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La Vera Barenziah, vol IV, V

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view post Posted on 29/6/2006, 09:52
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"Tutto quello che ho amato, l'ho perso," Barenziah pensò sconsolatamente, guardando ai cavalieri davanti e dietro e alle sue donne di fatica vicine a lei in una carrozza. "Comunque ho ottenuto una certa quantità di ricchezza e potere e la promessa di averne altro. Li ho comprati a caro prezzo. Ora capisco meglio l'amore per esso di Tiber Septim, se lui ha pagato spesso dei simili prezzi. Sicuramente il merito è commisurato al prezzo che paghiamo." Per suo desiderio, cavalcava su una puledra roana luccicante, rivestita come un guerriero in una corazza di maglia risplendente di fattura elfica oscura.



Mentre i giorni passavano lentamente e il suo convoglio cavalcava lungo la strada tortuosa ad est verso il sole calante, attorno a lei salirono gradualmente le ripide pendici montuose di Morrowind. L'aria era fina e un vento freddo tardo autunnale soffiava costantemente. Ma era anche ricco del dolce odore speziato della rosa nera che sbocciava tardi, nativa di Morrowind e che cresceva in ogni angolo e crepa ombrosi dei suoi altopiani, trovando nutrimento anche nei banchi e nei crinali più rocciosi. In piccoli villaggi e paesi, degli Elfi Oscuri vestiti di stracci si radunavano attorno alla strada per gridare il suo nome o semplicemente guardare. La maggior parte dei cavalieri della sua scorta erano Guardie Rosse, con pochi Elfi Alti, Nordici e Bretoni. Mentre si spostavano verso il cuore di Morrowind, divennero sempre più a disagio e si avvicinarono in un gruppo protettivo. Anche i cavalieri elfici sembravano diffidenti.



Ma Barenziah si sentiva finalmente a casa. Sentì il benvenuto dato a lei dalla terra. La sua terra.



***



Symmachus la incontrò al confine di Mournhold con una scorta di cavalieri, di cui circa la metà erano Elfi Oscuri. In abito da battaglia imperiale, notò.



Ci fu una grande parata d'ingresso nella città e discorsi di benvenuto da nobili dignitari.



"Ho fatto rinnovare gli appartamenti della regina," le disse in seguito il generale quando raggiunsero il palazzo, "ma può cambiare tutto quello che non le piace, naturalmente." Continuò coi dettagli dell'incoronazione, che si doveva tenere in una settimana. Era la sua vecchia forma di comando -- ma sentì anche qualcos'altro. Era fiero della sua approvazione per gli accordi, ma in effetti la stava cercando. Questo era una novità. Non aveva mai richiesto la sua approvazione.



Non le chiese nulla del suo soggiorno nella Città Imperiale o della sua storia con Tiber Septim -- anche se Barenziah era certa che Drelliane glielo avesse detto o gli avesse scritto in precedenza, tutti i dettagli.



La cerimonia in sé, come molto altro, era un miscuglio di vecchio e nuovo -- parti dall'antica tradizione degli Elfi Oscuri di Mournhold, le altre dettate da decreto imperiale. Aveva giurato di servire l'Impero e Tiber Septim insieme alla terra di Mournhold e la sua gente. Accettò giuramenti di fedeltà e alleanza dalla gente, dalla nobiltà e dal consiglio. Quest'ultimo era composto da un'unione di emissari imperiali ("consiglieri" come erano chiamati) e rappresentanti nativi della gente di Mournhold, che erano in maggior parte anziani secondo gli usi degli Elfi.



Barenziah scoprì più tardi che molto del suo tempo era occupato nel tentativo di riconciliare queste due fazioni e i loro amici. Gli anziani dovevano fare la maggior parte della conciliazione secondo le riforme introdotte dall'Impero che riguardavano la proprietà della terra e agricoltura estensiva. Ma la maggior parte di queste andavano chiaramente contro le pratiche degli Elfi Oscuri. Tiber Septim, "nel nome dell'Uno," aveva decretato una nuova tradizione -- e apparentemente anche gli dei e le dee stesse dovevano obbedire.



