| Lady Iris |
| | Chapter IX The cure Il coniglio correva veloce, ma oramai il mio occhio era allenato e la freccia trapassò il piccolo collo della bestia, che si accasciò di lato tra l'erba e vi rimase immobile mentre questa si tingeva di rosso. Sorrisi soddisfatta e mi diressi verso la preda appena abbattuta per poi sollevarla per le orecchie e allacciarla alla mia cintura vicino ad un suo simile. -Caccia fruttuosa.- dichiarai riportando l'arco in spalla, più che soddisfatta del mio lavoro. Mi trovavo poco lontano da Whiterun a caccia da sola, e la notte era già scesa. Normalmente sarei tornata prima, ma quella sera la mia preda mi aveva spinta più lontano del previsto e le due lune di Skyrim erano l'unica fonte di vera luce in grado di guidarmi verso casa, anche se non ero preoccupata: oramai conoscevo quelle foreste e quelle stradine come le mie tasche, e non mi sarei persa facilmente. Erano passati mesi da quando avevo rifiutato il Dono di Hircine, da quando io e Vilkas avevamo fatto l'amore per la prima volta, e finalmente mi sentivo completa: la nostra non era una relazione basata su moine o altre tenerezze, non eravamo proprio tipi, c'erano ancora le provocazioni, le battute e soprattutto gli scontri sia fisici che verbali, ma con quella notte il nostro rapporto aveva preso una strada inaspettata che mi faceva stare bene, anche se ogni tanto c'era di nuovo quella vocina fastidiosa, la voce dell'ambizione, che continuava a stuzzicarmi e rimproverarmi per aver rifiutato la licantropia, perché i sensi sviluppati, la forza e la ferocia che tutti i membri del Circolo mostravano, continuavano a farmi gola. E me ne vergognavo, perché provavo anche invidia per loro, per i prescelti che erano al di sopra dei comuni mortali come me. Scossi la testa e raggiunsi il cavallo che avevo lasciato poco lontano, e guardando i suoi occhi azzurri sorrisi, così senza un motivo apparente. -Vuoi tornare a casa, eh?- gli chiesi, quasi potesse rispondermi -Direi che te lo mer...- un rumore, un ululato mi fece morire in gola le parole e spaventò il cavallo a tal punto che iniziò a nitrire e si impennò, costringendomi ad allontanarmi di scatto per evitare di essere colpita dagli zoccoli -Buono!- esclamai una volta che riuscii ad avvicinarmi tanto da riprendere le briglie e carezzarlo sul collo robusto per cercare di calmarlo -Buono, avanti...buono.- ripetei più volte sussurri dolci e moine, ma l'ululato si ripeté, così come voci e grida di uomini che a quanto pare stavano lottando con il lupo che li emetteva, e il quadrupede si imbizzarrì di nuovo, solo il ramo dell'albero a cui l'avevo legato gli impediva di correre via come sembrava voler fare. -Buono, accidenti!- iniziavo a perdere la pazienza -Ora ce ne andiamo! -Prendete il mannaro, ora che è a terra!- quelle parole mi costrinsero a fermarmi. -Mannaro?- ora che ci pensavo, Skjor ed Aela erano fuori da un paio di giorni per una battuta di caccia, secondo loro, e non erano ancora tornati, possibile che... -No, non è possibile. Dovrebbero essere in due.- un guaito, dei gemiti umani mi fecero mordere il labbro inferiore -Ma se fosse?- ringhiai di frustrazione -Oh, per Shor! So che me ne pentirò amaramente.