The Elder Scrolls Forum - ESO, Skyrim, Oblivion, Morrowind & GDR

Skyrim: the legend of Dovahkiin

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Lady Iris
view post Posted on 7/3/2013, 15:03




NB: Il banner non l'ho fatto io, ma Yuko, come segnato a bordo dell'immagine^^ Io mi sono limitata a fare richiesta.
Detto questo, buona lettura.
Ah, la storia la trovate anche su EFP con il nick di Lady Phoenix^^ quindi se magari, per caso, casualmente, così, vi venisse voglia di passare e recensire...ok, basta.
A voi <3
PS: Sotto il capitolo, in spoiler, trovate tutte le pagine che conducono direttamente ai capitoli. Grazie mille a Dragona per l'idea :3


Un tempo i draghi dominavano il mondo.
Terribili signori e padroni di ciò che li circondava, riuscirono a ridurre tutti gli altri esseri viventi in schiavitù, governando con la loro ferocia e la loro voce.
Ma un giorno,finalmente, qualcuno si fece avanti per fermare questa tirannia: il Sangue di Drago, colui che da loro servitore divenne il loro carnefice e riportò la libertà nel mondo. Senza pietà affrontò i draghi e, uno per uno, li distrusse. La sua eredità camminò nei secoli attraverso il sangue dei Prescelti degli dei, finché le leggendarie creature si estinsero.
E con i draghi sparì anche lui, l'eroe, il Sangue di Drago.
Le sue imprese divennero racconti, i racconti divennero canti, i canti divennero leggende.
E la gente finì per considerare i Draghi ed il Sangue di Drago solo una storia.
Ma cosa succede quando la storia torna, più vendicativa che mai?
Cosa succede quando la più antica eredità di Skyrim ti viene offerta?
Semplice: puoi solo accettarla.



Skyrim
The legend of Dovahkiin






Prologue



Quel giorno ero a caccia
Amo andarci, da sola o con mio padre, ed amo il fatto che sia proibito.
Cacciare di frodo nei territori dello Jarl è sempre pericoloso. C'è il rischio che qualche guardia ti scopra, che qualche bandito voglia le tue prede e la tua vita, o semplicemente di tornare a casa a mani vuote e restare a stomaco vuoto.
Viviamo così, alla giornata, in una piccola casa isolata nel bel mezzo dei boschi a causa della taglia sulla testa di mio padre: cento septim per aver cacciato di frodo dei territori dello jarl.
Cento septim sono una somma ambigua: spiccioli per chi ha tanti soldi e tanti soldi per chi ne ha pochi, tanto da far gola e spingere a denunciare anche gli amici più cari.
Ma sto divagando.
Come ho già detto ero a caccia, sulle tracce di un cervo per essere precisi: una bestia grossa che ci avrebbe fatto comodo per l'inverno che si accingeva ad arrivare.
Il bosco portava già i segni dell'avvicinarsi della lunga stagione, gli alberi sempreverdi cominciavano a coprirsi di nevischio, così come il terreno che alternava il verde dell'erba con la brina del ghiaccio ed il bianco delle prime nevicate, mentre i cespugli più bassi erano già diventati ammassi di erba secca senza più le foglie ed in alcuni casi i frutti che ci avevano sostentato durante l'estate.
Mi strinsi il mantello addosso, socchiudendo gli occhi a causa del vento freddo che tirava e che me li faceva lacrimare, poi mi chinai sulle impronte lasciate dal cervo e le sfiorai con le dita.
-Sei mio...- sussurrai, poi mi alzai in piedi e cominciai a camminare a passo svelto, quasi una corsa, potremmo dire, che tuttavia non diventava tale per paura di spaventare l'animale che sicuramente si trovava nelle vicinanze.
Avevo sedici anni ed andavo a caccia già da otto. Per i primi due o tre anni mi limitavo ad osservare ed ascoltare mio padre, poi iniziai anch'io a costruire le prime trappole, uccidere le prime prede, finché la caccia non divenne la mia attività preferita nella monotonia della nostra vita isolata.
Arrivata nei pressi di una radura rallentai il passo e, quando udii qualcosa muoversi mi fermai del tutto e tesi l'orecchio per ascoltare. Gli zoccoli della bestia battevano sul terreno roccioso, lievi e rilassati, segno che non aveva idea di essere osservata o seguita, meglio così, alché mi chinai ed avanzai ulteriormente finché non vidi la mia preda senza che questa mi vedesse a sua volta.
Un cervo maschio bellissimo, dal pelo lucido di un bel marrone dorato e dalle corna grandi che oltre che la carne ci avrebbe fruttato anche la pelle. Senza contare che avremmo potuto ricavare qualcosa anche dalle corna, erano davvero belle.
Lentamente, cercando di non farmi prendere dalla fretta e dalla voglia di portare a casa il trofeo, presi il mio arco che tenevo sulla schiena ed estrassi una freccia dalla faretra, poi la incoccai, un movimento che accompagnai con un profondo respiro, e presi la mira.
Chiusi un occhio per aiutarmi.
-Fermo...- sussurrai -Fermo...- mi spostai appena per poter avere una visuale migliore, ma nel farlo urtai un sasso, molto piccolo, ma lo urtai.
Normalmente una pietra di quelle dimensioni sarebbe passata inosservata alle orecchie dell'uomo, ma non fu così per quelle del cervo, che si rizzarono svelte proprio come la sua testa chinata a mangiare un po' della poca era rimasta. Un attimo di pausa che ci gelò entrambi sul posto, poi l'animale iniziò a correre via, veloce come il vento.
-Oh no, non vai da nessuna parte!- con l'arco in mano e la faretra sulla schiena iniziai il mio inseguimento.
Il cervo era veloce, ma io ero tenace, e corsi, corsi anche col fiatone che si faceva sempre più frequente ed il petto che iniziava a dolere. Non mi sarei fermata, non avrei detto basta finché avessi avuto fiato in corpo, strinsi forte l'arco nella mano quasi temessi di vederlo scappare via, e quando la fatica iniziò a farsi sempre più prepotente, vincitrice su di me, tentai il tutto per tutto, incoccando la freccia.
Prendere la mira da fermi è difficile, ma farlo in corsa è quasi impossibile. Mi ci sarebbero voluti ancora altri anni di caccia e pratica, ma in quel momento provai e lasciai la freccia: la corda dell'arco lanciò l'oggetto in avanti, ed esso fischiò fendendo l'aria veloce e spietato puntando verso il cervo che ancora correva, ma la freccia era lì vicina, sempre più vicina...
Spalancai gli occhi, quasi incredula, ed un sorriso iniziò a farsi largo in me, mancavano pochi centimetri e l'animale sarebbe stato mio, era un lancio perfetto.
Ma la freccia non raggiunse mai la preda.
Un enorme botta fece tremare la zona circostante tanto da farmi cadere a terra e lasciare l'arco che si perse tra l'erba circondato da tutte le frecce sparse che sfuggirono dalla faretra, un gran polverone si sollevò.
Tossii, cercando di respirare in quella polvere che si era alzata all'improvviso. Misi una mano davanti agli occhi per coprirli, e quando la nube polverosa si dilatò, permettendomi di vedere, poco mancò che urlai di sorpresa.
Il cervo non c'era più: o meglio, c'era, ma era schiacciato sotto una...cosa, artigliata e squamosa che ne copriva quasi tutto il corpo ad eccezione delle zampe posteriori e delle...sostanze che non potei e non volli identificare.
Quella cosa era una zampa. E su di essa c'era la mia freccia conficcata, talmente sottile e piccola da sembrare un ago di pino a confronto.
Incredula boccheggiai.
-Oh Azura...che...c-cos'è?- sussurrai e uno squittio di terrore mi uscì dalla bocca quando anche il muso della grande creatura entrò nella mia visuale.
Una testa enorme e squamosa come la zampa si chinò sui resti del cervo, liberando la carcassa per poterla afferrare tra i denti ed iniziare a masticare l'animale: una fila di denti bianchi ed affilatissimi strappò via la carne, spaccò le ossa, sporcando la bocca grande e parte del muso dalle piccole narici del colore del sangue il cui odore, misto a quella visione e alla paura che essa scaturì in me, mi fece venir voglia di vomitare.
Mi trattenni deglutendo a vuoto.
Dovevo andarmene e lo sapevo, ma non riuscivo a muovere un muscolo, schifata ed al tempo stesso incantata da quella visione di potenza incarnata nella creatura che, ignara della mia presenza e con gli occhi color ghiaccio puntati sul pasto, banchettava soddisfatta.
Non credevo ai miei occhi terrorizzati, eppure il drago era lì, davanti a me, dopo un'Era passata a crederli estinti. Ma se non fossi andata via l'unica ad estinguersi sarei stata io, così mi mossi strisciando all'indietro, le mani tremavano troppo per permettermi di alzami, ma non appena mi mossi, la grande bestia alzò lo sguardo e mi fissò.
Non credo di aver mai conosciuto la paura come in quel momento in cui i miei occhi di un verde scuro vennero incatenati a quelli della leggendaria e feroce bestia. Il mondo si fermò in quegli occhi che, dopo aver abbandonato i resti del cervo, si fecero sempre più vicini insieme al suo proprietario, troppo grande e troppo bello per trovarsi in una foresta così anonima e piccola.
Un altro squittio di terrore mi raggiunse le orecchie, e capii che ero stata io ad emetterlo mentre indietreggiavo in maniera scoordinata ed affannata, sporcandomi di fango, di polvere e altre cose che non vidi, incapace di abbassare lo sguardo dal predatore che si faceva, lentamente ma inevitabilmente, più vicino, sempre più vicino.
Il fiatone che prima era dovuto alla fatica persisteva, ma adesso era il terrore a farmi ansimare, iniziai a piangere per la paura, lo capii perché gli occhi bruciavano ed iniziai anche a vedere sfocato.
E quando la mia schiena toccò un albero alle lacrime si aggiunsero i singhiozzi di terrore, se non me la feci nelle braghe era solo perché non avevo niente da espellere in me se non la paura che continuava a girare nel mio corpo come il veleno mortale di una serpe.
-T-ti p-prego.- mormorai alla testa del drago, tremavo a tal punto da sentire i miei stessi denti urtare tra loro -Ti prego. N-no...- il muso del drago, di un grigio spento, mi arrivò così vicino da poter sentire il suo fiato caldo contro di me, e chiusi gli occhi.
Respirai a fondo, pensando che stavo per morire, che la mia vita era giunta al termine stroncata da una creatura di cui nessuno avrebbe creduto. Sarei stata una delle tante vittime della foresta, mi preparai all'impatto con i denti della bestia...
Impatto che non arrivò.
Attesi tremante e piangente, ma non arrivò nulla. Niente dolore, niente sonno, nulla.
Così aprii lentamente gli occhi. Il muso della creatura era davanti a me, vicino tanto da specchiarmi in quel ghiaccio che erano i suoi occhi piccoli ma attenti e saggi, così forti tanto da potermici perdere dentro.
E come era venuta, la paura passò.
Sentii che avrei potuto passare la vita in quegli occhi, a bere da loro la conoscenza antica e perduta che li aveva resi splendidi a tal punto. Sì perché lo sguardo ghiacciato del drago era la cosa più bella che avessi mai visto e pensai che, in fondo, potevo anche non avere paura.

Dovah Sil, Mun Kopraan

Una voce cavernosa e solenne mi scosse il corpo. La sentivo ovunque, nella terra, tra gli alberi, nel cielo, mi parve l'essenza stessa del mondo e ci misi un po' per capire che era proprio dal drago che proveniva, che egli mi stava parlando.

Drem Yol Lok, Dovahkiin

Non capii cosa mi disse, ma il modo in cui pronunciò quelle parole a me sconosciute, i suoi occhi puntati nei miei ebbero un impatto tale da farmi rabbrividire.
Mi alzai in piedi, scombussolata e con le gambe che ancora tremavano, e la bestia enorme mosse appena la testa sormontata da due enormi corna, senza mai staccare gli occhi da me, sbuffando appena dalle piccole narici.
Improvvisamente paura e curiosità di alternavano in me prepotentemente. Da una parte sarei dovuta scappare via, lontana da quel gigante leggendario, ma volevo sapere cosa mi avesse detto e soprattutto volevo sentirlo di nuovo parlare, volevo immergermi nella solennità, nel tono grave della sua voce in grado di far tremare perfino le montagne di Skyrim antiche quanto il mondo stesso.
Deglutii e feci per parlare. Mi mancò la voce e deglutii di nuovo, e quando riuscii finalmente ad aprir bocca il drago mi precedette spalancando la sua.
Un getto d'aria calda mi investì, mi parve che il mondo stesse rallentando e mi persi in quella sensazione di calore mista al vuoto, ma in realtà fu tutto così rapido che non provai nemmeno paura, ebbi appena il tempo di realizzare che il drago mi aveva attaccata che caddi a terra, priva di ogni forza.
E chiusi gli occhi.

-Iris...Iris, svegliati, ti prego!- la voce mi arrivava ovattata, lontana da me, da un altro mondo -Iris, svegliati!- insisté, allora mi sforzai di aprire gli occhi.
Lentamente, i contorni che delineavano il viso di mio padre divennero nitidi in maniera tale da permettermi di riconoscerlo.
-Papà...- sussurrai, la testa pesante ed ancora l'aria intontita -Che ci fai qui?
-Come che ci faccio qui?- mi chiese, poi scosse la testa -Non ti muovere, ci penso io.- mi sollevò tra le braccia, il mio papà era molto forte e non ebbe problemi -E' buio da un pezzo. Temevo ti fosse successo qualcosa.
-Sto...bene?- quasi lo chiesi, perché non avevo ferite o altro, ma mi sentivo ancora scombussolata e stanca, terribilmente stanca come se avessi corso per ore.
-Bene? Non lo so. Ti ho trovato svenuta con una pozza di sangue a qualche metro da te. Credevo fosse tuo, eri così pallida. Ma non sei ferita e....non lo so.- concluse con un sospiro ed i suoi occhi verdi, identici ai miei, mi guardarono preoccupati -Cosa è successo in quella radura?- aprii bocca e feci per raccontare ma, con mia profonda sorpresa, non avevo niente da dire.
-Io...non lo so.- ammisi, e questa consapevolezza mi fece stringere al petto di mio padre ed affondare il viso tra i suoi capelli biondi -Io non mi ricordo nulla, papà.- nella mia mente infatti, dal momento in cui avevo scoccato la freccia, c'era il vuoto.


Note dell'autrice
Alla fine non ce l'ho fatta xD non accontentandomi di postare sta storia anche su EFP la metto anche qui, siete contenti vero (coro di grilli)
Bene!
Dico subito che mi sono presa alcune libertà e che gli eventi non saranno uguali al gioco, anche se rispetteranno una certa linea degli eventi e soprattutto non andrò fuori dall'ambito di TESV.
Le frasi le ho prese ovviamente dal gioco,o meglio la seconda è "salute a te, Sangue di Drago" e la dice Paarthurnax, mentre la prima l'ho creata io usando le parole draconiche di skyrim trovate su internet, e in teoria vuol dire "Anima di drago, corpo da umano"
Sì, la protagonista è sempre Iris, la stessa Iris che è il mio personaggio, non ho saputo resistere a scrivere su di lei xD voglio bene alla mia cucciola, il mio primo personaggio nel mondo di Skyrim e TES in generale^^
Insomma godetevi la lettura, ci leggiamo la settimana prossima^^



Link diretto ai capitoli:
Capitolo I-X: prima pagina, scorrete, pigroni!
Capitolo XI: #entry534198336
Capitolo XII: #entry534775124
Capitolo XIII: #entry535254514
Capitolo XIV: #entry535773946
Capitolo XV: #entry536264128
Capitolo XVI: #entry536739587
Capitolo XVII: #entry537243494
Capitolo XVIII: #entry537746885
Capitolo XIX: #entry538257067
Capitolo XX: #entry538717634
Capitolo XXI: #entry539193369
Capitolo XXII: #entry539637165
Capitolo XXIII: #entry540062624
Capitolo XXIV: #entry540562536
Capitolo XXV: #entry540853754
Capitolo XXVI: #entry541919841
Capitolo XXVII: #entry542638414
Capitolo XXVIII: #entry543954031
Capitolo XXIX: #entry546160134
Capitolo XXX: #entry555721304
Capitolo XXXI: #entry568247037


Edited by Lady Iris - 13/1/2015, 00:55
 
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Lady Iris
view post Posted on 13/3/2013, 22:22




Chapter I
The eternal Novice



L'odore del sangue le fa girare la testa, mentre le lacrime rendono la visuale sfocata.
-No!- urla, divincolandosi ripetutamente -No! No! Perché? Bastardi! Bastardi maledetti!- la presa intorno al polso si stringe tanto da farla gemere di dolore.
-Stai calma. Abbiamo solo eseguito gli ordini.
-Che l'Oblivion si porti voi ed i vostri ordini! Assassini, siete tutti assassini!
-Andiamo, è inutile discutere con lei. Portiamola a Witherun, ci penserà il comandante a decidere la sua pena.- le legano le mani e la buttano sul carretto senza troppi complimenti, accanto a sua madre.
-Basta lottare, Iris...basta.- sussurra la donna già seduta sul carro, ma lei si sporge, cercando di scavalcare il carretto in una maniera goffa quando inutile.
-Cosa credi di fare?
-Non potete lasciarlo lì...- replica al soldato che la trattiene -Non l'avete nemmeno seppellito.
-Ci penseranno i corvi a lui.- il tono privo di pietà con cui dice questa frase le fa venire da vomitare.
-No...no vi prego.
-Iris vieni qui.- la voce della madre precede un abbraccio forzato e tremante in cui la giovane si ritrova con il viso affondato nel petto materno, all'interno del quale il cuore della donna non sembra nemmeno battere.
Probabilmente è morto lì, insieme a lui.
Il carretto si muove.
Le lacrime ed i singhiozzi rompono il silenzio lugubre di quella che per anni è stata la loro casa, che ora brucia in preda alle fiamme.
Gli getta un ultimo sguardo.
I suoi occhi, occhi morti e vuoti, sono ancora aperti.


-Svegliati Iris.
-Mmmmmh...
-Avanti, non c'è tempo per essere pigri, c'è molto da fare.
-Cinque minuti, Aela, ti prego.- mormorai coprendomi la testa con le coperte, e sentii la Nord sospirare.
-Come vuoi.- avevo appena iniziato a godermi la mia piccola vittoria che all'improvviso il mondo ancora buio iniziò a girare ed un tonfo doloroso segnò la mia caduta dal letto a causa della donna.
-Ma che ca...?
-In sala tra dieci minuti.- con queste parole Aela se ne andò lasciandomi ancora seduta sul pavimento a massaggiarmi la testa.
-Per la coda a batuffolo di Hircine, come fa ad avere tanta energia già di prima mattina?- mi alzai di malavoglia poi dopo aver versato un po' d'acqua in una bacinella mi lavai il viso e lo asciugai con un panno ruvido.
L'acqua gelida sul viso di prima mattina non è quello che si dice piacevole, ma è un toccasana per svegliarsi, e con tutto quello che avevo da fare quel giorno non potevo proprio permettermi di essere mezza addormentata.
Senza troppi complimenti afferrai la camicia da notte che indossavo, la feci passare sopra la testa e la gettai sopra il letto, attraversai la stanza verso il baule dove tenevo le mie cose e mi vestii in fretta e furia per poi abbandonare gli alloggi di Jorrvaskr.
Avevo oramai compiuto ventidue anni e vivevo con i Compagni da oramai due.
Mia madre ed io ci stabilimmo lì dopo la morte di mio padre, ma dopo pochi giorni lei decise di trasferirsi a Riverwood, ha sempre preferito di gran lunga quel piccolo paesino alla capitale del feudo, mentre io rimasi ad allenarmi per entrare a far parte della gilda.
Quando arrivai alla sala grande mi accorsi che erano già tutti a tavola a fare colazione. Inutile dire che c'era una gran confusione a cui oramai ero abituata: Aela sorseggiava la sua bevanda in silenzio, Farkas e Athis parlavano di armi (o meglio, Athis cercava di spiegare a Farkas che una spada più corta non è meno efficace del suo spadone, ma il caro Compagno ha sempre avuto la testa dura, non avrei voluto proprio trovarmi nei panni dell'elfo scuro) e Vilkas stava seduto in disparte rispetto a tutti, a braccia incrociate ed il suo cipiglio costantemente incazzato.
Non mi capacito di come lui e Farkas possano essere gemelli: oh cielo, fisicamente sono uguali, stessi capelli scuri differenti solo nel taglio, stessi occhi di un azzurro così chiaro da sembrare quasi bianco, stessa corporatura alta e forte, ma caratterialmente non potrebbero essere più diversi.
Se Farkas è un tipo docile, compagnone e simpatico, Vilkas è chiuso, cinico e pungente come uno scorpione. Se Farkas è il primo a spalleggiarti per una proposta, Vilkas è pronto a distruggerti psico fisicamente per averla solo pensata. Se...
Oh, si è capito, insomma. Come si è capito anche a chi potesse andare la mia preferenza tra i due.
-Buongiorno, Farkas.- dissi sedendomi alla sua destra, dall'altro lato c'era Athis, appunto, ed il Nord mi rivolse un sorriso.
-Ciao Iris.- mi diede una pacca sulla spalla, così forte che quasi caddi con la faccia in avanti, fu solo mettendo le mani avanti al tavolo che non sbattei la fronte, probabilmente.
-Vacci piano, gigantone.- lo apostrofai ed il guerriero mise su un'espressione di offesa così infantile da stonare davvero tanto sul suo volto che a prima impressione risultava feroce, quasi.
-Non sono io che sono grosso. Sei te che sei troppo smilza.- beh, che non sono mai stata tutta questa robustezza è vero, ma sono pur sempre una Nord, e questo non fa di me una ragazza tanto smilza, per citare il mio Compagno.
In realtà Farkas non era un mio Compagno. Questo perché io non lo ero ancora diventata, non ufficialmente, almeno. Mi trovavo a Jorrvaskr da due anni ed avevo svolto alcune missioni quasi di infima facilità per i miei standard con successo, eppure Kodlak non si era ancora deciso a farmi entrare davvero nei Compagni come tutti gli altri, e questo mi dava fastidio.
Oh, non pretendevo di certo di essere la migliore guerriera di Skyrim, ma accidenti, non riuscivo a non pensare al fatto che se ce l'aveva fatta Torvar ad entrare ce la potevo fare anche io.
-E lui è ubriaco otto giorni alla settimana!- pensai stringendo appena la presa sul boccale che tenevo in mano.
-Cosa ti prende?- mi chiese ancora Farkas, ma io scossi la testa.
-Luna storta, non ti preoccupare.
-Luna storta?- dovetti sforzarmi molto per non scoppiare a ridergli in faccia davanti alla sua espressione di genuina perplessità -Eppure stanotte mi sembrava normale.
-Farkas per favore, sta zitto.- mormorò Athis con tono esasperato coprendosi il viso con una mano.
-Perché? È la verità.- sorrisi, anche se di malavoglia, ma d'altronde avrei dovuto dare il meglio di me negli allenamenti, se avessi voluto affrontare Kodlak.
Quel giorno ricorrevano due anni precisi del mio ingresso a Jorrvaskr come aspirante Compagno, credevo di essere davvero pronta per sostenere la mia Prova d'Onore. Ogni Compagno, superato un periodo di prova, sostiene la prova finale che determina la sua entrata ufficiale nella Gilda, ma il mio turno tardava ad arrivare.
Bisognava pazientare, ma io non sono mai stata un tipo paziente e Kodlak Biancomanto ci stava mettendo un po' troppo tempo per decidere secondo i miei gusti.
Kodlak era il precursore dei Compagni, e questo lo rendeva una specie di capo, anche se ufficialmente questa carica non esiste nessuno prende una decisione senza la supervisione del Precursore, e questo riguardava anche la mia entrata nella gilda.
Per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a capire le intenzioni dell'uomo. Dopo la punizione che mi era stata inflitta, era stato l'unico ad essersi occupato di aiutare me e mia madre e quando gli dissi di voler restare tra i Compagni non aveva detto una sola parola di disapprovazione, eppure ogni scusa sembrava buona per rimandare.
Non potevo fare a meno di chiedermi cos'altro dovessi dimostrare: in quei due anni avevo imparato a combattere con ogni genere di arma leggera, avevo migliorato il mio modo di cacciare, svolto missioni e commissioni per altri membri. Cos'altro avrei dovuto fare, lucidare le calzature all'intero Circolo?
Avevo già provato a parlargli un paio di volte di questa mia eterna attesa, ma a dispetto dell'aria da capo saggio il vecchio Biancomanto era bravo a fare orecchie da mercante, quando voleva.
Ma non quel giorno.
-Hai finito?- alzai lo sguardo per incontrare gli occhi seri di Vilkas.
-Buongiorno anche a te.- replicai con tono ironico addentando un pezzo di pane -E' sempre bello trovare il tuo sorriso smagliante di prima mattina.- il Nord sbuffò seccato e senza aggiungere una parola uscì dalla sala per dirigersi verso il campo di addestramento -A tra poco.- lo salutai con un cenno della mano tornando al mio pasto.
Vilkas allora era il Compagno addetto alla mia giornaliera umiliazione, ovvero colui che la mattina si occupava di allenarmi per due o tre orette, quello che bastava per farmi rimpiangere ogni giorno la scelta di restare lì per poi farmi vergognare subito dopo. Era la persona con cui avevo legato meno a Jorrvaskr, nonostante passassimo insieme tutte le mattine. Forse era il suo carattere chiuso, forse il fatto che mi distruggesse psico fisicamente tutti giorni, non lo so, ma mi metteva molta soggezione, anche più di quell'armadio di Skjor. In sua presenza riuscivo ad essere simpatica come uno skeever appestato, e lui non mi era di certo di aiuto con quel cavolo di cinismo che si trovava sempre a sfoderare, ma se Kodlak mi aveva affidato ai suoi insegnamenti non sarei stata di certo io a tirarmi indietro.
E purtroppo nemmeno lui.
Così dopo aver mandato giù qualcosa mi affrettai ad uscire a mia volta nel campo di allenamento, dove il Nord stava già menando qualche fendente con il suo spadone a due mani.
-Ce ne hai messo di tempo.- mi accolse vedendomi arrivare.
-Non è vero, sono stata velocissima.- replicai legandomi i capelli neri in una coda decisamente disordinata ma che almeno avrebbe fatto in modo che non mi fossero stati di impiccio.
-Certo, certo, come dici tu.- lo spaccone ebbe anche la faccia di alzare gli occhi al cielo -Al centro, avanti.- credo che Vilkas mi odiasse per questa storia di occupargli tutte le mattine, ma non avevo scelto io di imporgli questo sacrificio. Fosse stato per me avrei già sostenuto la prova, ma ripeterlo in continuazione non mi avrebbe aiutata, così feci del mio meglio per concentrarmi sullo scontro che mi aspettava.
-Sei pronta?
-Ovviamente.- replicai estraendo subito la spada dal fodero.
Sarà un classico, ma la spada è sempre stata la mia arma preferita. Anche se con l'arco sono decisamente più brava, la spada per me ha un fascino che ho scoperto solo una volta arrivata a Witherun. Essa è il simbolo del guerriero per eccellenza, per alcuni non è altro che l'estensione del proprio braccio, e l'adrenalina che ti dà un combattimento tra spade non è la stessa che puoi provare colpendo da lontano con l'arco.
Il Compagno attaccò per primo per destabilizzarmi fin da subito e mettermi agitazione. Vilkas, a differenza del fratello, è molto intelligente, e sapeva benissimo che se mi fossi agitata avrei mandato tutto lo scontro all'aria come era già successo diverse volte.
Parai il suo fendente per poi scansarmi subito dopo e riguadagnare spazio, non avevo la minima intenzione di iniziare una gara di forza per mantenere la parata, non mi sarebbe convenuto: l'arma di Vilkas era lo spadone a due mani e la forza con cui lo brandiva avrebbe reso vano ogni tentativo di sfondare la sua difesa, avrei dovuto stancarlo o confonderlo un po' prima di passare all'attacco.
-Non ti dispiace se ho fatto la prima mossa, vero?
-Assolutamente Vilkas: prima le signore, dopotutto.- alla risatina di Aela, che stava assistendo allo scontro, gli occhi chiarissimi del Nord si assottigliarono, facendomi capire che l'avevo irritato.
Beh, non che ci volesse molto per irritare Vilkas. La sua irascibilità è sempre la sua debolezza, penso che sarebbe capace di arrabbiarsi anche con uno dei polli che vagano liberamente per Witherun se solo gli camminasse troppo vicino.
Scattammo quasi contemporaneamente. Cercai di portare un fendente dritto al fianco, ma la lama di Vilkas intercettò la mia ed applicando pressione su di essa mi spinse ad indietreggiare tenendo la lama con entrambe le mani per evitare di perdere la presa, poi fui costretta a chinarmi per evitare il fendente che se fosse andato a buon fine mi avrebbe staccato la testa di netto.
-Bastardo...- sussurrai a denti stretti mentre cercavo di tornare in piedi, ma non feci in tempo nemmeno ad alzare lo sguardo che un dolore alla guancia mi fece vedere le stelle e cadere a terra.
-Sei lenta!- esclamò Vilkas, chinandosi su di me per puntarmi la spada alla gola, spada che intercettai con la mia, salvando momentaneamente la gola ma rimanendo intrappolata tra il suo peso ed il pavimento non proprio comodo di Jorrvaskr.
-M-maledetto.- sibilai con voce strozzata, cercando di imprimere più forza possibile e liberarmi.
Potete immaginare il risultato, Vilkas stava giocando come il gatto fa con un piccolo topo.
-Cosa? Non ti sento, novellina.- non so cosa mi diede più fastidio se la sua espressione soddisfatta o il tono con cui pronunciò quella frase.
-F-fott-iti.
-Come? Forse dovresti parlare più...- approfittando del fatto che i nostri volti fossero vicini gli mollai una testata che ebbe il potere di farlo indietreggiare, così potei liberarmi dalla presa e recuperare una posizione di vantaggio, anche se rimediai un terribile mal di capo dovuto all'urto con la sua testa dura.
-Brutta...- Vilkas nel frattempo si coprì il naso con le mani e la sua miriade di insulti si perse in un indistinto borbottio incazzato, facendomi sorridere vittoriosa dato che era la prima volta che riuscivo a mettere a segno un colpo come questo.
Certo, la guardia del Nord era abbassata, probabilmente nemmeno io mi aspettavo una reazione del genere, ma in fondo combattere è anche questo: saper sfruttare ogni singolo momento a proprio vantaggio.
Afferrai di nuovo la spada ed approfittando del fatto che fosse disarmato cercai di puntare la lama alla gola del mio avversario, che dal canto suo non aveva intenzione di arrendersi e schivò il colpo scartando di lato e con le mani chiuse a pugno avanti a sé a mo' di guardia, mentre i suoi occhi vagarono alla ricerca della spada. Seguii il suo sguardo e la trovai anche io ad un paio di metri da noi.
Non gli diedi il tempo di provare a recuperarla, come ho già detto era la prima volta che riuscivo disarmarlo e non avevo intenzione di sprecare quest'occasione. Gli tagliai la strada e cercai ancora di colpirlo, non potendo parare Vilkas si limitò a schivare e soprattutto indietreggiare, esattamente come volevo che facesse: se fossi riuscita a metterlo con le spalle al muro avrei sicuramente ottenuto un grosso vantaggio, avrei potuto anche atterrarlo se avessi giocato bene le mie carte.
Continuai ad incalzare. Il Compagno si limitava alla fuga continua dai miei colpi, sembrava che non riuscisse nemmeno a reagire, e questo mi riempì di orgoglio e soprattutto di adrenalina, volevo finire quello scontro il prima possibile, se fossi riuscita a sconfiggere Vilkas, Kodlak avrebbe dovuto ammettere che ero oramai pronta per la mia Prova d'Onore!
Il Compagno era quasi con le spalle al muro, ormai, mancava così poco, abbandonai ogni forma di cautela pur di riuscire ad atterrarlo.
Quando il Compagno toccò il muro con le spalle gli occhi per un attimo si spalancarono, ma io non gli diedi il tempo di reagire, avvicinai la lama alla sua gola e gli sorrisi, consapevole di averlo in pugno.
-Avanti, dillo.
-Dire cosa, novellina?- non riuscii a trattenere una smorfia infastidita, quando avrebbe smesso con questa storia della novellina?
-Che ho vinto.
-Vinto?- non potei fare a meno di infastidirmi ulteriormente notando la sua aria altezzosa -Non mi pare che tu abbia vinto.- assottigliai gli occhi.
-Per l'Oblivion, Vilkas, sei con le spalle al muro! Tu...- Vilkas scattò di nuovo.
Con la mano mi afferrò saldamente il polso, quello che reggeva la spada, e con l'altra mi colpì la giuntura tra spalla e braccio in maniera forte quanto bastava a farmi provare un dolore tale da farmi perdere la presa sulla spada e gridare di dolore.
-Figlio di...- il mio insulto si perse nella caduta in cui Vilkas mi trascinò, facendomi un poco cavalleresco sgambetto.
Tentai di rotolare via, ma quando cercai di alzarmi facendo leva sulle braccia il ginocchio di Vilkas sulla spina dorsale mi inchiodò a terra ed il freddo della mia stessa spada recuperata dal compagno contro la pelle del mio collo decretò la mia sconfitta. Lo sentii ridacchiare, ma la sua mano, quella che non reggeva l'arma, sulla faccia almeno mi consentì di non vedere il suo brutto muso trionfante.
Tentai di agitarmi, ma dovetti sembrare davvero ridicola con la faccia spiaccicata a terra dalla sua mano e le braccia che si muovevano come fossi un pesce fuor d'acqua.
Maledizione.
-Dicevi, Novellina?
-Fafancuolo.- borbottai con la voce distorta a causa della mano del su detto bastardo.
Avevo perso di nuovo, accidenti.
E dalla facilità con cui Vilkas aveva studiato una contromossa mi fece pensare che lui non era mai stato in difficoltà: in poche parole mi aveva fregata ed io ci ero caduta con tutti gli stivali.
La rabbia che provai fu tale che sentii le guance andare a fuoco.
-Lasciuamui, asciudenti!- sbottai poi cercando di cacciargli via la mano con qualche colpetto infastidito, e dopo pochi attimi fui di nuovo in grado di parlare come si deve ma soprattutto potei alzarmi dato che il signor “Sei una novellina e io no” si era alzato a sua volta per riprendere la propria arma.
-Beh, almeno l'ho disarmato.- pensai massaggiandomi la spalla e gettando occhiatacce alla schiena del Nord -E' già un passo avanti.- eppure cos'era questa sensazione di fuoco allo stomaco che non voleva andarsene? Vergogna, frustrazione o forse entrambe?
Sospirai, e la risatina di Aela mi fece girare nella sua direzione.
-Avanti, non fare quella faccia.- mi disse dandomi una pacca sulla spalla non dolorante -Sei comunque andata meglio del solito.
Aela era la persona a cui tenevo di più dopo Kodlak. Era stata la prima con cui avevo instaurato un rapporto buono dopo aver deciso di rimanere a Jorrvaskr, forse è stato il nostro amore comune per la caccia a farci avvicinare, o forse il fatto che era l'unica a non spaventarmi in questo gruppo i primi giorni.
Insomma, Torvar era sempre ubriaco, come ho già detto, e la massima conversazione che potevo sperare di avere con lui è sulla qualità dell'idromele, Farkas in sé per sé non aveva fatto niente, ma durante un incontro era stato capace di lussarmi una spalla con una “pacca amichevole” e Vilkas...
Gli gettai un' altra occhiata, stavolta sconsolata.
-Ma ho perso. E questo non mi aiuterà con Kodlak.- risposi poi ad Aela, slacciando il nastro di stoffa e sfasciando la coda con gli occhi ancora puntati sulla schiena di Vilkas -Finché non lo batto non mi permetterà mai di sostenere la Prova d'Onore. E non sarò una di voi.
-Sei già una di noi, Iris. La Prova d'Onore non è altro che una formalità.- ribatté la cacciatrice, ma io le gettai un'occhiataccia, sapendo che non era affatto vero.
-Non cercare di addolcire la cosa. Conosco benissimo Jorrvaskr e le sue tradizioni. In questi due anni non ho fatto altro che prepararmi ad una prova che di questo passo non arriverà mai. Voglio essere una di voi, Aela, in tutto e per tutto. Ne sono sicura.
-No, Novellina.- ad interrompere sul nascere la risposta di Aela fu Vilkas, che venne verso di noi sistemandosi lo spadone sulla schiena -Tu non sei sicura.
Mi morsi il labbro inferiore per non scaraventargli contro la risposta non proprio educata che mi passò per la testa, e alla fine riuscii a mantenere un tono abbastanza calmo per quanto dotato di un'ostilità non proprio velata.
-Credo di sapere benissimo cosa voglio. E sono sicura- ripetei con molta enfasi a sottolineare il concetto -Di voler entrare tra i Compagni.
-E sei pronta ad affrontare tutto ciò che questa vita ti offre?
-Ogni singola cosa.- fu a denti stretti e scandendo le parole una per una che risposi a Vilkas cercando di ottenere l'ultima parola, e dal canto suo il Nord storse la bocca in un sorrisaccio quasi animalesco.
-Oh, certo. Magari...
-Vilkas.- ad Aela bastò pronunciare il nome del Compagno perché questo tacesse, spostando la sua attenzione da me agli occhi chiari della cacciatrice che lo fulminavano -Basta così. Se davvero è sicura allora lasciala stare. Se vuoi la mia opinione è più che pronta.- spalancai gli occhi, sorpresa e compiaciuta dall'appoggio della donna.
-Non spetta a te decidere se è pronta o meno, ma a Kodlak.
-Kodlak non potrà ignorare il Circolo se quest'ultimo dichiara di ritenerla all'altezza.- il mio sguardo saettò da una parte all'altra, da Vilkas con il cipiglio grifagno degno di una bestia alla calma quasi inquietante di Aela.
-Ehi, io sono qui!- esclamai irritata dal fatto che stessero parlando di me come se non ci fossi.
-Se il Circolo non si è ancora pronunciato c'è un motivo e tu lo sai.- non ci capivo nulla, ma essere ignorata non mi piacque per niente, e Vilkas non solo non aveva risposto, ma non mi aveva nemmeno degnata di uno sguardo, per lui non ero nemmeno presente.
Seguì una lotta di sguardi tra i due, ma non durò a lungo prima che Aela si rivolgesse a me, pur continuando a guardare l'uomo.
-Iris va' a cercare Skjor, se non sbaglio ti aveva chiesto di andare da lui dopo gli allenamenti oggi.- annuii, ricordandomi solo adesso di Skjor e dell'incarico che sicuramente mi avrebbe assegnato, poi mi allontanai senza fare storie, anche se la curiosità di sapere a cosa si riferivano era grande, ero abbastanza intelligente da capire quando fosse il caso di insistere o meno, e questo non rientrava nella prima categoria.
Così andai a cercare Skjor, sperando che almeno mi desse un incarico decente.