La nuova Regina si gettò nel lavoro e nei suoi studi. Non ebbe tempo per l'amore e per gli uomini per molto, molto tempo -- se non per sempre. C'erano altri piaceri, scoprì, come Symmachus le aveva promesso molto tempo prima: quelli della mente e quelli del potere. Sviluppò (sorprendentemente, in quanto si era sempre ribellata contro i suoi insegnanti nella Città Imperiale) un profondo amore per la storia e la mitologia degli Elfi Oscuri, una fame di scoprire più completamente la gente da cui era venuta. Era gratificata nell'imparare che erano stati fieri guerrieri e abili artigiani e maghi intelligenti da tempo immemore.



Tiber Septim visse per un altro mezzo secolo, durante il quale lei lo vide in diverse occasioni quando era invitata nella Città Imperiale per una ragione politica o un'altra. La accoglieva con calore durante queste visite e facevano anche lunghe chiacchierate sugli eventi nell'Impero quando l'opportunità lo permetteva. Sembrava di aver decisamente dimenticato che c'era stato qualcosa tra di loro più di una facile amicizia e una profonda alleanza politica. Era cambiato poco col passare degli anni. Si vociferava che i suoi maghi avessero sviluppato degli incantesimi per estendere la sua vitalità e anche che l'Uno gli aveva dato l'immortalità. Poi un giorno un messaggero venne con la notizia che Tiber Septim era morto e che il suo nipote Pelagius era ora Imperatore al posto suo.



Avevano saputo la notizia in privato, lei e Symmachus. L'ex Generale Imperiale e ora suo Primo Ministro fidato la prese stoicamente, come prendeva quasi tutto.



"In qualche modo non sembra possibile," disse Barenziah.



"Te l'ho detto. Ai. E' la strada degli umani. Sono gente che vive poco. Non importa veramente. Il suo potere continua a vivere e suo figlio lo gestisce ora."



"Una volta l'hai chiamato tuo amico. Non senti niente? Nessun dolore?"



Scosse le spalle. "C'era un tempo in cui lo ritenevi qualcosa di più. Cosa senti tu, Barenziah?" Avevano smesso da molto tempo di chiamarsi in privato coi loro titoli formali.



"Vuoto. Solitudine," disse, poi scosse anche lei le spalle. "Ma questo non è una novità."



"Ai. Lo so," disse dolcemente, prendendole la mano. "Barenziah..." Sollevò il suo viso e la baciò.



L'atto la riempì di stupore. Non poteva ricordare che lui l'avesse mai toccata prima. Non aveva mai pensato a lui in questo modo -- e comunque, innegabilmente, un vecchio calore familiare si diffuse attraverso di lei. Aveva dimenticato com'era, quel calore. Non il calore bruciante che aveva sentito con Tiber Septim ma l'ardore confortante e robusto che aveva associato certe volte con... con Straw! Straw. Povero Straw. Non aveva pensato a lui per così tanto tempo. Ora sarebbe stato di mezza età se era ancora vivo. Probabilmente con una dozzina di figli, pensò, in modo affezionato... e una moglie genuina che se tutto andava bene poteva parlare per due.



"Sposami, Barenziah," Symmachus stava dicendo, sembrava aver preso i suoi pensieri di matrimonio, figli... mogli, "Ho lavorato e faticato e aspettato abbastanza, non è vero?"



Matrimonio. Un paesano con sogni da paesano. Il pensiero apparve nella sua mente, chiaro e spontaneo. Non aveva usato queste stesse parole per descrivere Straw, così tanto tempo fa? E allora, perché no? Se non Symmachus, chi altri?