- presi l'arco e corsi verso la fonte di quei terribili rumori. Corsi, corsi forte mentre il cuore mi batteva all'impazzata: ero consapevole che i Compagni non fossero gli unici lupi mannari a Skyrim, ma se davvero c'era una possibilità che i miei Fratelli di Scudo fossero in pericolo allora dovevo fare tutto ciò che era in mio potere per proteggerli o morire nel tentativo. Quando arrivai nel luogo dove lo scontro stava avvenendo, trovai uno scenario raccapricciante davanti ai miei occhi: numerosi cadaveri giacevano a terra in pozze di sangue, i corpi erano martoriati da segni di artigli o morsi e spesso i loro volti erano impossibili da distinguere tra le masse sanguinolente che erano diventati, mentre i superstiti (che riconobbi come Mano d'Argento a causa del mantello che portavano) cercavano di abbattere un lupo mannaro al centro che lottava nonostante le ferite che gli tingevano il pelo nero di sangue. -Prendete quella troia! Voglio la sua pelle!- urlò quello che doveva essere il capo, e persi un battito. Aveva chiamato l'animale “troia”, quindi doveva essere una donna, anche se non ero ancora sicura che potesse trattarsi di Aela. Ma se così fosse stato una nuova domanda sorgeva spontanea. -Dov'è Skjor?- il guaito del licantropo, terribilmente simile a quello di un cane, mi costrinse a spostare l'attenzione di nuovo sulla battaglia, sui Mano d'Argento che stavano per avere la meglio. La bestia era infatti stesa a terra con le orecchie basse e il corpo che tremava, probabilmente per colpa degli spasmi di dolore e fatica, ed era circondato dai suoi avversari. -Porterò i tuoi saluti ai tuoi amici cani, te l'assicuro...- no, oramai non potevo più sbagliarmi e soprattutto non potevo più stare a guardare, così incoccai rapidamente una freccia e venni avanti prendendo la mira. -Ehi, qui!- proprio mentre il capo spostò la testa verso di me la freccia gli si conficcò nello sterno, portandolo fin troppo rapidamente nell'Oblivion. -Chi diavolo sei tu?! -È sicuramente un'alleata dei cani, prendiamola!- riuscii a mettere a segno un altro colpo grazie all'effetto sorpresa, ma poi dovetti prendere la spada ed incrociare le lame dei banditi, fatte rigorosamente d'argento, con la mia. Parai il fendente alto di un bretone ed approfittai della sua guardia alta per piantagli il mio pugnale nel ventre, poi mi ritrassi rapidamente per evitare di essere colpita dalla freccia di un Dunmer arciere, anzi rotolai praticamente via, e per quando spostai gli occhi per cercarlo di nuovo, questo era sparito. -Merda!- gettai un'occhiata al lupo che cercava di alzarsi e che mi stava guardando -Aela?- un cenno del capo ed un ringhio sommesso mi bastarono per capire di averci visto giusto, era proprio Aela il lupo che stava per essere fatto a pezzi dai nostri eterni avversari. -Muori!- mi girai di scatto verso la fonte dell'imprecazione, e per quanto parai con il pugnale l'assalto del bandito la poca distanza e la differenza dell'arma mi procurarono una ferita al fianco, poco più che un graffio se messa a confronto con altre brutte esperienze, ma comunque fastidiosa e bruciante. L'Imperiale che avevo davanti vedendomi in difficoltà incalzò ed io non potei fare altro che stare al suo gioco, e quando mi ritrovai con le spalle intrappolate da un albero mi abbassai per evitare che mi tagliasse la testa. Sfruttando la sua sorpresa entrai nella sua guardia e lo colpii, trapassandolo con la lama grazie alla nostra vicinanza. Chiusi gli occhi quando uno spruzzo di sangue mi arrivò sul viso, reprimendo a stento il brivido di disgusto che mi attraversò la schiena, e mi affrettai ad estrarre l'arma dal cadavere del Mano D'argento per mettermi in guardia in attesa di un prossimo attacco. Ma non arrivò niente, gli unici suoni presenti nel bosco erano il respiro affaticato mio e di Aela, ancora in forma ferale, e per quanto tenessi l'orecchio teso a carpire qualche rumore non sentii nulla. -Il Dunmer deve essere scappato.