Note dell'Autrice
Eccomi qui con questo secondo capitolo. Dovevo aggiornare domani, ma dato che parto ho deciso di farlo prima xD Ma veniamo a noi...
Il primo è un flashback, cosa che nei miei capitoli non manca mai. Quindi non stupitevi se ogni volta troverete un flashback, appunto, o un sogno che ci svelerà qualcosa o metterà più dubbi, chi può dirlo?
Come avete letto c'è stato un grande salto temporale, ben sei anni di distanza. Andando avanti con la storia riempirò tutti i vuoti per far capire tutto, ma a tempo debito^^ Per ora godiamoci Iris alle prese con la sua vita a Jorrvaskr, gli allenamenti e...un odiato Vilkas xD
Spero che questo capitolo vi piaccia, un bacio a tutti.
 
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Lady Iris
view post Posted on 21/3/2013, 19:17




Chapter II
Into the darkness



Il mare di ghiaccio la avvolge fin dentro le ossa, ma non sembra provare freddo. Dopotutto lei è una Nord. Ed i Nord vivono nel gelo, ne fanno il loro punto di forza, si può dire.
Eppure questo è un gelo diverso, innaturale. Non è dato dalla neve, non è dato dal vento totalmente assente, non è dato da nulla. Sta camminando nel vuoto, un vuoto che tuttavia non è oscuro, ma azzurro e penetrante.
Ma soprattutto è vivo.
Voci misteriose e prive di volto le parlano: alcune sussurrano, alcune gridano, ridono, gemono, piangono, non la lasciano un attimo sola in questa sua camminata, anzi sembrano spronarla ad accelerare il suo passo.
E lei ubbidisce come se qualcuno la stesse trascinando, presto si ritrova con il fiatone e con le gambe a pezzi, eppure non accenna a fermarsi.


Fin Norok Paal Graan

Le voci si fanno sempre più distinte, si stanno unendo in un unico coro abbandonando la cacofonia di suoni seguita fino ad un momento prima.

Naal Ok Zin Los VahRiin
Wah DeiN Vokul MahFaeraaK ahst Vaal

Non si ferma ad ascoltare ciò che dicono, e anche se lo facesse probabilmente non capirebbe una parola, continua a correre finché questo mare di azzurro non si scurisce all'improvviso. Le voci smettono di cantare e rimane sola nel buio.
Ma la sua solitudine non dura a lungo: un ruggito scuote l'aria e lei cade a terra con le mani a coprire le orecchie.
E chiude gli occhi.


Mi svegliai di soprassalto.
Mi stupii a ritrovarmi con il fiatone e con il corpo del tutto sudato.
Inoltre la mascella mi faceva male, segno che dovevo aver digrignato i denti per gran parte della notte.
Feci profondi respiri per tentare di calmarmi, per tentare di convincermi che quello era solo un sogno, eppure non smettevo di tremare, ogni cosa mi causava disagio, dalla camicia da notte attaccata al corpo al sudore che mi imperlava la fronte, chiusi ed aprii i pugni più volte, il loro tremore mi era diventato insopportabile, poi mi alzai.
Mi tirai indietro i capelli, poi mi diressi verso la bacinella dove mi lavavo il viso e la riempii d'acqua, ma invece che prenderne un po' tra le mani vi immersi direttamente la faccia, godendo dell'inaspettata sensazione di gelo sulla pelle.
Quando recuperai un po' di lucidità feci un altro bel respiro e tornai a letto, ma non mi stesi, preferii sedermi in attesa dell'alba consapevole che non avrei chiuso occhio.
-Quelle voci...cosa dicevano?- quella lingua sconosciuta mi aveva toccata nel profondo ed ero sicura di averla già udita, eppure non riuscivo a ricordare dove -Magari qualche canto di taverna.- no, era fuori discussione, era troppo solenne per poter essere associato a qualche canzonetta di ubriachi -Qualche tempio?- no, se avessi udito qualche sacerdote pregare così me ne sarei ricordata.
Mi presi il volto tra le mani, inclinando la schiena in avanti fino ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia, chiedendomi come un sogno potesse turbarmi a tal punto: ne avevo già fatti molti e strani in passato, ma quello...
Avete presente la sensazione di sollievo nel svegliarsi da un incubo? Si è turbati, ma anche consapevoli che oramai tutto è finito e che la realtà offrirà rifugio.
Beh, io questa consapevolezza non ce l'avevo.
Mi morsi ferocemente il labbro inferiore, torturandolo lentamente con gli incisivi finché non mi feci un taglietto che tamponai con la lingua, più come gesto istintivo che come necessità vera e propria, poi decisi che non avrei permesso ad un incubo di mandare a monte la giornata: mi dissi che probabilmente era dovuto al fatto che avevo mangiato pesante la sera prima e che avevo anche bevuto un po', che era colpa di Skjor e dei suoi racconti sui daedra e della mia mente malata che aveva deciso di giocarmi un brutto tiro.
-Sì, è sicuramente così.- sussurrai rivolta al pavimento legnoso di Jorrvaskr -Domattina starò meglio.- sì, con il sole sarebbe arrivata anche la serenità.
Mi distesi e cercai di approfittare delle poche ore di sonno che mi rimanevano.

-E tu vorresti farmi credere di aver ucciso un orso con un pugnale e tanta ferocia?- chiesi a Torvar inarcando un sopracciglio e quello annuì convinto, anche se gli occhi già lucidi ed il naso rosso la dicevano lunga su quanto potesse essere cosciente.
-Assolutamente, ragazzina. Non sono finito nei Compagni per niente.
-Sicuramente non per la sobrietà.- ovviamente decisi di tenermi per me questa considerazione, anche perché in due anni la cosa che più avevo capito di Torvar era che quando era ubriaco detestava sentirsi dire di essere ubriaco.
Un controsenso quasi straordinario, oserei dire, ma chi aveva il coraggio di contraddirlo?
-Ah senti, scricciolo- aggiunse poi tirando fuori dalla custodia il suo pugnale -Potresti portare questo a Eorlund Mantogrigio alla Forgia? Ha proprio bisogno di essere affilato, non taglia nemmeno il burro.- alzai gli occhi al cielo, scocciata che ancora mi toccasse fare questi “giretti”, ma se c'era una cosa che potevo riconoscere a Torvar è di non avermi mai chiesto niente del genere, quindi presi l'arma ed annuii -Grazie mille Iris, sei una brava ragazza, davvero.
-Sì, Torvar, ti voglio bene anche io.- risposi frettolosamente, finendo una tazza di latte -Vado subit...- un abbaiare attirò la mia attenzione, e chinando la testa mi ritrovai il muso sorridente di Ysgramor, il cane di Jorrvaskr -Ehilà.- lo salutai grattandogli le orecchie.
Il vecchio cane era di Kodlak, ma oramai tutti lo consideravano l'animale di compagnia dei Compagni e non era raro farlo partecipare a qualche battuta di caccia per “tenerlo in allenamento”. Paradossalmente persino il vecchio Ysgramor aveva affrontato più missioni di me.
-Beato te che non hai questi crucci.- mormorai rivolta al cane, poi mi alzai dalla panca e gli feci un cenno con la testa -Che ne dici di accompagnarmi, vecchio mio?- il cane abbaiò e non appena mossi i primi passi verso la Forgia mi seguì scodinzolando.
Arrivata alla Forgia trovai Eourlund Mantogrigio intento a battere la lama di una spada, almeno così mi parve, ma quando mi avvicinai il fabbro mi dedicò subito attenzione.
Il vecchio Nord non faceva parte della Gilda, non era un Compagno, eppure si occupava della forgiatura ed il riparo delle armature e delle armi di tutti gli abitanti di Jorrvaskr presso la Forgia Celeste. Normalmente non credo che permettere ad un estraneo di toccare la Forgia, fulcro delle origini di Jorrvask, avrebbe entusiasmato gli animi dei Compagni, ma Eorlund sapeva il fatto suo ed era il miglior fabbro di Witherun.
-Buongiorno, Eourlund.- lo salutai, e come risposa mi arrivò un borbottio indistinto -Altro lavoro per te.- aggiunsi mostrandogli il pugnale e solo allora il fabbro dei Compagni mi diede attenzione.
-Vilkas?- chiese solo premendo l'arma per poi iniziare a lavorarci su.
-Dopo quella volta non ci ha più provato a chiedermi questo genere di lavoretti.- replicai con un sorrisetto soddisfatto al ripensare alla faccia del Compagno quando i primi tempi della mia permanenza a Jorrvaskr, dopo avermi usata come cagnolino per un'intera giornata con la scusa del dover ubbidire al Compagni più esperti, si era ritrovato a schivare il suo elmo per un colpo di fortuna -E' per Torvar, mi ha chiesto di portartelo e...
-Buongiorno, Iris.- mi girai al richiamo del nuovo arrivato, verso il quale Ysgramor corse incontro tutto contento, abbaiando e scodinzolando furiosamente.
Il vecchio cane voleva bene a tutti, ma per Kodlak aveva sempre nutrito un affetto particolare.
L'anziano Precursore era la persona che più di tutti aveva il mio affetto e la mia stima. Era per merito suo se avevo trovato la mia strada cercando di entrare nei Compagni, era stato lui ad aiutare me e mia madre quando nessun altro l'aveva fatto, ed era sempre stato lui che mi aveva insegnato le basi del combattimento vero e proprio.
Gli andai incontro.
Nonostante avesse una certa età, Kodlak presentava ancora un fisico allenato ed in forma: alto, forte e robusto, solo il viso e le moltitudine di rughe e cicatrici sembrava tradire la sua vera età contrastando terribilmente con il resto della figura a cui arrivavo a malapena al petto.
-Vieni con me.- mi disse -Dobbiamo parlare.- confusa ma anche speranzosa che la questione potesse riguardare la mia ammissione tra i Compagni ubbidii senza fare storie e lo seguii per una camminata attorno a Jorrvaskr.
-Dovrei avvertire Vilkas che non ci sarò agli allenamenti.- non che gli sarebbe dispiaciuto, ma almeno il Nord non avrebbe avuto niente da ridire riguardo la mancata avvertenza.
Insomma, non volevo dargli ulteriori motivi per criticarmi.
-Lo sa già.
-Oh. Perfetto.- per un po' rimanemmo in silenzio, aspettavo che fosse Kodlak a parlare, ma per quelli che furono lunghi minuti l'unico rumore era il continuo ansimare di Ysgramor che seguiva passo dopo passo l'altrettanto anziano padrone, tanto che alla fine non ce la feci più -Di cosa volevi parlarmi?
-Umh, sei migliorata in quanto a pazienza. Hai resistito ben dieci minuti.- arrossii davanti alla risata divertita del Precursore, che scosse appena la testa mantenendo il sorriso sul volto.
Ma i sorrisi di Kodlak erano particolari, e non proprio in senso positivo. Guardandolo avevo come la sensazione che portare le labbra all'insù gli costasse un'immensa fatica, come se provasse un continuo dolore che gli impedisse di farlo serenamente. Non glielo avevo mai detto, ovviamente, e non lo avrei fatto certo in quel momento, eppure nemmeno quella volta potei fare a meno di pensare questa cosa.
-Credo di aver pazientato anche troppo, Precursore.- replicai in tono tranquillo, ed il doloroso sorriso sul volto segnato di Kodlak scomparve.
-Aela mi è venuta a parlare, ieri.- non dissi niente, anche se il mio cuore perse un battito -Dice che sei migliorata molto, e che Vilkas fa oramai fatica a batterti.
-Peccato che mi batta ancora.- mi morsi l'interno della guancia per impedire a tutto il mio risentimento di uscire, e lo lasciai parlare.
-Secondo lei sei pronta per la tua Prova d'Onore. E anche Skjor si ritiene soddisfatto dei tuoi progressi.- aspettavo con fervore le parole che ancora Kodlak non aveva pronunciato, e che sembravano oramai vicine, tanto vicine da poterle quasi toccare.
-Mi permetterai di sostenere la mia prova, allora?- chiesi.
-Non ancora.- mi fermai sul posto, sul volto un'espressione di palese delusione che non avrei avuto nemmeno se il vecchio Compagno mi avesse schiaffeggiata -Non fare quella faccia. Non voglio mandarti a morire.
-Morire fa parte dei nostri rischi.- replicai -Tutti gli altri li affrontano, perché io no?- cercai di mantenere la calma, ma non ce la facevo proprio più, stavo quasi scoppiando -Mi ritieni davvero così...debole?- gli chiesi ancora, accorata.
-No. Per questo voglio affidarmi una missione più impegnativa delle precedenti.- non capivo -Andrai con Vilkas al Tumulo delle Vecchie Glorie.- le vecchie Glorie era una tomba Nord situata ad un paio di giorni da Whiterun, cosa avrei dovuto trovare lì? -Secondo alcune segnalazioni sta succedendo qualcosa di strano, in mezzo a quelle ossa. Sicuramente sono dei predoni, ma voglio che tu vada lì e sistemi la situazione.
-Mandi Vilkas a controllarmi mentre gioco a nascondino con dei predoni in una vecchia tomba?- gli chiesi con amarezza, ma con mia sorpresa il Nord si esibì in una risata bassa e lieve e mi scompiglio i capelli neri.
-No. Anche se sei solo un Cucciolo sai badare a te stessa.- fece una pausa -Io mando te a controllare lui.- ritirò la mano dalla testa lasciando la mia zazzera scura un disastro e fece un paio di passi indietro per potermi guardare -Vilkas è al corrente di tutto. Vai a prepararti e poi vai da lui. Voglio che partiate subito.- ancora una volta le intenzioni di quell'uomo erano rimaste un mistero, ma avevo una missione di cui preoccuparmi.
Sarei stata costretta a rimandare la mia battaglia per la Prova di ancora qualche giorno.

Seduta a cavallo dietro Vilkas osservavo la prateria passare velocemente sotto i miei occhi come un'unica linea verde alternata al marrone o al grigio della terra e delle rocce.
Whiterun era uno dei pochi feudi di Skyrim dove il clima si mantenesse più mite e vivibile rispetto ad altri come Falkreath, dove pioveva sempre, o Windhelm, la zona più antica ed inospitale della grande regione, soprattutto in giorni di estate come quello le sue praterie verdi e le sue foreste sembravano dei piccoli quadri.
Andare a cavallo non mi dispiaceva, ma scoprii che fare il passeggero non solo era noioso perché non mi permetteva di scorgere nulla del paesaggio, ma non dovendo concentrarmi sulla strada da seguire sentivo pienamente tutto il dolore della lunga cavalcata a cui sia io che il Compagno fummo costretti a sottoporci.
Avevo le gambe a pezzi, ma pur di non ammetterlo davanti a Vilkas sarei rimasta su quel dannato cavallo per un'altra settimana, o almeno così pensavo. Poi che l'avrei fatto o meno ci sarebbe stato da discutere.
Era da più di un anno che Kodlak non mi assegnava missioni con uno del Circolo: l'ultima che avevo svolto era stata con Aela, una battuta di caccia nei confronti di un branco di lupi particolarmente feroci e testardi che si era conclusa con la nostra vittoria ed una cicatrice sulla guancia per me che ancora mi porto dietro orgogliosamente.
Sfiorai appena quei tre segni di artigli sulla guancia sinistra, sorridendo quasi nostalgica.
-Siamo arrivati.- la voce di Vilkas mi riportò alla realtà e fermò il cavallo lentamente, finalmente mi sporsi oltre l'ampia schiena del Nord per sbirciare: una grande fossa nel terreno lavorata in pietra permetteva di accedere, tramite vecchie ed ammuffite scalette, alla porta di ingresso della catacomba dove, ne ero sicura, avremmo trovato i classici banditi disperati da spedire nell'Oblivion.
Sbuffai, e subito il commento di Vilkas sferzò l'aria:
-Sei appena arrivata e sei già stanca? Tipico dei cuccioli.
-Sigillati la bocca, non sono un cucciolo.- replicai in tono velenoso scendendo dal cavallo, ma quel piccolo gesto mi costò una fitta terribile all'interno coscia che mi immobilizzò sul posto e mi fece digrignare i denti -Piuttosto...facciamo questa cosa in fretta.- di riposare non ne se parlava, avevamo concluso la nostra ultima sosta solo un paio d'ore prima, in più non volevo dare ulteriori soddisfazioni al Compagno che si stava già divertendo abbastanza nel vedermi camminare come in preda alle giunture di pietra.
-Molto bene, andiamo.
La prima cosa che notai una volta aperto il tumulo fu l'odore di chiuso che mi fece storcere il naso.
-Mi aspettavo peggio.- ammisi, ma Vilkas non sembrava essere dello stesso parere dato che si coprì la bocca ed il naso con la mano e non riuscì a trattenere un ringhio di disgusto.
-Peggio di questo?- emise uno sbuffo irritato ed estrasse la sua arma dal fodero -Vieni e facciamo piano. Questa tomba è stata aperta.
-Aperta?- chiesi, poi ripensai alle parole di Kodlak ed ai banditi.
Ma non c'era nessun segno di passaggio umano lì, non potei fare a meno di chiedermi come Vilkas potesse fare certe ipotesi. Glielo chiesi, ma tutto quello che ottenni in risposta fu uno scazzato “Secondo te?” e la nostra conversazione si chiuse.
Cominciammo ad inoltrarci nella catacomba: più scendevamo in profondità, più l'odore di chiuso e di morto si faceva sferzante ma per quanto mi sentissi infastidita e, perché no, claustrofobica, quello a soffrire di più era sicuramente Vilkas che, a dispetto della sua aria apparentemente tranquilla, tradiva continui segni di nervosismo che lo facevano sembrare un animale in gabbia.
-Ehi, stai bene?- gli chiesi in un sussurro mentre attraversavamo un corridoio.
-Che razza di domande fai?
-E' solo che mi sembri strano, tutto qua.- ribattei, irritata dal fatto che subito si fosse messo sulla difensiva.
Insomma, stavo solo cercando di essere gentile.
-Beh ti sembra male. Andiamo e smettila con queste domande stupide.- per quanto i nostri rapporti non fossero mai stati idilliaci non credevo di meritare quel trattamento e ci rimasi male.
-Come vuoi.- dissi solo.
Procedemmo nel completo silenzio con Vilkas un paio di passi avanti a me, lui con il suo fedele spadone ed io con l'arco in mano e la freccia incoccata, poi il Nord si fermò e mi fece cenno di fare lo stesso.
-Cosa c'è?- chiesi, ancora irritata per il trattamento ricevuto.
-Guarda.- mi sporsi e vidi, a qualche metro di distanza da noi c'era una bara aperta e, accanto ad essa, un cadavere.
Doveva essere uno degli “ospiti” del tumulo: la poca pelle rimasta attaccata a quelle vecchie ossa era di un grigio sporco e spento, le vene secche e prive di vita spiccavano sugli arti fini del cadavere supino, il cui volto aveva ancora gli occhi spenti e la bocca aperta dove spiccavano pochi denti marci. Accanto a lui una vecchia spada stretta ancora tra le dita lunghe e scheletriche.
Non riuscii a trattenere un gemito schifato, ma soprattutto arrabbiato.
-Hanno aperto e profanato una tomba.- dichiarai, e l'eco mi seguì per qualche secondo.
Più scendevamo in profondità più i corridoi si facevano stretti ed intricati e le stanze ampie e rimbombanti, così che ogni piccolo rumore risultava amplificato e devastante per i miei nervi già tesi.
-Umh...- un mormorio fu tutto quello che ottenni da Vilkas, che con un cenno del capo mi invitò a proseguire con lui lungo il corridoio.
Anche se non lo avrei mai ammesso il cadavere mi aveva turbata: non era certo la prima volta che ne vedevo uno, avevo avuto già a che fare con dei banditi e non erano stati certo degli incontri diplomatici, ma vederne uno ridotto in quel modo dal trattamento privo di pietà del tempo mi aveva fatto ripensare a mio padre.
Anche lui si trovava in quelle condizioni, adesso, dopo essere stato abbandonato alla natura, privo di tomba? Oppure Mara era stata compassionevole e gli aveva concesso di essere mangiato dal fuoco prima?
Non potevo rispondere, non ero più tornata nel luogo dove sorgeva la mia casa dopo che gli Imperiali avevano giustiziato mio padre e portato via me e mia madre, non ne avevo avuto il coraggio, e non ne avevo nemmeno in quel momento.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri, avevo ben altro a cui pensare, come per esempio il bivio che ci comparve davanti dopo aver aperto l'ennesima vecchia porta cigolante.
-Accidenti!- sentii Vilkas imprecare tra i denti -Un bivio.
-Bivio?
-Sì, hai presente quando una strada si divide in due e...
-So benissimo cos'è un bivio, grazie.- replicai con acidità, poi venni avanti e guardai le due strade semibuie di cui era impossibile vedere la fine -E se ci separassimo per controllarle entrambe?- proposi.
-Per una volta sono d'accordo con te.- ammise il Compagno, scatenando in me una reazione di genuino stupore -Non fare quella faccia...
-E' la mia.
-E non rispondere sempre.- rincarò -Come hai detto tu ci separiamo. Ma arrivati a massimo a cinquanta metri torniamo indietro e decidiamo cosa fare. Se trovi dei banditi non fare niente di avventato, li sistemiamo insieme.
-So badare ad un paio di fuorilegge, Vilkas.- replicai -Posso pensarci da sola.
-Non mi interessa. Non provare a fare di testa tua.- sbuffai seccata e non risposi -Lo prendo per un “va bene”. - sempre senza rispondere mi diressi verso il corridoio di sinistra -Ah, attenta ai morti, secondo alcune leggende in tumuli vecchi come questi camminano ancora.- mi girai per mandarcelo, ma Vilkas era già sparito nel corridoio.
-Che bastardo!- pensai stringendo la presa dell'arco in maniera più forte e decisa -Sta cercando di spaventarmi per farmi fare una brutta figura, sicuro.- beh, non glielo avrei permesso, poco ma sicuro.
Così, armata di determinazione e un po' meno di coraggio iniziai anche io a percorrere il corridoio puzzolente. Dopotutto l'odore non poteva essere piacevole con tutti quei morti esposti all'aria putrida e pesante della tomba, dozzine e dozzine di cadaveri degli antichi Nord presiedevano, immobili, al mio passaggio furtivo e nervoso.
I miei occhi saettavano ovunque, quasi nella speranza di trovare un bandito, un qualcosa di vivo in quel luogo di morte che mi faceva accapponare la pelle. Non credevo che l'avrei mai pensato, ma in quel momento desiderai ardentemente che Vilkas fosse ancora al mio fianco, ogni passo si faceva sempre più pesante e difficile ed in più il corridoio si faceva più buio.
-Avanti, smettila!- mi dissi, seccata dalla mia stessa paura -E' solo una vecchia tomba, c'è molto più pericolo fuori che qui dentro.- inspirai profondamente, l'odore disgustoso di chiuso non fu il massimo, ma almeno servì a calmarmi un po' -E poi la tomba era aperta, quindi ci sono davvero dei banditi qui, e una volta che li avrò trovati...- sentii un rumore dietro di me e mi girai di scatto, l'arco teso e la freccia pronta a scattare, ma dietro di me non c'era nessuno.
-V-vilkas?- chiesi in un sussurro, ma ottenni solo il mio eco come risposta -Ehilà?- ancora il silenzio.
Restai in attesa per qualche secondo, poi ripresi la camminata lungo il corridoio, ancor più arrabbiata di prima.
-Sicuramente qualche skeever o altri animali schifosi.- mi dissi, anche se il cuore continuava a martellare così forte che temetti sarebbe uscito dal petto -E poi è risaputo che il legno scricchiola negli anni, qui ci sono diverse impalcature e l'umidità le ha fatte scricchiolare! Sì, è così!- la presa sull'arco si fece ancora più forte quando udii di nuovo quel rumore.
Erano passi, stavolta ne ero sicura, passi strascicati e sgraziati.
E lì mi incazzai di brutto.
-Vilkas che tu sia maledetto! Allora eri...- quando mi girai, però, non trovai il ghigno di Vilkas, ma un volto a me sconosciuto, sempre se poteva essere definito volto un teschio con un infimo strato di pelle, pochi denti marci e gli occhi morti di un terribile azzurro ghiaccio.
Urlai.
Quella cosa davanti a me avrebbe dovuto essere morta, ma a quanto pare mi sbagliavo. Era viva, ed era lì per prendermi.


Note dell'Autrice
Ehilà, eccomi finalmente con un nuovo capitolo^^
Preciso subito che mi sono presa un paio di piccole libertà, come per esempio il fatto di inserire un cane a Jorrvaskr (andiamo, ce lo vedevo troppo in ambiente come quello dei Compagni) ed il nome della tomba che Iris andrà ad esplorare, in quanto non volevo andare a cercare un luogo preciso nel gioco. Ma veniamo a noi: in questo capitolo sono entrati in scena i miei più acerrimi nemici: i draugr.
Li odio, è più forte di me. Stanno ovunque e anche in questo caso sono riusciti ad intromettersi di forza nella fanfiction xD bastardi!
Ah, quello dell'inizio non è un flashback, ma un sogno ovviamente, e anche se penso si capisca ho preferito confermarlo qui^^
Un bacione a tutti, ci becchiamo tra una settimana, vi avverto che i prossimi capitoli saranno mmmmmmolto dinamici :D

Traduzioni frasi in draconico:
“I più feroci nemici sconfigge.” è la prima e le altre due significano “il suo onore è giurato per tenere a bada il male per sempre”
Un bacio.
 
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Lady Iris
view post Posted on 26/3/2013, 13:32




Chapter III
Dirty, flurry blood



Indietreggiai bruscamente, terrorizzata e disgustata dal morto che, armato di un'ascia da guerra arrugginita, venne avanti tentando di tagliarmi la testa.
Brandelli di vestiti coprivano in parte le costole e le gambe così fine che mi stupii potessero reggerlo in piedi, la camminata goffa ed irregolare non gli impediva tuttavia di ingaggiare battaglia, così come le braccia che pareva dovessero staccarsi dal corpo non gli impedivano di brandire la sua arma.
Mi gettai di lato e lasciai cadere l'arco, poi mi affrettai ad indietreggiare a gattoni: in quel momento non riuscivo a pensare a niente se non al fatto che la cosa davanti a me avrebbe dovuto essere morta mentre camminava con la chiara intenzione di farmi fuori.
Dalla gola rinsecchita emetteva strani versi gutturali e soffocati, tipici di chi non usa la voce da tempo, e mi parvero il suono più terribile che avessi mai udito.
-VILKAS!- urlai, indietreggiando ulteriormente, sperando che il mio compagno mi sentisse, ma dopo averlo chiamato un paio di volte e non avendolo visto arrivare mi chiesi se non fosse già caduto sotto i colpi di quel morto, o magari di altri.
All'idea che ce ne potessero essere altri la paura si fece largo in me come un'onda, non so cosa quella volta mi impedì di farmela davvero nelle braghe, forse il mio attaccamento alla vita, lo stesso che mi diede la forza di prendere la spada che mi pendeva dal fianco e parare l'attacco della cosa.
Intercettai la sua arma e facendo forza con entrambe le mani sul taglio della spada riuscii a spingere via il morto con facilità, il suo pregio non era di certo la forza, poi attaccai staccandogli un braccio.
Fu con orrore che capii che quella cosa non era in grado di provare né dolore, né fatica. Fregandosene altamente di non avere più un braccio mi attaccò di nuovo e mi ferì alla spalla, colpendomi con la parte piatta dell'ascia.
Una fitta di dolore mi fece inginocchiare, ma quando il mio avversario mi venne incontro di nuovo emettendo quegli orribili suoni l'istinto ebbe la meglio ed alzandomi menai un fendente che staccò di netto la sua testa e questa rotolò via, finendo in un angolo pieno di ragnatele.
Indietreggiai con la spada levata e tremante, gli occhi spalacati e lucidi, pronta a colpire ancora se necessario, ma dopo un secondo di stasi il corpo cadde a terra privo di vita.
E di nuovo ci fu il silenzio.
Caddi in ginocchio tremante, gli occhi dilatati e fissi sul morto due volte di cui una per mano mia, sentivo la gola secca e soprattutto non riuscivo a pensare a niente che non fosse l'incredulità e la paura, non sapevo cosa fare.
-Iris!- la voce di Vilkas arrivò come una benedizione, non ero mai stata così felice di sentirlo.
-V-vilkas!- dal momento in cui lo vidi comparire nel corridoio buio con lo spadone tra le mani mi alzai con le gambe che tremavano, e percorsi quei pochi metri che mi separavano dal Compagno con immensa fatica, tanto che quando arrivai da lui mi gettai direttamente tra le sue braccia fregandomene della reazione che avrebbe potuto avere e del mio orgoglio.
Non so cosa mi trattenne dallo scoppiare a piangere di sollievo, ci fui sicuramente vicina dato che avevo gli occhi rossi e brucianti, ma come ho già detto non mi importava di nulla: in quella maledetta tomba Vilkas rappresentava l'unica forma di vita, e non, amica.
-Ehi, che...?- il Nord pareva più sorpreso che infastidito dalla mia insolita dimostrazione di affetto -Ne hai incontrato uno anche tu, allora.- annuii senza sollevare lo sguardo dal suo petto, senza riuscire a smettere di tremare -Calmati, avanti. È tutto a posto, adesso.- il tono del Nord era stranamente gentile, forse si era spaventato anche lui o forse ero così scossa che non se la sentì di punzecchiarmi o criticarmi -Accidenti quando prima ho detto che c'era il rischio di trovare dei morti ancora vivi non credevo accadesse davvero.
-Q-que...l-la cosa.- mormorai, stringendo la presa sulle braccia di Vilkas -M-mi è arrivata...a-alle s-spalle...i-io...- il Compagno mi prese per le spalle, allontanandomi da sé, e mi scosse, guardandomi in maniera severa ma non cattiva.
Nei suoi occhi potevo leggere la preoccupazione, e ciò non era bene: se anche Vilkas era preoccupato allora la situazione era più grave di quanto pensassi.
-Calmati ho detto.- disse -Respira. Avanti...- feci profondi respiri senza mai sciogliere la presa dalle sue braccia, quasi temessi di vederlo sparire se mai l'avessi lasciato -Ecco. Così va bene.- mi calmai.
Non ero tranquilla, anzi, ero ancora terrorizzata, ma almeno riuscii a comporre delle frasi sensate per spiegare cosa mi fosse successo e alla fine del racconto Vilkas si massaggiò la testa.
-Tutto questo è strano. Non avevo mai visto niente del genere. Skyrim è piena di stranezze, ma morti che tornano in vita...no, deve esserci qualcosa di grave sotto.
-E se fosse un negromante?- proposi, sperando in una risposta affermativa, perché per quanto fossero pericolosi e perversi i negromanti erano persone vive, e come tali si potevano uccidere -Magari è lui a rianimare i cadaveri.
-Potrebbe essere se solo il negromante fosse qui.- mi contraddisse l'uomo, guardandosi intorno -I morti che abbiamo affrontato erano abbastanza lontani l'uno dall'altro, inoltre tutte le volte che ho abbattuto un morto controllato da un negromante questo è diventato cenere.- cosa che per i nostri due “amici” non era avvenuta.
-Ma se non un negromante...chi, o cosa, li ha riportati in vita?- chiesi.
-Non ne ho idea. Ma non possiamo lasciare questa storia in sospeso. Kodlak deve essere avvertito. Torniamo a Jorrvaskr.
-E i banditi?
-Qualunque cosa sia entrata qui dubito che sarà mai in grado di uscire, capisci cosa intendo?- replicò l'uomo ed io annuii con la testa.
Insieme tornammo verso l'ingresso, ma con orrore scoprimmo che era impossibile da aprire dall'interno. Eravamo chiusi dentro.
-Fottute porte Nord del cazzo!- imprecò l'uomo colpendola con forza, facendo rimbombare tutto nella catacomba.
-Che facciamo adesso?- chiesi, fissando come ipnotizzata la nostra unica via di fuga.
Il Nord sospirò, poi si passò una mano tra i capelli, tradendo l'impazienza e l'angoscia che stava cercando di trattenere.
-Andiamo avanti.- dichiarò -Forse troveremo un'uscita. Gli antichi Nord hanno costruito tombe straordinarie, delle vere e proprie case dei morti. Se saremo fortunati troveremo qualche passaggio di fortuna.
-E...se non lo siamo?- chiesi in un pigolio e, a dispetto della situazione, il Compagno sfoderò uno dei suoi sorrisetti ironici.
-Allora preparati a sopportarmi per il resto dei tuoi giorni, Novellina.