Molte delle grandi famiglie nobili di Morrowind erano state spazzate via nella grande guerra di unificazione di Tiber Septim, prima del trattato. Il dominio degli Elfi Oscuri era stato ripristinato, era vero -- ma non il vecchio, non la vera nobiltà. La maggior parte di loro erano persone venute dal nulla come Symmachus e nemmeno la metà erano così bravi o meritevoli come lui. Aveva combattuto per tenere insieme Mournhold e condurla quando i loro cosiddetti consiglieri avrebbero mangiato dalle sue ossa, prosciugandole come era successo ad Ebonheart. Aveva combattuto per Mournhold, per lei, mentre lei e il regno crescevano e prosperavano. Sentì un impeto di gratitudine -- e innegabilmente, affetto. Era fermo e affidabile. E l'aveva servita bene. E l'amava bene.



"Perché no?" disse, sorridendo. E prese la sua mano. E lo baciò.



***



L'unione fu buona, nei suoi aspetti politici e personali. Mentre il nipote di Tiber Septim, l'Imperatore Pelagius I, la vedeva con un occhio invidioso, la sua fiducia nel vecchio amico di suo padre era assoluto.



Symmachus, comunque, era ancora visto con sospetto dal popolo cocciuto di Morrowind, cauto per la sua stirpe popolare e per i collegamenti stretti con l'Impero. Ma la Regina era solidamente popolare. "Lady Barenziah è una di noi," si diceva, "prigioniera come noi."



Barenziah si sentì soddisfatta. C'era il lavoro e c'era il piacere -- e cos'altro si poteva chiedere dalla vita?



Gli anni passarono rapidamente, con crisi da risolvere e tempeste e carestie e fallimenti da superare e complotti da sventare e cospiratori da giustiziare. Mournhold prosperò continuamente. La sua gente era sicura e nutrita, le sue miniere e fattorie erano produttive. Tutto andava bene -- a parte che il matrimonio reale non aveva prodotto figli. Nessun erede.



I figli degli Elfi arrivano lentamente e si fanno aspettare molto -- e ancora di più i figli nobili. Quindi molte decadi dovettero passare prima che si preoccupassero.



"Il problema è con me, Symmachus. Sono danneggiata," disse amaramente Barenziah. "Se vuoi prendere un'altra..."



"Non voglio nessun altra," disse cortesemente Symmachus, "né so per certo che il problema sia tuo. Forse è mio. Ai. Comunque. Cercheremo una cura. Se c'è un danno, sicuramente può essere riparato."



"Come? Quando non osiamo raccontare a nessuno la vera storia? I giuramenti dei guaritori non tengono sempre."



"Non importa se cambiamo un poco l'epoca e le circostanze. Qualunque cosa diciamo o non diciamo, Jephre il Narratore non riposa mai. La mente inventiva del dio e la lingua rapida sono sempre impegnate a diffondere chiacchiere e voci."



Sacerdoti e guaritori e maghi andarono e vennero ma tutte le loro preghiere, pozioni e filtri non producevano nemmeno la promessa di un germoglio, tanto meno un singolo frutto. Alla fine lo tolsero dalle loro menti e lo lasciarono nelle mani degli dei. Erano ancora giovani, per essere Elfi, con secoli davanti a loro. C'era tempo. Con gli Elfi c'era sempre tempo.



Barenziah si sedette a cena nella Grande Sala, spingendo cibo su un piatto, sentendosi annoiata e inquieta. Symmachus era lontano, convocato nella Città Imperiale dal pro-pro-pronipote di Tiber Septim, Uriel Septim. O era il suo pro-pro-pro-pronipote? Aveva perso il conto, si rese conto. I loro volti sembravano sfumare da uno all'altro. Forse poteva andare con lui, ma c'era stata la delegazione da Tear per una questione seccante che nonostante tutto richiedeva una gestione delicata.



Un bardo stava cantando nell'alcova della sala ma Barenziah non stava ascoltando. Recentemente tutte le canzone le sembravano uguali, sia se fossero nuove o vecchie. Poi un cambiamento di frase catturò la sua attenzione. Stava cantando di libertà, di avventura, di liberare Morrowind dalle sue catene. Come osava! Barenziah si alzò e si girò per guardarlo. Peggio ancora, capì che stava cantando di qualche guerra antica e ora immateriale con i Nordici di Skyrim, esaltando l'eroismo dei Re Edward e Moraelyn e i loro Compagni coraggiosi. La storia era certamente abbastanza vecchia, comunque la canzone era nuova... e il suo significato... Barenziah non poteva essere sicura.