- pensai, rilassando i muscoli ma non la mente ancora tesa, e mi diressi verso Aela, chinandomi su di lei e mettendole, un po' timidamente a dire il vero, la mano sulla grande schiena nera -Aela, è tutto finito. Riesci a muoverti?- in risposta continuavano ad arrivarmi guaiti e ringhi di dolore, e dovetti faticare davvero per non andare nel panico -Avanti, ritrasformati, dobbiamo tornare a Jorrvaskr, devi dirmi di Skjor.- la sentii ringhiare e mi affrettai ad allontanarmi, spaventata, ma capii subito che quel ringhio non era dovuto al volermi attaccare, quanto a dirmi qualcosa -V-vado a riprendere il cavallo...- mi mossi di qualche passo, ed il ringhio si ripeté di nuovo, più forte stavolta -Calmati, ho detto che...- accadde in un attimo. Il gelo mi avvolse dalla punta dei piedi fino alla testa, ed incapace di stare in piedi caddi a terra, rigida come un pezzo di legno. -No!- potevo muovere appena gli occhi, e non dovetti attendere molto prima che il Dunmer fuggitivo comparisse nel mio campo visivo -Cazzo, ecco perché Aela ringhiava! Stava cercando di avvertirmi...- ed io come una stupida non avevo capito niente. -Bene, bene...qualcuno qui ha abbassato la guardia troppo presto.- se avessi potuto parlare probabilmente lo avrei mandato in un posto non proprio elegante, ma con la mascella rigida e gelata non potevo fare niente. Quel bastardo aveva usato la magia e lo aveva fatto in maniera fottutamente precisa, oserei dire. Avrei potuto quasi essere ammirata dalla sua abilità se la vittima non fossi stata io, ma era inutile lamentarsi, mi occorreva una soluzione, e alla svelta! -Ho perso tutti i miei compagni, ma almeno li vendicherò.- incoccò una freccia e la caricò a pochi centimetri dalla mia fronte, per mia sfortuna il bastardo non era un tipo di molte parole, di quei montati che mi avrebbero fatto terribilmente comodo, ero immobilizzata e sentivo Aela ringhiare alle sue spalle -Ad...- con un ultimo e sicuramente doloroso sforzo, la cacciatrice assaltò l'elfo, atterrandolo di spalle. L'incantesimo finì e potei alzarmi per vedere la bocca del lupo stringersi proprio dietro la collottola dell'elfo scuro e strattonarla con forza. Un brutto rumore di ossa rotte infranse il silenzio della foresta ancor prima che il bandito potesse urlare. Sospirai di sollievo e guardai la mia Sorella di Scudo tornare pian piano alla sua forma umana: gli occhi gialli si fecero di nuovo verdi e il pelo si schiarì e diminuì fino a tornare la sua chioma rossa, e mi affrettai a coprirla con il mio mantello quando le sue nudità cominciarono a farsi vedere. -G-grazie...- sussurrò stringendosi la stoffa addosso, ansimando. Diverse ferite la ricoprivano, alla testa, all'addome, le gambe, non c'era un punto del suo corpo che pareva esente da tagli o lividi, e l'angolatura innaturale della sua mano faceva intendere che il polso doveva essere rotto o slogato. -Che cosa ti è successo?- le chiesi, preoccupata -Dov'è Skjor?- alzò lo sguardo chino sul mantello verso di me, ma non disse nulla ed io la presi per le spalle -Aela...dov'è Skjor, accidenti?! -È morto.- il tono della cacciatrice era atono, freddo, ma nei suoi occhi solitamente indecifrabili potei leggere il dolore, la rabbia che provava. Per quanto riguarda me, mi colse il vuoto: quelle due parole, così semplici eppure così crudeli danzarono nella mia mente, incidendosi come sulla pietra, scavando la consapevolezza che venne fuori tutta insieme, facendomi lasciare Aela di scatto. -Sono stati loro.