Andammo avanti, come Vilkas aveva detto.
Prendemmo il corridoio di sinistra, lo stesso preso da me, e proseguimmo. Incontrammo altri di quei mostri e li abbattemmo, ma più ne abbattevamo più ne tornavano in vita per affrontarci. Ogni passo era un'impresa, almeno per me: ad ogni angolo temevo di trovare di nuovo quei volti consumati dal tempo e dal chiuso e a questo timore si aggiungeva quello di rimanere bloccata in questa vecchia tomba per sempre.
Eppure avanzavo e combattevo. Ogni volta che incontravamo uno di loro mi gettavo su di lui con ferocia, spesso in veri e propri assalti, quasi volessi dimostrare che se avessi attaccato per prima la paura si sarebbe placata in un illudente senso di potenza.
Detestavo ammetterlo persino a me stessa, ma la presenza di Vilkas in quel momento era diventata fondamentale: se mi fossi trovata da sola in quel postaccio probabilmente sarei impazzita.
-Alla tua destra!- all'avvertimento di Vilkas mi girai di scatto e scoccai la freccia che già tenevo pronta sull'arco, che si conficcò proprio nell'occhio destro del morto, o meglio, nella cavità lucente che avrebbe dovuto sostituire un occhio e il cadavere cadde a terra.
-Dietro di te!- gridai di rimando, e l'uomo si girò di scatto per tagliare letteralmente in due il mostro che aveva appena cercato di fracassargli il cranio con un vecchio martello da guerra.
Incoccai una nuova freccia e colpii al braccio un morto armato di spada, facendo in modo che la facesse cadere a terra, poi la calciai via e gli diedi una botta con l'estremità dell'arco per farlo cadere a sua volta, infine gli pestai forte la testa e gli fracassai il cranio, distogliendo subito lo sguardo per evitare di guardare cosa ci fosse dentro, poi mi girai per occuparmi di un nuovo arrivato armato di arco.
Non credevo che quei cosi potessero anche avere una buona mira, ma con sconforto scoprii che, pessima resistenza fisica a parte, erano dei guerrieri fatti e finiti in grado di maneggiare ogni tipo di arma, come appunto l'arco. La freccia scoccò nella mia direzione, e fu solo per pura fortuna che mi non uccise, colpendomi la guancia di striscio.
Mi portai una mano alla ferita e vidi che sanguinava, e rapidamente gli restituii pan per focaccia, incoccando l'ennesima freccia di ferro e prendendo la mira proprio mentre il morto era intento a recuperare la seconda freccia da una malandata faretra lasciai che l'oggetto fendesse l'aria con un piccolo fischio, che si concluse proprio quando questo si conficcò nella spalla dello scheletro.
-Dannazione!- era destabilizzato, ma il non sentire dolore lo avvantaggiava e gli permise di riprendere la mira senza problemi.
-AH!- fortunatamente Vilkas lo colpì con ferocia prima che potesse iniziare il lancio, decretando la nostra vittoria sul manipolo di avversari.
Sospirai di sollievo.
-E' già il quarto gruppo che incontriamo.- mi asciugai il sudore dalla fronte -Quanti pensi che ce ne saranno?- chiesi ancora rivolta a Vilkas, che rivoltò col piede il cadavere appena abbattuto.
-Non ne ho idea. Immagino dovremmo contare i cunicoli per rendercene conto.
-No, grazie. Credo che rimarrò con il dubbio.- spostai lo sguardo su Vilkas, che mi stava guardando fisso -Che c'è?
-Sei ferita.
-Un graffio.- dissi con un'alzata di spalle, ma il Compagno si avvicinò lo stesso e senza troppa delicatezza mi prese il mento per esaminare la ferita -E fai piano!- mi lamentai.
-Con cosa ti ha colpito?
-Una frec...- mi interruppi, trattenendo il fiato.
Vilkas, infatti, dopo essersi chinato sul mio volto poggiò le labbra proprio sopra la ferita, portando via quel poco di sangue che colava con la lingua. Non seppi spiegare perché, ma quel gesto mi diede i brividi. Rimasi ferma, con gli occhi spalancati a guardare avanti a me quasi il tempo si fosse fermato, e non so dire quanto tempo rimasi in quel modo, lasciando che Vilkas si trattenesse in quel piccolo gesto. Fu solo a causa del suo sospiro, un sospiro basso e roco, che mi riscossi e mi decisi a spingerlo via, guardandolo tra il perplesso e l'arrabbiato.
-Ma che cazzo fai?- gli chiesi con ben poca grazia e con la massima tranquillità il Compagno si pulì il labbro inferiore sporco di rosso.
-La saliva disinfetta, marmocchia. Te lo sei già dimenticato?- normalmente avrei risposto con una frecciata delle mie, ma in quel momento un altro particolare attirò la mia attenzione.
-Vilkas...non hai assaggiato il mio sangue, vero?- lo vidi spalancare gli occhi, probabilmente per la sorpresa, per poi alzare un sopracciglio.
-Credo proprio che quest'umidità ti stia dando alla testa. Stavo solo cercando di prevenire un'infezione, ci manca solo che inizi a delirare. Ma se questo è il tuo ringraziamento la prossima volta te la vedrai da sola.- mi diede le spalle e si incamminò, lasciandomi a bocca aperta come un'idiota e rossa dall'imbarazzo per la scemenza da me detta.
-Assaggiare il sangue...ridicolo.- pensai scuotendo la testa, poi mi affrettai a raggiungere il guerriero.
Di nuovo il silenzio fu il nostro fidato Compagno nell'avanzata dell'enorme tomba, e per un po' la strada fu stranamente libera dai nostri “amici”, ed i pochi che trovammo erano ancora sdraiati nei loro cunicoli con una freccia piantata in testa.
A questo punto la presenza dei banditi era inconfutabile.
-Si saranno nascosti più in là.- dichiarò Vilkas studiando la freccia dopo averla estratta dalla testa di uno dei cadaveri -Un motivo in più per procedere con cautela. Iris- spostai lo sguardo dal cadavere ai suoi occhi -Camminami ad un paio di metri di distanza, adesso.
-Cosa? E se ci prendono alle spalle?
-Non lo faranno.- assicurò il Compagno -Senti, per una volta fai quello che ti dico senza fare storie, va bene?
-Va bene, va bene...accidenti non vedo l'ora di uscire da qui!- ammisi con tono stanco.
Qualche minuto dopo arrivammo davanti ad una grande porta di ferro con due battenti e Vilkas mi gettò un'occhiata -Aspetta qui, e non entrare fino al mio segnale. Se le cose si mettono male scappa.- annuii con un cenno del capo, sfiorando con il polpastrello del pollice le piume poste sulla coda della freccia, poi indietreggiai di un paio di passi mentre Vilkas spalancò la porta per entrare nella stanza.
Trattenni il fiato nei pochi passi che percorse, lenti e guardinghi, ma sembrava tutto a posto, la sala doveva essere del tutto vuota.
-Beh, almeno...
-Fermo dove sei, Compagno!- strinsi i denti.
Appunto.
In pochi attimi un gruppo composto da sette o otto banditi circondò Vilkas, che subito tentò di prendere la sua arma, ma una voce di donna glielo impedì.
-Non muovere un muscolo o ti pianto una freccia tra gli occhi, mostro.- trattenni il fiato, ma non mossi un muscolo mentre Vilkas allontanava la presa dall'elsa dell'arma per sollevarle entrambe, bene in vista.
-Umh, non credevo vi avrei trovato qui.- la faccenda era sempre più strana, Vilkas sembrava conoscere il gruppo di banditi che lo aveva accerchiato -Adesso vi mettete a fare esperimenti sui morti?
-Non provare a darci la colpa di un simile orrore, cane!- quello che sembrava il capo venne appena avanti, puntando alla gola di Vilkas una spada dall'aria pesante -Devo ammettere che i draugr hanno colto di sorpresa anche noi, ma questo non ci ha impedito di preparare la trappola per voi.- sorrise -Dimmi un po', i tuoi amici ti hanno mandato da solo? Di solito i cani non cacciano in gruppo?
-Ancora con questa storia del cane? Non pecchi di fantasia?- mi morsi il labbro inferiore con forza, temendo che l'ironia di Vilkas avrebbe finito per irritare il bandito e farlo uccidere.
Dovevo fare qualcosa, ed in fretta.
La mia attenzione venne attirata dall'arciere in cima ad una rampa di scale di legno ammuffite: se l'avessi colpita avrei ottenuto un diversivo che forse avrebbe permesso a Vilkas di prendere la sua arma e tentare una difesa.
Facendo meno rumore possibile e sfruttando il fatto che l'attenzione dei banditi fosse tutta per lui, estrassi una freccia dalla faretra e feci un paio di passi avanti, incoccandola. Respirai a fondo cercando di placare i battiti del mio cuore agitato.
-Avanti, è come andare a caccia.- pensai -Fai un bel respiro, prendi la mira e raggiungi la tua preda.- ma non potevo fare a meno di pensare che, se avessi sbagliato qualcosa, Vilkas ed io avremmo sicuramente perso la vita.
Tirai la corda dell'arco e mi appiattii ancor di più contro il muro, le dita con cui tenevo la freccia iniziavano a farmi male all'altezza dei polpastrelli, ma ancora non la lasciai andare, dovevo ottenere una visuale migliore.
-Ancora un po'...avanti.- un altro passo, e finii per entrare nella stanza, nascosta dalle ombre.
Ora potevo vedere meglio l'arciere che puntava Vilkas, una redguard a giudicare dal colore della pelle di un color mattone scuro e dai capelli neri e ricci scarmigliati a regola d'arte, e finalmente mi decisi a prendere la mira, chiudendo un occhio per aiutarmi.
-...ditemi, quanti ne avete fatti fuori, ultimamente?
-Non siamo assassini. Voi siete molto più bestie, se vogliamo dirla tutta.- intanto il botta e risposta di Vilkas col capo continuava, stava palesemente cercando di prendere tempo -Noi non abbiamo mai scuoiato nessun Mano d'Argento, dopotutto.- sentii il capo ridacchiare, proprio mentre una goccia di sudore mi colava lungo la tempia.
-Sì, è vero. Voi preferite...- la freccia scattò e si conficcò proprio nel petto della redguard che urlò di dolore e di sorpresa, accasciandosi al suolo.
Iniziò lì: Vilkas, approfittando della distrazione del gruppo estrasse la sua arma dal fodero e si gettò sul capo dei banditi, ma questo fu lesto a parare e scattare all'indietro.
-Maledetto cane! Ti ucciderò e poi ti scuoierò, la tua pelle sarà il mio trofeo!- in quanto a me avevo il mio bel da fare con due banditi, un uomo e una donna che mi vennero incontro tentando di abbattermi.
-Ma guarda, una nuova cagna si è unita alla mandria.- commentò la donna, una Nord dai capelli rossicci, sorridendo cattiva, notai che le mancavano due denti ed il molare destro era spezzato, ed il compagno le diede corda.
-Facciamoli fuori entrambi, Ylda.- se credevano di trovarmi indifesa si sbagliavano.
Non ero così stupida da cercare di affrontare due avversari contemporaneamente molto più grossi e cattivi di me, così scappai verso una rampa di scale di legno ammuffito sperando che mi reggesse. I due mi vennero dietro.
-Dove scappi, codarda!- codarda?
Io piuttosto avrei detto furba.
Arrivata in cima alla piccola rampa trovai un ripiano con diverse botti e casse, anch'esse ammuffite nel tempo, e senza perdere tempo ne buttai giù una con una poderosa spallata: doveva essere mezza vuota dato che ce la feci con facilità, ma i banditi vennero colti totalmente impreparati e la donna, che stava davanti, cadde addosso al compagno facendo ruzzolare entrambi a terra.
-Brutta troia!- sentii l'uomo imprecare e non persi tempo.
Estraendo rapidamente una freccia presi di nuovo la mira e lo colpii alla gola, ottenendo un tiro preciso grazie anche alla poca distanza che ci separava. L'uomo morì in un gorgogliare disgustoso.
-Nessuno mi chiama troia, bastardo maledetto.- dissi con gelida calma ed un sorriso soddisfatto, ma il mio scontro non era finito.
La Nord rimasta tornò all'attacco, sul volto un livido violaceo, probabilmente dovuto alla botta, e un'espressione di feroce rabbia che le distorceva i lineamenti del volto.
-Ora ti ucciderò, cagna!
-Provaci!- estrassi la spada ed iniziò un breve scontro.
Grazie alla mia arma avevo un bel vantaggio, ma la stanchezza accumulata durante gli altri scontri con i morti e l'inaspettata agilità della mia avversaria portavano lo scontro alla pari, anzi, si può dire che la ladra se la stava cavando anche meglio di me.
Iniziavo ad avere il fiatone, e non riuscivo più né ad ignorarlo né a nasconderlo. La postura si era fatta più china e gli attacchi più lenti, dovevo finire quello scontro subito se non volevo essere presa per sfinimento.
-AH!- mi gettai all'attacco menando un affondo che avrebbe dovuto trapassare la Nord, ma questa si scansò di lato e cercò di colpirmi col pugnale. Spostai la testa quanto bastò per non farmi colpire il collo in maniera mortale, ma un nuovo graffio andò ad aggiungersi ai precedenti, facendomi digrignare i denti per la rabbia.
Approfittando della vicinanza con la mia avversaria la colpii con una gomitata al volto che la fece indietreggiare, poi afferrai la spada con entrambe le mani e la abbattei sul braccio che reggeva il pugnale, trinciandolo di netto.
Un urlo di dolore si diffuse per la sala, ma durò poco, il tempo di colpire di nuovo e di mettere a tacere la bandita per sempre.
Ignorando la stanchezza e lo schifo causato da tutto quel sangue scesi le scale e mi precipitai da Vilkas, che nel frattempo aveva atterrato due avversari e se la stava vedendo con altri quattro
-Vilkas!- arrivai alle spalle di uno dei banditi e lo colpii rapidamente alla testa facendolo accasciare con un gemito, in modo da trovarmi spalla a spalla col Compagno.
-Se non sbaglio ti avevo detto di andartene in caso di pericolo.- mi accolse senza staccare gli occhi dal capo dei banditi, che brandiva anche lui uno spadone a due mani, ma di un materiale molto più prezioso del ferro o l'acciaio.
Egli brandiva infatti uno spadone d'argento.
-Prego per averti salvato la vita.- replicai sempre tenendo la spada con entrambe le mani e gli occhi fissi sul mio avversario, un kajiti dagli occhi dorati e dal pelo maculato che agitava freneticamente la coda.
-Ne riparliamo dopo.- ingaggiammo una nuova battaglia, entrambi stanchissimi ma costretti a dover lottare per non soccombere sotto i colpi dei nostri avversari.
Il kajiti notai che era svelto, ma codardo: bastava poco e niente per farlo sobbalzare, e sfruttai questa cosa per mandarlo contro un muro e finirlo non appena i suoi occhi ambrati abbandonarono i miei per guardare la pietra che lo imprigionava.
-E anche...- non feci nemmeno in tempo ad esultare della mia vittoria che una botta alla testa mi fece cadere a terra, intontita e dolorante.
-Sistemata la puttanella.- sentii uno dei banditi ringhiarmi contro e provai ad alzarmi, ma la botta ricevuta era forte e tutto sembrava girare, mi sentivo pesante e stordita e non riuscii ad impedire al bandito di calciare via la mia spada e puntarmi un piede sulla schiena.
-Dannazione.- un urlo di dolore mi fece rabbrividire quando riconobbi la voce di Vilkas, girai a fatica il volto e vidi il Nord inginocchiato a terra con una mano sul fianco da cui usciva del sangue.
Trattenni il fiato, impaurita: non avevo mai visto Vilkas ferito, o almeno non in maniera così grave tanto da farlo inginocchiare a terra. Come aveva potuto la spada del bandito danneggiare l'armatura tanto in profondità? E perché lui non si rialzava e riprendeva a combattere?
-Ti sei distratto, cane.-il capo lo colpì con un calcio, facendolo stendere a terra con un ringhio di dolore, ed un altro bandito, uno dei tre che circondava il Compagno, gli sputò sopra.
-Capo che ne dici di rimandare una mano di questo animale a Jorrvaskr? Così per rinfrescare a quei bastardi chi comanda qui.
-È una buona idea, Yorik.- annuì l'altro -Ma prima devo decidere se inizierò a scuoiarlo dalla testa oppure dal petto.- si chinò su Vilkas e con un pugnale fatto sempre d'argento, tracciò con lentezza e cattiveria un graffio profondo sulla guancia destra del Nord, che gemette forte.
Strinsi i denti.
-Smettila subito, bastardo!- gridai con voce acuta, ancora intontita per il dolore, ma almeno provai a divincolarmi sotto la pressione del piede della canaglia che mi teneva bloccata.
-Ma guarda.- l'uomo rise, stavolta in maniera più sguaiata -Ti sei portato la fidanzatina, allora.
-Lei...non è una di noi.- ansimò Vilkas, non potevo vederlo in faccia, in quel momento, ma dal tono capii che era furioso oltre che sofferente -Non...centra niente in...questa storia.
-Ah, non è una di voi?- un rumore metallico mi fece capire che l'uomo aveva rinfoderato la spada -Allora non ti dispiacerà se me la scopo un po' prima di uccidervi entrambi, vero?- lo stomaco si contorse in una maniera dolorosa ed il cuore iniziò a battere velocemente tanto da farmi trattenere il fiato.
-N-non ci provare.- mormorai, ora terrorizzata, e quando lo sentii avvicinarsi ed ordinare all'uomo che mi teneva a terra di badare a Vilkas cercai di alzarmi, ma lui mi trattenne -NON MI TOCCARE!- i miei movimenti si fecero sempre più scoordinati e spaventati mentre il bandito si chinava su di me e, prendendomi per una spalla, mi fece girare per poterlo guardare in faccia.
Un viso anonimo di un bretone sulla quarantina contornato da diverse cicatrici è tutto quello che ricordo nella paura del momento. Ricordo di aver schiaffeggiato l'uomo quando questo cercò di baciarmi, ricordo di aver preso uno schiaffo a mia volta dopo avergli sputato.
Mi afferrò un polso saldamente e lo inchiodò a terra mentre con l'altra mano cercò di sollevarmi la gonna , cercando di farla arrivare fino ai fianchi.
-NO! FERMO, FERMO!- la paura e la rabbia si alternavamo in me, le mie urla si mescolavano a quelle di Vilkas, agli incoraggiamenti degli altri banditi compiaciuti da quello spettacolo rappresentate una lotta vana.
Mi misi a piangere: non potevo credere di star per subire uno stupro, di non poter fare niente per difendermi, di dovermi rassegnare all'idea di perdere la verginità con quel porco maledetto che dopo aver abusato di me, mi avrebbe uccisa.
-NO, NON LO FARE! VILKAS!- sapevo che il Compagno non avrebbe potuto fare niente, eppure non potei fare a meno di chiamarlo con tutta la mia disperazione quando con la mano libera l'uomo cercò di slacciarmi i lacci del bustino di cuoio che fungeva da armatura, quando la presa sul mio polso si strinse a tal punto da farmi male -VILKAS! AIUTAMI, TI PREGO!- continuai ad agitarmi, ovviamente, ma le forze mi stavano venendo meno.
-Sì, continua a chiamare il tuo amico.- disse il bandito con voce roca, cercando di armeggiare con le sue braghe da cui era possibile notare la sua eccitazione premente -Mi pia...- un inaspettato ruggito e delle grida gelarono il momento.
All'inizio non capii cosa stesse accadendo, ero ancora stordita e terrorizzata, ma un momento prima le urla dei due banditi rimasti rimbombavano nella stanza e l'attimo dopo il mio quasi stupratore era sparito dalla mia visuale, trascinato da un'ombra nera e ringhiante.
Ancora tremante mi tirai a sedere, e ciò che vidi mi fece gridare di paura: due banditi erano irriconoscibili in un bagno di sangue e membra sparpagliate nella sala tra gli altri cadaveri ancora integri mentre il capo, quello che aveva cercato di stuprarmi, si dimenava terrorizzato sotto le fauci di un enorme lupo.
Il pelo era nero come la notte, ma in alcuni punti il sangue lo aveva inzuppato donandogli riflessi rossastri a contatto con la luce delle torce, gli occhi piccoli e gialli erano spalancati in preda all'estasi mentre la coda, anch'essa nera, si agitava con trepidazione accompagnando il frenetico dilaniare delle carni di quel bastardo, che si spense in pochi attimi.
Infine ci fu il silenzio, un silenzio che rese assordante il rimbombare del sangue nelle mie orecchie ed il battito del cuore che sembrava impazzito, sul punto di scoppiare da un momento all'altro. Nel vedere quei corpi fatti a pezzi, nel sentire quell'odore di sangue invadermi le narici fui colta da un improvviso quanto potente senso di nausea, e senza che potessi far niente per evitarlo vomitai girandomi appena di lato, poi mi asciugai la bocca e tornai a guardare la bestia, terrorizzata.
Mi ricambiava e lentamente si avvicinò a me, ma io indietreggiai, sporcandomi di sangue l'armatura e le mani, allora il grande lupo si fermò e si sedette, emettendo un verso quasi rassicurante.
Lo guardai bene, stupendomi di incontrare due occhi terribilmente umani e sofferenti, studiai la sua figura fino ad arrivare al fianco sanguinante che faceva tremare la grande bestia che alla fine, vinta dal dolore, emise un verso simile ad un guaito e si sdraiò sulle quattro zampe, pur continuando a fissarmi.
E fu lì che capii come stavano le cose.
-Oh per i Nove...- mormorai, accorata e spaventata - V-vilkas.


Note dell'Autrice
Mi ero ripromessa di aggiornare dopo una settimana.
Mentivo >___>
Comunque veniamo a noi: il capitolo è uno di quelli che mi piace di più, insieme al prossimo, e spero che anche per voi sia così. A differenza del gioco, qui è Vilkas a trasformarsi, una delle modifiche che mi sono presa, come potete vedere. Era presto? Forse, ma personalmente parlando non vedo momento migliore per tirare fuori il lupetto xD
E la reazione...beh, la reazione mi pare abbastanza realistica, ecco. Voi come la prendereste se veniste a conoscenza che una delle persone che credevi di conoscere rivelasse un problema di peli superflui?XD
Ed ora vi lascio, non devo aggiornare più così presto >__>
 
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Lady Iris
view post Posted on 2/4/2013, 13:42




Chapter IV
Shield brothers



La verità sembrò galleggiare nella mia mente per quello che parve un tempo indefinito. Quel lupo mannaro non poteva essere altri che Vilkas (a meno che non l'avesse divorato, ma quest'ipotesi sembrò ridicola persino alla mia testa sconvolta), la stessa persona che in quei due anni aveva condiviso lo stesso tetto con me, con cui avevo passato tutte le mattine a contatto, che avrebbe potuto...
Realizzare che la bestia davanti a me avrebbe potuto uccidermi o perdere il controllo tutte le volte che voleva mi fece di nuovo venire da vomitare, e per la seconda in pochi minuti diedi di stomaco sul pavimento vermiglio delle Vecchie Glorie.
-Che situazione di merda...- pensai pulendomi la bocca con il dorso della mano, e quando riportai lo sguardo su Vilkas l'animale era sparito lasciando di nuovo posto all'uomo: non l'avevo mai visto così turbato, così spaventato da una mia eventuale reazione. Quegli occhi azzurri che per una volta non presentavano segni di cinismo o scherno mi parvero per un attimo quelli di un bambino spaventato...
Ma fu solo un attimo, bastò sbattere le palpebre che il vecchio Vilkas tornò a galla.
-Risistemati.- disse solo, e la paura lasciò momentaneamente posto alla vergogna, perché mi ricordai di star pur sempre con la gonna tirata fino ai fianchi e parte del seno scoperto, così mi affrettai con mani tremanti a sistemare i lacci del corsetto di cuoio e tirare giù la gonna fino a coprirmi in maniera decente, poi tornai a concentrarmi su Vilkas che nel frattempo stava spogliando il cadavere di uno dei banditi.
-C-che fai?- gli chiesi, ancora con la voce tremante.
-L'armatura è andata in pezzi. Succede sempre quando mi trasformo.- nonostante il tono fosse naturale credo che parlarne anche così alla leggera dovesse costargli molta fatica.
Solo allora notai che effettivamente Vilkas era nudo. E mi chiesi anche come non avessi fatto a notarlo.
Abbassai lo sguardo e finalmente mi alzai alla ricerca della spada che mi era stata sottratta, ritrovandola poco distante dal muro pieno di muffa. Fu quasi con sollievo che me ne appropriai di nuovo, ma per l'arco non c'era niente da fare. Quel figlio di puttana me lo aveva spezzato quando aveva fatto pressione sulla schiena.
-Bastardi.- sussurrai gettando a terra i due pezzi di legno tenuti insieme solo dalla corda di pelle di capra, poi gettai un'occhiata all'impalcatura dove si trovava l'arciera redguard e vi arrivai rapidamente.
E come avevo sperato l'arco era ancora lì nella sua mano, era stato facile trovarlo, ma non lo fu aprire la presa ferrea della morta che stingeva ancora l'arma in pugno quando l'Oblivion l'aveva richiamata a sé, ed un terribile rumore di ossa rotte accompagnò la liberazione dell'arco, un rumore che preferii ignorare mentre mi mettevo l'arma a tracolla e tornavo verso Vilkas, che nel frattempo si era rivestito.
-Per tornare a Jorrvaskr andrà bene.- lo sentii dire, in quei vestiti più piccoli di lui era ridicolo e normalmente sarei scoppiata a ridere o l'avrei punzecchiato, ma quella non era una situazione normale ed io ero confusa e spaventata -Non dici niente?- mi chiese infatti, ma io abbassai lo sguardo sulle punte dei miei stivali inzuppati.
-Cosa dovrei dire?- chiesi con voce roca.
Non riuscivo nemmeno a fare del sarcasmo, cosa che solitamente mi riusciva piuttosto bene, e sentii Vilkas sospirare.
-Senti ciò che hai visto non deve cambiare niente. Sono sempre io, è chiaro?- come poteva non capire?
Alzai gli occhi, allarmati ma anche carichi di rabbia, e lo fulminai con lo sguardo.
-Sei un lupo mannaro.- dissi in un sussurro -Ti ho visto fare a pezzi tre uomini!
-L'ho fatto perché uno di loro stava per stuprarti. Te lo sei dimenticato?- la sua espressione rabbiosa normalmente mi avrebbe fatto solo irritare, ma quella volta mi spaventò tanto da farmi indietreggiare, perché sapevo cosa c'era dietro, più lo guardavo più vedevo ciò che in quei due anni mi era sfuggito, ovvero la profonda simbiosi tra l'uomo e l'animale.
-Non...non m-me lo sono dimenticato.- dissi, stringendo forte i pugni perché smettessero di tremare -Ma non ho neanche d-dimenticato...prima.- feci una pausa -Quando mi hai leccato la ferita.- stavolta fu lui ad abbassare lo sguardo, e per un po' non disse niente.
Quando rialzò gli occhi, li vidi cupi come mai erano stati.
-Sai, è a questo che mi riferivo quando sostenevo che non fossi pronta.- il discorso mi prese in contropiede.
-Che vuoi dire?
-Che per te ora cambierà tutto. Non sarò più uno dei Compagni. Sarò una bestia da temere.- venne avanti rapidamente ed io indietreggiai fino al muro.
Mi diedi una rapida occhiata alle spalle e quando tornai a guardare avanti Vilkas era già di fronte a me, con le mani appoggiate allo stesso muro che mi impediva ogni via di fuga.
-Ripenserai a tutte le volte che avrei potuto ucciderti.- rabbrividii, consapevole della verità di quelle parole -E non potrai fare a meno di chiederti quanto tempo passerà prima che io perda il controllo e ti faccia fare la fine di questi bastardi.
-Smettila!
-Probabilmente non dormirai più notti tranquille, perché penserai che essendo un lupo mannaro non sarai al sicuro finché non mi vedrai impalato da una lama d'argento.
-FALLA FINITA!- lo spintonai via con tutta la forza che avevo, ma riuscii a farlo indietreggiare di un paio di passi appena.
-Oppure potresti semplicemente pensare che io sia una persona come tutte le altre con un fardello in più.- concluse lui, ora calmo, e sospirò -Andiamo, dobbiamo uscire da qui.- e si diresse verso la sala successiva.
Esitai, perché la nuova scoperta mi aveva spaventata, ma qualcosa, forse le sue considerazioni ed il fatto che in fondo, nemmeno in quel caso, avrei voluto dargliela vinta, vinse la mia reticenza e mi spinse a seguirlo.

Trovammo altri di quelli che i banditi avevano chiamato draugr e li abbattemmo, facendoci strada fino a raggiungere una grande stanza: un corridoio delineato da due file di bare chiuse portava fino ad un piccolo altare dove c'era un'altra tomba sigillata.
-Umh, sembra che sia la fine del percorso.- mormorò Vilkas pensieroso.
Lo guardai, notandolo più pallido del solito, poi mi ricordai della ferita al fianco che gli era stata inflitta ed abbassai gli occhi fino ad essa: sotto quell'armatura troppo stretta per lui, la ferita sanguinava, macchiando già di rosso la stoffa di infima qualità degli abiti.
-La tua ferita...- mormorai.
-Sto bene.
-Ti ha colpito con l'argento?
-Ho detto che va tutto bene.
-Rispondimi, accidenti!- ribattei alterata, questa storia mi aveva decisamente scosso, ma lui non sembrava da meno.
-Non provare ad alzare la voce con me!
-Altrimenti?
-TU NON...- un rumore secco, come di una porta sfondata, ci fece tacere entrambi.
-Non...sei stato tu, vero?- chiesi, portando subito mano alla spada come il Compagno.
-No. Piuttosto, credo sia stato lui.- da una delle bare disposte lungo il mini corridoio era infatti uscito un draugr armato di ascia.
-Dannazione!- con quello che definii il mio miglior grido di battaglia corsi verso il draugr e cercai di colpirlo con un fendente al petto, ma quello parò indietreggiando. Il mio attacco caricato però doveva essere troppo per le sue gambe scheletriche che lo sbilanciarono, permettendomi di entrare rapidamente nella sua guardia e trapassargli la testa con la lama.
Altri due tonfi, altre due tombe si aprirono.
Ingaggiammo l'ennesima battaglia che ci lasciò stremati. Le bare erano dieci, esclusa quella sull'altare, e tutti e dieci gli avversari crollarono sotto i nostri colpi, ma oramai le nostre forze erano al minimo. Avevo male alle gambe e alla milza per lo sforzo, senza contare i piccoli tagli alle dita dovuti al continuo tendere l'arco per scoccare le frecce, mentre Vilkas sembrava ancora pieno di energia, ma il pallore del suo volto, probabilmente dovuto alla perdita di sangue, si faceva sempre più preoccupante, tanto che alla fine il Compagno si inginocchiò a terra.
-Vilkas.- rinfoderai la spada e corsi da lui, inginocchiandomi al suo fianco e poggiandogli una mano sulla schiena -Dobbiamo uscire di qui, maledizione. Hai bisogno di cure.
-Ora non fare...la premurosa. Mi fai impressione.- ribatté il Nord -Non fingere...di non provare paura.- ancora una volta scappai dai suoi occhi chiari e spietati, perché a modo suo aveva ragione, avevo ancora paura di lui e della bestia che celava in sé, ma una parte di me si stava sforzando di non vederlo con occhi diversi, di andare oltre la paura, di cercare sotto quella nuova figura l'uomo che per due anni mi aveva allenata senza mai farmi male davvero.
-Non è così.- protestai, anche se non come avrei voluto -Ti chiedo solo di non partire prevenuto!- lui ridacchiò amaramente.
-Detto da te...- lo vidi spostare lo sguardo lungo le bare tutte aperte, poi il suo volto si illuminò.
-Cosa c'è?- gli chiesi.
-Ricordi il probabile passaggio segreto di cui ti ho parlato?- annuii con la testa -Come solito, avevo ragione.- seguii la traiettoria dei suoi occhi e vidi che in una delle bare, dove avrebbe dovuto esserci il fondo, si apriva un percorso di pietra che avrebbe portato alla superficie.
Mi veniva quasi da piangere: eravamo salvi!
-Andia....- di nuovo quell'assordante rumore che mi fece perdere un battito -No, ti prego...- pensai -Non di nuovo!- sia io che Vilkas ci girammo verso l'ultima bara, oramai aperta, dalla quale uscì un altro di quei dannati Draugr.
-Merda.- sì, il Compagno aveva ragione, eravamo proprio nella merda.
Lo scheletro, o quello che era, uscì alzandosi sulle gambe malferme e si guardò intorno.
Doveva essere stato qualcuno di importante in vita dato che, a differenza degli alti draugr vestiti di stracci e vesti putride, indossava un'armatura di ferro con tanto di elmo sormontato da due corna che ricordavano quelle di un draemora.
Ci sforzammo di alzarci in piedi, io aiutandomi con la spada, lui solo con la sua forza di volontà, e ci preparammo a lottare. Non so cosa sosteneva Vilkas in quelle condizioni, ma per me era la paura, la patetica voglia di vivere a portarmi avanti: volevo uscire di nuovo all'aria aperta, volevo vedere il cielo ancora una volta, volevo andarmene da quel posto terribile, e ce l'avrei fatta solo combattendo.
Lo osservammo avvicinarsi a noi e ci preparammo ad un eventuale assalto, ma ciò che fece superò, e non certo in positivo, ogni mia più terrificante aspettativa.
-Cosa...?- un getto d'aria fredda scaraventò me e Vilkas lontani, non so che fine fece il mio compagno, ma io mi ritrovai scaraventata contro un muro e battei forte la schiena, urlando per il dolore.
-C-che...?- un dolore alla testa mi fece gemere e portandomi la mano poco più in alto della tempia la ritirai che era sporca di rosso -Cazzo.- cercai la spada, ma non la trovai, probabilmente l'avevo persa durante il “volo” causato dal draugr.
Quella cosa era stata capace di scaraventare me e Vilkas via semplicemente con un urlo. Quelli che avevo creduto versi insensati e gutturali come tutti quelli degli altri draugr erano in realtà la fonte di un potere che non avevo mai, mai visto né sentito parlare.
Cercai di alzarmi in piedi, tremante e dolorante a causa della botta, e subito i miei occhi vagarono alla ricerca di Vilkas e del draugr che ci aveva atterrati. Li trovai che combattevano una lotta serrata, per essere un morto quell'affare si muoveva molto più velocemente e con più aggressività rispetto agli altri.
Senza perdere tempo presi l'arco ed estrassi una freccia dalla faretra, ma con orrore mi accorsi che era l'unica ad essere presente, le altre dovevo averle perdute o rotte durante la caduta.
-Per Akatosh, non ora!- incoccai la freccia e la lanciai proprio quando Vilkas cadde a terra a seguito di un colpo della creatura. Essa rimbalzò contro l'armatura del draugr, quindi non lo ferì, ma in compenso ottenni la sua attenzione.
-Ehi, bastardo! Vieni qui e fammi vedere cosa sai fare!- emettendo quegli orribili versi di gola il cadavere corse verso di me brandendo la spada con due mani e cercò di tagliarmi la testa. Schivai facendo due frettolosi passi indietro e freneticamente cercai la mia arma, ma non trovandola mi accontentai di afferrare una di quelle appartenute ai “colleghi” del mio avversario. Si rivelò una scelta saggia, perché non potevo continuare ad arrancare e schivare. Parai l'assalto del draugr, poi cercai di abbattere la sua difesa con un attacco caricato che a causa della mia stanchezza risultò debole, facile per lui fu parare e colpirmi con l'elsa della spada, facendomi gemere per il dolore al viso.
Caddi a terra e quando rialzai lo sguardo vidi che il draugr stava...
-Oh, Azura.- stava ridendo, o meglio emettendo versi che alle mie orecchie risultarono come una tenebrosa risata -MUORI!- lo colpii ferocemente con un calcio allo stinco e lo feci barcollare, alché approfittai per caricare di nuovo e cercare spaccargli la testa, ma lui lo fece di nuovo.
Ancora urlò quelle parole a me incomprensibili, e di nuovo venni sbalzata via.
La scossa di dolore mi paralizzò il corpo, lasciandomi intontita e debole. Non riuscii a rialzarmi, tremavo troppo e caddi di nuovo sul pavimento sudicio della tomba. La ferita alla testa continuava a sanguinare e mi faceva male tutto.
Di nuovo piansi, stavolta anche per il dolore, perché la scossa che mi aveva spinta inconsciamente a gridare non era passata: le spalle, le gambe, le braccia e soprattutto la testa mi dolevano, lanciando fitte di dolore che non credevo avrei mai provato, un dolore che mi piegò nel corpo e nella volontà.
Non volevo più combattere, volevo che tutto finisse.
-F-forse...aveva ragione.- pensai, guardando senza vederlo il muro avanti a me -Non sono...
-Alzati, avanti!- la voce di Vilkas arrivò lontana, ovattata -Per la barba di Shor, non provare a crepare adesso, novellina del cazzo!- sentii delle lame incrociarsi, probabilmente stava combattendo ancora con il draugr -IRIS! ALZATI E SCAPPA, PER I NOVE!- perché non mi lasciava in pace, accidenti?
Perché non capiva che la mia parte era terminata?
C'era troppo male, troppa debolezza e troppo dolore...

