto interessato se ne stava immobile al centro di un cerchio di cuccioli che gli chiudevano ogni via di fuga, costringendolo a sorbirsi tutti i commenti insensati che gli venivano indirizzati.
Il draghetto, un esemplare dalle scaglie azzurre e argentee che rilucevano sotto i candori mattutini, teneva gli occhi smeraldini fissi verso l’alto,
nella speranza della venuta di un “salvatore”, forse più per gli altri che per se stesso. Stava pensando seriamente di far ricorso al suo elemento per spazzarli via e farli precipitare giù dal monte sottoforma di ghiaccioli, ma la saggia decisione di aggregarsi alle loro spensierate e innocenti angherie salvò molte delle loro scaglie.
“Ei che ne dici? Potremmo squamarlo dalla testa alla coda, così la smette di pavoneggiarsi”
“No non ci sarebbe gusto, sarebbe più divertente vederlo schiacciato da una frana e poi ridotto in cenere dal suo stesso ghiaccio”
“Questa è buona, però come può il ghiaccio ridurlo in cenere?”
“Beh le sue scaglie troppo luminose potrebbero riflettere il sole e incendiarsi”
I cuccioli osservavano la preda dei loro insulti, aspettando che se la prendesse per azzuffarsi allegramente.
Quello rivolse loro occhiatacce feroci, pronto per perdere la pazienza e dar sfogo al desiderio di vendetta.
Solo Zell si era allontanato, resosi conto che qualcosa non era al suo posto.
Raggiunse Glaider e Solaris, che osservavano seri l’orizzonte sbarrato dai rami degli alberi, sperando di veder tornare al più presto Ignitus.
“Glaider dov’è il tuo amicone?”
Il draghetto si voltò verso Zell a cui fu grato per aver trovato qualcosa che potesse distrarlo dai suoi sospetti.
“Non so, sicuramente starà dando la caccia a qualunque cosa abbia visto prima. Non preoccuparti, È un po’ arrogante ma di lui possiamo fidarci”
“Di me vi fidate?”
Il draghetto blu sorrise, passando la punta della coda sull’ala sinistra, sfregandola tra le scaglie della robusta membrana.
“È di quegli sconclusionati là che non mi fido, cosa accidenti stanno facendo?”
Zell scoppiò a ridere, grattando il terreno con gli artigli.
“Si stanno divertendo a prendere in giro Dorim…”
Glaider sospirò.
“Ti dispiace dare una raddrizzata alla situazione?”
“Nessun problema capo”
Il draghetto finse un inchino scherzoso, puntando verso il drago le piccole corna color del verde di bosco e mostrando fieramente il dorso di una zampa, su cui un fulmine blu esprimeva orgogliosamente la sua appartenenza all’elettricità.
I due draghetti del ghiaccio lo osservarono allontanarsi trotterellando, per poi rivolgere l’attenzione a una strana vibrazione del terreno che li mise in allerta.
Qualcosa si stava muovendo e lo stava facendo sotto di loro. L’aria iniziò improvvisamente a saturarsi di elettricità e di tenzione, fino al punto di diventare palpabile.
Un suono dalla fonte occulta e dall’agghiacciante entità si propagò attorno a loro, come se le viscere della terra si stessero rivoltando per svelare l’incubo celato al loro interno.
I cuccioli si guardarono negli occhi attoniti, cercando poi l’origine di quell’orrore che da un momento all’altro si sarebbe manifestato in tutta la sua
terribile potenza.
“Glaider…”
Solaris si avvicinò all’amico, stringendo le ali sui suoi stessi fianchi e cercando il contatto fisico con il draghetto.
“Tranquilla…”
La roccia sotto i loro artigli iniziò a vibrare. Di fronte a loro un profondo solco si materializzò sulla solida superficie del terreno, scossa da continui fremiti. Sembrava che la stessa terra palpitasse in preda al terrore.
Dal buio squarcio emerse un’alta coltre di fiamme che venne seguita da un’enorme massa rocciosa dalla forma pericolosamente insolita.
Acuminate guglie spuntavano irregolarmente da essa, come le corna di quella che si rivelò essere la testa di una colossale creatura interamente coperta di pietra.
Si fece strada verso l’esterno a suon di percosse e onde sismiche, lasciando credere che sia cielo che terra in quel momento stessero ruggendo per annunciare la sua venuta.