- continuò la licantropa, trattenendo a stento la sua furia. Skjor era morto, ucciso da quei bastardi che negli ultimi due anni non avevano fatto altro che attentare ai Compagni, e alla fine ne avevano ucciso uno, forse il più forte di noi. -Come?- chiesi solo. E mi stupii di come riuscissi ad essere fredda, il dolore mi arrivava ovattato, prepotentemente accantonato dalla rabbia e una parte di me credeva che finché non fossi scoppiata a piangere, la morte di Skjor sarebbe stata solo una cosa fittizia, un'eventualità della mia mente. -Erano in troppi. Credevamo di poterli sconfiggere, così abbiamo raggiunto un loro covo a tre giorni da qui. Io sono rimasta fuori ad occuparmi degli arcieri...- si interruppe, le labbra diventarono un'unica linea di dolore quando una fitta la colse -Mentre lui è andato in avanscoperta. Non lo vedevo tornare e l'ho raggiunto nel fortino. Erano quindici...quindici, Iris, ti rendi conto?- no, non me ne rendevo conto -Proprio quando ho iniziato ad avvicinarmi e lui abbatteva due uomini, uno gli è arrivato alle spalle.- tacque. Il suo viso ferito non mostrava dolore, non mostrava tristezza, non mostrava niente se non rabbia e voglia di vendetta, questo è ciò che Aela permise al suo cuore di mostrare per la perdita del Compagno a cui teneva di più, con cui aveva un rapporto più stretto. Perché sono sempre stata consapevole che, per quanto io volessi bene ad Aela e lei a me, non avrei mai potuto essere speciale come lo era Skjor per lei, era il suo mentore, l'unico con cui condividesse appieno la benevolenza di Hircine. Ed ora era morto. -L'ha trapassato. Gli ha trapassato lo stomaco. Ed io non ho potuto fare niente se non fuggire, come una codarda. -Non potevi fare altro. -Potevo morire in combattimento, come mi è stato insegnato. -E permettere ai Mano d'Argento di farla franca così?- ribattei, dando voce alla vendetta che aveva iniziato già a circolare in me. Aela lo comprese e mi guardò senza dire nulla, non è mai stata un tipo di molte parole... -Andiamo. Ti riporto a Jorrvaskr.- dissi, e le passai un braccio intorno alle spalle per aiutarla ad alzarsi -Ho il cavallo qua vicino, arriveremo in un paio d'ore.- guardavo dritta avanti a me, facendo le cose di riflesso, senza accorgermene guidai Aela verso il cavallo che finalmente si era calmato, la feci salire e subito dopo montai in sella dietro di lei, dicendole di reggersi e che avrei cavalcato il più lentamente possibile. -No, corri.- mi disse lei -Kodlak deve sapere...anche se ce l'aveva detto. -Mh?- con un colpo di briglie spinsi il cavallo al galoppo ed il quadrupede iniziò a muovere i primi passi. -Ci aveva detto di non andare, non da soli. Ma credevamo di poterli reggere...- la sentii gemere e probabilmente mordersi le labbra -E ora...deve sapere. -Va bene. Reggiti, allora.- spronai il cavallo nella notte, raggiungendo in breve tempo il sentiero che ci avrebbe riportato a casa, ma di quel tragitto non ricordo niente. Sentivo una stretta al cuore alla perdita di Skjor, un dolore addormentato che ancora non si decideva a venir fuori, ad esplodere come temevo che dovesse fare. Sentivo solo quel grande peso opprimermi mentre nella mia testa rimbombavano le parole che il Compagno mi aveva rivolto quella notte alla Forgia Terrena. Sarei stato orgoglioso di cacciare con te... Una goccia scorse lungo la mia guancia e fu il sapore salato che mi bagnò le labbra a farmi comprendere che non stava affatto piovendo.