Il dolore le fa chiudere gli occhi e gridare, forte.
Cerca di liberarsi dalle corde che la costringono ad abbracciare quel palo in un affetto che non prova.
Chiude gli occhi e le lacrime scendono.
Non sa quanto tempo è passato, ma sente che il dolore l'ha piegata.
Apre gli occhi e guarda l'uomo avanti a sé. Lui sa, non sorride, non sembra godere della sua vittoria, ma sa che lei è piegata nel corpo e nello spirito.
E gli bastano pochi attimi prima di udire la parola attesa.
-Pietà! Abbiate pietà, vi prego!


Spalancai gli occhi.
Lo stavo facendo, mi stavo piegando di nuovo.
Quella volta avevo trovato Kodlak ad aiutarmi, ma in quel momento avrei dovuto farcela da sola.
Potevo davvero permettere al dolore di piegarmi, di vincere di nuovo?
Strinsi i pugni.
-Non...più.- mormorai -Non più.- mi faceva male tutto, ma cercai di tirarmi su di nuovo, crollando quando l'urlo del draugr rimbombò per la terza volta.
-Io...io voglio vivere.- sussurrai con rabbia.
Strinsi i pugni, forte, e ritentai, stavolta riuscendo a mettermi in ginocchio e girare la testa verso i due avversari: Vilkas era a terra, la spada lontana e l'armatura sporca di sangue, mentre il draugr troneggiava su di lui con la spada levata pronto a colpire.
Vilkas mi guardò e con un cenno del capo mi indicò la nostra unica via di fuga, ma io rimasi immobile: poteva essere la mia unica possibilità di uscirne viva, prima che il mostro cercasse di uccidere anche me, avrei potuto raccogliere le mie forze, scappare e tornare a Jorrvaskr...
Ma Vilkas? Potevo davvero lasciarlo a morire?
Potevo permettere all'uomo che mi aveva salvata da uno stupro, che era venuto in mio soccorso rivelando il suo segreto, di morire mentre io scappavo con la coda tra le gambe? Volevo davvero tornare a Jorrvaskr da sola?
Avrei mai potuto permettere a me stessa di infangare il nome di quella che per me era la mia famiglia?
Mi bastò muovere i primi passi per capirlo.
Priva di armi e piena di incoscienza mi gettai addosso al draugr, l'odore schifoso che emanava mi fece di nuovo venir voglia di vomitare, ma per fortuna riuscii a trattenermi. Cademmo a terra entrambi, lui perse la spada e l'elmo. Mi precipitai a recuperare l'arma, ma le dita scheletriche del morto si chiusero intorno alla mia caviglia facendomi cadere a terra.
-No...no!- normalmente mi sarei liberata della debole presa del draugr abbastanza facilmente, ma le ferite e la fatica accumulate rendeva quelle dita forti come tenaglie.
Iniziai ad agitarmi, cercando di afferrare la spada, ma era troppo lontana e la creatura si stava rialzando.
-Azura, Akatosh, Mara, aiutatemi!- pensai guardandomi intorno, e finalmente vidi ciò di cui avevo bisogno.
Afferrai la pietra saldamente e con il piede libero colpii il draugr in faccia, liberandomi, poi quasi rabbiosamente mi gettai su di lui ed abbattei la pietra sul suo cranio con forza tre, quattro volte, non so quanto ci volle, urlando ogni volta per scaricare la rabbia, la tensione e la paura accumulate durante tutto il percorso che ci aveva condotto fin lì, nelle viscere del Tumulo.
E alla fine anche l'innaturale luce azzurra dei suoi occhi si spense e non si mosse più. Rimasi lì, inginocchiata accanto al draugr sporca di sangue secco e tremante, con ancora quella pietra sudicia tra le mani come mia unica arma e salvezza.
-È finita.- fu Vilkas a pronunciare queste parole -Mettila giù.- annuii, ma ancora non mi decidevo ad abbassare il braccio, quasi temessi che il bastardo potesse alzarsi di nuovo e gridare di nuovo con quella terribile voce -Avanti.- la mano del Compagno si chiuse sul mio polso e prese la pietra, gettandola da una parte, e finalmente abbandonai il corpo del draugr per guardarlo.
Eravamo messi male, tutti e due, ma eravamo vivi, ed era questa la cosa più importante, entrambi vivi anche se feriti.
Il pallore sul volto di Vilkas era preoccupante, ma anche io non stavo messa bene. Ogni respiro mi faceva dolere il petto e mi sentivo stanca e pesante, la perdita di sangue si stava facendo sentire.
-Sciocca impulsiva.- mi rimproverò il Nord sollevandomi di peso, facendomi passare un braccio intorno alle sue spalle e circondandomi i fianchi con l'altro -Ti avevo detto di scappare.- ridacchiai stancamente, tenendo il volto basso ma spostando gli occhi su di lui.
-A dispetto... di... di q-quello che tu possa pensare...- feci un altro respiro -Io... sono tua Sorella di Scudo, e non ti avrei lasciato lì... a morire.- se avessi potuto vedere la sua faccia sorpresa in quel momento sarei sicuramente scoppiata a ridere, peccato che mi sia persa quello spettacolo, sorprendere Vilkas era sempre così fottutamente difficile -I Compagni... s-si proteggono a vicenda. I-io... voglio essere una di voi. S-sarò una di voi. E il giorno in cui non... proteggerò il mio Fratello di Scudo, sarà perché mi troverò già a nell'Oblivion.- deglutii mentre il cambiamento del terreno sotto i piedi mi fece capire che eravamo entrati nel corridoio segreto -Fattene una ragione, Vilkas.- conclusi, cercando di assumere il tono più ironico che potei.
Lo sentii sbuffare, ma non rispose e gliene fui grata, perché non avevo più energie nemmeno per camminare, fortunatamente la presa del Nord mi evitava gran parte di questa fatica, fu solo quando finalmente il corridoio cominciò a schiarirsi che riacquistai la forza che bastava per sollevare appena il capo dolorante.
-L'uscita...- mormorai, quasi commossa, mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere davvero -Siamo salvi.- e finalmente mi concessi il lusso di chiudere gli occhi.

Quando mi risvegliai ero a Jorrvaskr, riconobbi quasi subito la stanza dove alloggiavo.
Non cercai di alzarmi, ma sospirai di sollievo e sorrisi, ancora stanca e provata dall'esperienza vissuta nel Tumulo delle Vecchie Glorie.
Non sapevo quanto tempo io e Vilkas avessimo passato lì dentro a lottare ferocemente con la morte, ma di tutto questo mi restavano soprattutto tanti quesiti: perché i draugr, chiamati così dai banditi, si erano svegliati dal loro sonno eterno? Chi erano i Mano d'Argento? Come aveva fatto Vilkas a diventare un Lupo mannaro? I Compagni ne erano al corrente?
Troppe domande per la mia testa dolorante.
Mi mossi appena: avevo delle bende sulle braccia, ed una intorno alla testa a giudicare dalla pressione che sentivo, inoltre le gambe erano ancora indolenzite.
C'era tempo, mi dicevo, c'era tempo per rispondere a tutte quelle domande.
Non avevo recuperato le forze del tutto, ed a giudicare dal silenzio che regnava fuori dalla porta della mia stanza doveva essere ancora notte.
Così chiusi gli occhi, abbandonandomi di nuovo al sonno profondo.


Note dell'autrice
Eccomi tornata ^^
Parlando del capitolo, devo ammettere che questo è uno dei miei preferiti, fino ad ora, anche se la vera azione arriverà solo tra qualche capitolo. Per ora Vilkas e Iris sono finalmente usciti dalla tomba Nord e si lasciano alle spalle i Draugr (odio, odio, odio!). A proposito del draugr, spero di aver reso bene lo scontro con quello che come minimo è un Draugr fustigatore o Signore della morte Draugr, infatti sa usare gli urli, urli che per ora non hanno senso per Iris, ma più in là...
Vabbè ho parlato/scritto anche troppo xD ci becchiamo tra una settimana e fatemi sapere se vi piace ^^

Edited by Lady Iris - 12/4/2013, 13:34
 
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Lady Iris
view post Posted on 8/4/2013, 11:37




Chapter V
Family's secrets



Il giorno dopo ero già in piedi, ma prima che Kodlak mi chiamasse per una chiacchierata, come la chiamava lui, dovette passare una settimana.
Mi aspettavo che prima o poi sarebbe successo, e per una volta fui lieta di aver avuto un po' di tempo per pensare, per pormi e porre le domande giuste e fare quel poco di chiarezza di cui necessitavo.
In quei pochi giorni avevo recuperato le forze, ma questo non si poteva dire di Vilkas, che risentì delle ferite causate dall'argento per molti giorni a venire, così che i miei allenamenti furono momentaneamente sospesi. Speravo che si riprendesse, ma da una parte ero lieta di non doverlo affrontare prima di aver accettato del tutto la questione del lupo mannaro e del fatto che potesse controllarsi. Non sapendo con chi parlare di questa cosa tenni per me tutto, non parlai nemmeno con Aela, la mia figura di riferimento a Jorrvaskr, così come lei non mi cercò e mi chiusi in un riflessivo quanto inquieto silenzio che non mi apparteneva ma che in quel momento mi era più che necessario.
E quando si trattò di affrontare Kodlak mi ritenni pronta.
Mi ricevette nella sua stanza, non tanto diversa da quelle degli altri abitanti di Jorrvaskr, e dopo avermi invitata a sedermi avanti a lui mi chiese come mi sentivo.
-Sto bene, le ferite sono guarite del tutto.- lo rassicurai -Piuttosto, come sta Vilkas?
-Si riprenderà. Quel ragazzo ha la pelle dura, se fossi in te non mi preoccuperei per lui.
-Beh, meglio così. Mi manca non farmi pestare la mattina.- ammisi con un tocco di ironia che non guastava mai, anche se quello non era il momento migliore per scherzare.
-In pochi giorni l'infezione causata dall'argento passerà.- dichiarò il Precursore, poi mi guardò intensamente negli occhi, sguardo che sostenni a fatica -Vilkas mi ha raccontato tutto ciò che è accaduto al Tumulo delle Vecchie Glorie, ma gradirei ascoltare anche la tua versione dei fatti.- annuii e raccontai tutto ciò che avevamo vissuto in quelle ore da incubo, ma quando si trattò di affrontare il momento in cui il bandito aveva tentato di stuprarmi allora mi feci reticente, incapace di rivivere quei momenti che mi avevano vista spaventata e vulnerabile come una bambina -Vai avanti. Ho capito.- disse solo l'uomo, ed io lo guardai grata.
-E' stato lì che Vilkas si è trasformato, comunque.- conclusi, scostandomi una ciocca di capelli dal volto.
-Mh...- l'anziano Nord annuì con il capo -Speravo sinceramente che non lo scoprissi. Non in questo modo, almeno.
-Vuol dire che lo sapevi.- non fu una domanda, la mia, e lui non ebbe bisogno di rispondere -Sapevi della...natura di Vilkas, perché non me lo hai detto?
-Lo sappiamo tutti, nel Circolo.- dichiarò l'uomo, facendo riferimento al ristretto gruppo che racchiudeva i membri più valorosi dei Compagni.
-Beh, meraviglioso. Sembra che sia l'unica ad esserne all'oscuro.- dichiarai amaramente.
-Non è una cosa che andiamo raccontando in giro come i pettegolezzi. Sei ancora un cucciolo, ma ti ritengo abbastanza intelligente per capire certe cose.- ancora con quel paragone che improvvisamente mi parve azzeccato quanto inquietante.
-Ancora con questa storia del cucciolo? Kodlak che...- tacqui e trattenni il fiato.
Con gli occhi spalancati fissi in quelli azzurri del vecchio Precursore finalmente compresi, e la verità mi colpì al pari di uno schiaffo.
-Anche tu?- chiesi alla fine.
E mi accorsi con rabbia che il mio tono era quasi uno squittio. Non potevo credere che anche l'uomo che mi aveva salvata ed accolta potesse essere una di quelle bestie sanguinose, ma soprattutto ero indignata dal fatto che me l'avesse nascosto, anche se una parte di me non riusciva a biasimarlo data la reazione che stavo avendo.
-Anche tu?- ripetei.
-Calmati, adesso...
-Come è possibile?
-Iris, se mi ascolti...
-Come ho potuto non accorgermene prima?- mi alzai in piedi ed iniziai a camminare per la stanza, coprendomi il viso con le mani per sfogare in qualche modo l'agitazione che mi correva in corpo.
C'erano così tanti segnali, ed io non ero stata in grado di coglierli: per esempio, chi ha mai visto Vilkas dormire in missione? Oppure come faceva a sapere che i banditi ci avrebbero aspettato in quella stanza? E perché soffriva a tal punto quel pessimo odore nella tomba?
Per merito dei suoi sensi sviluppatissimi, ovvio.
E...quel sospiro quando mi ha disinfettato la ferita...l'odore del sangue doveva aver stuzzicato in qualche modo la bestia che c'era in lui.
-Lupi mannari, accidenti! Tu e Vilkas! E gli altri? Gli altri lo sanno?- chiesi liberando il viso per tornare a guardare il Nord, che sospirò poggiando le mani callose sulle sue ginocchia.
-No, Iris. Ho detto che solo quelli del Circolo lo sanno.- fece una pausa che rese l'attesa pesante come il piombo -Tutti noi condividiamo questo fardello.- gli diedi le spalle, appoggiando la mano destra e la fronte al muro di legno e lasciando la sinistra lungo il fianco.
A quello non ero preparata.
Avevo immaginato che quelli del Circolo potessero saperlo (come avrebbe potuto solo Vilkas nascondere la sua natura animale ad un gruppo di cacciatori esperti come Aela e gli altri?), ma da lì allo scoprire di essere circondata da lupi mannari era un'altra cosa.
-Era questo che temevi?- gli chiesi dopo un lungo silenzio, rimanendo ancora in quella posizione per non guardarlo in faccia -Quando dicevi di non ritenermi pronta, intendo. Per diventare un Compagno devo per forza essere...
-No.- mi interruppe lui e lo sentii alzarsi per venire verso di me -Solo quelli del Circolo possono scegliere di subire la trasformazione. E' un patto di Sangue antico, figliola, che ci tiene prigionieri da un sacco di tempo. È un'arma a doppio taglio che non tutti sono disposti ad accettare, che potrebbe portare paura e guai. Per questo lo teniamo nascosto. Per questo solo pochi ne sono a conoscenza. Devi capire che non si è trattato di una mancanza di rispetto o fiducia nei tuoi confronti come ti ostini a credere.- finalmente mi voltai a guardarlo -Immagina che tutti sappiano che parte dei Compagni sono lupi mannari. Cosa succederebbe secondo te?
Mi morsi appena il labbro, abbassando lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
-Si potrebbe scatenare una vera e propria rivolta.- ipotizzai -La gente potrebbe non capire che siete...pacifici.- più parlavo, più mi rendevo conto che quelle preoccupazioni erano più che fondate -Vi si rivolterebbe contro, spargendo sangue innocente da entrambe le parti.- deglutii -E i Compagni cadrebbero in disgrazia.- mi resi conto di essere stata una capricciosa egoista.
Non avevo fatto altro che lamentarmi e sbuffare sull'attesa della mia prova, credendo che Kodlak mi sottovalutasse quando, a modo suo, mi stava proteggendo da una verità che non ero pronta ad affrontare. E lo capivo solo in quel momento. Mi sentii terribilmente stupida ed immatura.
Forse non ero davvero più di un cucciolo, come si ostinavano a chiamarmi, forse non ero davvero...
-Capisci, adesso?- guardai il vecchio Biancomanto piena di vergogna, poi abbassai lo sguardo sulle mie mani che ora si tenevano l'un l'altra -Non ti ho mai considerata debole o stupida, ma questo è un fardello pesante da portare e tu sei molto giovane.- lasciai che si avvicinasse e mi mettesse le sue possenti mani sulle spalle -Ed è normale che provi paura. Chiunque la proverebbe. Ma sappi che essere lupi mannari non fa di noi mostri, non come credi almeno.- fece una pausa -Ti mentirei se dicessi che la voglia di sangue non c'è. La bestia che accetti nel tuo corpo ha dei suoi istinti ed esigenze. Ma spetta a noi, alla nostra parte umana reprimerli. È questo che ci distingue dagli animali completi.- ancora una volta i miei pensieri tornarono in quel momento in cui Vilkas aveva posato le labbra sulla ferita, al suo sospiro così carico di desiderio da farmi ancora rabbrividire al solo ricordo...
Doveva essere stato un trauma per lui, controllare la sete di sangue davanti ad una ferita.
Rimasi un po' in silenzio, poi iniziai a tremare.
-Mi dispiace...- sussurrai con voce rotta, poi abbracciai il Nord, affondando la testa nel suo petto -Mi dispiace così tanto di aver dubitato di te.- come avevo potuto dubitare della persona che mi aveva dato tutto?
Tutti i giorni ringraziavo Kodlak di avermi aiutata, ma quando si era trattato di mettere in pratica le mie parole ero caduta al minimo fruscio di vento...

La liberano da quell'abbraccio forzato e cade a terra.
La schiena le lancia fitte di dolore che la paralizzano, non riesce nemmeno a muoversi.
-Iris!- riconosce la voce di sua madre, ma non riesce a chiamarla.
Ci prova, ma l'unico suono che esce dalle sue labbra è inarticolato e dolorante.
-Oh Azura...aiutaci tu ti prego.- sente un tocco lieve sfiorarla lì, dove una delle frustate l'ha colpita, e geme forte -Piccola mia...- sente la donna singhiozzare rabbiosamente mentre, con più delicatezza possibile, la gira e le sostiene il busto per fare in modo che le ferite non tocchino il terreno infetto, ma ogni movimento le causa dolore, non riesce a muovere un singolo muscolo.
-M-ma-mma...- tiene gli occhi chiusi, ma l'odore di sua madre è inconfondibile mentre la stringe al suo petto, un odore speziato e lieve che ha sempre saputo di casa, per lei.
-Sì, sono qui. Mantieniti cosciente, ce la fai.
-M-mi fa male...e...ho sonno.- mormora, e sente la donna gemere di paura.
-No, non ti addormentare, ti prego. Non ti addormentare!- la voce si fa sempre più lontana -Aiuto! Vi prego aiutatemi! È ferita, vi prego!- vorrebbe dirle di non piangere, che starà bene, ma non ce la fa, perché nemmeno lei ne è sicura e la paura inizia ad insidiarsi in lei come un serpente tra i cespugli in quel mescolarsi di emozioni.
Non riesce nemmeno a tenere gli occhi aperti.
-Aiu...
-Signora, calmatevi.- una seconda voce le arriva alle orecchie, una voce pacata di uomo.
-Voi chi siete?- sente la presa sulle sue spalle stringersi appena, ma basta quella piccola pressione a farla gemere ulteriormente,a causarle altro dolore.
-Dobbiamo spostarla in un luogo migliore. Venite con me. Farò in modo che riceva le cure necessarie.- si sente sollevare con facilità.
-Perché?
-Perché in questo mondo sporco di sangue salvare un innocente è il minimo che si può fare.- finalmente, anche se a fatica, apre gli occhi.
L'ultima cosa che vede prima di svenire è un vecchio dalla barba folta e bianca che la guarda. I suoi occhi sono la cosa più rassicurante che abbia mai visto.


-Avanti, non fare così.- la voce di Kodlak mi riportò alla realtà -Il tuo comportamento è dettato dalla tua giovane età. Tutti noi abbiamo passato ciò che stai passando tu adesso.- sorrisi, anche se amaramente.
-Forse mi sopravvaluti troppo. Forse sono semplicemente una ragazzina immatura.
-Forse.- concesse il Precursore sciogliendosi dal mio abbraccio -Spetta solo a te dimostrarmi il contrario.- si allontanò da me e tornò a sedersi al suo tavolo con un sospiro -Comunque voglio solo farti sapere che se vuoi andartene nessuno te ne farà una colpa.- mi prese in contropiede con quelle parole, ma non dissi nulla e lo lasciai parlare -Se non vorrai più proseguire per questa strada lo capirò. E lo stesso faranno gli altri. Non ci saranno...conseguenze.- abbassai lo sguardo.
-Davvero?- chiesi -Mi lascereste andare anche se conosco il vostro segreto?
-Ho abbastanza fiducia in te da credere che qualunque sarà la tua scelta saprai comportarti in maniera adeguata. Non rispondermi adesso.- mi interruppe con un cenno della mano quando feci per aprir bocca -Anzi, non mi rispondere proprio. Domattina se non ti vedrò, saprò che hai fatto la tua scelta.- detto questo distolse lo sguardo da me per concentrarsi su un libro posato sul tavolo, facendomi capire che la nostra conversazione era finita.
Lasciai la stanza di Kodlak in silenzio, ripensando a tutto ciò che ci eravamo detti: avrei potuto lasciare Jorrvaskr e raggiungere mia madre a Riverwood, lasciandomi dietro tutto ciò che riguardava i Lupi Mannari ed i Compagni oppure continuare per questa strada credendo che tutto sarebbe stato come prima.
Anche se ero consapevole che credere che niente sarebbe cambiato era da sciocchi. Tutto cambia, le cose, i luoghi, le persone. Soprattutto le persone, anche quelli che consideravi punti di riferimento indistruttibili potrebbero crollare come castelli di sabbia...
Ma questo lo avrei capito solo in seguito, avevo una decisione da prendere, una decisione che non mi fece chiudere occhio per tutta la notte, ma che alla fine era chiara nella mia mente.
Fu così che quando mi presentai il giorno dopo a colazione lo feci con il sorriso sulle labbra, cercando immediatamente lo sguardo di Kodlak: l'anziano Precursore era sorpreso, ma mi ricambiò dedicandomi uno dei suoi rari sorrisi.
Avevo scelto di continuare per quella via, avevo scelto di portare con me il fardello dei Compagni e farne parte. Come avevo detto a Vilkas, non avrei mai abbandonato i miei Fratelli e Sorelle di Scudo.
Ma mai è una parola infida, che quasi sempre viene smentita. Ma avrei capito anche questo, più in là, c'era ancora tempo. E per il momento mi godetti la sensazione di appartenere ai Compagni un po' di più.

Avevo deciso di rimanere a Jorrvaskr e così gli allenamenti ripresero, ma dato che Vilkas era ancora in fase di ripresa era Skjor ad allenarmi.
Skjor era uno dei membri più anziani tra i Compagni, ma era anche il più temuto dai nuovi arrivati: alto, con il viso deturpato da diverse cicatrici ed un occhio del tutto fuori uso a causa di una ferita che ne aveva fatto scomparire la pupilla, ma soprattutto dotato di una ferocia che persino Vilkas sembrava un tenero cucciolo a confronto.
-Su con quelle spalle, avanti!- esclamò con voce alta mentre portava un fendente che parai a fatica a causa della pesantezza dell'arma.
-Ci sto provando!- assicurai -M-ma l'ama pesa!
-Devi essere in grado di maneggiare ogni tipo di arma in caso di bisogno.- replicò secco il Nord attaccando il mio fianco sinistro, e per parare il colpo fui costretta ad indietreggiare per non risentire troppo dell'urto -Se dovessi trovarti con le spalle al muro e solo con un'ascia da guerra a disposizione, un martello o roba simile come pensi di comportarti, novizia?- se fosse stato Vilkas a chiamarmi Novizia mi sarei arrabbiata, ma Skjor aveva l'abitudine di chiamare Novizio chiunque al di fuori del Circolo, persino Athis che era entrato nei Compagni da prima del mio arrivo si sentiva ancora chiamare così -Farai gli occhi dolci all'avversario e gli chiederai di poter avere un'arma che incontri di più il tuo gusto?
-Potrei anche farlo.- pensai, ma preferii tacere mordendomi il labbro.
Se con Vilkas potevo permettermi certe uscite sarcastiche e, perché no, offensive, con Skjor la cosa era fuori discussione, sarebbe stato capace di farmi pulire le stalle dei Compagni per una settimana con solo l'ausilio di un cucchiaio.
Il suo ragionamento non era sbagliato, ma io ero convinta che cercando di farmi maneggiare armi in cui non ero portata mi stesse solamente causando disagio e guai...ma andarglielo a spiegare era fuori discussione.
Attaccai di nuovo, i muscoli contratti per lo sforzo di sollevare il martello da guerra, e cercai di sfondare la difesa del Compagno all'altezza del petto, ma lui si limitò a parare ed a farmi uno sgambetto che mi fece facilmente perdere l'equilibrio, ma rotolai via appena in tempo per evitare di finire sotto la sua arma, un'ascia da guerra più grossa di me, anche se rimasi disarmata e...
-Skjor.- la voce di Vilkas interruppe il nostro allenamento, ed entrambi ci girammo verso di lui -Per oggi l'hai umiliata abbastanza, Kodlak vuole vederci.- arrossii di sdegno.
-Non appena la tua ferita si sarà del tutto rimarginata ti faccio vedere chi umilierà chi!- ribattei puntandogli un dito contro mentre nell'altra mano tenevo il martello da guerra che praticamente mi ritrovai a strascinare dato che con una mano sola non ce la facevo a tenerlo.
L'infezione al fianco dovuta all'argento e allo sporco accumulato nella tomba aveva tenuto Vilkas a letto per qualche giorno, e anche se il Compagno era duro da abbattere risentiva ancora della ferita dato che la lama era penetrata in profondità. Era sconvolgente sapere che una bestia in grado di non ammalarsi mai e di sopportare cose ben più gravi si potesse piegare così malignamente ad un materiale elegante come l'argento, nonostante fosse un uomo robusto Vilkas portava ancora i segni della sua brutta avventura vissuta con me.
-Aspetta ancora un paio di giorni, mocciosa, e vedrai che ne riparliamo.- il suo mezzo ghigno non mi impedì di arrabbiarmi, ma almeno non gli mostrai il medio come più di una volta avevo fatto.
Perché dal Tumulo delle Vecchie Glorie, ferite e paura a parte, e da tutto ciò che ne era seguito avevo ottenuto qualcosa di importante, ovvero la stima di Vilkas: certo, il Compagno continuava ad essere irritante, presuntuoso e poco gentile come solito, ma negli occhi la scintilla di noia e compassione che gli vedevo sempre quando si rivolgeva a me era scomparsa. E dopo quello che aveva fatto in quella tomba non potevo fare altro che ricambiare, anche se tutto avveniva a modo nostro.
-Avete finito voi due? Hai detto che Kodlak voleva vederci, no?- intervenne Skjor e, senza tanti complimenti, seguì il licantropo.
-Ehi!-lo richiamai prima che sparisse -E io che faccio?
-Quello che ti pare, mi hai preso per la tua balia?- replicò burberamente l'uomo, e sono sicura di aver sentito Vilkas ridacchiare prima che entrambi sparissero all'interno di Jorrvaskr.
Ne approfittai per scaraventare a terra il martello con aria soddisfatta, ma dopo cinque secondi mi affrettai a raccoglierlo temendo di vedere arrivare Skjor incazzato nero, il Compagno teneva molto ai suoi bambini letali e vederne uno trattato in quel modo mi avrebbe fatto passare sicuramente dei brutti momenti.
Per il resto passai la giornata coltivando la mia passione segreta: la lettura.
Mia madre mi aveva insegnato a leggere e scrivere, ma era stato solo a Jorrvaskr che avevo scoperto quanto fosse piacevole immergersi in un libro, soprattutto per distogliere la mente da pensieri indesiderati o dai dolori post allenamento, e Jorrvaskr, al contrario di quanto uno possa pensare, è piena di libri su qualsiasi argomento, da manuali per la caccia e il combattimento a delle semplici raccolte di canzoni e storie.
Nella mia stanza ne tenevo moltissimi, la maggior parte nascosti sotto il letto per evitare che occupassero troppo spazio e soprattutto per evitare che venissero presi senza il mio consenso, sono sempre stata molto gelosa dei miei libri e non era raro che Vilkas me li soffiasse per poi rovinarmi il finale, come quando stavo leggendo “Ladro” e passandomi vicino sibilò due sole parole: lui muore.
Non ricordo cosa sia successo dopo, credo di avergli lanciato il libro. Se ci ripenso adesso non posso fare a meno di sorridere, ma sul momento dovevo essere davvero furiosa.
Comunque passai il pomeriggio a leggere finché non venne proprio Vilkas a cercarmi, entrando nella mia stanza senza troppi complimenti.
-Adesso bussare è troppo da pivelli?- chiesi senza staccare gli occhi dalle righe del libro, e lo sentii sbuffare.
-Staccati da lì e vieni con me.- disse, dirigendosi subito fuori dalla stanza.
-Aspetta!- esclamai lasciando “La Regina Lupo -Volume I” sul letto e andandogli dietro, chiudendomi frettolosamente la porta alle spalle -Dove stiamo andando?
-In cortile.
-In cortile? Ma vuoi allenarmi?
-Secondo te posso riprendere in queste condizioni?- effettivamente aveva ancora il fianco bendato, ma cos'altro poteva spingere Vilkas a portarmi in cortile a sera inoltrata?
-E allora che...?
-Accidenti quanto chiacchieri. Appena arriviamo, saprai.- mi interruppe lui, zittendomi e lasciandomi preda della curiosità per quel minuto che impiegammo per raggiungere il cortile, precisamente mi condusse sotto la grande statua di Ysgramor dove trovai, con mia gran sorpresa, il Circolo al completo con tanto di torce per illuminare la zona.
E a quel punto una consapevolezza si fece largo in me, così forte ed impetuosa da farmi stringere lo stomaco in una morsa di nervosismo ed eccitazione.
Kodlak con la mano destra lungo il corpo e la sinistra che reggeva una fiaccola stava al centro, alla sua destra Skjor ed Aela, alla sua sinistra Farkas.
Non riuscivo a smettere di fissarlo, non spostai lo sguardo da lui nemmeno quando Vilkas andò a posizionarsi accanto al fratello, cercando di placare i battiti del mio cuore sempre più agitato mentre Kodlak aprì bocca ed iniziò a parlare.
-Oggi accogliamo una nuova anima nel nostro gruppo mortale.- fece una pausa ed io strinsi forte i pugni per cercare di mantenere un certo contegno e dignità all'altezza della situazione, trattenendo appena il fiato quando l'uomo mi indicò con una mano -Questa donna ha resistito, ha combattuto ed ha mostrato il suo valore.- ero così stordita da tutto ciò che stava accadendo da non vedere né l'orgoglio del Precursore, né il sorriso soddisfatto di Aela.
-Chi parlerà per lei?- il silenzio in quel momento si fece ancora più pesante e i miei occhi vagarono istintivamente fino a Vilkas, al suo sguardo indecifrabile alla luce della torcia tenuta dal fratello gemello.
-Sono testimone del valore dell'anima dinanzi a me.- non potevo crederci.
Davvero aveva pronunciato quelle parole? Davvero stava parlando per me, garantendo il mio valore per poter entrare finalmente nella famiglia?
-Alzeresti lo scudo per difenderla?- chiese ancora Kodlak, ponendo a Vilkas la prima delle domande di rito necessarie per la spartana quanto significativa cerimonia.
-Le coprirei le spalle per impedire al mondo di sopraffarci.
-E brandiresti la spada in suo onore?
-La ricoprirei con il sangue dei suoi nemici.
Kodlak porse anche l'ultima domanda senza staccarmi gli occhi di dosso, studiando ogni mia reazione: nessuna emozione, nessuna traccia dell'affetto che mi aveva dimostrato in quei due anni di permanenza come aspirante Compagno, davanti a me non c'era il mio salvatore, ma il Precursore della Gilda più antica di Skyrim che mi stava giudicando, così come stavano facendo gli altri membri del Circolo.
Persino Farkas aveva un'aria più solenne del solito.
-E solleveresti una coppa in suo onore?
-Sono pronto ad intonare la canzone del trionfo mentre la nostra sala rimbomba con le sue storie.- concluse Vilkas, e non potei fare a meno di chiedermi cosa stesse pensando in quel momento, se davvero fosse convinto delle parole appena pronunciate.
-Il giudizio del Circolo è completo, dunque.- riprese il Precursore -Il suo cuore batte col coraggio e la furia che hanno unito i Compagni delle verdi estati lontane.- dovetti ricorrere ad ogni mia forma di autocontrollo per non scoppiare a piangere per la gioia che sentivo dentro, ripetendomi che per niente al mondo avrei dovuto rovinare quel momento che ricordo come uno tra i più belli e profondi di tutta la mia vita, ma un sorriso alla fine sfuggì alle mie labbra mentre il Nord concludeva la cerimonia -Che combatta insieme ai nostri, che le montagne risuonino ed i nostri nemici tremino al suo richiamo.
-Così sia.- gli altri quattro membri del Circolo pronunciarono la formula di chiusura, e con il calore del fuoco, gli occhi severi di Ysgramor e la luce della luna come testimoni, quelle due parole segnarono l'inizio della mia nuova vita come membro ufficiale dei Compagni.