Una persona ardita, questo bardo, ma con una forte voce passionale e un buon orecchio musicale. Abbastanza bello, inoltre, in modo vistoso. Non sembrava benestante, né così tanto giovane. Certamente non poteva avere meno di un secolo. Perché non l'aveva sentito prima o almeno sentito parlare di lui?



"Chi è?" chiese ad una dama di corte.



La donna scosse le spalle e disse, "Si fa chiamare l'Usignolo, Milady. Nessuno sembra sapere nulla di lui."



"Invitalo a parlare con me quando avrà finito."



L'uomo chiamato l'Usignolo venne da lei, la ringraziò per l'onore dell'udienza e per la borsa pesante che gli aveva dato. I suoi modi non erano per niente arditi, notò, piuttosto tranquillo e modesto. Era abbastanza veloce con le chiacchiere sugli altri, ma non seppe nulla di lui -- girava tutte le domande con una risposta scherzosa o una storia triviale. Anche queste erano raccontate in modo così affascinante che era impossibile offendersi.



"Il mio vero nome? Milady, non ne ho uno. No, no, i miei genitori mi hanno chiamato Conoscenza Pallida -- o era Nes Suno? Cosa importa? Non importa. Come i miei genitori possono dare un nome a quello che non conoscono? Ah! Penso che questo fosse il nome Non So. Sono stato l'Usignolo per così tanto tempo che non ricordo da, oh, un mese almeno -- o era una settimana? Tutta la mia memoria va nelle canzoni e nelle storie, vede, Milady. Non mi è rimasto nulla per me. Sono decisamente piatto. Dove sono nato? Perché, Knoweyr. Voglio insediarmi a Dun­roamin quando arriverò lì ... ma non ho fretta."



"Capisco. E poi sposerai Atallshur?"



"Molto intuitivo da parte sua, Milady. Forse, forse. Anche se certe volte trovo affascinante anche Innhayst."



"Ah. Sei incostante, allora?"



"Come il vento, Milady. Soffio qua e la, caldo e freddo, a seconda delle occasioni. La possibilità è il mio vestito. Nient'altro sta bene su di me."



Barenziah sorrise. "Stai con noi un po'. allora... se vuoi, Milord Erhatick."



"Come vuole, Milady Bryte."



***



Dopo quel breve scambio, Barenziah scoprì che il suo interesse nella vita si era in qualche modo riacceso. Tutto quello che sembrava stantio divenne fresco e poi nuovo. Salutò ogni giorno con zelo, aspettando la conversazione con l'Usignolo e il dono della sua musica. A differenza di altri bardi, non cantò mai lodi né di lei né di altre donne, ma solo di grandi avventure e imprese ardite.



Quando gli chiese di questo, rispose, "Che lode migliore della sua bellezza potrebbe chiedere, Milady, che quella che vi viene data dal vostro specchio? E se volesse delle parole, lei ha quelle migliori, di quelle migliori della mia forma implume. Come potrei rivaleggiare con queste, io che sono nato una settimana fa?"



Per una volta stavano parlando in privato. La Regina, incapace di dormire, l'aveva convocato nelle sue stanze perché la sua musica potesse calmarla. "Sei un fannullone e un codardo, sera, altrimenti non ti affascinerei."



"Milady, per lodarla devo conoscerla. Non posso conoscerti. Sei avvolta in un enigma, in nuvole incantate."



"No, non è così. Le tue parole portano la magia. Le tue parole... e i tuoi occhi. E il tuo corpo. Conoscimi se vuoi. Conoscimi se osi."



Allora lui venne da lui. Giacquero vicini, si baciarono, si abbracciarono. "Neanche Barenziah conosce veramente Barenziah," sussurrò dolcemente, "Quindi come potrei io? Milady, cerchi e non lo sai, non ancora cosa. Cosa vorresti, che non hai?"



"Passione," rispose. "Passione. E figli nati da essa."