Glaider e Solaris, trasformati in statue di marmo dal panico, non riuscirono a far altro che osservare l’immenzo corpo del mostro che si ergeva di fronte a loro in tutta la sua straordinaria interezza.
Non molto distante, Ignitus e il leggendario drago viola continuavano a studiarsi, ognuno con le proprie curiosità e con le proprie domande da rivolgere all’altro.
Il drago del fuoco avrebbe voluto legittimamente chiedergli se fosse veramente lui il cucciolo di cui spesso parlavano al tempio e che un giorno forse sarebbe diventato il loro più pericoloso nemico. D’altro canto Malefor, non conoscendo nientaltro che il suo piccolo mondo, aveva un infinità di quesiti
a cui sperava che Ignitus potesse avere risposta.
Entrambi stavano per aprire bocca, ma ogni volta che provavano ad iniziare la conversazione qualcosa glielo impediva; forse il dubbio, forse la paura. Ignitus distese le ali e cercò di rilassare le membra, continuando a restare mentalmente teso e vigile in vista di un’improvvisa minaccia.
“Tu… tu sei il drago viola dell’antica profezia… giusto?”
Il suo interlocutore, apparentemente assorto nei suoi lontani pensieri, teneva con difficoltà il pieno contatto con quel nuovo mondo di cui anche le più semplici forme d’esistenza gli erano ignote.
Quella innocente domanda non fece altro che confonderlo ulteriormente.
“Il drago viola di che cosa? Perché… cos’hanno le mie scaglie viola di strano”
Ignitus sorrise, altrettanto stupito dalla risposta di Malefor.
“Oh niente, le tue scaglie non hanno niente di strano… è il tuo potere che a quanto dicono è incredibile. Ma non mi sembri pericoloso”
“Pericoloso? a chi ti riferisci quando dici… dicono?”
“Ai guardiani degli elementi. A quanto pare non ti conoscono, girano strane voci sulle tue origini e su un drago di nome Flarendor. Ah comunque perdonami
non mi sono presentato, io sono Ignitus”
“Io Malefor…” Sussurrò il drago viola, cercando poi di rispondere con una sola frase sia ai propri dubbi che a quelli di Ignitus. “Flarendor è il mio maestro,
ma chiunque siano i guardiani degli elementi non conoscono niente di me. Ma… anch’io so di avere qualcosa che non va”
Ignitus distorse il muso in una strana smorfia e la sua espressione mutò.
“Non intendevo dire questo, non mi faccio influenzare da ciò che gli altri dicono. Solo che…”
“Ma non hai detto niente di falso o sbagliato. Però nessuno può conoscermi visto che io non conosco nessuno”
Ignitus cercò di ragionare sotto lo stesso percorso mentale di Malefor, rendendosi conto che non era un draghetto come gli altri e anche capirlo non sarebbe stato semplice.
“Hai ragione. Ma cosa ne dirresti…”
Non riuscì a concludere la frase, perché un boato proveniente dal luogo in cui si trovavano ancora gli altri lo fece sussultare.
Attraverso l’aria si propagavano invisibili ma potenti onde d’energia che raggiunsero entrambi, deviando la loro attenzione sulla provenienza di quell’occulta forza.
Malefor percepiva distintamente quel potere come molto familiare.
“Ma cosa sta succedendo…” Chiese Ignitus atono, senza rivolgere la domanda a qualcuno in particolare se non a se stesso. Si voltò di nuovo verso Malefor, lanciandogli un’occhiata sfuggevole mentre iniziava a muovere le zampe in direzione dei compagni, che sentiva essere in pericolo.
“Scusami, torno subito… vado a vedere cos’è successo…”
Malefor se ne stava immobile con lo sguardo rivolto alle proprie spalle, tristemente assorto in un buio vortice di pensieri rivolti al suo maestro. Mosse lentamente la coda, sfregandola sull’erba nervosamente e drizzando le scaglie quando una dubbia idea gli balenò in mente come un lampo in una notte liscia e placida.

Solaris schizzò verso l’alto, cercando in ogni modo di evitare l’enorme pugno dell’immonda creatura, che provava a ghermirla con le possenti dita deformate. Glaider volava al suo fianco, pronto a difenderla da un successivo attacco del mostro, il quale li fissava con un paio di pupille giallastre prive di qualsiasi segno di razionalità, lo mancò per pochi centimetri. Ogni sua azione era guidata da puro istinto, da folle desiderio di distruzione, unicamente finalizzata
a devastare qualsiasi cosa lo circondasse e qualunque forma di vita gli si parasse davanti. Il corpo della creatura effondeva fiamme da le crepe sul suo corpo come crateri in continua eruzione.