Note dell'Autrice
Salve^^
Il dialogo tra Iris e Kodlak è stato tremendamente difficile da scrivere e non sono del tutto convinta, critiche e accorgimenti sono ben accetti^^ Per quanto riguarda la parte di Skjor, che dire? Mi diverte immaginare il Nord che incute timore a tutti, specialmente ad Iris, e ho immaginato che potesse avere una passione per le armi pesanti, una passione così zelante tanto da costringere i poveracci che gli stanno intorno a condividerla con lui, volenti o nolenti. Mi ricorda il mio senpai a karate...dettagli. Infine il tanto atteso momento: Iris è entrata a far parte dei Compagni, e la cerimonia è quasi uguale a quella del gioco, perché non me la sono sentita di cambiarla, l'ho trovata spartana ma profonda, esattamente lo specchio dei Compagni in sé, l'unico “lusso” che mi sono concessa è stata la notte ed una presunta statua di Ysgramor con tanto di targa “ad onorem” (si scrive così? °.°), perché mi piace arricchire Jorrvaskr con qualche particolare in più, come il cane xD Inoltre, come avete potuto leggere, è Vilkas a parlare in questo caso dato che è stato lui ad aver osservato Iris in quella che alla fine si è rivelata essere la sua Prova d'Onore.
Fatemi sapere, o quando sarò una scrittrice ricca e famosa non vi farò nessuna dedica >.> (come no?)
Un bacio!
 
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Lady Iris
view post Posted on 12/4/2013, 20:27




Chapter VI
News and confidences



-Sono felice che tu sia riuscita a farmi visita.- sorrisi a quelle parole e mi sedetti su una delle sedie che circondavano il piccolo tavolo della cucina, guardando mia madre affaccendarsi per preparare il pranzo.
-Ti avevo promesso che sarei venuta.- le ricordai -Sono di qualche ora in anticipo sulla tabella di marcia, quale occasione migliore per poter passare un po' di tempo con te?
-Sono onorata.- mi prese in giro la redguard guardandomi divertita -Da quando sei entrata nei Compagni le tue visite si sono fatte più rare.
Sameera era una donna forte, ma una vita di fatica e soprattutto il lutto del marito l'avevano portata a dimostrare più dei suoi anni: il viso rotondo era ancora bello, con un naso piccolo, profondi occhi neri e la bocca carnosa, ma la pelle scura delle guance si stava già riempiendo di rughe ed i capelli neri, da me ereditati, presentavano qualche chiazza di grigio molto insistente. Studiavo il viso di mia madre ad ogni visita, trovandola sempre più stanca. Non intenzionata a smettere di lottare, ma stanca.
Sono tutt'ora convinta che una parte di lei sia morta con mio padre, quel giorno. Non me ne ha mai parlato e mai lo farà, credo. Forse una parte di lei credeva che non parlandone la cosa sarebbe rimasta un miraggio lontano, un brutto sogno da cui svegliarsi come spesso capitava a me...
-Sono stati mesi impegnativi, lo riconosco, ma non sono mai stata così soddisfatta.- ammisi senza scompormi, poi mi stiracchiai -E poi ammettilo che sei orgogliosa di me.- aggiunsi con un pizzico di spavalderia che non riuscivo proprio a reprimere, era ed è rimasta una parte del mio carattere che non ho mai domato del tutto.
-Come siamo presuntuose, ragazzina. Alla tua età non ero così.- alzando gli occhi al cielo spostai gli occhi verdi verso l'anzianissima bretone che sedeva a capotavola, intenta a pestare delle erbe con un mortaio.
Si faceva chiamare nonna Hannet, ma non c'era nessun legame di sangue a legarci: la vecchietta aveva accolto mia madre quando quest'ultima era arrivata a Riverwood, offrendole ospitalità in cambio di qualcuno che andasse a raccogliere le erbe di cui aveva bisogno per fabbricare pozioni curative, tisane, tutto ciò che si confaceva ad un'erborista, insomma, e che non poteva più procurarsi da sola a causa dell'età. Ovviamente le ero molto grata per aver dato una mano a mia madre per mettere radici nella sua nuova vita senza papà, ma non potevo fare a meno di considerarla strana, oltre che fuori di testa. Piccola, con la schiena incurvata dagli anni ed una chioma grigia legata sempre in un buffo chignon, la sedicente Hannet, di cui non ero sicura nemmeno del nome, ogni volta che andavo a trovarle amava raccontarmi aneddoti della sua vita (probabilmente inventati) che sosteneva mi avrebbero aiutata, un giorno.
-Hannet...
-Nonna Hannet, signorina.- mi corresse con tono petulante, e sbuffai appena mentre Sameera si girava per non far vedere la risatina che stava trattenendo faticosamente -La presunzione accorcia la vita, ricordatelo.
-Lo so, lo so. Me lo dici sempre e non sei l'unica.- osservai con un pizzico di irritazione, perché Vilkas amava ricordarmi che era per colpa della mia impulsività e spavalderia che spesso perdevo i nostri incontri.
-Ecco, fatti due domande.- alzai un sopracciglio -E non guardarmi così.
-Oh per l'Oblivion, certe volte sei peggio di Vilkas quando ti ci metti!- esclamai alzando le braccia al cielo, proprio mentre mia madre mi metteva davanti agli occhi una tazza di the fumante -Grazie.
-Parli spesso di questo Vilkas.- mi fece notare, e il gesto di portare la tazza alle labbra si bloccò a mezz'aria, ma prima che potessi parlare la voce di Hannet mi precedette.
-Sì, infatti. Chi è questo tizio?- pettegola la vecchietta, eh?
-Uno dei Compagni, chi vuoi che sia? La più grande piaga di Skyrim.- ribattei prima di bere un sorso dalla mia tazza per poi posarla sul tavolo -Lo nomino sempre perché ogni giorno mi pesta per almeno tre ore.- non capivo perché mi stessi giustificando, forse era lo sguardo indagatore di Hannet o il sorrisetto di mia madre a mettermi a disagio, fatto sta che non intendevo sollevare gli occhi dalla bevanda.
Ovviamente la mia opinione su Vilkas in quei mesi era migliorata, come ho già detto, ma il nostro rapporto non poteva essere tutto rose e fiori e la voglia di suonargliele di santa ragione ogni tanto si faceva ancora viva in me. Certo, il conoscere la sua identità di lupo mannaro, di cui ovviamente non avevo parlato con nessuno, mi intimidiva ancora dato che non era di certo una novità da digerire in qualche giorno, ma almeno stavo tenendo fede alla promessa che avevo fatto a me stessa: cercare di non vederlo con occhi diversi.
Perché pur di non perdere questa nuova, grande famiglia avrei affrontato ogni cosa, perfino la paura.
-Ma Vilkas è quel giovane con i capelli lunghi ed il gemello?- chiese mia madre.
-No, quello è Farkas, ma più o meno hai capito di chi parlo.
-Farkas, hai ragione. È che sono così uguali.
-Passaci un paio di giorni insieme e poi ne riparliamo.- replicai sorseggiando un altro po' di the, poi incrociai le braccia e misi su un'espressione solenne e cinica -“Hai ancora molto da imparare, novellina”, tzè.
-Beh, ha ragione.- ecco la vocina di Hannet a farmi saltare i nervi.
-Grazie tante, davvero!
-Ah, ma figurati.- una delle cose che più odiavo di quella stramba vecchietta era il non capire se lei comprendesse o meno il mio sarcasmo -Sei sveglia, ma ricorda: esisterà sempre qualcuno che lo sarà più di te.
-Va bene, va bene...- mormorai finendo il the, poi mi alzai e poggiai la tazza in una tinozza dove altre pentole di ghisa e piatti di coccio si facevano compagnia in attesa di essere lavati e riposti sulla credenza -Devo incamminarmi adesso- dissi dando un rapido bacio sulla guancia a mia madre -Devo essere a Jorrvaskr entro sera.
-Mi raccomando: attenta e non fare le... “porce cose”.- commentò scuotendo la testa con disapprovazione la signora.
Oh giusto, ho scordato di dirvi che la simpatica vecchietta era convinta che, vivendo insieme ad altri uomini, io non facessi altro che combinarne di cotte e di crude, e quelle presunte cotte e crude le chiamava “porce cose”. Spiegarle che vivere con degli uomini non significava per forza andare a letto con loro non era servito a niente.
-Non ti daranno mica un'altra missione?- mi chiese Sameera, spostando la conversazione via dalle “porce cose” di nonna Hannet, mentre asciugava un piatto -Sei appena rientrata.
-Faccio quello che mi chiedono di fare. E poi la paga è buona.- precisai, dato che da quando ero entrata a far parte ufficialmente dei Compagni i compensi si erano fatti più alti, così come i soldi che potevo permettermi di mandare a mamma e Nonna Hannet. Lei sembrò leggermi nel pensiero e posò lo straccio per poi prendermi il viso tra le mani e carezzarmi i tre graffi sul volto, la mia cicatrice.
-Senti, la paga è la cosa di cui ti devi preoccupare di meno. Devi tornare a casa viva e vegeta. Questo è quello che conta.- sbuffai, ma mi liberai in fretta della sua presa perché non vedesse l'inquietudine dei miei occhi.
Non le avevo detto cos'era successo nel Tumulo delle Vecchie Glorie, né dei draugr, su cui Kodlak mi aveva chiesto di mantenere il segreto, né dello stupro che stavo per subire, perché le avrei fatto solo passare inutili brutti momenti. Non intendevo infierire oltre sul suo cuore già appesantito.
-Starò attenta, davvero. Ma questa è la vita che ho scelto e non tornerò indietro, lo sai.
-Lo so.- sospirò lei riavvicinandosi a me e scostandomi una ciocca di capelli dal volto per portarmela dietro l'orecchio indugiando sulla mia guancia -Sei sempre stata così testarda, proprio come tuo padre.- una morsa dolorosa mi strinse lo stomaco nel sentirlo nominare.
Non parlavamo spesso di lui, era un ricordo ancora troppo vivo e doloroso perché potessimo affrontarlo e quella volta non fece eccezione, ma non dissi nulla temendo solo di ferire la donna che avevo davanti.
-Hai il suoi occhi...- continuò sorridendo -Verdi come gli alberi più belli di Skyrim.- ed io distolsi quegli occhi da lei, indietreggiando fino a liberarmi dalla sua presa dolce.
-Ci vediamo, mamma. Ciao nonna.- in fretta e furia mi chiusi la porta alle spalle e lasciai che il vento di Skyrim mi abbracciasse, togliendomi con il suo gelo la pesantezza che sentivo nel cuore.
Non provavo mai del vero freddo. Certo, come ogni essere vivente rabbrividivo nelle gelate, mi colava il naso e mi lacrimavano gli occhi quando il vento era troppo freddo, ma non ero mai arrivata a rischiare la morte per assideramento. A dispetto dei miei tratti, dei miei colori, dentro di me ero una Nord fatta e finita e mi godevo altamente questo pregio concedendomi lunghe passeggiate quando volevo isolarmi da tutto e tutti, il che non avveniva spesso.
Non ho mai amato la solitudine anche se un periodo ho viaggiato solo con me ed i miei spettri a tenermi compagnia, e...oh, sto tergiversando, perdonatemi.
Tornai a Jorrvaskr che era oramai notte fonda e trovai Aela che usciva proprio mentre io mi accingevo ad entrare.
-Ehi, dove vai?
-A caccia.- mi disse indicandomi l'arco che teneva sulla schiena con un cenno del capo.
Osservai la donna che per me era un'amica, oltre che un mentore: capelli castano rossicci mossi e ribelli, occhi chiari ed un viso bello “sfregiato” da una pittura di guerra, qualche rito per guadagnare il favore di Hircine, forse, a cui la donna era molto devota.
Era una cacciatrice straordinaria. Per tanti anni avevo creduto di sapere tutto riguardo alla caccia e come praticarla, ma mi bastarono pochi giorni con lei per capire che mi sbagliavo: quel che sapevo io non era altro che il niente, un piccolo granello di polvere, e che mai avrei finito di apprendere, che solo Hircine sapeva tutto riguardo al suo regno e che solo lei ci avrebbe concesso di conoscere qualcosa.
-Beh, divertiti.
-Puoi venire, se ti va.- mi invitò gentilmente, ma io scossi la testa e rifiutai.
-Sono appena tornata da una missione, ho solo voglia di un bicchiere di idromele e di andarmene a letto. Devo ancora fare rapporto.- un sorriso quasi selvaggio le solcò il volto.
-Allora buona notte. Eh, questi cuccioli non hanno la minima resistenza!
-Dammi di nuovo del cucciolo e ti pianto una freccia in fronte.- la salutai con sarcasmo per poi entrare definitivamente nella struttura, lasciandomi sfuggire un sospiro di stanchezza non appena mi sedetti -Casa!- esclamai con tono solenne.
Essendo presto per la cena la sala era ancora vuota, ma il mio stomaco brontolava con una prepotenza tale da ricordare un orso, così mi guardai intorno adocchiando le pietanze che già riempivano la tavola.
-Ce l'hai fatta?- Vilkas arrivò puntuale come sempre, e per tutta risposta gli porsi la mano aperta.
-Il pulcino è tornato nel pollaio, esigo la mia ricompensa.- un verso a metà tra sbuffo e risata fu la sua risposta mentre il sacchetto tintinnante finiva nella mia mano -Sono stati generosi.- considerai soppesandolo.
-La bella e giovane moglie di un vecchio mercante, cosa ti aspettavi?
-Effettivamente...- la giovane donna che avevo salvato era un'imperiale dalla pelle olivastra e dai grandi occhi scuri, con il mio intervento le avevo sicuramente fatto evitare un brutto momento a tu per tu con quei due banditi che l'avevano rapita, e mi stupii come una bella donna come lei potesse stare con un vecchio come l'apprensivo consorte -Il potere dei soldi.- ammisi ad alta voce.
-Che?
-Niente, niente.- con un cenno della mano sminuii il tutto, poi tornai a guardare gli occhi chiari di Vilkas -Piuttosto, è sparito un libro dalla mia stanza.
-Quindi?
-Ne sai qualcosa?
-Dovrei saperne qualcosa?- assottigliai gli occhi davanti al suo sorrisetto da schiaffi.
-Sappi solo questo: se mi riproponi lo stesso scherzetto di “Ladro” stavolta ti uccido.
-Come posso rovinarti il finale di un libro che non ho letto?- replicò lui, sedendosi davanti a a me e versandosi un bicchiere di birra per poi scolarselo tutto d'un fiato.
-Bastardo!- esclamai inforchettando con rabbia un pezzo di carne di cervo e sfogando su di lui quello che non potevo fare al Compagno, ma la mia attenzione venne dirottata dall'entrata di Skjor e della sua espressione accigliata.
-Che casino...- mormorò sedendosi di peso sul posto accanto a me -Che gran casino del cazzo!- esclamò.
-Che succede?- gli chiesi, e l'unico occhio sano del Compagno si posò su di me.
-Il Re dei Re Torygg. È morto.- io spalancai gli occhi, mentre Vilkas rimase impassibile anche se la scintilla dell'interesse era palese nel suo sguardo.
-Come è morto?
-Non si ha niente di certo. Si sa solo il nome del suo assassino: Ulfric Manto della Tempesta.
-Lo jarl di Windhelm?- chiesi, sempre più stupita.
Insomma, uno degli jarl aveva appena ucciso il suo re.
-E chi altri? Il fatto è avvenuto circa due giorni fa e sta già facendo il giro di Skyrim.
-E come l'ha ucciso?- il mio interesse era tutto per Skjor ed il suo racconto.
-È qui che sta il problema. Ulfric ha sfidato Torygg a duello, alla vecchia maniera Nord, insomma.- fece una pausa per addentare un pezzo di pane -Ma alcuni dicono che l'abbia ucciso trafiggendolo con la spada...mentre altri sostengono che abbia usato il Thu'um.
-Il Thu'um...- mormorai, inclinando la testa -Che cos'è?
-L'hanno già arrestato?- chiese Vilkas, impedendo a Skjor di rispondere e guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia, che tuttavia rimasi in silenzio per ascoltare.
-No. L'orso di Markarth è riuscito a fuggire, approfittando della confusione. Ora si sarà rintanato a Windhelm.
-Ma senza alleati crollerà subito.- intervenni, perplessa -Insomma...si è messo contro tutta Skyrim!
-Non tutta.- replicò Skjor con un sorriso amaro -Nel Rift ed a Dawnstar Ulfric ha dei sostenitori, Laila Dona Legge e Skald il Vecchio lo appoggiano pienamente.
-Questo significa solo una cosa.- intervenne Vilkas con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani a coprire la bocca, tanto che la sua voce risultò bassa anche se chiara -Scoppierà una guerra civile.- ero senza parole.
-Ma non può scoppiare una guerra civile così, di punto in bianco! Insomma, lui...
-Giusto, giusto...- mormorò Skjor ed io mi interruppi per ascoltarlo -Tu sei ancora giovane, Iris, e non puoi sapere. Ma questa è una storia che ha le sue radici nella Grande Guerra contro il Dominio. Non è altro che il frutto di un rancore nutrito e tenuto vivo che finalmente è sfociato in...questo.
-Ma anche se fosse perché sei così preoccupato?- gli chiesi.
Per quanto cercavo di capire, non ci riuscivo. Noi Compagni eravamo una fazione neutrale, poco più che mercenari anche se con una gloriosa origine, non ci eravamo mai schierati e sicuramente non ci saremmo schierati adesso.
-Non siamo forse neutrali?- chiesi poi, anche se l'idea di vedere l'Impero in difficoltà, colpito con tale ferocia, stuzzicava e carezzava la mia vendetta come un'amante voluttuosa.
-Ovviamente. I Compagni non si schiereranno.- precisò subito il guerriero -Ma come ti ho già detto la situazione è più grave di quello che possa sembrare.
-Soprattutto se dovessero mettersi in mezzo gli elfi.- aggiunse Vilkas con tono cupo.
-Gli elfi? Cosa centrano gli elfi adesso?- ero sempre più confusa, quella massa di informazioni stava facendo dolere la mia testa già stanca dal viaggio.
-Sai che la Grande Guerra è stata combattuta contro il Dominio Altmeri, giusto?- mi chiese rapidamente il più giovane, ed annuii -E sai anche come si è conclusa?
-Il Concordato...Bianco?- tentai cercando di ripescare qualche nozione dalla mia testa che in quel momento si rifiutava di collaborare.
-Della Torre di Oro Bianco. Che vieta il culto di Talos.- nel sentir pronunciare quel nome ebbi un tuffo al cuore.

Un amuleto gira lentamente, trattenuto da un piccolo cordoncino in mano all'uomo. Ricorda una piccola spada in miniatura, con tanto di manico ed elsa appena lavorata con una fantasia semplice, quasi scarna.
-E' la tua spada?- chiede la bambina, ed il Nord ridacchia lasciando la collana tra le sue manine perché possa guardarla meglio.
-No. Questo è il mio segreto, piccoletta.- a quelle parole i suoi occhi verdi, così uguali a quelli del biondo, brillano di curiosità.
A lei piacciono i segreti, le è sempre piaciuto scoprire cose di cui gli altri, gli stessi che ignorano la loro esistenza, non sospettano nulla.
-Il tuo segreto? L'hai rubata?- chiede poi, quasi preoccupata, perché la mamma dice che rubare è sbagliato, anche se poi loro rubano la cacciagione allo jarl.
Oh, non che lei sappia chi è lo jarl o cosa sia la cacciagione, ma è così che ha sentito parlare Sameera quando sia lei che il marito la credevano profondamente addormentata.
-No, no. Non è questo. Il mio segreto non è l'oggetto. È colui che rappresenta.- fa una pausa, si guarda intorno evidenziando il tono da cospiratore -Talos.
-Talos? È un tuo amico?- non capisce perché lui sia scoppiato a ridere e perché l'abbia presa in braccio, ma non può fare a meno di ridere a sua volta per questo.
-Più o meno. Lui è il grande che è stato capace di elevarsi tra le altre divinità. L'uomo diventato dio. Lui è un guerriero, il più grande, forse.- le spiega, mentre lei gli rimette la collana giocherellando con i capelli biondi del suo papà.
-Come quelli che venera mamma? Akatrosk?- hanno nomi così difficili, questi dei!
-Sì, come Akatosh.- gli occhi verdi del Nord diventano all'improvviso bui e la guarda serio, come mai l'ha guardata -Non dovrai dire a nessuno di questa cosa, hai capito?- e a chi vuole che lo dica?
Non viene mai nessuno nella loro casa in mezzo al bosco.
Ma questo non lo dice, si limita ad annuire, e lui si sistema di nuovo l'amuleto sotto la casacca, nascosto ad occhi esterni.


-...ripristinarlo.- concluse Skjor, riportandomi bruscamente alla realtà.
-Eh?- chiesi.
-Ho detto che una delle ragioni per cui Ulfric Manto della Tempesta porta rancore all'Impero è per aver permesso ai Thalmor di proibire il culto di Talos. Ed intende ripristinarlo.- ripeté, incredibilmente paziente, il compagno.
-Ah...capisco.- all'improvviso la guerra, i Compagni, tutto mi era lontano, l'immagine dell'amuleto di Talos di mio padre danzava ancora davanti ai miei occhi, tanto reale da poter allungare una mano e toccarlo proprio come avevo fatto da bambina -Ed è un male?
-Non è venerare Talos in sé per sé che fa la differenza. Ci sono culti peggiori, cucciolo.- mi apostrofò il guerriero mentre l'unico occhio marrone mi fissava serio -Pensa a Boethia, Malachat o Sanguine. Talos è la scusa che ha acceso la miccia. Non era altro che la brace pronta ad ospitare la fiamma.
-Quindi rischiamo una ripicca degli elfi? È questo che temi?- chiesi, iniziando capire -Temi che possano rompere il Concordato.
-Esattamente.
-Ma questo non accadrà finché l'Impero governerà Skyrim. E anche se le cose dovessero evolversi in maniera inaspettata non ci riguarda.- replicò Vilkas, ma il più vecchio scosse la testa.
-Se gli elfi invaderanno Skyrim ci riguarderà eccome. Ricordi chi sono i Compagni, vero?
-I cinquecento guidati da Ysgramor che scacciarono gli elfi da queste terre.- risposi io al posto del Nord allontanando da me il piatto con il succoso pezzo di carne, all'improvviso priva di appetito.
-Appunto.
-Avanti Skjor, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.- replicò il bruno, riprendendo il bicchiere con ancora un po' di birra -Stiamo parlando di qualcosa che è poco più di una ribellione. Stiamo facendo ipotesi di un futuro altamente improbabile quanto lontano.
-È sempre meglio essere pronti, Vilkas. Sei uno dei nostri guerrieri con più esperienza, ma a volte ragioni come un novizio.- con piacere notai le guance del Nord tingersi di rosso, un misto di imbarazzo e rabbia a colorarle, ed anche se cercai di nascondere il mio sorrisetto soddisfatto nel vedere Vilkas in difficoltà mi beccai ugualmente un'occhiataccia da parte sua -Gli elfi sono un pericolo, diciamolo. Non entreremo in guerra, ma io suggerisco di essere pronti a difenderci.
-Umh, l'Impero o gli elfi...non so cosa sia peggio.- borbottai -In ogni caso sembra che Skyrim sia destinata ad essere di nuovo macchiata dal sangue dei suoi figli.
-Come siamo poetici!- mi prese in giro Vilkas.
-Fottiti.
-Dopo di te.
-Oh, non intendo essere spettatore della vostra lite da ragazzini.- Skjor mi anticipò alzandosi e dirigendosi verso gli alloggi -Vilkas, quando hai finito raggiungimi, devo parlarti.
-Va bene.- così rimanemmo soli.
Per un po' il silenzio regnò sovrano, ma venne presto spezzato.
-Mio padre venerava Talos.- dissi, all'improvviso e senza alcun collegamento -Teneva un amuleto sotto la casacca.- lui non rispose, si limitò a fissarmi a lungo e credetti che non avrebbe risposto, ma quando stavo per dirgli che me ne stavo andando mi anticipò.
-È per questo che l'hanno...?
-No.- lo interruppi, e dopo aver appoggiato un gomito sul tavolo mi passai una mano tra i capelli.
Erano oramai lunghi fino a metà schiena ed avevano bisogno di essere tagliati, ma per mancanza di voglia e tempo continuavo a rimandare, anche se tenere i capelli corti è utile a prevenire pidocchi ed altri imprevisti del genere.
-Cacciava di frodo nei territori dello Jarl.- conclusi -Il suo unico crimine è stato far sopravvivere la famiglia.
-Non poteva fare altri lavori?- non c'era scherno nel tono del Nord, mi stava semplicemente ascoltando e gliene fui grata.
-Ha combattuto nella Grande Guerra. Aveva una ferita alla gamba che a volte lo faceva stare a letto per giorni. Anche per settimane.- abbassai lo sguardo, fissando con un sorriso amaro il pavimento -Nessuno vuole un lavoratore che non può garantire la propria disponibilità in maniera costante.- deglutii -Ancora non capisco come hanno fatto a trovarci, davvero. Non capisco.- la mano che avevo tra i capelli si strinse intorno ad essi, causandomi dolore alla cute, dolore che ignorai -Per anni siamo rimasti nascosti lì. Per anni... e all'improvviso sono arrivati. Erano... sei, credo. E come una stupida ho lottato, credevo davvero di poter fare qualcosa.- sospirai e cercai persino di ridere, anche se non mi riuscì molto bene -Ho attaccato un ufficiale con un pugnale, ti rendi conto? Dovevo essere idiota, che dici?- ancora una volta ottenni il silenzio, in quel momento sembrava che Vilkas non stesse nemmeno respirando -Mi sono beccata dieci frustate per aver attentato alla vita di un ufficiale imperiale. Ma loro per aver distrutto una famiglia si sono presi una ricompensa, la taglia sulla testa di mio padre.- non capivo perché gli stessi dicendo quelle cose, così di punto in bianco, perché gli avessi raccontato dei segni che ancora mi decorano la schiena, che mostrano un pezzo della mia storia che voglio ed al tempo stesso non voglio dimenticare.
Chi mi assicurava che Vilkas volesse ascoltarmi? Probabilmente lo stavo annoiando e costringendolo a rimanere lì a fissarmi, ad ascoltare i deliri di una povera scema in fase lacrimosa. Questo mi dicevo.
-Scusami, non volevo usarti come sfogo.- dissi poi cercando di ricompormi -Dimentica quello che hai sentito, va bene?
-Lo farò se tu lo vorrai.- replicò lui, ed io lo guardai sorpresa -Siamo Fratelli di Scudo, ricordi? Sei stata tu stessa a dirmelo in quella tomba.- gli ero grata e gli dedicai un sorriso sincero, un sorriso che mai avevo rivolto a lui e che dovette in qualche modo metterlo in imbarazzo dato che distolse perfino lo sguardo -Ora va' a dormire.- mi disse -E vedi di riprenderti. Sai, potrebbe sfuggirmi che sei più frignona di quanto appari.- spalancai gli occhi, presa alla sprovvista da quel cambio di tono e atteggiamento da parte sua, e la mia risposta arrivò più tardi del solito.
-In quel caso la tua stanza potrebbe accidentalmente essere messa sotto sopra da uno skeever, ti avverto.- lo minacciai, poi mi alzai in piedi -Ora vado, la tua faccia stasera mi ha stancato.- non sentii la sua risposta, ma qualunque cosa avesse detto non me la sarei presa. Perché lui era Vilkas e quello era il nostro modo di relazionarci, lui era il mio Fratello di Scudo ed il mio miglior nemico, e con nessun altro avrei potuto avere quel rapporto.
Ancora non lo accettavo, ma l'uomo stava iniziando a prendere un posto speciale in me che si distanziava da tutti gli altri.


Note dell'Autrice
Bon, un capitolo abbastanza tranquillo in cui entrano in scena la mamma di Iris e una simpatica quanto misteriosa vecchietta! Oh, Hannet <3 Tenetele d'occhio, perchè ste due torneranno^^
Per quanto riguarda il dialogo con Skjor e Vilkas si inizia a collegare la storia con quella del gioco: Ulfric ha ucciso Torygg e presto la guerra civile scoppierà, ma per ora Iris è lontana da loro, protetta dal mondo dei Compagni, anche se il fantasma di suo padre aleggia ancora in lei.Cosa ne pensate?
Ci becchiamo al prossimo capitolo, e posso dirvi che le cose di faranno più...calde :D
Baci a tutti
Lady Iris
 
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Lady Iris
view post Posted on 17/4/2013, 17:16