"E cosa per i tuoi figli? Che diritto di primogenitura potrebbero avere?"



"Libertà," disse, "la libertà di essere ciò che vogliono essere. Dimmi, tu che sembri il più saggio a questi occhi e orecchie e all'anima che li congiunge. Dove posso trovare queste cose?"



"Una giace sotto di te, l'altra di fianco a te. Ma oseresti estendere la tua mano, per prendere ciò che potrebbe essere vostro e dei vostri figli?"



"Symmachus..."



"Nella mia persona giace la risposta a parte di ciò che cerchi. L'altra giace nascosta sotto di noi nelle miniere di questo regno, che ci daranno il potere di soddisfare e ottenere i nostri sogni. Quelli che Edward e Moraelyn tra di loro usarono per liberare Alta Roccia e i loro spiriti dall'odiosa dominazione dei Nordici. Se usati nel modo giusto, Milady, nessuno potrebbe resistere, nemmeno il potere controllato dall'Imperatore. Libertà, dici? Barenziah, la libertà esce dalle catene che ti legano. Pensa a questo, Milady." La baciò ancora, dolcemente e indietreggiò.



"Non te ne starai andando... ?" si lamentò. Il suo corpo lo desiderava.



"Per ora," disse. "I piaceri della carne sono nulla rispetto a quello che possiamo fare insieme. Vorrei che pensassi a quello che ti ho appena detto."



"Non ho bisogno di pensare. Cosa dobbiamo fare? Che preparativi bisogna fare?"



"Perché -- nessuno. Le miniere potrebbero non essere completamente libere, è vero. Ma con la Regina al mio fianco, chi sarà contro di me? Una volta che saremo sotto potrò guidarti a dove giace questa cosa e prenderla dal suo luogo di riposo."



Poi la memoria dei suoi studi infiniti finì al posto giusto. "Il Corno della Convocazione," sussurrò con timore. "E' vero? Può essere? Come lo sai? Ho letto che è sepolto sotto le caverne incommensurabili di Daggerfall."



"No, ho studiato a lungo questo problema. Prima della sua morte Re Edward diede il Corno in custodia nelle mani del suo vecchio amico Re Moraelyn. Lui a sua volta lo nascose qui a Mournhold sotto la sorveglianza del dio Ephen, di cui questo è il luogo di nascita e di competenza. Ora sai cosa mi ha richiesto molti anni e miglia per essere scoperto."



"Ma il dio? Cosa dici di Ephen?"



"Fidati di me, cuore di Milady. Tutto andrà bene." Ridendo dolcemente, le diede un ultimo bacio e sparì.



***



Al mattino superarono le guardie dei grandi portali che conducevano nelle miniere e proseguirono in profondità. Con la scusa del suo solito giro di ispezione, Barenziah, non scortata se non dall'Usignolo, si avventurò attraverso le caverne sotterranee. Alla fine raggiunsero quello che sembrava un corridoio dimenticato sigillato e appena furono entrati scoprì che conduceva per un antica parte delle miniere, da molto abbandonata. Il cammino era pericoloso perché qualcuno dei vecchi condotti era crollato e dovettero liberare un passaggio attraverso le macerie o trovare una strada che evitasse dei mucchi insuperabili. Ratti malvagi e ragni enormi vagavano qua e la, certe volte persino attaccandoli. Ma non si rivelarono all'altezza degli incantesimi di fuoco di Barenziah o del pugnale rapido dell'Usignolo.



"Siamo stati via per troppo tempo," disse ad un certo punto Barenziah. "Ci staranno cercando. Cosa dirò loro?"



"Quello che vuoi," disse ridendo l'Usignolo. "Sei la Regina, o no?"



"Lord Symmachus--"



"Quel contadino obbedisce a chiunque abbia il potere. L'ha sempre fatto, lo farà sempre. Avremo il potere, mia amata Milady." Le sue labbra erano il vino più dolce, il suo tocco sia fuoco che ghiaccio.



"Ora," disse, "prendimi ora. Sono pronta." Il suo corpo sembrava borbottare, ogni muscolo e nervo teso.