Glaider prese quota e si allontanò dalla creatura quanto bastava per essere al sicuro e ragionare in maniera sensata. Ftava sottovalutando il gigante
, a cui bastò sollevare una delle due braccia sconfinate per raggiungerlo. Evitò il colpo anche grazie ad una buona dose di fortuna, non aspettando si muovesse così rapidamente.
L’emanazione di energia e il caos creato dalla sua apparizione erano giunti anche agli altri draghetti, che raggiunsero i due compagni già impegnati nello scontro.
Il primo a comparire fu Zell, che afferrò Solaris un istante prima che venisse brutalmente schiacciata dalla forza del mostro e la “teletrasportò” a un paio di metri di distanza grazie alla sua velocità.
Ogni movimento della creatura squoteva il terreno che si sfagliava sotto la sua tremenda forza, accentuata dall’irrazionale desiderio di ridurre in poltiglia
i cuccioli. Solaris si divincolò dalla leggera presa diZell, fissandolo negli occhi.
“Grazie infinite… non fosse stato per…”
“Di niente. Ma… cos’è quella cosa!”
“Credimi, mi farebbe molto piacere saperlo”
“Ma… è mastodontico!” Esclamò Zell, sconvolto.”
“È comparso all’improvviso, dal sottosuolo” Continuò Solaris, voltando poi lo sguardo verso l’alto per cercare Glaider, ancora sotto le omicide attenzioni del possente essere che non sembrava volergli concedere tregua.
Zell e Solaris continuarono a battere le ali per restare sospesi in aria, abbastanza distanti da quella forza della natura.
“Non è ancora tornato Ignitus?”
Solaris si sentì presa alla sprovvista.
“In effetti…”
“Ma non era stato lui a dirci di restare uniti? Perché se n’è andato”
“Non è andato via, ha semplicemente seguito qualcosa, ci ha detto di aspettarlo e mentre eravamo lì ad attendere il suo ritorno è arrivata quella roba”
Glaider passò loro davanti, avvicinandosi a Zell che lo salutò sorridendo e agitando i sei artigli di una delle zampe.
“Zell, lascia stare Solaris… devo proteggerla io”
Il draghetto del fulmine sbuffò divertito, allontanandosi gradualmente da Solaris.
“Va bene eroe, allora torna qui, ci penso io a buttare giù quell’albero secolare”
“Zell, non per sminuire il tuo amore per gli alberi, ma quello è più alto di un albero secolare” Rispose Glaider, avvicinandosi di nuovo.
“Noo… non è vero”
Coprendosi di un manto elettrificato Zell si lanciò verso la creatura, caricando il suo potere sugli artigli, che sguainò ruggendo.
I suoi movimenti erano troppo rapidi per la mole del mostro, ma non sarebbero bastate due saette per sconfiggerlo, quindi gli altri due draghetti, concentrata a loro volta tutta l’energia a disposizione, lo seguirono pronti per combattere.
Alle loro spalle gli altri draghi parevano talmente spaventati che le loro ali non volevano saperne di aiutarli neppure a fuggire. Furono un numero esiguo
quelli che ebbero il coraggio di gettarsi in aiuto dei compagni e furono ancora meno quelli a farlo senza timore.
Terrador e Dorim si trovavano in testa al piccolo stormo.
“Hai visto?” Chiese il draghetto dal manto verde come la primavera.
“Si Terrador, ma posso pensarci io… tu puoi startene con quegli altri vigliacchi che non hanno neanche il coraggio di affrontare il pericolo”
Dorim venne trafitto da una furiosa occhiataccia.
“Sei uno stupido. Non sono tutti preparati per cose del genere! E poi… penso non ci sia tempo per le tue bravate, qualunque cosa sia è pericolosa”
Dorim continuò a fissare a qualche centinaio di metri di fronte a se dove la potenza della creatura infuriava priva di controllo.
“Adesso ti faccio vedere io…”
Terrador gli si parò davanti, cercando di sbarrargli la strada, ma dagli artigli del drago si materializzarono due lame di ghiaccio che gli vennero puntate
contro.