Chapter VII
Hot embers



-Non mi dire che bastano un paio di lupi per metterti in difficoltà?- mi chiese Vilkas ferendone uno all'addome.
-Ma figurati. Piuttosto, i tuoi sensi da amico degli animali non avrebbero dovuto accorgersi di loro?
-Per cosa mi hai preso, un incantesimo di localizzazione?- mi chinai per schivare l'assalto di un altro lupo e lanciai rapidamente la freccia che lo colpì alla testa, facendolo accasciare con un guaito di dolore.
-No, però uno con l'olfatto e l'udito sensibile come il tuo avrebbe dovuto sentire i suoi simili andargli incontro incazzati neri, non credi?
-Meno chiacchiere, più affondi.- sorrisi, consapevole di averlo messo alle strette, e scattai all'indietro per evitare il morso di uno dei lupi che circondavano me e Vilkas, poi estrassi il pugnale dal fodero che tenevo alla cintura e cercai di affondare la lama all'altezza della clavicola della bestia, che tuttavia riuscì a spostarsi per poi assaltarmi di nuovo, e stavolta caddi a terra.
-Cazzo!- con le mani che spingevano contro la pelliccia nera del canide cercai di allontanarlo il più possibile dalla mia faccia, ignorando l'alito che sapeva di carne e gli sputacchi di saliva -A c-cuccia bello! A cuccia!- il continuo ringhiare ed abbaiare del lupo mi stava assordando, e capii che dovevo fare qualcosa -A c...- Vilkas lo spinse via colpendolo con la spada senza tuttavia ferirlo, ma almeno potei rialzarmi e recuperare il pugnale -Avevo tutto sotto controllo.
-Prego, non c'è di che.- replicò lui, ma io non gli risposi e mi concentrai sul lupo che si stava rialzando, dedicandogli un sorriso vendicativo.
-È l'ora di diventare un bel cappuccio, bestiaccia...- riuscimmo ad avere la meglio sui lupi facilmente e alla fine tirai un sospiro di sollievo.
-Adoro poter dire “e anche questa è fatta”.- ammisi riponendo il pugnale nel fodero dopo averlo pulito sulla pelliccia di un lupo, l'ultimo da me abbattuto.
-Sì, peccato che oramai sia buio.- dichiarò Vilkas con gli occhi rivolti al cielo ed io lo imitai, godendo della visione della bellissima volta notturna che Skyrim regalava ai suoi abitanti in quelle notti d'estate.
-E se ci accampassimo?- proposi stiracchiandomi -Sinceramente parlando sono stanca, e non credo che anche tu salti di gioia all'idea di una cavalcata notturna, no?
-Umh.- quel mugugno fu l'unica risposta che ricevetti.
-Lo prendo per un “va bene”.- dissi soddisfatta -Vado a cercare della legna per il fuoco.
-Lascia stare, faccio io. Tu torna dai cavalli ed aspettami lì.
-Ah...va bene.- lieta del non dover raccattare legna in giro mi diressi verso i cavalli che avevamo lasciato in una radura poco più in là del nostro scontro con i lupi e sistemai qualche provvista nell'attesa del ritorno di Vilkas.
L'attacco del branco di lupi non era stato che il finale di una missione faticosa svolta in un vecchio forte vicino Winterhold che aveva visto come protagonisti me e Vilkas contro un gruppo di Mano d'Argento, che la settimana prima aveva commesso l'errore di saccheggiare il carro con le provviste dirette a Jorrvaskr: a dispetto della mia convinzione che i su detti esaltati fossero solo un gruppo ristretto, avevo appreso da Kodlak che invece erano una vera e propria banda allargata, con più gruppi e diversi nascondigli situati spesso e volentieri in fortini o case abbandonate. Scoprii anche che erano organizzati, efficienti e soprattutto dotati di un sadismo che mai mi sarei aspettata.
Nel fortino infatti avevamo trovato il cadavere di un lupo mannaro ancora trasformato: doveva essere morto da poco a giudicare dalla mancata puzza e dal sangue ancora fresco delle ferite, e per fortuna avevamo evitato che potessero iniziare a scuoiarlo come sembravano intenzionati a fare dati gli strumenti che trovammo accanto al corpo della bestia.
Vilkas non aveva detto niente, ma non doveva essere stato bello vedere un proprio simile ucciso e probabilmente torturato in quel modo e avevo lasciato che si sfogasse sui carnefici con violenza, senza rimproverarlo ma, anzi, desiderando ed invidiando la sua forza per poter a mia volta fare a pezzi quei bastardi che avevano quasi ucciso Vilkas e stuprato me.
-Dici che i lupi sono commestibili?- chiesi al Compagno quando lo vidi tornare con un po' di legna.
-Non ne ho idea. Ne ho uccisi moltissimi, ma mai mangiato uno.- mi rispose dopo avermi guardato un attimo, poi posò la legna a terra con un sospiro -Vuoi festeggiare con una delle tue vittime?- ovviamente mi stava prendendo in giro, e subito le mie guance arrossirono di fastidio.
-Era solo per parlare.- mormorai, poi feci qualche carezza sul muso del quadrupede che ultimamente stava diventando il mio preferito, soprattutto per quei suoi occhi di un azzurro chiarissimo -Tu si che mi capisci, vero?
-Parli con un cavallo, adesso?
-Avresti qualcosa in contrario?
-Non sia mai.- Vilkas aveva sistemato la legna ed armato di due pietre e poca pazienza stava cercando di accendere il fuoco.
-Un po' di magia ci farebbe comodo, adesso.- osservai sedendomi accanto al Nord, ma lui sbuffò.
-Che sia maledetto in eterno se non riesco ad accendere un fuoco. E poi i Compagni non usano la magia.
-Lo so, ma non puoi negare che...
-Io accenderò questo fuoco senza l'aiuto di una stupida magia, è chiaro?- mi interruppe lui a denti stretti, ma per sua sfortuna e per mio sommo divertimento non doveva essere la sua serata fortunata, in quanto dopo sei o sette tentativi le scintille non si decidevano a comparire -Maledetti sassi del cazzo!- esplose alla fine ed io, oramai rossa in faccia a forza di trattenermi, scoppiai a ridere senza ritegno alcuno finendo per sdraiarmi a terra -Non c'è niente da ridere!
-Oh, invece sì.- ribattei, ancora tra una risata e l'altra appoggiandomi su un gomito per guardarlo meglio, poi misi su un'espressione di finto dispiacere -Non ti preoccupare, con gli anni è normale perdere qualche colpo.
-Non provocarmi, oggi non te la lascerei passare.- mi avvertì lui stringendo le pietre in pugno, ma io non riuscivo a smettere di ridere, vederlo in quella situazione di rabbia ed imbarazzo lo rendeva quasi adorabile.
-Sarà, ma io non vedo nessun fuoco qui. E tu?- gli chiesi, poi gli porsi la mano -Dammi qua, ci provo io.
-No, ce la faccio.
-Avanti, hai già avuto il tuo momento di gloria, campione.
-L'ora del pisolino è passata da un po' per i cuccioli o sbaglio?- replicò lui.
-Sono nei Compagni da un anno, la storia del cucciolo non funziona più. Ed ora dammi qua.- iniziavo ad infastidirmi, avrei avuto quelle pietre, che lui volesse o meno.
-Sta' al tuo posto.
-Il mio posto?- assottigliai gli occhi -Vilkas, o mi dai quelle pietre, o me le prendo da sola.- lo avvertii, ma tutto quello che ottenni fu un mezzo ghigno che mi fece ribaltare lo stomaco.
-Accom...- non fece in tempo a finire la frase che, dopo avergli dedicato un sorrisaccio vendicativo, gli saltai letteralmente addosso per potergli strappare quei maledetti sassi dalle mani -Maledetta, tu sei una scimmia, non una Nord!- esclamò quando riuscii ad atterrarlo ed allontanando la mano che stringeva i tanto desiderati oggetti.
-Dammi questi dannati sassi e non darmi della scimmia!- ribattei allungando una mano per cercare di prenderli.
-Levati o ti faccio arrivare a Jorrvaskr volando.- la nostra buffa lotta si concluse con un nulla di fatto dato che io passai i successivi dieci minuti a sbracciarmi per arrivare ai sassi e Vilkas ad impedirmelo, e alla fine crollai con uno sbuffo su di lui.
-Sei un'idiota.- mormorai, poi sorrisi contro il suo petto -Ti batte forte il cuore. Sei già affaticato?- alzai lo sguardo verso di lui pronta a ricevere una rispostaccia che non venne, ed il sorriso si spense.
Detestavo ammetterlo perfino a me stessa, ma gli occhi di Vilkas erano per me una calamita potente: chiari, indecifrabili, eppure in grado di bruciare come il fuoco. Mi ritrovai ad osservarlo, spostando lo sguardo lentamente dai suoi occhi alle guance, infine alla bocca, quasi ipnotizzata, come se lo vedessi per la prima volta.
Ma, devo ammetterlo, non era la prima volta che guardavo Vilkas in quel modo: nei giorni precedenti mi ero ritrovata spesso a pensare a quando la trasformazione da lupo aveva lasciato posto al corpo allenato dell'uomo nudo, e mi ero sorpresa a desiderare di rivederlo inoltre durante gli allenamenti, che si erano fatti più radi con la mia ammissione tra i Compagni, avevo iniziato a sentire un'elettricità che mai avevo provato toccandolo, ogni presa, ogni sospiro da parte sua mi facevano impazzire.
Timidamente allungai la mano verso il suo viso, sfiorandogli la guancia resa ispida dalla barba leggera, e lui non si ritrasse, così prolungai ulteriormente quel contatto, trattenendo a fatica un sospiro languido.
E non resistetti più.
Mi chinai su di lui e lo baciai, un bacio timido e timoroso che non credevo potesse appartenermi. Ricordo che aveva le labbra morbide e che la barba mi faceva un po' solletico, ricordo che lo sentii trattenere il fiato, forse colto di sorpresa dalla mia audacia, e ricordo anche di aver avuto paura per un attimo, paura che mi respingesse quando invece avevo il grande bisogno di essere accettata e soprattutto amata. Non me ne ero mai resa conto, ma in quegli anni mi era mancato qualcosa, qualcosa che non ti può dare un genitore o un amico, come non può dartelo una guida. Avevo bisogno dell'amore: non un amore folle, da canzone, non di un amore limpido o facile, ma ne avevo fame ed era con lui che avrei voluto saziarmi.
Poi lui schiuse la bocca e finalmente mi ricambiò passandomi le dita tra i capelli ed attirandomi ancora più a sé, chiusi gli occhi cercando di assaporare al massimo il suo respiro caldo, la sua lingua in quel bacio che si fece sempre più appassionato finché il Nord non ribaltò le posizioni con un colpo di fianchi intrappolandomi tra sé ed il tappeto erboso della radura, continuando a baciarmi.
Il calore, le fitte di desiderio che dal ventre mi percorrevano il corpo, la fretta che mi faceva tremare, erano tutte sensazioni nuove per me: avevo ventitré anni, ma per la maggior parte della mia vita ero cresciuta isolata dal mondo e non avevo avuto la possibilità di conoscere la sessualità ed il desiderio, e per i primi anni tra i Compagni ero forse troppo spaventata, troppo presa da altri obiettivi per badarci, ma in quel momento la necessità repressa veniva finalmente fuori con Vilkas, con i suoi baci e la sua mano che si posò sui miei fianchi per percorrere la linea del corpo lentamente, fino ad arrivare al laccio che teneva insieme il busto di cuoio che indossavo.
Solo allora si fermò, smise anche di baciarmi per potermi guardare, e capii che mi stava chiedendo un permesso che gli diedi con un cenno del capo per poi attirare di nuovo il suo viso a me, ansiosa di baciarlo di nuovo. Non gli impedii di tirare quel laccio, né di toccarmi quasi timidamente il seno, tocco che mi causò un brivido, lasciai che la sua bocca abbandonasse la mia per concentrarsi sul collo, le spalle e più giù. Inarcai la schiena e gli affondai ancor più le dita tra i capelli scuri, trattenendolo sul mio corpo perché vi indugiasse, non sentivo niente se non il calore che dal basso ventre si propagava nel resto di me, un calore che mi faceva scottare il viso ed arrossire le guance mentre i nostri sospiri spezzavano il silenzio quasi innaturale della radura.
Mentre le sue mani mi artigliavano le cosce ed io gli leccavo il collo, il licantropo si lasciò sfuggire un ringhio sommesso contro il mio orecchio, facendomi irrigidire: per un attimo nel sentire quel verso così animalesco mi era tornata in mente l'immagine della belva che aveva ucciso quelle persone al Tumulo delle Vecchie Glorie, e anche Vilkas dovette notare il mio irrigidimento improvviso, perché si fermò.
Per mia fortuna posso dire che mi ripresi quasi subito e altrettanto rapidamente cercai di riprendere ciò che avevo interrotto, ma questo non sembrava concordare con le intenzioni di Vilkas dato che rimase rigido come un bastone e si scostò da me per guardarmi in faccia.
-Cosa c'è?- gli chiesi, in soggezione davanti a quello sguardo tagliente e freddo che solo un attimo prima sembrava bruciare più delle fiamme, e il Nord scosse la testa e si alzò, allontanandosi da me -Vilkas che ti prende?
-Lasciamo perdere, è meglio così.
-Come?- potete immaginare il mio stato d'animo in quel momento -Ma...perché?- chiesi, un misto di furia, incomprensione e desiderio che si alternavano in me.
-Perché non è il caso.
-Non ti piaccio, forse?- gli chiesi, perché non sapevo cosa pensare, e lui inspirò profondamente.
-Non è questo. Decisamente non è questo.
-E allora perché?
-Ti ho spaventata.-spalancai gli occhi ma non dissi nulla, e Vilkas poté leggere nel mio silenzio quella verità che non credevo potesse turbarlo tanto.
-È stato solo un attimo. Tu non mi fai paura.- gli assicurai alzandomi da terra e andandogli incontro -Non voglio smettere.
-Ma io sì.
-Perché....- mi massaggiai le tempie cercando di mantenere un atteggiamento calmo, ma la frustrazione di aver interrotto il tutto mi stava facendo venire un nervoso incredibile -Perché la fai tanto lunga?
-Perché sono un licantropo, accidenti! E tu, nonostante sia passato più di un anno da allora, hai ancora paura di me, del fatto che possa perdere il controllo. Ma non ti biasimo- ammise recuperando le pietre focaie, le stesse per cui era iniziato il tutto, ed tornando ad armeggiarvi -A volte mi risulta difficile controllar...- lo interruppi dirigendomi verso di lui e prendendolo per le spalle, per quanto la differenza di altezza me lo permise, e lo fulminai con lo sguardo.
-Stammi bene a sentire, razza di deficiente- quello che doveva essere un tono calmo fu invece un vero e proprio ringhio -Avevamo già parlato della questione del lupo, e non mi importa, non più accidenti! Sto morendo per te e se non mi soddisfi ora sappi che arrivati a Jorrvaskr ripiegherò su Farkas e lo costringerò a fare sesso con me! Vuoi questo?!- se non fossi stata così frustrata avrei potuto anche ridere della faccia sconvolta che fece, ma come ho già detto non ero proprio in vena di risate e tutto quello che feci fu fulminarlo con lo sguardo e mettermi le mani sui fianchi.
Con mia profonda sorpresa il Nord rise, coprendosi gli occhi con la mano destra.
-Non dire più una cosa del genere, è veramente un'immagine di merda.
-Infatti quella di prima era molto meglio!- tornai alla carica -Te l'ho detto, non ho paura. È stato solo un attimo. È passato...
-No. Almeno non c'è stato niente di irreparabile.- a dispetto del suo sguardo che ancora indugiava su di me e sulle curve del mio corpo, il tono di Vilkas non ammetteva repliche e le sue parole mi fecero rimanere di sasso.
-Irreparabile...- ripetei amaramente -Ne parli come se si trattasse di un errore.- gli feci notare, poi abbassai lo sguardo, improvvisamente amareggiata.
-Per la Barba di Shor, non...- lo sentii sospirare pesantemente e poco dopo le sue mani sulle spalle mi costrinsero a guardarlo di nuovo -Non sei solo tu, va bene? È...la licantropia.- fece una pausa -Da un paio d'anni io, Farkas e Kodlak abbiamo deciso di rinunciare al sangue della bestia.- spalancai gli occhi, non me l'aspettavo -Purtroppo non esiste nessuna cura certa, e l'unico modo per evitarla è non trasformarci. Ma è difficile, accidenti.- mi lasciò di scatto e mi diede le spalle, i pugni stretti tremavano di rabbia e frustrazione -Lo sento continuamente. Sento sempre il richiamo del sangue.- deglutii, non riuscivo a staccargli occhi di dosso -E quella volta al Tumulo delle Vecchie Glorie non avrei dovuto cedere.- non gli chiesi a cosa si riferiva, se all'avermi leccato la ferita oppure al fatto di essersi trasformato, ma non glielo chiesi -È la prova che ancora non sono in grado di controllarmi del tutto. Se non posso domare i miei istinti come posso...?- si interruppe.
-Come puoi...?- lo invitai, ma niente.
-Lascia perdere.- capii che Vilkas non avrebbe detto una sola parola in più, e questo mi rese ancora più arrabbiata e perplessa.
-Infatti. Lasciamo perdere.- ripetei, poi mi affrettai a darmi una sistemata, riallacciando il bustino -Fai la guardia tu, no?- chiesi mentre, finalmente, Vilkas riusciva ad accedere il fuoco.
Pessimo tempismo.
-Sì. Tu dormi.- non risposi mentre mi sedevo e guardavo il fuoco insistentemente. Normalmente avrei apprezzato il torpore che dava, ma quel calore, così blando rispetto a quello sentito poco prima tra le braccia di Vilkas, mi sembrava quasi fittizio.
Incapace di guardarlo mi stesi sull'erba e gli diedi le spalle, mettendomi a fissare il fitto della foresta che si estendeva intorno al nostro bivacco e cercando di ignorare le fitte che il mio corpo sveglissimo ed insoddisfatto mi mandava ancora. Credevo che non avrei chiuso occhio, ma a quanto pare mi sbagliavo: infatti, non mi ci volle più di qualche minuto per prendere sonno...

Ancora il gelo che la avvolge, ancora quel vuoto vivo che la segue, le parla, la tocca, anche, spingendola in avanti.
Non capisce perché, ma lei cammina, perdendosi ancora in quelle voci che cantano, cantano solo per lei.

Fah Hin Kogaan Mu Draal


Cosa stanno dicendo? Perché si ostinano a cantare quella strana lingua? Perché si ostinano a rimanere in silenzio alle sue domande che si perdono echeggiando nell'azzurro?
-Dove siete?- mormora correndo verso il nulla, guardandosi freneticamente intorno -Chi siete, accidenti?- si ferma un attimo piegando le ginocchia, riprendendo fiato -RISPONDETE!- e come spaventate, le voci si dileguano, insieme alla luce -N-no...- mormora, perché sa cosa accadrà adesso -N-non lasciatemi qui! Non lasciatemi sola, vi prego!

Los Hin Heyv

Queste sono le ultime parole che le vengono rivolte prima che il ruggito si manifesti di nuovo e la paura la geli sul posto come un incantesimo. È possibile per la notte diventare ancora più buia? Perché qui è proprio quello che sta accadendo, tutto sembra farsi più scuro mentre il nulla, ora di un nero pece, inizia a tremare costringendola a piegarsi in ginocchio, come tutte le volte.


Fu con sollievo che mi svegliai di nuovo, nella radura.
-Che ti prende?- mi girai di scatto a guardare un perplesso Vilkas, ma non gli risposi.
Quel sogno mi avrebbe fatto diventare matta.
Non era la prima volta che vivevo quelle sensazioni, che udivo quella lingua, ed ogni volta un nuovo particolare si aggiungeva a ciò che ricordavo, come se il sogno continuasse di volta in volta, facendosi più ricco ed inquietante.
-Niente.- mormorai passandomi le mani sul viso e senza guardarlo in faccia, poi mi alzai in piedi -Vado al fiume.
-Sei sicura di...?
-HO DETTO DI SÌ, ACCIDENTI!- e senza dare tempo a Vilkas di riprendersi dalla mia poco gentile risposta mi diressi a passo di marcia verso il fiumicello non troppo distante dal nostro bivacco, anche se più che un fiume avrebbe potuto essere considerato un ruscello considerando che l'acqua doveva arrivarmi massimo al bacino e che era così trasparente da poter vedere i pesci guizzare via.
Lì mi inginocchiai sulla riva e bevvi avidamente perché avevo la gola secca, poi abbassai lo sguardo sulle mani che tremavano, esattamente come la ogni volta che quel sogno (o ancora meglio incubo) veniva a farmi visita.
Non poteva essere un caso. Mi ero detta che una volta poteva capitare di sognare qualcosa di strano, anche due, ma a questo punto mi stavo convincendo che quelle strane voci volessero davvero dirmi qualcosa. E ci rimuginavo, ci rimuginavo ogni notte fino a crollare di nuovo in un sonno senza sogni e seppellire tutto la mattina dopo.
Non so quanto restai a fissare il mio riflesso, la mia espressione accigliata su quel volto scuro che tutto poteva sembrare tranne che quello di una Nord: naso un po' aquilino e con una piccola bozzetta a causa della frattura che mi feci a sette anni, sopracciglia nere e delineate, bocca carnosa e di un rosso scuro e tre graffi che sfregiavano la guancia sinistra. Quella era Iris, membro dei Compagni che in quel momento era più spaventata di una ragazzina.
Il mio riflesso mi restituì una smorfia infastidita, allora colpii con la mano la superficie dell'acqua, non senza veemenza, e mi alzai per poi tornare da Vilkas, che trovai seduto accanto al fuoco con un'espressione accigliata sul volto.
-Si può sapere che ti è preso?
-Niente che ti riguardi.- mi sedetti per poi stendermi di nuovo, nello stesso posto di prima -Torno a dormire.- e gli diedi le spalle.
-Iris...
-Non ho voglia di parlare.- lo interruppi subito, assottigliando gli occhi verso il buio della foresta -Davvero, lasciami stare.- credetti che il Nord sarebbe rimasto in silenzio, invece lo sentii emettere uno sbuffo infastidito.
-Fai come ti pare.- mi morsi il labbro per trattenere un'altra mala risposta, preferendo la subdola cattiveria del silenzio che feci cadere tra di noi per il resto della notte.

Ripartimmo all'alba dopo aver spento il fuoco e sellato i cavalli. Se non fossi stata tutta un dolore a causa della notte passata a dormire a terra ed alle ammaccature post missione avrei cavalcato anche abbastanza velocemente, ma come ho già detto questo non mi fu possibile ed impiegammo due giorni prima di arrivare a Whiterun, due giorni in cui Vilkas non tentò più di toccarmi o di parlare di ciò che era accaduto tra noi. E questo mi faceva impazzire ed arrabbiare al tempo stesso, perché se prima avevo almeno le battute e l'ironia, in quel momento non avevo niente da dire a Vilkas né lui a me. Posso dire con sicurezza che, emotivamente parlando, fu una delle cavalcate più stancanti della mia vita.
Il silenzio venne rotto all'alba del secondo giorno di cavallo, nel pomeriggio saremmo arrivati a Jorrvaskr, ma qualcosa ci rallentò.
Da lontano, precisamente nel luogo dove sorgeva una piccola fattoria vicino alla quale eravamo passati all'andata, veniva una colonna di fumo.
-Vilkas, guarda.- gli indicai con la testa la linea grigia che saliva verso il cielo, ed il Compagno tirò le briglie del cavallo per farlo rallentare e fermare proprio accanto a me -Che succede?- lo vidi assottigliare gli occhi chiari e stringere appena le briglie.
-Andiamo a controllare.- capii che la sua non era una proposta e diedi una piccola botta con i talloni sui fianchi del cavallo per fargli aumentare il passo, arrivando ad una vera e propria corsa che ci portò alla fattoria, o meglio a quel che ne rimaneva.
-Per Shor...- mormorai davanti ai resti della fattoria bruciata.
Quella che doveva essere la casa del contadino e della sua famiglia era ridotta ad un quadrato con pochi resti di mura anneriti e fumanti, mentre il recinto delle bestie era del tutto distrutto, al suo interno solo poche carcasse affumicate o del tutto spolpate. La piccola zolla di terra dove sicuramente crescevano gli ortaggi era un'indefinita forma nera e completamente ricoperta di cenere, inoltre l'aria puzzava di fumo e di un altro odore che non riuscivo a riconoscere, ma che risultava decisamente sgradevole.
Scendemmo da cavallo e subito estraemmo le nostre armi, più per precauzione dato che la zona sembrava totalmente deserta.
-Per l'Oblivion, che cosa è successo qui?- chiesi coprendomi la bocca con la mano, cercando di non respirare il fumo e la cenere che ancora danzava nell'aria -Banditi?
-No, non credo.- replicò seccamente Vilkas addentrandosi all'interno dei resti della capanna -Non hanno portato via niente, qui è bruciato tutto. Forse hanno rapito gli abitanti.- feci per seguirlo, ma qualcosa attirò la mia attenzione, proprio dietro la casetta.
-Mh?- come attirata corsi verso il punto in cui la terra affondava appena nel terreno lasciando spazio ad un...
Non sapevo come definirlo: cratere, buca, orma, non lo, ma una specie di avvallamento grande circa quanto un carretto più cavalli da traino aveva spiaccicato quella che doveva essere una mucca a giudicare dai pochi resti rimasti.
Comunque, quella visione mi causò un attimo di smarrimento, come se avessi già visto quella scena, eppure non riuscivo a ricordare niente in proposito. Possibile che...?
-Sei ancora viva?- sobbalzai appena alla voce di Vilkas e dopo aver scosso la testa per riprendermi, mi affrettai a raggiungerlo scavalcando un piccolo resto di muro legnoso.
-Il bestiame è sparito.- dissi guardandomi intorno, dove resti di barili e bauli erano ancora visibili in mezzo a quel mondo di cenere silenzioso e maleodorante -Ci sono solo resti e una muc...- mi interruppi quando lo sguardo cadde su due figure, le stesse che avevano incatenato a loro gli occhi spalancati di Vilkas.
Un cadavere bruciato da cui proveniva quell'odore terribile, l'odore della carne bruciata appunto, era steso a terra su un fianco e stringeva a sé un cadavere più piccolo di quello che doveva essere stato il figlio, o la figlia, piccola figurina pelata e resa irriconoscibile proprio come il genitore e la pelle rossa ancora sfrigolava a contatto con l'aria, mentre i resti dei vestiti, miseri brandelli di stoffa, erano anneriti.
Ricordo che lo guardai a lungo, e che per un attimo il mondo intorno a me si fermò. Non ricordo però a cosa pensai, cosa mi fece battere il cuore in quel modo, ma alla fine distolsi lo sguardo da quell'ultimo, macabro abbraccio, da quell'istintivo quanto inutile tentativo di protezione. Lo feci velocemente quasi i due corpi bruciati avessero urlato e, dopo aver voltato loro le spalle, mi coprii il naso e la bocca con la mano sinistra, incapace di sopportare oltre quell'odore terribile ora che ne conoscevo la fonte.
-Per Akatosh...chi avrebbe mai potuto compiere uno scempio del genere?- la presa forte di un braccio intorno alle spalle mi riscosse.
-Usciamo di qui. Non possiamo fare più niente.
-Sì.- lasciai che Vilkas mi conducesse fuori ed insieme tornammo ai cavalli per lasciarci alle spalle le rovine di quella casa e quelle due figurette bruciate, ma prima di riprendere il viaggio mi voltai un'ultima volta verso quella specie di orma che aveva distrutto una parte della zona: per un attimo due occhi azzurrissimi oscurarono la mia visuale, ma bastò un battito di ciglia ed essi sparirono.
-Cosa?- mi portai una mano alla fronte e scossi la testa, poi montai rapidamente a cavallo -Ho decisamente bisogno di riposare...- con le briglie ed un piccolo colpo di talloni feci ripartire il quadrupede e dopo averlo fatto girare mi lasciai più che volentieri alle spalle quella terribile danza di cenere e fumo.


Note dell'Autrice
Come avevo detto, ho aggiornato^^
E sempre come avevo detto, questo capitolo è stato caldo...in tutti i sensi, anche se non so cosa vi aspettavate.
E per quanto riguarda il paragone con la scimmia...non è corretto, perché non ho mai visto scimmie a Skyrim, ma non avevo idee xD
Alla prossima, fatemi sapere >.<
 
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Lady Iris
view post Posted on 22/4/2013, 15:48




Chapter VIII
The Underforge



La Mano d'Argento ci stava dando parecchio filo da torcere in quel periodo e raramente ero a Jorrvaskr, ma le poche volte che mi trovavo lì Skjor si preoccupava di non farmi impigrire tenendomi in allenamento con le armi pesanti, che continuavo a maledire nella maniera più sentita e volgare possibile.
-E poi...
-Skjor, per favore basta!- esclamai alla fine, mentre il martello ricadeva a terra con un sonoro tonfo a causa della mia poca forza nel reggerlo -Non riesco a sollevarlo. Non potrò mai vincere con un'arma così.- protestai mentre l'unica pupilla marrone dell'uomo mi squadrava impassibile, un'impassibilità che mi metteva terribilmente in soggezione e deglutii in quel silenzio che mi gelò sul posto.
-E se ti trovassi senza le tue armi, mh?- mi chiese appoggiando con naturalezza l'ascia da guerra sulla propria spalla.
Non potei fare a meno di pensare che se l'avessi fatto io come minimo me la sarei lussata, ma questi sono dettagli.
-Non mi farò trovare senza le mie armi- ribattei prontamente -E con loro sono sicura di vincere.- non mi aspettavo il ghigno sul volto sfregiato di Skjor, né la sua risatina.
-Molto bene, novizia.- disse solo -Allora prendi le tue armi vincenti e fammi vedere di cosa sei capace.- spalancai gli occhi, sorpresa.
-Io...- non sapevo cosa dire, perché con Skjor non avevo mai duellato davvero, non come facevo con Vilkas, almeno, al massimo l'uomo si limitava a darmi consigli, a tormentarmi con quella sua fissa delle armi pesanti, ma mai aveva duellato con me, forse ritenendomi troppo debole per i suoi standard.
-Dov'è finita la tua spavalderia, cucciolo?- mi apostrofò, alché mi ripresi ed un sorriso di sfida si fece largo sul mio volto mentre appoggiavo il martello da una parte (reprimendo a fatica l'impulso di lanciarlo via) e mi legavo il fodero della spada alla vita.
-Per tua sfortuna è ancora qui. Fatti sotto, Skjor.- mi misi in guardia, ma a quanto pare il Compagno intendeva lasciare a me la prima mossa, e lo accontentai.
Portai un fendente basso, all'altezza del suo bacino, ed usai entrambe le mani, ma l'uomo parò e facendo forza sulla sua arma cercò di destabilizzarmi. Per evitare ciò indietreggiai non appena vidi che il mio attacco non era andato a segno e mi rimisi in guardia appena in tempo per parare l'affondo diretto alla testa, lo feci usando di nuovo entrambe le mani per evitare che nell'urto e per la differenza di forza la spada mi sfuggisse di mano, poi approfittando della sua guardia scoperta cercai di dargli un calcio.
-Non ci pensare nemmeno.- rapidamente, una delle mani di Skjor lasciò la presa sull'ascia e mi afferrò la gamba per poi spingermi malamente di lato, facendomi cadere a terra -In guardia!- rotolai rapidamente per evitare il colpo che Skjor vibrò dall'alto verso il basso e mi misi in ginocchio, sempre con la spada in pugno, poi mi alzai e vibrai un affondo diretto al fianco che il Compagno schivò solo in parte dato che sentii chiaramente il metallo della sua corazza cozzare contro la mia lama, ed approfittando della sua temporanea distrazione entrai nella sua guardia, colpendolo con una gomitata allo sterno che lo fece gemere.
-Sei...- la ginocchiata con cui Skjor ricambiò il favore mi colpì al basso ventre togliendomi momentaneamente il fiato.
-Lento?- concluse lui tornando alla carica, la gomitata ricevuta sembrava avergli appena fatto il solletico, e più che parare il colpo che mi arrivò da destra si può dire che barcollai, massaggiandomi la pancia con la mano libera e mormorando pesanti insulti al mio avversario e alla sua forza -Su quella spada, lo scontro non è finito!- sotto il peso del suo attacco poggiai un ginocchio a terra e sollevai la spada per parare, ed approfittando della vicinanza con il mio avversario gli diedi un calcio all'altezza della tibia che lo fece piegare in avanti.
-Ah!- con la parte piatta della spada lo colpii al viso e lo costrinsi ad indietreggiare, poi cercai di colpirgli il polso forte in modo da costringerlo a lasciare la presa sull'arma, ed incredibilmente ci riuscii, ma il Nord non si fece trovare impreparato e mi afferrò per le spalle mentre con la gamba destra venne avanti per potermi colpire dietro il ginocchio e farmi cadere in avanti con un gemito.
Persi la spada e Skjor ne approfittò per recuperare la sua ascia, ora ero io quella disarmata, dovevo trovare una soluzione. Mi guardai rapidamente intorno fino ad adocchiare una robusta trave di legno con diversi segni di scheggiatura, ed un'idea prese forma nella mia mente.
-Forse ce la faccio.- pensai, poi mi affrettai a schivare il fendente laterale di Skjor per poter recuperare la mia spada e rimettermi in guardia tenendo l'arma con entrambe le mani.
Attaccai per non far scoprire al Compagno la mia strategia, dopotutto era pur sempre un guerriero abile con molta esperienza e non potevo permettere alla fretta di farmi fregare, un attacco al fianco che aveva lo scopo di far spostare il Compagno alla mia destra e permettere a me di incalzarlo così da guadagnare la posizione giusta, dopodiché alzai la spada per parare l'assalto del Nord, digrignando i denti per la fitta al polso destro che oramai faticava a tenere la presa sull'arma, e feci un paio di passi indietro caricando un affondo diretto al basso ventre dell'uomo per poi scattare ed indietreggiare di nuovo, cercando di dargli l'illusione di cadere sotto i suoi assalti.
-Dove scappi? Ti ho insegnato questo?- mi chiese l'uomo venendo avanti e facendo una finta che non riuscii a vedere in tempo.
-Ngh!- una scossa di dolore mi fece tremare il braccio e lasciare di nuovo la spada, ma stavolta Skjor ebbe l'accortezza di calciarla via per impedirmi di riprenderla e mi guardò.
-Cosa c'è?- chiesi con tutta la spavalderia che avevo -Lo scontro non è finito, sono ancora in piedi.- una luce soddisfatta, speranzosa quasi, gli brillò negli occhi e senza esitazione tornò a brandire l'arma con entrambe le mani.
-Come vuoi.- mi misi in guardia e, proprio come aveva fatto Vilkas con me, indietreggiai fino a raggiungere con le spalle la robusta trave di legno e rimasi immobile, gli occhi fissi in quello marrone di Skjor mentre quest'ultimo alzava l'ascia da guerra pronto a colpire.
-Non ancora...non ancora...- pensavo mentre una goccia di sudore mi colava lungo la tempia, sentivo una scarica di adrenalina farmi tremare le mani stese lungo i fianchi e appena piegate, pronte a qualsiasi movimento -Non ancora...- l'ascia fendette l'aria e per un attimo mi parve di vedere tutto scorrere più lentamente, il mio cuore scandiva gli attimi, un battito, due...
-Ora!- pensai e mi scansai di scatto compiendo un mezzo giro intorno alla trave ed estraendo il pugnale che tenevo alla cintura, proprio mentre l'ascia di Skjor si conficcava nel legno in profondità a poco meno di metà trave, ma non avevo tempo per impressionarmi.
Approfittando della momentanea sensazione di smarrimento di Skjor scattai di lato e lo colpii a mano aperta proprio all'altezza del gomito, un punto sensibile che con la giusta pressione può anche essere rotto e danneggiato irreparabilmente, e nel momento in cui l'uomo fu costretto ad abbandonare la presa sull'enorme ascia entrai nella sua guardia e gli puntai la lama proprio sotto la gola: un solo movimento e l'avrei infilzato.
Restammo immobili per pochissimi secondi, ma mi parvero un'eternità in cui prendevo coscienza di aver appena battuto uno dei membri del Circolo che mi fissava in un misto di stupore e soddisfazione.
Sì, soddisfazione. Non c'era traccia di risentimento nello sguardo dell'uomo, o di rabbia, o vergogna.
-Niente male, Novizia.- ammise solo facendo un passo indietro, ed io lo imitai abbassando il pugnale, ancora con il fiatone causato dall'adrenalina e la fatica della lotta -Proprio niente male.- continuò ed un piccolo sorriso mi solcò le labbra, sorriso che mantenni finché Skjor, dopo aver estratto l'ascia dalla trave ed essersela rimessa in spalla come fosse un po' di paglia, riprese parola -Stanotte fatti trovare in cortile.- il sorriso sparì.
-Come?- ero confusa dal brusco cambiamento di tono ed espressione, tornata seria e dura come solito.
-Hai capito. A tre ore dall'alba fatti trovare in cortile, voglio mostrarti una cosa.- ripeté ed iniziò ad allontanarsi, ma fatti pochi passi si girò di nuovo, fulminandomi con l'occhio bianco -Ovviamente non parlarne con nessuno. Sono stato chiaro?
-Cristallino.- assicurai non senza provare perplessità, ma la curiosità, da sempre mia peggiore amica, ebbe la meglio, così riposi la spada e per il pomeriggio potei crogiolarmi nel pensiero di aver battuto uno dei membri più valorosi dei Compagni e che le mie abilità andavano crescendo giorno dopo giorno.
-Chissà cosa direbbe Vilkas...- l'immagine del Compagno fu quasi uno schiaffo.
Il Nord non mi parlava da giorni, precisamente da quando eravamo tornati dalla nostra missione contro i Mano d'Argento, lasciava le stanze quando io vi entravo e se mi incontrava per caso cambiava direzione o faceva finta di non vedermi...
Inutile dire che ciò mi causava rabbia e dolore, perché negarlo? Ma era soprattutto la rabbia a farmi compagnia, perché sembrava che tutto ciò a Vilkas non toccasse.
Due giorni prima, dopo essere stata ignorata per l'ennesima volta glielo avevo quasi gridato alle spalle quel “Codardo!” che mi tenevo dentro, ma tutto ciò che avevo ottenuto era stata pura indifferenza. E non avevo nessun libro da lanciargli contro.
Sbuffai e scossi la testa, pensando che probabilmente non gli sarebbe importato nulla, e mi scostai quasi rabbiosamente la ciocca di capelli che mi era finita davanti agli occhi.
-Probabilmente non gliene importerebbe nulla.- pensai rinfoderando il pugnale per poi dirigermi verso la spada, raccoglierla e fissarla per un lungo istante -Forse aveva ragione, almeno non è successo niente di irreparabile.
Alzai gli occhi per trovare proprio Vilkas sulla porta di Jorrvaskr, ma prima che potesse voltarsi o tornare indietro, io lo anticipai dandogli le spalle per poi andarmene nella direzione opposta alla sua nel più totale silenzio.