Kodlak ricevette Aela ed anche me non appena la mia Sorella di Scudo fu in grado di camminare. Per quello che mi riguarda, avrei preferito mille volte non essere lì, non dover udire il racconto di Aela con particolari più cruenti come la morte di Skjor, l'inseguimento serrato e crudele a cui i Mano d'Argento l'avevano costretta fino al mio arrivo. E più raccontava più il dolore veniva di nuovo insabbiato dalla voglia di vendetta. Quei bastardi avevano ucciso Skjor e poco mancava che ci riuscissero con Vilkas e Aela. Mi avevano portato via un pezzo della mia famiglia, ma non potevano passarla liscia. -E questo è tutto.- concluse Aela, e il vecchio Precursore annuì. -Porti una tristissima notizia a Jorrvaskr, Aela. L'anima di Skjor adesso corre nei Campi di Hircine...- le sue labbra per un attimo si indurirono -Ma la sua perdita è un brutto colpo per Jorrvaskr. E spero che non verserete altro sangue cercando di vendicarlo.- sia io che Aela lo guardammo indignate, ma mentre io rimasi in silenzio la rossa si alzò in piedi di scatto, ignorando le probabili fitte di dolore che dovevano averle attraversato il corpo. -Precursore, non vorrai lasciare questo crimine impunito? Hanno trapassato il corpo di Skjor davanti ai miei occhi e probabilmente adesso lo stanno scuoiando!- quell'immagine terribile mi fece chiudere gli occhi di scatto e trattenere il fiato, scavando una ferita ancor più profonda sul mio cuore e facendomi desiderare di essere lontana da quella stanza e quelle parole -Loro... -Loro sono dei mostri e scendere al loro livello non ci riporterà Skjor.- era incredibile come quell'uomo potesse calmarmi, farmi credere che qualsiasi parola uscita dalla sua bocca fosse pura verità -Non voglio che altro sangue sia versato. Ed ora siediti, le tue ferite... -Le mie ferite stanno bene.- dichiarò Aela, poi mi guardò -Immagino che tu sia d'accordo con lui.- disse e, sentendomi brutalmente chiamata in causa, sobbalzai. -Io...- deglutii, sostenendo il suo sguardo a fatica -Sì. Non ci serve un altro morto.- le sue labbra si fecero livide ed i suoi pugni si strinsero, quello sguardo fu come una coltellata per me, perché mai l'avevo vista guardarmi in quel modo carico di rabbia, di delusione. -Molto bene.- senza tener conto di niente e nessuno, la cacciatrice si diresse verso la porta. -Aela...- provai a richiamarla, ma tutto ciò che ottenni fu lo sbattere della porta e sospirai, passandomi una mano sul viso per sfogare in qualche modo il nervosismo e la tristezza che mi animavano. Avevo pianto durante il tragitto, approfittando dello svenimento di Aela, delle praterie buie come unico testimone, avevo pianto e singhiozzato alla memoria di quel guerriero, una parte della mia famiglia che aveva contribuito a fare di me la persona che ero diventata. Magari non avevo questo gran rapporto con lui, ma l'idea che non l'avrei più sentito intimarmi di sollevare quelle fottute armi pesanti, che nessun “Novizio” sarebbe più passato per i corridoi, che non avrei più visto quello sguardo sfregiato ricco di serietà mi fece star male. -La capisco.- dissi poi, in piedi e con le braccia incrociate -Non dovrebbero farla franca. -La stima e l'affetto che provate per Skjor vi fa onore, ma come ti ho spiegato... -La vendetta non ce lo restituirà, lo so.- alzai gli occhi verso di lui, verso quell'azzurro in grado di farmi da antidoto con la sua pacatezza -Ma fa male. E non è giusto. Aela... -Aela prova dolore, ma credo che non disubbidirà un'altra volta. -Intendi punirla?- gli chiesi. -No.