“Togliti o farai la fine di quella creatura” Terrador si scostò, innervosito dal suo comportamento.
“Non insisto se no ti farei male… vai a farti ammazzare, non sarà una grave perdita”
“Non mi fai paura, né tu ne lui”
Detto questo Dorim raggiunse gli altri, pronto per affrontare a testa alta il mostro.
Si posizionò alla destra di Solaris che era indietreggiata di qualche metro per lasciare campo libero a Glaider e Zell che stavano tentando ogni mezzo per liberarsi di quella pericolosa minaccia.
“Scusa Glaider, non faremo meglio ad aspettare Ignitus? Insieme siamo più forti”
“No, faremo meglio ad andarcene, non è avversario alla nostra portata questo” Rispose il draghetto blu, seriamente preoccupato che qualcuno dei compagni
potesse rimanere ferito.
Improvvisamente Dorim si librò al loro fianco, portandosi davanti al mostro e mettendosi prepotentemente in mostra. Scagliò un soffio gelido verso il suo ciclopico ventre, che neanche considerò quella folata d’aria fredda come un tentativo d’attacco.
Alle spalle di Dorim, Glaider e Zell erano sfrecciati verso l’alto per combinare i loro poteri in una tecnica dalla forza smisurata, ma che probabilmente
non sarebbe stata sufficiente neanche per scalfirlo.
Improvvisamente il mostro allungò una mano verso Glaider e lo afferrò per l’ala sinistra, torcendogliela con violenza.
Il draghetto trattenne a stento un ruggito e provò a divincolarsi, ma le robuste dita dell’essere lo chiusero in una morsa quasi meccanica e strinsero
le sue piccole ossa da cucciolo, che nonostante la loro robustezza vennero in parte maciullate. Non riuscì neanche ad urlare tanto era il dolore, ma i presenti si resero immediatamente conto dell’estremo pericolo in cui si trovava.
“Glaideer!”
Solaris si avvicinò a Zell e senza neanche comunicare capirono che entrambi dovevano concentrare tutte le proprie energie sull’altro, unendo le forze per
liberare l’amico dalla mano del mostro. Le loro fauci si colmarono di energia elementale. Solaris attirò a se più gelo possibile dai d’intorni e dall’interno del suo corpo, concentrandolo in una sola sfera bianco-azzurra che si generò tra le sue zanne, mentre il draghetto del fulmine permise al suo potere di confluire in una saetta azzurra che si materializzò sulla sua zampa sinistra.
La creatura portò la sua preda ormai agli sgoccioli di fronte alle immenze fauci, mostrando un brutale arzenale di zanne simili a stalattiti.
Glaider si rassegnò, socchiudendo le palpebre e aspettando l’improvvisa e imminente fine della sua esistenza.
Non si concesse neanche di sperare che i suoi amici potessero fare qualcosa per salvarlo, un avversario del genere era troppo per dei cuccioli.
Solo pochi metri lo dividevano dalla sconfinata gola della creatura, quando una spirale d’energia luminosa impattò contro il braccio di questa, scuotendolo vigorosamente.
L’attacco ebbe l’esito sperato, infatti la stretta che imprigionava Glaider si alleggerì e il draghetto precipitò inerme al suolo.
Solaris gli si gettò subito in contro, spaventata dalla consapevolezza che i danni si sarebbero potuti rivelare irreparabili.
“Glaider! Glaid alzati…”
Osservò come il cucciolo giaceva disteso a terra con le ali e le zampe aflosciate, apparentemente privo di soffio vitale.
“Ei… non fare lo scemo, alzati!”
Mentre l’idea di averlo perso per sempre gli annebbiava la vista, si chinò su di lui e poggiò le proprie zampe anteriori sulle sue e lo scosse leggermente.
“Solaris… mi fanno male le ossa, non sbriciolarmele ancora di più!” Riuscì a risponderle Glaider, facendole riaffiorare un piccolo sorriso sulle labbra.
“S… scusa”
Si distanziò di qualche centimetro, continuando a fissarlo senza degnare di una minima attenzione tutto ciò che la circondava. “Riesci ad alzarti?”
Glaider compì un movimento impercettibile con le zampe, digrignando i denti per il dolore.
“No…”
La draghetta gli si avvicinò di nuovo, portando le zampe sotto quelle dell’amico per aiutarlo.