La notte calò lenta come non mai, la curiosità mi punzecchiava sadicamente dal momento in cui Skjor mi aveva dato appuntamento nel cortile intimandomi di non dire niente a nessuno. Cosa doveva dirmi di così importante e segreto?
Feci alcune congetture su cosa il Compagno volesse da me, ma non venni a capo di niente e la frustrazione aumentò: non sono mai stata un tipo paziente, mai, ma in tre anni con i Compagni avevo capito una cosa, ovvero che avrei saputo tutto a tempo debito, così frenai la mia impazienza finché le due lune non sostituirono il sole e la notte si fece inoltrata e scura. Solo allora mi alzai dal letto completamente vestita e con tanto di spada, non uscivo mai senza, e cercando di fare meno rumore possibile lasciai gli alloggi di Jorrvaskr (ignorando il russare di Torvar che si percepiva anche oltre la porta della sua stanza) per arrivare al salone deserto, con solo il crepitare del fuoco e la sua luce a farmi compagnia.
Mi guardai rapidamente intorno e mantenendo un passo leggero sviluppato durante gli anni di caccia arrivai al portone della struttura, maledicendo un paio di divinità quando questo si aprì con un cigolio che suonò rumorosissimo alle mie orecchie tese, ma forse non fu così rumoroso come io credevo dato che, nei successivi secondi che passai in silenzio per udire eventuali rumori, nemmeno il vecchio Ysgramor, che dormiva proprio vicino alle braci, si degnò di muoversi se non agitando appena la coda e gettandomi un'occhiata perplessa.
Sospirai di sollievo ed uscii nella notte chiudendomi la porta alle spalle. Trovai Skjor a pochi metri da me con una torcia in mano e l'espressione neutra, che non mutò quando mi vide.
-Sei venuta.- l'unico segno di approvazione fu un cenno del capo che ricambiai, poi mi diede le spalle -Seguimi.
-Dove mi porti?- gli chiesi, ma ubbidii, camminandogli accanto e guardandomi nervosamente intorno, perché se da un lato tutta questa segretezza mi affascinava, dall'altro mi inquietava.
-Alla Forgia Terrena.- alzai un sopracciglio e prima che potessi fare domande Skjor mi anticipò -Si trova proprio sotto la Forgia Celeste, non mi stupisco che tu non l'abbia mai vista.
-E che posto è?
-Con calma, quando arriveremo saprai tutto ciò che devi sapere.- mi rassicurò, e sono sicura di averlo sentito ridere, anche se in maniera quasi impercettibile -Jorrvaskr è l'edificio più antico di Whiterun e la Forgia Celeste è qui da tempo immemore.- fece una pausa -Ma la Forgia Terrena contiene una magia arcaica, più potente degli uomini o degli elfi.
-Perché mi dici tutto questo?- gli chiesi allora, incantata da quel discorso ed eccitata all'idea di farne in qualche modo parte -Perché vuoi portarmi lì?
-Per renderti più forte, Iris.- rispose dopo un lungo istante, e un brivido mi percorse la schiena, anche se allora non seppi spiegarmene il motivo -Siamo arrivati.- disse poi fermandosi in un punto che mi parve casuale della parete di pietra che circondava la sede dei Compagni.
-Non c'è niente qui.- dissi, ma lo sguardo di Skjor mi fece dubitare -Almeno...credo.
-Guarda meglio.- ubbidii e guardai attentamente la parete notando, con difficoltà a causa della poca luce che la torcia di Skjor poteva offrirmi, la sagoma ben nascosta di una porta di pietra -L'hai vista?- annuii con la testa -Bene, allora entriamo.- mi fece cenno di precederlo.
Così spinsi la mano su quella roccia che si spostò lentamente avvolgendomi con il buio della grotta a cui portava, un buio che andò diramandosi quando svoltai l'angolo, trovandomi in una specie di sala semicircolare scavata nella roccia al centro della quale c'era una specie di bacinella vuota e dei piccoli altari con diversi manufatti di cui non conoscevo la natura. Ma non furono loro ad attirare la mia attenzione, quanto il possente lupo mannaro che, sue due zampe, mi osservava dall'angolo della sala, immobile.
-Oh Shor!- mi portai una mano alla bocca, spaventata e stupita di trovare lì quell'animale, e sentii Skjor sbuffare.
-Immagino che tu non riconosca Aela nella sua forma ferale, eh?- pareva quasi divertito e non potei evitare di lanciargli un'occhiata irritata prima di concentrarmi di nuovo sulla bestia dal pelo nero e gli occhi gialli, esattamente come Vilkas quando si era trasformato, l'unica differenza era l'accenno di curve che era possibile vedere sul petto dell'enorme creatura che ringhiava sommessamente.
-Immagini bene. Ho visto solo Vilkas trasformarsi.- risposi poi a Skjor, poi mi girai ad affrontarlo, pur gettando sempre un'occhiata a quella che il Compagno diceva essere Aela -Perché sono qui?
-Puoi rilassarti, ragazzina. Non ti verrà fatto alcun male.- la faceva facile lui, non era mica Skjor quello in mezzo a due lupi mannari di cui uno trasformato e ringhiante -Sono anni che dici di voler essere una di noi, ed io ti offro questa occasione per diventarlo del tutto.- spalancai gli occhi e socchiusi la bocca, incredula -Ma per farlo dovrai unire il tuo spirito al mondo ferale.- ero totalmente impreparata, di nuovo.
Il potere, la maledizione che Skjor mi stava offrendo mi allettava: avrei avuto una forza devastante ed una potenza fuori dall'ordinario, inoltre il mio sangue si sarebbe davvero unito a quello dei Compagni per sempre, confermandomi come una di loro, unendomi ancora più alla mia famiglia.
-Vuoi...trasformarmi?- chiesi, ancora confusa, e l'uomo annuì mentre infilava la torcia in uno degli appoggi costruiti lungo la parete di roccia.
-Sì. Aela si è offerta di essere la tua antenata.- mi girai a guardare il lupo che parve quasi annuire con un cenno del capo -Sai, è un po' che ti osservo, ed oggi mi hai dato la prova delle tue abilità: sei forte, Iris, e puoi esserlo ancora di più grazie al Dono di Hircine.
-Dono?- mi riscossi -Vilkas l'ha definita una maledizione...
-Vilkas e Kodlak non capiscono davvero i benefici che Hircine ci ha concesso.
-È per questo che mi hai detto di non dire nulla. Perché Kodlak non l'avrebbe permesso.- la mia non fu una domanda, ma una constatazione vera e propria.
-Kodlak è troppo impegnato a considerare il Dono una maledizione. Io al contrario lo considero una benedizione...come può qualcosa che infonde un tale coraggio essere maledetta?- disse il Nord con sicurezza – Comunque Kodlak ne è al corrente, sa tutto delle nostre attività qui, ma avrebbe cercato di influenzarti. Invece hai il diritto di accettare o rifiutare di tua spontanea volontà.- si avvicinò a me e mi mise le mani sulle spalle, l'unico occhio marrone sembrava vibrare di vita come mai lo avevo visto fare -Hai potenziale. Potresti essere grande, se non la migliore in questa vita di caccia.- abbassai gli occhi sulle punte dei miei stivali e mi morsi il labbro inferiore.
Sì, la bestia mi faceva gola, e i miei occhi avevano brillato all'idea della grandezza, della gloria tra i Compagni che avrei potuto raggiungere con un semplice “sì”, alla forza che avrei ottenuto, all'idea che nessun uomo avrebbe potuto anche solo tentare di stuprarmi come aveva cercato di fare quel bretone al Tumulo delle Vecchie Glorie! La mia umanità, tutto ciò che mi rendeva così uguale a tanti altri sarebbe passata in secondo piano facendomi entrare tra i favoriti del Gran Cacciatore, donandomi l'ebbrezza della caccia eterna...
-Una volta trasformata potrò tornare umana?- chiesi.
-No. Il Dono di Hircine è eterno, una volta accettato non si torna indietro.
Non si torna indietro...
Ripensai a Vilkas, a Kodlak, ai tormenti del primo ed ai tristi sorrisi dell'altro, due dolori che derivavano dalla stessa causa, ovvero la bestia che Aela e Skjor mi stavano offrendo: volevo davvero diventare un uomo lupo e lasciarmi del tutto la mia umanità alle spalle? Ero pronta a convivere con una voglia di sangue che non mi avrebbe permesso nemmeno di godere dei piaceri più genuini e semplici senza provare voglia di uccidere? Di nuovo le carezze mancate, l'irreparabile che non era avvenuto, tutti quei momenti con Vilkas che avevo desiderato senza ottenere passarono davanti ai miei occhi.
-No.- sussurrai infine, in maniera così strozzata che dovetti schiarirmi la voce per far sì che i due Compagni mi sentissero -No.- ripetei.
Non volevo essere in quel modo. Avrei raggiunto i miei scopi, la gloria e l'onore senza l'aiuto di nessun Dono, per quanto intrigante e potente fosse, e non avrei abbandonato la mia umanità per un'esistenza di potente tormento, come aveva fatto Kodlak, come aveva fatto Vilkas.
-Non sono pronta per diventare un lupo mannaro, Skjor.- mi allontanai di un passo e guardai Aela, gli occhi gialli della sua forma di lupo erano invece terribilmente umani e tradivano delusione, una delusione che mi fece stringere lo stomaco -Non voglio questo fardello. Non ora.
Per un po' regnò il silenzio rotto solo dai respiri animaleschi di Aela, e alla fine sentii Skjor sospirare.
-Capisco. Beh, hai fatto la tua scelta...- annuii, ripetendomi con tutta me stessa che un potere del genere non poteva fare per me -Ma in caso cambiassi idea dillo a me o ad Aela.- lo guardai sorpresa -Non è una scelta da prendere alla leggera, e devo dire che mi sarei stupito se avessi accettato.- il tono rassegnato con cui lo disse mi infastidì, ma rimasi in silenzio -Se posso darti un consiglio pensaci su. Forse cambierai idea.
-Sì, forse.- concessi con un'alzata di spalle, come se l'argomento contasse poco e niente per me quando in realtà la scelta mi aveva vista e continuava a vedermi combattuta -Forse un giorno mi vedrai scorrazzare per i prati a quattro zampe.- e l'ironia era la mia ultima, patetica arma per combatterla.
-Tzè, forse.- fece una pausa -Sarei stato orgoglioso di cacciare al tuo fianco.- di nuovo la sorpresa regnò in me.
-Skjor...
-Puoi andare.- annuii, non aveva più senso restare lì, e senza guardare nessuno dei due uscii dalla Forgia Terrena, sospirando di sollievo quando la pietra si chiuse, tornando a confondersi con il resto della maestosa parete di cui faceva parte.
La guardai e deglutii: il richiamo di quel potere maledetto che Skjor mi aveva praticamente servito su di un piatto d'argento sembrava chiamarmi ancora attraverso la roccia, così potente ed allettante che mi girai di scatto e chiusi gli occhi con forza cercando di reprimere quel richiamo.
-Ho scelto.- mi dissi camminando verso Jorrvaskr -E ho fatto bene. Non voglio finire come... - mi sentii afferrare il polso e, spaventata, mi girai per affrontare chiunque avesse cercato di avvicinarmi a quell'ora di notte, ma quando gli occhi chiari di Vilkas incontrarono i miei, la mia bocca si fece secca e le parole mi morirono in gola.
Avrei dovuto liberarmi dalla sua presa, chiedergli cosa volesse, perché per tanti giorni mi avesse evitato per poi presentarsi in quel momento, ma non riuscivo a dire niente, così rimasi in silenzio, attendendo una sua parola, parola che non venne. Le sue mani si mossero e mi presero il viso in una maniera gentile, come mai avevo provato, credo che avesse quasi paura di farmi male, ma il bacio che mi diede fu tutt'altro che timido, un tremendo contrasto con la presa che mi avrebbe permesso di andarmene quando volevo.
-Mi hai ignorata...per tutto questo tempo.- le mie parole furono poco più di un sussurro quando ci separammo -Perché ora?
-Perché voglio che accada l'irreparabile, se anche tu mi vuoi ancora.- mi baciò di nuovo impedendomi di parlare, ma anche volendo, come avrei potuto rifiutarlo?
Bastò poco al mio corpo per risvegliarsi, per desiderarlo di nuovo come pochi giorni prima, gli circondai la vita con le braccia, stringendolo a me quasi temessi di vederlo andar via come la volta precedente, non glielo avrei più permesso.
-Vieni.- annuii e lasciai che mi prendesse la mano, conducendomi dentro Jorrvaskr, verso la sua stanza.
Ci ero stata poche volte, anzi pochissime, e la maggior parte di esse era stato per riprendere i libri che mi rubava, visite rapide e soprattutto caotiche che spesso terminavano con una mia fuga accompagnata dalle urla del Compagno furioso dopo che mi aveva beccata a mettergli a soqquadro la stanza, ma quella volta era diverso, quella volta sarei andata lì per restare.
Cercai di placare i battiti del cuore mentre Vilkas chiudeva la porta a chiave, ma con scarso successo, mi viene ancora da sorridere se ripenso a quanto ero agitata, a quanto il suo sguardo mi causasse brividi di piacere e paura al tempo stesso.
-Che ti prende?- mi chiese vedendomi con gli occhi bassi, concentrati sulle mani che si torcevano l'un l'altra.
-È che...- mi morsi il labbro, e il Nord mi prese il mento per alzarmi il viso e guardarmi negli occhi -Ho un po' paura.- ammisi, sentendomi ridicola, e gli occhi chiari del licantropo si chiusero, inspirando.
-Non fa niente. Non...
-Aspetta, ho paura ma non per quello che credi tu.- lo interruppi, affrettandomi a chiarire il malinteso, mentre con entrambe le mani prendevo una delle sue -Io...non l'ho mai fatto prima.- le parole che stava per pronunciare si ruppero, lasciando spazio ad un'espressione stupita e l'accenno di un sorriso -Non provare a ridere o ti ammazzo.- lo ammonii subito, anche se le mie guance rosse contrastavano con il tono feroce con il quale pronunciai quelle parole.
-Va bene, va bene...- Vilkas si ricompose e tornò serio -Ascolta, non voglio che tu lo viva come qualcosa di brutto, se non vuoi...
-No, io voglio. Solo...fai piano.- mormorai, dov'era il mio coraggio, dov'era la mia sfacciataggine in quel momento?
Avevo affrontato orsi, lupi, persino dei non-morti, eppure davanti a quell'atto naturale e antico quanto il mondo mi sentivo spaesata e spaventata come una bambina, era qualcosa che non conoscevo e che avrei ricordato per sempre, una parte di me che avrei potuto donare ad un solo uomo, e quell'uomo era lì, avanti a me.
-Basterà una tua parola e io mi fermerò.- assicurò.
Mi feci bastare quelle parole e cominciammo a baciarci, le mani di Vilkas si fecero audaci e dai fianchi iniziarono a risalire, la destra arrivò al seno proprio mentre lui affondava il viso nell'incavo del mio collo ed io chiudevo gli occhi, assaporando ogni sensazione.
Mi ritrovai sul suo letto senza nemmeno accorgermene, e dopo esserci spogliati potei godere del calore della sua pelle e della vista del suo corpo: potei ammirarlo senza vincoli, senza vergogna o imbarazzo, ogni cicatrice, ogni graffio era una parte di lui che veniva scoperta per me, che mi veniva donata.
Allungai una mano per sfiorare quella sul fianco causata dai Mano d'Argento proprio mentre il licantropo toccava quelle sulla mia schiena, facendomi sobbalzare, mostrandomi in tutta la mia fragilità, ma capii che quel tocco che non permettevo a nessuno di darmi era un dono se era lui a farlo, e glielo permisi, così come gli permisi di entrare quando fu il momento.
Ricordo quel momento come se non fosse passato nemmeno un giorno, nonostante sia passato molto tempo ricordo ogni gesto, ma soprattutto ricordo il suo sguardo, di come lo vidi bruciare solo per me, quella notte, di come passò in ogni parte del mio corpo donandomi in totale senso di appartenenza al padrone di quegli occhi.
In quella fitta di dolore che sentii invadermi dall'interno mi strinsi a lui, soffocando i gemiti nell'incavo del suo collo finché non passarono del tutto, allora mi concentrai sulle sensazioni del tutto nuove, come il movimento dei bacini, gli ansimi di Vilkas ed infine la sensazione di appagamento che mi colse e mi accompagnò alle porte del sonno tra le braccia del Compagno, tra le braccia del mio uomo.


Note dell'Autrice
Zucchero, troppo zucchero per i miei gusti *inizia a corrodersi*
Bon, capitolo tranquillo, ma importante. Iris ha rifiutato la licantropia, ve lo aspettatavate? °v° spero di no, perché io contavo un po' sull'effetto sorpresa :asd: ma non date niente per scontato, eh? Nel mio cilindro ci sono ancora un paio di conigli da estrarre (?)
Alla prossima,
Lady Iris
 
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view post Posted on 24/4/2013, 18:56
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complimenti bellissima storia
 
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Lady Iris
view post Posted on 25/4/2013, 21:10




Grazie Alex, grazie mille ^^
 
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-Keeran-
view post Posted on 25/4/2013, 21:22




è la peggior storia del mondo è scritta malissimo ed è piena di errori di ortografia!!! meglio che smetti di scrivere :titto:



scherzo :trollface:
 
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Lady Iris
view post Posted on 25/4/2013, 21:25




CITAZIONE (-Keeran- @ 25/4/2013, 22:22) 
è la peggior storia del mondo è scritta malissimo ed è piena di errori di ortografia!!! meglio che smetti di scrivere :titto:



scherzo :trollface:

:quellapianginadidawson:
 
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Lady Iris
view post Posted on 29/4/2013, 10:45




Chapter IX
The cure



Il coniglio correva veloce, ma oramai il mio occhio era allenato e la freccia trapassò il piccolo collo della bestia, che si accasciò di lato tra l'erba e vi rimase immobile mentre questa si tingeva di rosso.
Sorrisi soddisfatta e mi diressi verso la preda appena abbattuta per poi sollevarla per le orecchie e allacciarla alla mia cintura vicino ad un suo simile.
-Caccia fruttuosa.- dichiarai riportando l'arco in spalla, più che soddisfatta del mio lavoro.
Mi trovavo poco lontano da Whiterun a caccia da sola, e la notte era già scesa. Normalmente sarei tornata prima, ma quella sera la mia preda mi aveva spinta più lontano del previsto e le due lune di Skyrim erano l'unica fonte di vera luce in grado di guidarmi verso casa, anche se non ero preoccupata: oramai conoscevo quelle foreste e quelle stradine come le mie tasche, e non mi sarei persa facilmente.
Erano passati mesi da quando avevo rifiutato il Dono di Hircine, da quando io e Vilkas avevamo fatto l'amore per la prima volta, e finalmente mi sentivo completa: la nostra non era una relazione basata su moine o altre tenerezze, non eravamo proprio tipi, c'erano ancora le provocazioni, le battute e soprattutto gli scontri sia fisici che verbali, ma con quella notte il nostro rapporto aveva preso una strada inaspettata che mi faceva stare bene, anche se ogni tanto c'era di nuovo quella vocina fastidiosa, la voce dell'ambizione, che continuava a stuzzicarmi e rimproverarmi per aver rifiutato la licantropia, perché i sensi sviluppati, la forza e la ferocia che tutti i membri del Circolo mostravano, continuavano a farmi gola.
E me ne vergognavo, perché provavo anche invidia per loro, per i prescelti che erano al di sopra dei comuni mortali come me.
Scossi la testa e raggiunsi il cavallo che avevo lasciato poco lontano, e guardando i suoi occhi azzurri sorrisi, così senza un motivo apparente.
-Vuoi tornare a casa, eh?- gli chiesi, quasi potesse rispondermi -Direi che te lo mer...- un rumore, un ululato mi fece morire in gola le parole e spaventò il cavallo a tal punto che iniziò a nitrire e si impennò, costringendomi ad allontanarmi di scatto per evitare di essere colpita dagli zoccoli -Buono!- esclamai una volta che riuscii ad avvicinarmi tanto da riprendere le briglie e carezzarlo sul collo robusto per cercare di calmarlo -Buono, avanti...buono.- ripetei più volte sussurri dolci e moine, ma l'ululato si ripeté, così come voci e grida di uomini che a quanto pare stavano lottando con il lupo che li emetteva, e il quadrupede si imbizzarrì di nuovo, solo il ramo dell'albero a cui l'avevo legato gli impediva di correre via come sembrava voler fare.
-Buono, accidenti!- iniziavo a perdere la pazienza -Ora ce ne andiamo!
-Prendete il mannaro, ora che è a terra!- quelle parole mi costrinsero a fermarmi.
-Mannaro?- ora che ci pensavo, Skjor ed Aela erano fuori da un paio di giorni per una battuta di caccia, secondo loro, e non erano ancora tornati, possibile che... -No, non è possibile. Dovrebbero essere in due.- un guaito, dei gemiti umani mi fecero mordere il labbro inferiore -Ma se fosse?- ringhiai di frustrazione -Oh, per Shor! So che me ne pentirò amaramente.- presi l'arco e corsi verso la fonte di quei terribili rumori.
Corsi, corsi forte mentre il cuore mi batteva all'impazzata: ero consapevole che i Compagni non fossero gli unici lupi mannari a Skyrim, ma se davvero c'era una possibilità che i miei Fratelli di Scudo fossero in pericolo allora dovevo fare tutto ciò che era in mio potere per proteggerli o morire nel tentativo.
Quando arrivai nel luogo dove lo scontro stava avvenendo, trovai uno scenario raccapricciante davanti ai miei occhi: numerosi cadaveri giacevano a terra in pozze di sangue, i corpi erano martoriati da segni di artigli o morsi e spesso i loro volti erano impossibili da distinguere tra le masse sanguinolente che erano diventati, mentre i superstiti (che riconobbi come Mano d'Argento a causa del mantello che portavano) cercavano di abbattere un lupo mannaro al centro che lottava nonostante le ferite che gli tingevano il pelo nero di sangue.
-Prendete quella troia! Voglio la sua pelle!- urlò quello che doveva essere il capo, e persi un battito.
Aveva chiamato l'animale “troia”, quindi doveva essere una donna, anche se non ero ancora sicura che potesse trattarsi di Aela. Ma se così fosse stato una nuova domanda sorgeva spontanea.
-Dov'è Skjor?- il guaito del licantropo, terribilmente simile a quello di un cane, mi costrinse a spostare l'attenzione di nuovo sulla battaglia, sui Mano d'Argento che stavano per avere la meglio. La bestia era infatti stesa a terra con le orecchie basse e il corpo che tremava, probabilmente per colpa degli spasmi di dolore e fatica, ed era circondato dai suoi avversari.
-Porterò i tuoi saluti ai tuoi amici cani, te l'assicuro...- no, oramai non potevo più sbagliarmi e soprattutto non potevo più stare a guardare, così incoccai rapidamente una freccia e venni avanti prendendo la mira.
-Ehi, qui!- proprio mentre il capo spostò la testa verso di me la freccia gli si conficcò nello sterno, portandolo fin troppo rapidamente nell'Oblivion.
-Chi diavolo sei tu?!
-È sicuramente un'alleata dei cani, prendiamola!- riuscii a mettere a segno un altro colpo grazie all'effetto sorpresa, ma poi dovetti prendere la spada ed incrociare le lame dei banditi, fatte rigorosamente d'argento, con la mia.
Parai il fendente alto di un bretone ed approfittai della sua guardia alta per piantagli il mio pugnale nel ventre, poi mi ritrassi rapidamente per evitare di essere colpita dalla freccia di un Dunmer arciere, anzi rotolai praticamente via, e per quando spostai gli occhi per cercarlo di nuovo, questo era sparito.
-Merda!- gettai un'occhiata al lupo che cercava di alzarsi e che mi stava guardando -Aela?- un cenno del capo ed un ringhio sommesso mi bastarono per capire di averci visto giusto, era proprio Aela il lupo che stava per essere fatto a pezzi dai nostri eterni avversari.
-Muori!- mi girai di scatto verso la fonte dell'imprecazione, e per quanto parai con il pugnale l'assalto del bandito la poca distanza e la differenza dell'arma mi procurarono una ferita al fianco, poco più che un graffio se messa a confronto con altre brutte esperienze, ma comunque fastidiosa e bruciante.
L'Imperiale che avevo davanti vedendomi in difficoltà incalzò ed io non potei fare altro che stare al suo gioco, e quando mi ritrovai con le spalle intrappolate da un albero mi abbassai per evitare che mi tagliasse la testa. Sfruttando la sua sorpresa entrai nella sua guardia e lo colpii, trapassandolo con la lama grazie alla nostra vicinanza. Chiusi gli occhi quando uno spruzzo di sangue mi arrivò sul viso, reprimendo a stento il brivido di disgusto che mi attraversò la schiena, e mi affrettai ad estrarre l'arma dal cadavere del Mano D'argento per mettermi in guardia in attesa di un prossimo attacco.
Ma non arrivò niente, gli unici suoni presenti nel bosco erano il respiro affaticato mio e di Aela, ancora in forma ferale, e per quanto tenessi l'orecchio teso a carpire qualche rumore non sentii nulla.
-Il Dunmer deve essere scappato.- pensai, rilassando i muscoli ma non la mente ancora tesa, e mi diressi verso Aela, chinandomi su di lei e mettendole, un po' timidamente a dire il vero, la mano sulla grande schiena nera -Aela, è tutto finito. Riesci a muoverti?- in risposta continuavano ad arrivarmi guaiti e ringhi di dolore, e dovetti faticare davvero per non andare nel panico -Avanti, ritrasformati, dobbiamo tornare a Jorrvaskr, devi dirmi di Skjor.- la sentii ringhiare e mi affrettai ad allontanarmi, spaventata, ma capii subito che quel ringhio non era dovuto al volermi attaccare, quanto a dirmi qualcosa -V-vado a riprendere il cavallo...- mi mossi di qualche passo, ed il ringhio si ripeté di nuovo, più forte stavolta -Calmati, ho detto che...- accadde in un attimo.
Il gelo mi avvolse dalla punta dei piedi fino alla testa, ed incapace di stare in piedi caddi a terra, rigida come un pezzo di legno.
-No!- potevo muovere appena gli occhi, e non dovetti attendere molto prima che il Dunmer fuggitivo comparisse nel mio campo visivo -Cazzo, ecco perché Aela ringhiava! Stava cercando di avvertirmi...- ed io come una stupida non avevo capito niente.
-Bene, bene...qualcuno qui ha abbassato la guardia troppo presto.- se avessi potuto parlare probabilmente lo avrei mandato in un posto non proprio elegante, ma con la mascella rigida e gelata non potevo fare niente.
Quel bastardo aveva usato la magia e lo aveva fatto in maniera fottutamente precisa, oserei dire. Avrei potuto quasi essere ammirata dalla sua abilità se la vittima non fossi stata io, ma era inutile lamentarsi, mi occorreva una soluzione, e alla svelta!
-Ho perso tutti i miei compagni, ma almeno li vendicherò.- incoccò una freccia e la caricò a pochi centimetri dalla mia fronte, per mia sfortuna il bastardo non era un tipo di molte parole, di quei montati che mi avrebbero fatto terribilmente comodo, ero immobilizzata e sentivo Aela ringhiare alle sue spalle -Ad...- con un ultimo e sicuramente doloroso sforzo, la cacciatrice assaltò l'elfo, atterrandolo di spalle.
L'incantesimo finì e potei alzarmi per vedere la bocca del lupo stringersi proprio dietro la collottola dell'elfo scuro e strattonarla con forza. Un brutto rumore di ossa rotte infranse il silenzio della foresta ancor prima che il bandito potesse urlare.
Sospirai di sollievo e guardai la mia Sorella di Scudo tornare pian piano alla sua forma umana: gli occhi gialli si fecero di nuovo verdi e il pelo si schiarì e diminuì fino a tornare la sua chioma rossa, e mi affrettai a coprirla con il mio mantello quando le sue nudità cominciarono a farsi vedere.
-G-grazie...- sussurrò stringendosi la stoffa addosso, ansimando.
Diverse ferite la ricoprivano, alla testa, all'addome, le gambe, non c'era un punto del suo corpo che pareva esente da tagli o lividi, e l'angolatura innaturale della sua mano faceva intendere che il polso doveva essere rotto o slogato.
-Che cosa ti è successo?- le chiesi, preoccupata -Dov'è Skjor?- alzò lo sguardo chino sul mantello verso di me, ma non disse nulla ed io la presi per le spalle -Aela...dov'è Skjor, accidenti?!
-È morto.- il tono della cacciatrice era atono, freddo, ma nei suoi occhi solitamente indecifrabili potei leggere il dolore, la rabbia che provava.
Per quanto riguarda me, mi colse il vuoto: quelle due parole, così semplici eppure così crudeli danzarono nella mia mente, incidendosi come sulla pietra, scavando la consapevolezza che venne fuori tutta insieme, facendomi lasciare Aela di scatto.
-Sono stati loro.- continuò la licantropa, trattenendo a stento la sua furia.
Skjor era morto, ucciso da quei bastardi che negli ultimi due anni non avevano fatto altro che attentare ai Compagni, e alla fine ne avevano ucciso uno, forse il più forte di noi.
-Come?- chiesi solo.
E mi stupii di come riuscissi ad essere fredda, il dolore mi arrivava ovattato, prepotentemente accantonato dalla rabbia e una parte di me credeva che finché non fossi scoppiata a piangere, la morte di Skjor sarebbe stata solo una cosa fittizia, un'eventualità della mia mente.
-Erano in troppi. Credevamo di poterli sconfiggere, così abbiamo raggiunto un loro covo a tre giorni da qui. Io sono rimasta fuori ad occuparmi degli arcieri...- si interruppe, le labbra diventarono un'unica linea di dolore quando una fitta la colse -Mentre lui è andato in avanscoperta. Non lo vedevo tornare e l'ho raggiunto nel fortino. Erano quindici...quindici, Iris, ti rendi conto?- no, non me ne rendevo conto -Proprio quando ho iniziato ad avvicinarmi e lui abbatteva due uomini, uno gli è arrivato alle spalle.- tacque.
Il suo viso ferito non mostrava dolore, non mostrava tristezza, non mostrava niente se non rabbia e voglia di vendetta, questo è ciò che Aela permise al suo cuore di mostrare per la perdita del Compagno a cui teneva di più, con cui aveva un rapporto più stretto. Perché sono sempre stata consapevole che, per quanto io volessi bene ad Aela e lei a me, non avrei mai potuto essere speciale come lo era Skjor per lei, era il suo mentore, l'unico con cui condividesse appieno la benevolenza di Hircine.
Ed ora era morto.
-L'ha trapassato. Gli ha trapassato lo stomaco. Ed io non ho potuto fare niente se non fuggire, come una codarda.
-Non potevi fare altro.
-Potevo morire in combattimento, come mi è stato insegnato.
-E permettere ai Mano d'Argento di farla franca così?- ribattei, dando voce alla vendetta che aveva iniziato già a circolare in me.
Aela lo comprese e mi guardò senza dire nulla, non è mai stata un tipo di molte parole...
-Andiamo. Ti riporto a Jorrvaskr.- dissi, e le passai un braccio intorno alle spalle per aiutarla ad alzarsi -Ho il cavallo qua vicino, arriveremo in un paio d'ore.- guardavo dritta avanti a me, facendo le cose di riflesso, senza accorgermene guidai Aela verso il cavallo che finalmente si era calmato, la feci salire e subito dopo montai in sella dietro di lei, dicendole di reggersi e che avrei cavalcato il più lentamente possibile.
-No, corri.- mi disse lei -Kodlak deve sapere...anche se ce l'aveva detto.
-Mh?- con un colpo di briglie spinsi il cavallo al galoppo ed il quadrupede iniziò a muovere i primi passi.
-Ci aveva detto di non andare, non da soli. Ma credevamo di poterli reggere...- la sentii gemere e probabilmente mordersi le labbra -E ora...deve sapere.
-Va bene. Reggiti, allora.- spronai il cavallo nella notte, raggiungendo in breve tempo il sentiero che ci avrebbe riportato a casa, ma di quel tragitto non ricordo niente.
Sentivo una stretta al cuore alla perdita di Skjor, un dolore addormentato che ancora non si decideva a venir fuori, ad esplodere come temevo che dovesse fare. Sentivo solo quel grande peso opprimermi mentre nella mia testa rimbombavano le parole che il Compagno mi aveva rivolto quella notte alla Forgia Terrena.
Sarei stato orgoglioso di cacciare con te...
Una goccia scorse lungo la mia guancia e fu il sapore salato che mi bagnò le labbra a farmi comprendere che non stava affatto piovendo.