- Kodlak fece una pausa e congiunse le mani appoggiando i gomiti sul tavolo di legno della sua stanza -Il suo senso di colpa è una punizione sufficiente, non me la sento di infierire sul suo già grande dolore.- annuii, apprezzando l'umanità dell'anziano licantropo -Speravo che mi dessero ascolto, che lasciassero correre questa follia.- sospirò -Almeno tu hai avuto il buonsenso di non farti coinvolgere in tutto questo.- spalancai occhi e bocca, presa in contropiede. -C...come?- balbettai, e l'uomo sorrise. -Credevano davvero che non me ne fossi accorto? So che Skjor ti ha chiesto di accettare la bestia. -Ma come lo sai?- gli chiesi. L'unica persona a cui l'avevo detto era Vilkas, possibile che mi avesse tradita così? -Io so tutto quello che accade a Jorrvaskr, non sono il Precursore per niente. E prima che tu possa chiederlo, sappi che Vilkas custodisce i tuoi segreti molto attentamente.- arrossii, non potei farne a meno, c'era qualcosa che quell'uomo non sapesse? -Ma io lo conosco bene, come conosco bene Aela e Skjor, e anche te.- mi fece cenno di sedermi sul posto occupato da Aela fino a poco prima, ed ubbidii -Dimmi...conosci la storia della nostra trasformazione in lupi mannari?- inclinai il capo di lato, la treccia con cui avevo acconciato i capelli cadde lungo la spalla, e lo guardai perplessa. -Vilkas mi ha detto che era una maledizione lanciata sugli antichi Compagni.- dissi, ricordandomi di quando, dopo aver passato la notte insieme, avevo trovato il coraggio di chiedergli di più a riguardo -Mentre Skjor...- mi interruppi per deglutire, poi ripresi -Skjor l'ha chiamata benedizione, un Dono di Hircine. -C'è un fondo di verità in entrambe le cose.- disse Kodlak -Ma la verità vera e propria è molto più complicata.- fece una pausa -Lo è sempre.- assottigliai gli occhi a quelle parole, ma restai in silenzio, lasciando che continuasse a parlare -Vedi, i Compagni hanno quasi cinquemila anni, ma il sangue di bestia ci affligge solo da qualche secolo...relativamente poco tempo, se vogliamo dirla tutta. -E come ne sono venuti a contatto?- mi ero fatta attenta a quella storia che svelava, almeno in parte, il tormento o il Dono, a seconda dei punti di vista, a cui avevo rinunciato. -Un mio predecessore era un brav'uomo, ma poco lungimirante.- prese fiato -Strinse un patto con la Congrega delle Streghe di Glenmoril.- storsi la bocca a quelle parole. -Magia? -Magia.- confermò il Nord, poi riprese -Se i Compagni avessero cacciato in nome del loro signore ci sarebbe stato concesso un nuovo potere. Immagino tu sappia già a quale signore mi riferisco. -Hircine...- sussurrai -Ed è così che sono diventati lupi mannari? -Non credevano che il cambiamento sarebbe stato permanente. Le streghe fecero la loro proposta e loro la accettarono...ma furono ingannati.- chiuse un attimo gli occhi, conoscevo Kodlak abbastanza bene da capire che quello sarebbe stato l'unico sfogo per la sofferenza che doveva riempirgli il cuore. -Ingannati? Vuoi dire che vi avevano promesso altro?- chiesi dopo un po'. -Non proprio. Le streghe non hanno mentito, naturalmente. Hai visto di cosa siamo capaci e di come un potere del genere faccia gola.- annuii, anche se dovetti abbassare lo sguardo per evitare che il vecchio Biancomanto leggesse la cupidigia che ancora animava i miei occhi quando sentivo parlare della bestia -Ma non si tratta solo dei nostri corpi.- rialzai lo sguardo, ora di nuovo incapace di capire -La malattia non si limita a corrompere il corpo di chi la riceve...essa penetra nell'anima.