“Solaris, lascia stare…”
Seguì un breve istante di silenzio, in cui Solaris avrebbe replicato se Glaider non avesse sollevato la testa di scatto e non le avesse urlato in faccia, allontanandola con il capo…
“Attenta!”
Un mastodontico piede li stava prendendo di mira come formiche da schiacciare senza pietà. La sua distrazione le sarebbe stata fatale, se qualcosa non
avesse impedito all’arto del mostro di raggiungerli .
Un paio di ali si mosse tra loro e la creatura, che dopo qualche istante venne messa alla prova da una sequenza rapidissima di fulmini splendenti e sfere infuocate.
Il colpo non ebbe un esito estremamente positivo, ma l’impenetrabile armatura di pietra si fendé in più punti, a dimostrazione dell’incredibile forza della
fonte di quello straordinario potere.
Ignitus planò al fianco di Glaider, sollevando un ala sul suo dorso.
“Cosa ci fai li per terra? Non dirmi che ti sei fatto annientare come una femminuccia…”
Glaider sorrise.
“No, peggio… visto che è stata una femminuccia a salvarmi”
Ignitus rivolse un’occhiata a Solaris, per poi tornare a fissarlo.
“Beh c’era da aspettarselo da un imbranato come te”
L’altro non si curò delle sue parole, concentrato piuttosto su ciò che stava tenendo a bada il mostro mentre loro conversavano beatamente.
“Ignitus, cos’è… quello”
“Dovrei chiederlo io a voi! Avete fatto talmente tanta confusione da svegliare quella creatura?”
“Non parlavo della creatura, ma di quel drago viola che… caspita, riesce a tenergli testa”
Ignitus si voltò, scorgendo come i colpi del mostro si scontravano con il vuoto e come il draghetto riusciva allo stesso tempo ad evitarli e a contrattaccare.
“Lui… è Malefor, il drago di cui abbiamo sentito parlare”

***

I suoi artigli e le sue corna non erano ancora abbastanza robusti da poter infrangere le difese del mostro e il suo soffio non era sufficiente per metterlo in difficoltà.
Osservava di fronte a se i pugni di pietra muoversi rapidamente nel tentativo di distruggerlo, cercando di elaborare una soluzione contro quell’avversario con cui non aveva mai dovuto confrontarsi.
Le battaglie erano sempre state la sua unica ragione di vita fin dalla nascita, tra un addestramento e l’altro in cui era costretto ad attingere a tutte le sue risorse per sopravvivere.
In quel momento se lo sentiva, il suo cuore lo incitava ad aiutare Ignitus e tutti quei draghetti che aveva capito essere suoi compagni. Squadrò l’enorme mole del suo nemico, puntando immediatamente a quello che era convinto fosse il suo punto debole.
Una delle tante lezioni impartitegli dal maestro era quella di cercare anche nell’avversario più ostico la peculiarità che lo avrebbe portato alla sconfitta.
In quel caso, la smisurata altezza sarebbe potuta essere la rovina della creatura se l’avessero colpita nella maniera giusta.
“Ignitus…”
Malefor scese di fronte a Ignitus e Glaider, cercando l’attenzione del drago del fuoco.
“Dobbiamo utilizzare il potere della terra all’unisono, solo più energie convergenti nello stesso punto possono farlo crollare. Non reggerà se gli togliamo la base su cui sta in piedi”
“Allora dobbiamo chiedere a terrador e agli altri…”
Malefor tese i muscoli delle zampe, concentrando le forze sull’elemento della terra.
“Perché non puoi farlo tu?”
“Malefor, io sono un drago del fuoco, non posso aiutarti con altri elementi”
“Quindi… non ti hanno insegnato ad utilizzare energie esterne al fuoco?”
“No, io non posso dominare nient’altro che il fuoco”
Malefor sembrò quasi deluso da quella rivelazione, credendo scontato che ogni drago potesse utilizzare più di un elemento, anche se effettivamente sapeva che il suo maestro non aveva mai fatto ricorso ad un potere che non fosse il fuoco.
“D’accordo…”
Il drago viola spalancò le ali e si diresse verso la creatura, sperando di riuscire nel suo intento. Il suo corpo venne avvolto da un iridescente bagliore
verde, mentre attingeva a tutta la forza che il mondo attorno a lui poteva conferirgli.
Ignitus si allontanò momentaneamente da Glaider, volendo chiamare a raccolta i draghi della terra affinché potessero attuare il piano di Malefor, che si
trovava nuovamente faccia a faccia con il mostro.