Kodlak ricevette Aela ed anche me non appena la mia Sorella di Scudo fu in grado di camminare. Per quello che mi riguarda, avrei preferito mille volte non essere lì, non dover udire il racconto di Aela con particolari più cruenti come la morte di Skjor, l'inseguimento serrato e crudele a cui i Mano d'Argento l'avevano costretta fino al mio arrivo. E più raccontava più il dolore veniva di nuovo insabbiato dalla voglia di vendetta.
Quei bastardi avevano ucciso Skjor e poco mancava che ci riuscissero con Vilkas e Aela. Mi avevano portato via un pezzo della mia famiglia, ma non potevano passarla liscia.
-E questo è tutto.- concluse Aela, e il vecchio Precursore annuì.
-Porti una tristissima notizia a Jorrvaskr, Aela. L'anima di Skjor adesso corre nei Campi di Hircine...- le sue labbra per un attimo si indurirono -Ma la sua perdita è un brutto colpo per Jorrvaskr. E spero che non verserete altro sangue cercando di vendicarlo.- sia io che Aela lo guardammo indignate, ma mentre io rimasi in silenzio la rossa si alzò in piedi di scatto, ignorando le probabili fitte di dolore che dovevano averle attraversato il corpo.
-Precursore, non vorrai lasciare questo crimine impunito? Hanno trapassato il corpo di Skjor davanti ai miei occhi e probabilmente adesso lo stanno scuoiando!- quell'immagine terribile mi fece chiudere gli occhi di scatto e trattenere il fiato, scavando una ferita ancor più profonda sul mio cuore e facendomi desiderare di essere lontana da quella stanza e quelle parole -Loro...
-Loro sono dei mostri e scendere al loro livello non ci riporterà Skjor.- era incredibile come quell'uomo potesse calmarmi, farmi credere che qualsiasi parola uscita dalla sua bocca fosse pura verità -Non voglio che altro sangue sia versato. Ed ora siediti, le tue ferite...
-Le mie ferite stanno bene.- dichiarò Aela, poi mi guardò -Immagino che tu sia d'accordo con lui.- disse e, sentendomi brutalmente chiamata in causa, sobbalzai.
-Io...- deglutii, sostenendo il suo sguardo a fatica -Sì. Non ci serve un altro morto.- le sue labbra si fecero livide ed i suoi pugni si strinsero, quello sguardo fu come una coltellata per me, perché mai l'avevo vista guardarmi in quel modo carico di rabbia, di delusione.
-Molto bene.- senza tener conto di niente e nessuno, la cacciatrice si diresse verso la porta.
-Aela...- provai a richiamarla, ma tutto ciò che ottenni fu lo sbattere della porta e sospirai, passandomi una mano sul viso per sfogare in qualche modo il nervosismo e la tristezza che mi animavano.
Avevo pianto durante il tragitto, approfittando dello svenimento di Aela, delle praterie buie come unico testimone, avevo pianto e singhiozzato alla memoria di quel guerriero, una parte della mia famiglia che aveva contribuito a fare di me la persona che ero diventata. Magari non avevo questo gran rapporto con lui, ma l'idea che non l'avrei più sentito intimarmi di sollevare quelle fottute armi pesanti, che nessun “Novizio” sarebbe più passato per i corridoi, che non avrei più visto quello sguardo sfregiato ricco di serietà mi fece star male.
-La capisco.- dissi poi, in piedi e con le braccia incrociate -Non dovrebbero farla franca.
-La stima e l'affetto che provate per Skjor vi fa onore, ma come ti ho spiegato...
-La vendetta non ce lo restituirà, lo so.- alzai gli occhi verso di lui, verso quell'azzurro in grado di farmi da antidoto con la sua pacatezza -Ma fa male. E non è giusto. Aela...
-Aela prova dolore, ma credo che non disubbidirà un'altra volta.
-Intendi punirla?- gli chiesi.
-No.- Kodlak fece una pausa e congiunse le mani appoggiando i gomiti sul tavolo di legno della sua stanza -Il suo senso di colpa è una punizione sufficiente, non me la sento di infierire sul suo già grande dolore.- annuii, apprezzando l'umanità dell'anziano licantropo -Speravo che mi dessero ascolto, che lasciassero correre questa follia.- sospirò -Almeno tu hai avuto il buonsenso di non farti coinvolgere in tutto questo.- spalancai occhi e bocca, presa in contropiede.
-C...come?- balbettai, e l'uomo sorrise.
-Credevano davvero che non me ne fossi accorto? So che Skjor ti ha chiesto di accettare la bestia.
-Ma come lo sai?- gli chiesi.
L'unica persona a cui l'avevo detto era Vilkas, possibile che mi avesse tradita così?
-Io so tutto quello che accade a Jorrvaskr, non sono il Precursore per niente. E prima che tu possa chiederlo, sappi che Vilkas custodisce i tuoi segreti molto attentamente.- arrossii, non potei farne a meno, c'era qualcosa che quell'uomo non sapesse? -Ma io lo conosco bene, come conosco bene Aela e Skjor, e anche te.- mi fece cenno di sedermi sul posto occupato da Aela fino a poco prima, ed ubbidii -Dimmi...conosci la storia della nostra trasformazione in lupi mannari?- inclinai il capo di lato, la treccia con cui avevo acconciato i capelli cadde lungo la spalla, e lo guardai perplessa.
-Vilkas mi ha detto che era una maledizione lanciata sugli antichi Compagni.- dissi, ricordandomi di quando, dopo aver passato la notte insieme, avevo trovato il coraggio di chiedergli di più a riguardo -Mentre Skjor...- mi interruppi per deglutire, poi ripresi -Skjor l'ha chiamata benedizione, un Dono di Hircine.
-C'è un fondo di verità in entrambe le cose.- disse Kodlak -Ma la verità vera e propria è molto più complicata.- fece una pausa -Lo è sempre.- assottigliai gli occhi a quelle parole, ma restai in silenzio, lasciando che continuasse a parlare -Vedi, i Compagni hanno quasi cinquemila anni, ma il sangue di bestia ci affligge solo da qualche secolo...relativamente poco tempo, se vogliamo dirla tutta.
-E come ne sono venuti a contatto?- mi ero fatta attenta a quella storia che svelava, almeno in parte, il tormento o il Dono, a seconda dei punti di vista, a cui avevo rinunciato.
-Un mio predecessore era un brav'uomo, ma poco lungimirante.- prese fiato -Strinse un patto con la Congrega delle Streghe di Glenmoril.- storsi la bocca a quelle parole.
-Magia?
-Magia.- confermò il Nord, poi riprese -Se i Compagni avessero cacciato in nome del loro signore ci sarebbe stato concesso un nuovo potere. Immagino tu sappia già a quale signore mi riferisco.
-Hircine...- sussurrai -Ed è così che sono diventati lupi mannari?
-Non credevano che il cambiamento sarebbe stato permanente. Le streghe fecero la loro proposta e loro la accettarono...ma furono ingannati.- chiuse un attimo gli occhi, conoscevo Kodlak abbastanza bene da capire che quello sarebbe stato l'unico sfogo per la sofferenza che doveva riempirgli il cuore.
-Ingannati? Vuoi dire che vi avevano promesso altro?- chiesi dopo un po'.
-Non proprio. Le streghe non hanno mentito, naturalmente. Hai visto di cosa siamo capaci e di come un potere del genere faccia gola.- annuii, anche se dovetti abbassare lo sguardo per evitare che il vecchio Biancomanto leggesse la cupidigia che ancora animava i miei occhi quando sentivo parlare della bestia -Ma non si tratta solo dei nostri corpi.- rialzai lo sguardo, ora di nuovo incapace di capire -La malattia non si limita a corrompere il corpo di chi la riceve...essa penetra nell'anima.- malattia, l'aveva definita.
Non Dono, non licantropia, non bestia. Malattia. Una malattia da cui non si tornava indietro e che, a quanto pare, esigeva un prezzo più alto di quanto potessi immaginare.
-Dopo la morte, i lupi mannari raggiungono Hircine nel suo territorio di caccia. Per alcuni questo è il paradiso, non desiderano altro che inseguire una preda con il loro padrone per l'eternità.
-Ma non tu.- lo anticipai, prendendo la dolorosa consapevolezza di dove Kodlak stesse andando a parare -Non è vero?- annuì di nuovo con un cenno del capo, il suo volto era una maschera di impassibile fierezza, ma i suoi occhi...
I suoi occhi non me li posso dimenticare: non erano più azzurri come il ghiaccio, erano il mare in tempesta, erano gli specchi di un tormento di cui non poteva liberarsi, un veleno che aveva contagiato corpo ed anima, una consapevolezza che tramite il suo racconto a me diventava sempre più forte ed insormontabile.
-Io sono ancora un vero Nord.- come poteva la sua voce risultare così pacata, così sicura? -E sogno che la mia anima riposi a Sovnegarde.- ma questo non sarebbe stato possibile.
Forse non ero molto religiosa, ma come Nord comprendevo l'attaccamento a Sovnegarde e il desiderio di Kodlak di farne parte, e il fatto che non gli fosse più concesso di riguadagnare la pace nemmeno nell'oltretomba mi causò profonda tristezza.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, finché non mi arrischiai a prendere parola.
-E non c'è una cura?- chiesi con tono timoroso, tanta era la paura di ferire ulteriormente Kodlak, ma dovevo sapere.
Possibile che non si potesse fare niente?
-Ho impiegato gli ultimi anni della mia vita per tentare di scoprirlo.- le mie spalle si incurvarono ulteriormente e chinai il capo -E ora ho trovato la risposta.- rapidamente tirai di nuovo su la testa e lo guadai, attenta -È stata la magia delle streghe ad intrappolarci. E la magia delle streghe ci libererà.
-Dici che lo faranno?- domandai poco convinta, ed i miei timori si fecero certezze alla risposta dell'uomo.
-Non di loro spontanea volontà. Ma si potrebbe attingere ai loro poteri con la forza.-mi morsi appena il labbro inferiore e lo invitai a continuare -Se riuscissimo a distruggerle ed appropriarci delle loro teste, la malattia verrebbe purificata. E cancelleremmo secoli di tormento.
-Lo farò io.- dichiarai, alzandomi in piedi ed appoggiando le mani sul tavolo -Manda me a distruggere la Congrega.- lo vidi farsi pensieroso.
-È una missione pericolosa, lo sai?
-Sono l'unico guerriero non affetto dal sangue di bestia che potrebbe fare questo lavoro. Non hanno alcun potere su di me.- mi feci seria -Kodlak...fidati di me, ti prego. Posso farlo. Voglio farlo.- se Kodlak poteva essere curato avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo.
Per anni avevo avuto bisogno di lui, ma ora che era lui ad aver bisogno di me non avrei lasciato l'occasione scorrere via come sabbia tra le dita: era giunto il momento di ricambiare, finalmente, il favore alla mia guida.
Ci guardammo per un lungo istante, verde contro azzurro, la fiamma dei miei occhi contro la calma dei suoi, ma alla fine l'uomo distolse lo sguardo e sospirò, decretando così la mia vittoria.
-Molto bene. Ti fornirò i dettagli non appena avrò informazioni più complete.- annuii con un cenno del capo e mi alzai, ma feci appena pochi passi che Kodlak mi richiamò -Ti sono grato...e sono fiero di te, Iris.- aprii bocca, ma nemmeno un suono uscì -Sei cresciuta...non sei più un cucciolo.- gli sorrisi, perché non sapevo come trasmettergli l'emozione, la gratitudine che quelle parole fecero nascere in me, e fu sempre sorridendo che lasciai la stanza.

-È stata la decisione più stupida che tu potessi prendere.- alzai un sopracciglio mentre Vilkas si sedeva sul mio letto dandomi le spalle e la visione della sua schiena nuda.
-Kodlak si fida di me, perché tu no?- gli chiesi, appoggiandomi con un gomito alle pellicce che usavo come coperte.
-Tu contro le Streghe di Glenmoril? La vedo dura.
-Ho sicuramente molta più possibilità di voi che siete sotto la loro maledizione. Chi meglio di me potrebbe affrontarli?- il Compagno girò il volto quanto bastava per potermi guardare e dedicarmi un ghigno arrogante.
-Chiunque, magari?
-Bastardo arrogante!- strinsi gli occhi e, per la prima volta da quanto ero a Jorrvaskr lasciai perdere -Kodlak vuole guarire. E anche tu, e Farkas. Io posso portarvi una cura. Tu non faresti lo stesso?- gli chiesi.
Gli occhi del Nord tornarono a guardare avanti senza in realtà vedere niente: lui e suo fratello volevano guarire, me lo aveva detto chiaramente qualche giorno prima, mi aveva confidato quanto lui e Farkas fossero legati a Kodlak, di come i gemelli lo considerassero il padre che non avevano mai conosciuto, ma soprattutto mi aveva raccontato di come la licantropia gli avesse cambiato la vita, e non sempre in positivo.
La cura per lui rappresentava la speranza di tornare alla normalità, di poter accedere a Sovnegarde come il nostro Precursore, ed io potevo donargliela, potevo liberarlo. Non mi avrebbe impedito di partire sapendo che lui sarebbe stato il primo a gettarsi in questa impresa, ma la preoccupazione lo rendeva scontroso ed irritante, anche se da un lato trovavo piacevoli queste sue attenzioni ero pur sempre un guerriero ed avrei fatto il mio dovere.
-Sì.- ammise con riluttanza, poi si passò una mano tra i capelli scuri e sospirò -Ma io ho vent'anni di esperienza in combattimento sulle spalle.
-Mi farò bastare la mia.- risposi prontamente, poi mi sedetti a mia volta ed appoggiai la testa sulla sua spalla -Tornerò, te lo prometto.
-Non fare promesse che non sei sicura di mantenere, Novellina.
-Non sono più una Novellina, idiota.- lo apostrofai -E ripeto: se Kodlak non mi ritenesse all'altezza non mi avrebbe mai assegnato questa missione.- sospirai, poi spostai i capelli sulla spalla ed iniziai a sciogliere alcuni nodi con le dita -Vorrei partire con il tuo appoggio, ma non tornerò indietro solo perché tu non approvi.- lo guardai determinata, e mi stupii che non avesse già iniziato a sbraitare...tutt'altro, mi dedicò un sorriso amareggiato.
-Lo so, oramai ti conosco fin troppo bene.- si stese di nuovo sul letto ed io lo imitai, lasciando che mi accarezzasse il viso, chiudendo gli occhi a quel contatto semplice e dolce al tempo stesso -Cerca di riportare la pellaccia a casa, è chiaro?- riaprii gli occhi e gli sorrisi.
-Quando mi vedrai entrare a Jorrvaskr con la testa di una di quelle megere morirai dall'invidia.- lo baciai prima che potesse ribattere, la voglia di fare l'amore tornò e in poco tempo lasciai andare i miei pensieri per concentrarmi solo su Vilkas.

Note dell'Autrice
Nuovo capitolo, siete felici?
*in lontananza si sente un bambino piangere*
Bene!
Capitolo un po' vario, niente da dire. Ecco, la chiacchierata con Kodlak è stata difficile, come sempre xD E Skjor ha tirato le cuoia, povero cocco. Ora Iris ha una missione, le teste delle streghe, ma chissà cosa accadrà, muahaahahha *si strozza* ok, la finiamo qui.
Al prossimo capitolo :*
 
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Lady Iris
view post Posted on 6/5/2013, 19:43




Chapter X
The witches' slayer




-Troverai la Congrega di Glenmoril a ovest di Falkreath.- presi la mappa che Kodlak mi porgeva mentre quest'ultimo finiva il discorso e gli diedi un'occhiata -Cerca di impiegare un approccio furtivo, mi raccomando: le streghe fisicamente sono deboli, un colpo ben assestato basterà a portare le loro anime dannate nell'Oblivion, ma i loro incantesimi sono potenti.- sollevai gli occhi dalla mappa per incontrare quelli del Precursore.
A dispetto del tono e dell'espressione tranquilla credo che fosse preoccupato, anche se non voleva dimostrarlo: non per vantarmi, ma credo che in fondo Kodlak avesse un debole per me come un nonno con la nipote più piccola. Aveva già cercato di proteggermi da fatti e verità che molti dei miei Fratelli di Scudo avevano dovuto affrontare senza esitazione, ma non quella volta.
-Lo so, me lo hai detto.- riposi tutto nella bisaccia e gli sorrisi, cercando di sembrare sicura e priva di preoccupazioni -Kodlak, io tornerò.- mi mise una mano sulla spalla e mi guardò intensamente.
-Allora vai. E distruggile come un vero guerriero.
-Sì, Precursore.- mi voltai e senza guardarmi indietro arrivai alle stalle di Jorrvaskr, dove sellai il cavallo, quello con gli occhi chiarissimi, che accolse la sella con un nitrito infastidito.
-Su, non posso cavalcarti senza.- cercai di calmarlo dandogli un paio di pacche sul collo -E poi...
-Ehi.- mi girai, vedendo Vilkas all'ingresso e con una pozione in mano che mi lanciò.
La presi con entrambe le mani e lo guardai.
-Che cos'è?
-Me l'ha data Arcadia qualche tempo fa come ringraziamento per un lavoro. Dovrebbe proteggerti di più dagli...incantesimi- quasi la sputò quella parola, il disgusto che si manifestava palese sul suo volto – di quelle streghe.- mi diede rapidamente le spalle.
-Vilkas...
-Resta in vita, va bene?- strinsi forte la piccola fiala tra le mani per reprimere l'istinto di correre da lui ed abbracciarlo, di trovare rifugio tra le sue braccia come in quel periodo ero solita fare, per esempio, dopo quegli incubi in cui le voci ed il buio diventavano sempre più reali e spaventosi.
Lo lasciai andare senza dire niente, perché non c'era posto per le debolezze tra i Compagni, ma fu solo una volta che la figura del Compagno sparì del tutto che mi decisi a salire a cavallo e lasciare Whiterun.

Falkreath non era di certo famoso per il suo bel tempo. Quando varcai l'invisibile confine del feudo, dei brutti nuvoloni mi diedero un “caloroso” benvenuto, e pochi minuti dopo io e il cavallo eravamo fradici.
La vegetazione era più fitta ed i boschi più grandi rispetto a Whiterun, inoltre non c'erano praterie ad alternarsi agli alti alberi e alle loro radici alte che fuoriuscivano dalla terra rendendo il sentiero scosceso, tanto che in alcuni punti dovetti scendere da cavallo per guidarlo con le briglie, infangandomi gli stivali e riempiendoli di acqua.
-Che Akatosh vi maledica. Per sempre...- borbottai a denti stretti mentre col mantello cercavo di coprirmi il più possibile, ma diciamo la verità, era come entrare nella tinozza con una cuffietta per quello che riuscii a fare, e quando entrai alla Goccia Fatale, la taverna del paese, ero zuppa.
-Ti piace il bel tempo della zona, viandante?- mi accolse un simpaticone intento a scolarsi una birra, ma io lo ignorai bellamente passandogli accanto per poi sedermi da sola ad un tavolo poco lontano dal bancone.
Ero appena arrivata a Falkreath e già il mio umore era nero come la pece, un po' per il tempo, un po' per la preoccupazione che non potevo fare a meno di provare all'idea di affrontare quelle streghe...
Non mi sarei tirata indietro, lo avevo promesso a Kodlak, a Vilkas, ma soprattutto a me stessa, mi ero ripetuta per tutto il viaggio che avrei completato quella missione o sarei morta nel tentativo di farlo perché era a quello che mi ero preparata, era quella la vita che avevo scelto quando la Cerimonia dei Compagni si era conclusa.
Vittoria o Sovnegarde.
-Vittoria o Sovnegarde.- mormorai.
-Cosa posso portarti?- mi girai verso una cameriera dal viso gentile, che nel guardarmi mi dedicò un sorriso furbetto -Sei molto graziosa, mia signora. Un altro po' di tempo e ti ritroverai attorno tutti gli uomini di questo posto.- spalancai gli occhi, presa in contropiede dal complimento che mi fece.
-Come?
-Oh, perdonami. Tendo ad essere inopportuna quando vedo una faccia nuova. Sono Narri.- ricambiai il sorriso con uno incerto.
-Iris.- mi presentai a mia volta.
-Sei di passaggio?
-Affari...di lavoro.- dissi vaga, e quella annuì, chiedendomi ancora cosa volessi ordinare.
-Zuppa di pomodoro e una pinta di birra calda.
-Arrivano.- sospirai di sollievo, perché non ero proprio dell'umore adatto per chiacchierare, ed attesi in silenzio il ritorno di Narri con la mia cena.
Non ero abituata a sentirmi fare complimenti: mamma non è mai stata un tipo particolarmente espansivo con le parole e a Jorrvaskr, beh, non si dava certo attenzione all'aspetto fisico, credo che l'unico ad avermi fatto dei complimenti sia stato Torvar da sbronzo, una volta...sì, stavamo festeggiando una caccia particolarmente ben riuscita quando all'improvviso quel vecchio ubriacone si è inginocchiato davanti a me, lodando la mia “esotica bellezza”, parole sue, e chiedendomi di sposarlo seduta stante.
Mi venne da ridere mentre ripensavo a quel fatto, ma sul momento mi ero davvero sentita in imbarazzo, soprattutto quando Vilkas mi aveva chiamata “signora Torvar”...
-Meglio non pensarci.- pensai, senza tuttavia far sparire il sorriso divertito che avevo sul volto e che mantenni anche quando la cameriera tornò con la mia cena.
-Buon appetito, mia signora.- la cena, sicuramente non ottima, ma nemmeno malaccio e il sorriso della ragazza mi misero di buonumore tanto che prima di andare a dormire le lasciai qualche moneta in più come mancia.

-Non spingere il gomito verso l'esterno, o perdi forza.- lascia che lui le aggiusti il braccio e che le avvolga le sue piccole dita con la mano, rafforzandole la presa sull'arco.
-Così?
-Stringi di più e...il gomito.- uno sbuffo di impazienza lo fa ridacchiare.
-Non ridere!
-Devi pazientare Iris, per padroneggiare l'arco ce ne vuole molta di pazienza.
-Detto da te...- borbotta, e il Nord corruga le sopracciglia bionde mentre la guarda male con quegli occhi identici ai suoi.
-Cosa vorresti insinuare, piccoletta?
-Non chiamarmi piccoletta!- insomma, dopotutto ha già undici anni, come si permette di chiamarla ancora in quel modo?
Lei oramai è una donna!
Le dona un sorriso ironico, uno di quelli che lei gli dedica poco prima di un dispetto, poi le scompiglia la zazzera nera, mandandole i capelli davanti agli occhi.
-Tendi quella corda, avanti.- pur gettandogli un'occhiata infastidita la ragazzina ubbidisce, di dire no a Iansen proprio non le riesce, per quell'uomo dal sorriso furbo e dagli occhi penetranti lei ha un debole, come ogni bimba per suo padre -Avanti....così...- lascia andare la corda e la freccia fischia attraverso l'aria, conficcandosi nel tronco, poco fuori dal bersaglio di paglia preparato.
-Oh.- la delusione sul suo volto è palese, proprio non ci riesce a mascherarla -L'ho mancato.
-Era il tuo primo tiro, non sei andata male.
-Ho mancato il bersaglio.
-Alla tua età io mancavo perfino gli alberi.- ancora quella grande mano si sposta sulla sua testolina, gli piace proprio scompigliarle i capelli -Andrà meglio col tempo.
-E se non dovesse?- chiede lei.
-Andrà, tesoro. Ce l'hai nel sangue.


Mentre il lupo cadeva a terra non potei pensare che in fondo papà aveva ragione, l'arco era la mia arma ed avevo la caccia nel sangue, per quanto eliminare quella bestia disperata e rinsecchita dalla fame non fosse proprio una grande impresa.
Era giorno e mi stavo dirigendo verso il punto segnato dalla mappa di Kodlak, per quanto la streghe si rifugiassero in grotte speravo che coglierle di sorpresa con il sole già alto, quando erano solite riposare secondo le indicazioni, mi avrebbe dato un certo vantaggio. In quelle zone gli animali si erano fatti rari e quell'unico lupo incontrato era magro e spelacchiato, probabilmente non mangiava da giorni e gli avevo quasi fatto un favore piantandogli una freccia in testa.
-Giorno sfortunato o fortunato, chi può dirlo?- mi chiesi estraendo la freccia con un movimento secco e accorgendomi con fastidio che la punta era rimasta dentro, rendendola inutilizzabile -Maledizione!- gettai a terra il legnetto e rimontai a cavallo, fino ad arrivare alla base di una parete montagnosa dove, anche da lontano, era possibile scorgere un'apertura nella roccia, la tana delle streghe.
Deglutii.
Ero arrivata, non potevo più tirarmi indietro. Lasciai il cavallo nascosto nella boscaglia e lo legai ad un albero, dandogli una carezza sul muso.
-A più tardi...spero.- mormorai, poi mi diressi verso la caverna.
Più mi avvicinavo all'ingresso, più notavo particolari in grado di farmi accapponare la pelle: numerose ossa, alcune ingiallite dal tempo, altre con ancora della carne attaccata decoravano l'apertura come un macabro tappeto, e su una picca la testa di un lupo con la bocca ancora aperta mi fissava con gli occhi vuoti e mangiati dagli insetti, una visione che mi costrinse a coprirmi naso e bocca con la sinistra.
-Che schifo...- mormorai e fu trattenendo il fiato che varcai la soglia della caverna, senza osare indagare se le ossa ai piedi del palo fossero o meno di animale.
L'antro era simile a molti altri dove ero già stata con Aela o Farkas, ma quella volta sarei stata sola e contro delle streghe, in più c'era un odore strano che più mi addentravo nelle profondità della grotta, più si faceva pungente, un odore di fiori morti, erbe misto a qualcosa di sgradevole che non riuscivo ad identificare.
L'arco era teso e la freccia già pronta mentre avanzavo lentamente e cercando di non calpestare niente che potesse tradire la mia posizione.
-Ecco qui!- sobbalzai e mi affrettai a nascondermi dietro una roccia.
L'antro dove ero arrivata era grande, al centro di esso un grande fuoco era l'unico segno di abitazione, se così possiamo definirla, e vicino ad una grande pentola stava una vecchia donna.
La pelle era pallida, di un grigio malato, ed i pochi capelli rimasti secchi come paglia, sporchi e bianchi, il naso adunco e gli occhi di un rosso scarlatto, piccoli e socchiusi, chini su di una ciotola scheggiata. La figuretta scheletrica non indossava abiti se non una casacca senza maniche che le lasciava scoperte le braccia e le gambe dalle ginocchia ossute in giù, rivelando unghie lunghe e mal curate.
-Eccoti, mostro maledetto...- pensai, sporgendomi appena.
-Sì, sì sorelle mie. Mi mancate così tanto! Ma il nostro signore è stato chiaro, io devo aspettare qui, lontana da voi, devo aspettare cosa, però? No! Non si discutono i suoi ordini, giusto? Giusto!- la sua risatina incerta mi diede i brividi -Moira non discute, è fedele a Hircine. È fedele...- mi sporsi appena e presi la mira.
Un colpo alla testa sarebbe bastato per ucciderla, e staccarlgliela da quel piccolo collo fragile non sarebbe stato difficile, almeno non fisicamente. Per Kodlak avrei superato l'orrore di ciò che stavo per fare e sarei tornata vincitrice a Jorrvaskr. Feci un passo avanti, pronta a scoccare la freccia, ma trovai la visuale occupata.
-AH!- schivai la palla di fuoco rotolando, ma l'odore di bruciato arrivò lo stesso alle mie narici e dovetti affrettarmi a togliere il mantello per non scottarmi a mia volta e bruciare i vestiti.
La copertura era saltata, la strega in qualche modo mi aveva vista.
-Cosa? Chi è!- osservai la strega alzarsi e girare la testa ovunque, fiutando l'aria, sebbene le stessi davanti, a una ventina di metri di distanza -Oh sì...riconosco questo odore.- sorrise, mettendo in mostra una dentatura marcia ed incompleta -Odore di cane, di Compagno.- decretò infine.
Era cieca. Anni di reclusione in quel buio avevano reso i suoi occhi rossi ma vacui, non mi vedeva davvero, credo che più che altro mi percepisse, era stato sicuramente il mio odore, a quanto diceva, a farmi smascherare.
Mi affrettai ad estrarre la spada, riponendo l'arco dietro la schiena e mettendomi in guardia, mentre quella parlava.
-Eppure il tuo odore è così...fievole.- ammise, tirando di nuovo su con il naso -Vivi con i Licantropi, ma non sei una di loro. Non hai accettato il Dono di Hircine.
-Sono qui per la tua testa.- replicai -Il resto non ti riguarda.- ridacchiò di nuovo e di nuovo io rabbrividii.
-Ma davvero, Compagno? Allora perché non vieni a prendertela?
-Con piacere!- sarei dovuta essere più cauta, lo riconosco, ma la voglia di concludere quella missione e di uccidere quell'essere inquietante ebbero la meglio e mi gettai su di lei, portando un fendente che avrebbe dovuto staccarle la testa.
-Non così in fretta!- un campo di forza si frappose tra me e la Strega di Glenmoril, sbalzandomi all'indietro e facendomi perdere la spada.
Caddi sul terreno roccioso battendo la spalla e rotolando un paio di volte, finché non mi fermai e mi misi in ginocchio.
-Che cosa...?- mi morsi il labbro.
Quella era la magia, la cosa che i Compagni disprezzavano profondamente, quel vincolo che li aveva imprigionati nella bestia, l'arma più potente del mondo se utilizzata con capacità. Ed io ne ero sprovvista contro un avversario che invece sembrava più che avvezzo al suo utilizzo.
-Merd...- un'altra palla di fuoco venne gettata contro di me e dovetti correre via per non finire arrosto.
-Non puoi nasconderti! Il tuo sangue ci appartiene Compagno, appartiene a me e alle mie sorelle, così come la tua anima appartiene a Hircine!- presi l'arco e scoccai una freccia, ma di nuovo quel campo di forza, che non era niente di più se non una patina azzurrina di energia, salvò la strega dalla fine.
-Io non appartengo a nessuno!- esclamai -La vostra maledizione sarà la vostra rovina!
-Ti sto aspettando, avanti.- la sua risata è una di quelle cose che ti rimangono impresse: folle, esaltata, eppure vuota, era come se ridesse di riflesso.
Non mi mossi, incapace di studiare una strategia, quel campo di forza e gli incantesimi di fuoco mi impedivano di avvicinarmi, cosa potevo inventarmi? La mia mente era vuota, una sola parola vi rimbombava: sopravvivi, sopravvivi, diceva, anche se ero più che consapevole che, se non avessi trovato una soluzione, la morte sarebbe sopraggiunta anche troppo presto, anche troppo rapidamente.
-Non vuoi? Beh, allora vengo a prenderti io!- sulle gambe malferme la strega mi corse incontro e lanciò un nuovo dardo di fuoco, stavolta più grande e più potente dei precedenti, tanto che quando mi riparai dietro una roccia vicina sentii l'urto far tremare le pareti della grotta e scaldare la pietra in maniera quasi insopportabile.
-S-smettila.... d-di t-tremare Iris.- mi dissi mentre le mani stringevano l'arco di legno con una presa incerta a causa del tremore -Non...- all'improvviso un dolore tremendo alla spalla sinistra mi fece gridare e caddi in avanti per evitare numerosi i pezzi della pietra oramai in frantumi.
-Cazzo!- strinsi i denti e mi sfiorai la spalla, ma ottenni solo di infliggermi un'altra fitta di dolore che mi fece gemere di nuovo.
L'armatura di pelle era bruciata, così come la mia pelle sotto di essa, era rossa e soprattutto emanava quell'odore...l'odore che avevo sentito alla fattoria.
-Hai voluto sfidare un avversario più grande di te, Compagno.- gettai un'occhiata furiosa alla strega che mi stava davanti, poi cercai di colpirla con una pietra li accanto, ma il campo di forza mi fermò di nuovo, stavolta bloccando ogni movimento -Ora ne pagherai le conseguenze.- venni sbalzata via contro il pentolone e ne rovesciai il contenuto, un composto dall'odore nauseabondo che mi fece venir voglia di rigettare.
Era lo stesso odore che impregnava la caverna, caldo ma non bollente, almeno. Mi rialzai, ignorando le fitte di dolore ai muscoli, alle ossa, ma ricaddi di nuovo in ginocchio, mi girava la testa e quell'odore mi stava stordendo insieme alla claustrofobia che iniziò a prendere possesso della mia mente.
Volevo solo uscire da lì, e in fretta.
Mi scostai i capelli gocciolanti di quella brodaglia via dagli occhi, ignorando la mano tremante mentre la strega stava caricando un altro incantesimo, stavolta con entrambe le mani. Non sarei scampata.
-Addio, Compagno...Hircine ti attende.- caddi a terra, oramai sconfitta.
-Merda...- sussurrai -Merda!- avevo fallito.
Kodlak si era fidato di me ed io l'avevo deluso, così come avrei deluso Vilkas quando non sarei tornata. Battei un pugno a terra, furiosa ma rassegnata, quando una piccola bottiglia, la stessa datami dal Compagno, cadde accanto a me.
La guardai.
Dovrebbe proteggerti di più dagli incantesimi di quelle streghe
Poteva funzionare, poteva essere una possibilità...dopotutto non avevo niente da perdere.
La presi e rapidamente la stappai, poi ne bevvi il contenuto amaro, finendo proprio quando l'ennesima palla di fuoco era vicina, ma non successe niente.
Avevo fallito.
Urlai e chiusi gli occhi, in attesa della fine...
Sentivo caldo, ma non era insopportabile, le fiamme sfioravano la carne, ma non la bruciavano, così come non bruciavano i vestiti.
E riaprii gli occhi.
Intorno a me un'aura azzurrina sembrava respingere i morsi del fuoco che pian piano andò diradandosi fino a sparire per lasciarmi integra.
-Il silenzio è tornato.- la strega era ancora lì, ma non dava segno di essersi accorta di me, né del fatto che fossi ancora viva.
Come era possibile?
Tirò su due volte col naso.
-Il silenzio è bello, dopo una battaglia.- guardai le mie mani a terra, ancora zuppe di quello schifo, poi il pentolone contro cui avevo urtato, e capii: il mio odore poteva anche essere simile a quello dei Compagni, vivendo con loro avevo finito per assorbirlo, quasi, ma essendo più debole e sopratutto coperto dal contenuto indefinito del pentolone non poteva più percepirmi.
Inoltre, come ho già detto, era cieca.
Capii che non avrei avuto un'altra occasione: l'arco era bruciato, oramai, ma la spada era ancora a pochi metri da me e potevo utilizzarla, così iniziai a muovermi, pian piano, proprio mentre la strega si dirigeva, traballante, verso il punto in cui doveva esserci il mio cadavere, almeno secondo lei.
-Vediamo un po' cosa abbiamo qui...- il suo passo, a differenza del mio, voleva essere veloce e rumoroso, e utilizzai i suoi stessi movimenti rumorosi per coprire i miei passi ed arrivare all'arma, proprio mentre la strega con il piede sondava il terreno -Ho sprecato il mio infuso, ma me ne farò una ragione...- cercava e cercava, presto finì per insospettirsi -Dov'è...dov'è?- con l'arma in pugno mi avvicinai -Dove sei, piccola sciocca? Ti ho forse ridotto in cenere?!- se davvero era convinta di avermi ucciso, allora stava parlando da sola.
Deglutii e continuai ad avvicinarmi, la spalla ustionata pulsava ed iniziò a cedere.
-No, non adesso! Non ancora!- pensai disperatamente, mentre una goccia di sudore colava lungo la tempia.
Ad un metro dalla strega, essa si girò verso di me, ma non mi vedeva.
-Dove sei? Vieni fuori maledetta!- mi urlava contro, le mani irrigidite dalla rabbia ricordavano le zampe dei ragni -Dove...
-Sono qui!- la assaltai, e caricando con tutta la mia forza le trapassai il ventre con un grido di rabbia, un grido che si mescolò all'urlo terribile della creatura. Batté un paio di deboli pugni sulle mie spalle e, quando toccò quella ustionata, la liberai dalla lama con uno scatto di rabbia, buttandola a terra con un calcio.
-Maled...etta.- dal foro sangue scuro e denso iniziava a rigettarsi sul pavimento, ma non ci feci caso.
Avevo vinto, ed era ciò che contava.
-S-se...le mie sorelle...f-fossero q-qui.- lo stomaco si strinse ferocemente.
Kodlak aveva infatti parlato di una Congrega, ma dove erano le altre streghe?
Mi chinai su di lei e glielo chiesi.
-Parla, essere schifoso, dove sono le altre?- la minacciai, chinandomi su di lei e premendo la spada contro il suo sterno -Parla, o prima di ucciderti ti scuoierò come un animale!- ovviamente non lo avrei fatto, volevo solo impaurirla, ma invece che spaventarsi quella ridacchiò.
-Ho...capito. Ho c-capito perché...
-Di che parli?
-Lui sapeva...sapeva.
-LUI CHI?- quegli occhietti rossi, in procinto di chiudersi, mi guardarono con cattiveria -Dove sono le altre come te?
-Non...sono più...qui.
-Ah, davvero?- estrassi il pugnale che tenevo alla cintura e lo affondai nella spalla della megera, che urlò di nuovo -Parla, ho detto. Le mie promesse le mantengo, sappilo.
-Anche Hircine le mantiene...anche lui.- ribatté lei -Presto...la tua anima sarà sua.- e, con mio profondo orrore ed incredulità, si staccò la lingua con un unico morso.
-NO!- urlai -Brutta...- mi sputò addosso e, schifata, indietreggiai, affrettandomi a pulirmi il sangue dalla faccia con un moto di disgusto proprio mentre la creatura moriva con pochi gemiti. Infine regnò il silenzio.
Era fatta. La Congrega di Glenmoril si era appena estinta, l'ultimo componente giaceva morto ai miei piedi per mano mia. Mi chinai di nuovo e afferrai i capelli della vecchia, lasciando che la spada calasse sul suo collo magro con un unico colpo secco.
Quando uscii dalla caverna il sole era alto. Mi allontanai senza guardarmi indietro e una volta raggiunti i boschi inspirai a pieni polmoni l'aria pulita, sebbene il puzzo di quella roba mi girasse ancora intorno. Fu quasi con sollievo che mi feci il bagno in un fiume poco lontano, incurante dell'aria fredda che iniziava a tirare, ripulendomi dal sangue e dallo schifo. Per la spalla non ci badai, dovevo tornare a Jorrvaskr e una volta lì me la sarei fatta medicare come si deve, la medicazione che mi ero fatta da sola avrebbe potuto reggere, se non altro l'avrebbe protetta dalle infezioni.
Ce l'avevo fatta, avevo davvero ucciso una strega, avevo davvero tra le mani la cura per Kodlak!
Sorrisi al mio riflesso, scoppiai a ridere di sollievo mentre i capelli si appiccicavano alla fronte, mentre i brividi mi riempivano il corpo. Avevo appena sconfitto la maledizione dei Compagni, ottenuto il modo di liberarli!
Dopo essermi rivestita, salii a cavallo e sistemai in una bisaccia la testa della strega, coprendola con un panno in modo che non macchiasse la borsa e che non si vedesse ad occhio esterno per non dover dare spiegazioni complicate, poi spronai il cavallo e mi diressi verso Jorrvaskr con il cuore leggero.
Non vedevo l'ora di tornare a casa.


Note dell'Autrice
Leggera modifica, le streghe non sono 5, ma una, per due motivi: iris come semplice guerriera non avrebbe avuto nessuna possibilità contro cinque streghe e poi...
Non ve lo dico :asd:
Il prossimo capitolo sarà una bomba, ve lo garantisco, ma nel frattempo godetevi questo
:fiorellino:

Lady Iris
 
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