- malattia, l'aveva definita. Non Dono, non licantropia, non bestia. Malattia. Una malattia da cui non si tornava indietro e che, a quanto pare, esigeva un prezzo più alto di quanto potessi immaginare. -Dopo la morte, i lupi mannari raggiungono Hircine nel suo territorio di caccia. Per alcuni questo è il paradiso, non desiderano altro che inseguire una preda con il loro padrone per l'eternità. -Ma non tu.- lo anticipai, prendendo la dolorosa consapevolezza di dove Kodlak stesse andando a parare -Non è vero?- annuì di nuovo con un cenno del capo, il suo volto era una maschera di impassibile fierezza, ma i suoi occhi... I suoi occhi non me li posso dimenticare: non erano più azzurri come il ghiaccio, erano il mare in tempesta, erano gli specchi di un tormento di cui non poteva liberarsi, un veleno che aveva contagiato corpo ed anima, una consapevolezza che tramite il suo racconto a me diventava sempre più forte ed insormontabile. -Io sono ancora un vero Nord.- come poteva la sua voce risultare così pacata, così sicura? -E sogno che la mia anima riposi a Sovnegarde.- ma questo non sarebbe stato possibile. Forse non ero molto religiosa, ma come Nord comprendevo l'attaccamento a Sovnegarde e il desiderio di Kodlak di farne parte, e il fatto che non gli fosse più concesso di riguadagnare la pace nemmeno nell'oltretomba mi causò profonda tristezza. Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, finché non mi arrischiai a prendere parola. -E non c'è una cura?- chiesi con tono timoroso, tanta era la paura di ferire ulteriormente Kodlak, ma dovevo sapere. Possibile che non si potesse fare niente? -Ho impiegato gli ultimi anni della mia vita per tentare di scoprirlo.- le mie spalle si incurvarono ulteriormente e chinai il capo -E ora ho trovato la risposta.- rapidamente tirai di nuovo su la testa e lo guadai, attenta -È stata la magia delle streghe ad intrappolarci. E la magia delle streghe ci libererà. -Dici che lo faranno?- domandai poco convinta, ed i miei timori si fecero certezze alla risposta dell'uomo. -Non di loro spontanea volontà. Ma si potrebbe attingere ai loro poteri con la forza.-mi morsi appena il labbro inferiore e lo invitai a continuare -Se riuscissimo a distruggerle ed appropriarci delle loro teste, la malattia verrebbe purificata. E cancelleremmo secoli di tormento. -Lo farò io.- dichiarai, alzandomi in piedi ed appoggiando le mani sul tavolo -Manda me a distruggere la Congrega.- lo vidi farsi pensieroso. -È una missione pericolosa, lo sai? -Sono l'unico guerriero non affetto dal sangue di bestia che potrebbe fare questo lavoro. Non hanno alcun potere su di me.- mi feci seria -Kodlak...fidati di me, ti prego. Posso farlo. Voglio farlo.- se Kodlak poteva essere curato avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo. Per anni avevo avuto bisogno di lui, ma ora che era lui ad aver bisogno di me non avrei lasciato l'occasione scorrere via come sabbia tra le dita: era giunto il momento di ricambiare, finalmente, il favore alla mia guida. Ci guardammo per un lungo istante, verde contro azzurro, la fiamma dei miei occhi contro la calma dei suoi, ma alla fine l'uomo distolse lo sguardo e sospirò, decretando così la mia vittoria. -Molto bene. Ti fornirò i dettagli non appena avrò informazioni più complete.- annuii con un cenno del capo e mi alzai, ma feci appena pochi passi che Kodlak mi richiamò -Ti sono grato...e sono fiero di te, Iris.- aprii bocca, ma nemmeno un suono uscì -Sei cresciuta...non sei più un cucciolo.- gli sorrisi, perché non sapevo come trasmettergli l'emozione, la gratitudine che quelle parole fecero nascere in me, e fu sempre sorridendo che lasciai la stanza.