In breve la creatura fu attorniata da una decina di cuccioli.
“Colpite il terreno sotto di lui!”
Senza lasciar spazio a inutili domande, senza alcuna esitazione, tutti ascoltarono l’ordine di Malefor e bersagliarono il terreno all’ombra della creatura con tutta la forza di cui erano a disposizione.
Questa da principio non ne risentì, ma quando il suolo si sfaldò compresso dal suo peso un infinitesimale scintilla di intelligenza gli suggerì che stava per cadere.
Con una forza e una resistenza impensabili il mostro recuperò l’equilibrio e assunse una posizione stabile nonostante la grossa crepa sul terreno.
I draghetti indietreggiarono, spaventati dal fallimento che stava per costare loro la vita: il mostro scagliò un improvviso getto d’energia incandescente dalle fauci, che li avrebbe indiscutibilmente ridotti in un ammasso di cenere se Solaris Dorim e Malefor non l’avessero contrastato con il ghiaccio.
L’enorme essere, infastidito dalla tenue resistenza che i suoi avversari gli stavano disperatamente opponendo, emise un tremendo ruggito che sconvolse radicalmente l’atmosfera del luogo rendendola un insieme di vibrazioni e spasmi dell’aria.
Tutti gli altri, nonostante il timore e l’insicurezza che cercavano di trattenerli, non potettero fare a meno di unirsi ai compagni in pericolo.
La zona venne ricoperta da uno stormo di draghi. La mente di Malefor trasmise al suo sguardo l’immagine del desiderio che aveva persino inciso sulla corteccia
di un albero, Quel sogno a cui sperava di poter un giorno realmente partecipare.
Attorno a lui miriadi di ali danzavano unite in una sola ascesa; le loro forze congiunte in un’unica energia, di cui anche lui era parte.
Gli occhi del mostro brillarono, le sue zanne si mostrarono minacciose. Dall’oscurità delle sue viscere emerse un'altra onda di fuoco, che si riversò impietosa su i draghetti.
Un lampo di luce bianca li investì.
Un istante dopo ebbero appena il tempo di vedere la creatura deflagrarsi in tanti piccoli brandelli di pietra, che si ritrovarono avvolti dal buio abbraccio
del vuoto. Attorno a loro l’esistenza stessa pareva essersi spenta, una coltre di irreale oscurità si prendeva gioco del loro contatto con la realtà.
Stavano fluttuando in quella che interpretarono come una spaventosa dimensione totalmente separata dal mondo reale, qualcosa di inquietante e allo stesso tempo mistico e curioso.
Di fronte al gruppo di cuccioli un globo di luce azzurrina illuminava,anche se fievolmente, quel piccolo fascio di infinito, come una stella ai confini dell’universo.
Ignitus si guardò attorno, cercando di capire se fosse caduto in una sorta di sogno o di qualsiasi cosa si trattasse, comprendendo che stava accadendo seriamente. Si mosse, spostandosi nello spazio circostante senza la benché minima fatica, come se fosse sorretto dal nulla, come se nessuna forza di gravità o di attrito fosse presente in quel luogo.
Scivolò verso Glaider, che come lui se ne stava immobile ad osservare quell’incredibile fenomeno di cui sarebbero stati i primi testimoni.
“Glaider… tutto a posto?”
“Ignitus… tu che ti preoccupi per me?”
“Se tornassi a casa senza un membro del gruppo i guardiani se la prenderebbero con me, perché sono l’unico capace di gestirvi tutti”
“Ah si certo, il lider ultraterreno”
“Non ultraterreno, ma anche se non mi si addice il ruolo del lider devo pur fare voi da guida, non posso certo lasciarvi nelle tue zampe”
Glaider sbuffò, colpendo l’amico con la punta di un’ala che notò con enorme piacere non provocargli più fitte lancinanti. Furono costretti ad interrompere il loro battibecco, perché la sfera luminosa aumentò di dimenzioni, divenendo un piccolo sole pieno d’energia viva e pulsante, come un cuore in procinto di esplodere.
“Dove siamo finiti… e che è quel coso?”
La domanda che Solaris espresse a voce alta ronzava nella testa di tutti, ma nessuno aveva la ben che minima idea di quale fosse la risposta.
“Avvicinatevi… guerrieri del domani…”
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3 replies since 6/7/2015, 19:57   132 views
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