-È stata la decisione più stupida che tu potessi prendere.- alzai un sopracciglio mentre Vilkas si sedeva sul mio letto dandomi le spalle e la visione della sua schiena nuda. -Kodlak si fida di me, perché tu no?- gli chiesi, appoggiandomi con un gomito alle pellicce che usavo come coperte. -Tu contro le Streghe di Glenmoril? La vedo dura. -Ho sicuramente molta più possibilità di voi che siete sotto la loro maledizione. Chi meglio di me potrebbe affrontarli?- il Compagno girò il volto quanto bastava per potermi guardare e dedicarmi un ghigno arrogante. -Chiunque, magari? -Bastardo arrogante!- strinsi gli occhi e, per la prima volta da quanto ero a Jorrvaskr lasciai perdere -Kodlak vuole guarire. E anche tu, e Farkas. Io posso portarvi una cura. Tu non faresti lo stesso?- gli chiesi. Gli occhi del Nord tornarono a guardare avanti senza in realtà vedere niente: lui e suo fratello volevano guarire, me lo aveva detto chiaramente qualche giorno prima, mi aveva confidato quanto lui e Farkas fossero legati a Kodlak, di come i gemelli lo considerassero il padre che non avevano mai conosciuto, ma soprattutto mi aveva raccontato di come la licantropia gli avesse cambiato la vita, e non sempre in positivo. La cura per lui rappresentava la speranza di tornare alla normalità, di poter accedere a Sovnegarde come il nostro Precursore, ed io potevo donargliela, potevo liberarlo. Non mi avrebbe impedito di partire sapendo che lui sarebbe stato il primo a gettarsi in questa impresa, ma la preoccupazione lo rendeva scontroso ed irritante, anche se da un lato trovavo piacevoli queste sue attenzioni ero pur sempre un guerriero ed avrei fatto il mio dovere. -Sì.- ammise con riluttanza, poi si passò una mano tra i capelli scuri e sospirò -Ma io ho vent'anni di esperienza in combattimento sulle spalle. -Mi farò bastare la mia.- risposi prontamente, poi mi sedetti a mia volta ed appoggiai la testa sulla sua spalla -Tornerò, te lo prometto. -Non fare promesse che non sei sicura di mantenere, Novellina. -Non sono più una Novellina, idiota.- lo apostrofai -E ripeto: se Kodlak non mi ritenesse all'altezza non mi avrebbe mai assegnato questa missione.- sospirai, poi spostai i capelli sulla spalla ed iniziai a sciogliere alcuni nodi con le dita -Vorrei partire con il tuo appoggio, ma non tornerò indietro solo perché tu non approvi.- lo guardai determinata, e mi stupii che non avesse già iniziato a sbraitare...tutt'altro, mi dedicò un sorriso amareggiato. -Lo so, oramai ti conosco fin troppo bene.- si stese di nuovo sul letto ed io lo imitai, lasciando che mi accarezzasse il viso, chiudendo gli occhi a quel contatto semplice e dolce al tempo stesso -Cerca di riportare la pellaccia a casa, è chiaro?- riaprii gli occhi e gli sorrisi. -Quando mi vedrai entrare a Jorrvaskr con la testa di una di quelle megere morirai dall'invidia.- lo baciai prima che potesse ribattere, la voglia di fare l'amore tornò e in poco tempo lasciai andare i miei pensieri per concentrarmi solo su Vilkas.
Note dell'Autrice Nuovo capitolo, siete felici? *in lontananza si sente un bambino piangere* Bene! Capitolo un po' vario, niente da dire. Ecco, la chiacchierata con Kodlak è stata difficile, come sempre xD E Skjor ha tirato le cuoia, povero cocco. Ora Iris ha una missione, le teste delle streghe, ma chissà cosa accadrà, muahaahahha *si strozza* ok, la finiamo qui. Al prossimo capitolo :*
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