"Non ancora, Non qui, non così." Ondeggiò intorno, indicando i rottami vecchi e polverosi e i tetri muri di roccia. "Aspetta ancora un po''," In modo riluttante, Barenziah annuì. Ricominciarono a camminare.



"Qui," disse alla fine, fermandosi davanti ad una barriera vuota. "Giace qui." Grattò una runa nella polvere, mentre con l'altra mano lanciava un incantesimo.



Il muro scomparve. Rivelò l'ingresso di un qualche santuario antico. In mezzo c'era la statua di un dio, col martello in mano, sospeso sopra un incudine di adamantino.



"Per il mio sangue, Ephen," gridò l'Usignolo, "Ti chiedo di svegliarti! Sono l'erede di Moraelyn di Ebonheart, ultimo della stirpe reale, colui che condivide il tuo sangue. Per l'ultimo bisogno di Morrowind, con tutta Elvendom in grande pericolo per le loro forme ed anime, dammi la ricompensa che sorvegli! Ora ti comando, colpisci!"



Alle sue parole finali la statua s'illuminò e si risvegliò, gli occhi vuoti di pietra luccicarono di rosso luccicante. La testa massiccia annuì, il martello batté sull'incudine e si spezzò con un boato fragoroso, lo stesso dio di pietra crollò. Barenziah mise le mani sulle orecchie e si inginocchiò, tremando terribilmente e gemendo rumorosamente.



L'Usignolo avanzò arditamente e prese la cosa che giaceva tra le rovine con un ruggito d'estasi. Lo sollevò in alto.



"Qualcuno sta arrivando!" Barenziah gridò allarmata, poi notò per la prima volta cosa stava tenendo sospeso. "Aspetta, quello non è il Corno, è -- è uno scettro!"



"Effettivamente, Milady. Vedi la verità, finalmente!" L'Usignolo rise rumorosamente. "Mi spiace, dolce Milady, ma devo lasciarti ora. Forse ci incontreremo di nuovo un giorno. Fino ad allora... Ah, fino ad allora, Symmachus," disse la figura vestita con un armatura di maglia che era apparsa dietro di loro, "è tutta tua. Puoi riprendertela."



"No!" gridò Barenziah. Saltò in piedi e corse verso di lui, ma era scomparso. Sparito dall'esistenza -- proprio mentre Symmachus, col claymore in mano, l'aveva raggiunto. La sua spada si aprì un singolo colpo attraverso l'aria vuota. Poi restò in piedi, come a prendere il posto del dio di pietra.



Barenziah non disse nulla, non sentì nulla, non vide nulla... non provò nulla...



***



Symmachus disse alla mezza dozzina di Elfi che l'avevano accompagnato che l'Usignolo e la Regina Barenziah si erano persi ed erano stati attaccati da dei ragni giganti. Che l'Usignolo aveva perso l'equilibrio ed era caduto in una profonda crepa, che si era chiusa sopra di lui. Che il suo corpo non poteva essere ripreso. Che la Regina era stata molto colpita dall'incontro e molto addolorata della perdita del suo amico che era morto per difenderla. La presenza e il potere di comando di Symmachus era tale che i cavalieri, nessuno dei quali aveva visto più di un bagliore di ciò che era successo, furono convinti che fosse successo tutto esattamente come aveva detto.



La Regina fu scortata nel palazzo e portata nelle sue stanze, dopo di che congedò le sue servitrici. Si sedette davanti allo specchio per molto tempo, stordita, troppo sconvolta persino per piangere. Symmachus stava lì a controllarla.



"Hai idea di quello che hai appena fatto?" disse alla fine -- in modo piatto e freddo.



"Avresti dovuto dirmelo," sussurrò Barenziah. "Lo Scettro del Caos! Non ho mai sognato che fosse qui. Ha detto-- ha detto-- " Un lamento uscì dalle labbra e raddoppiò la voce per la disperazione, "Oh, cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Cosa succederà ora? Cosa ne sarà di me? Di noi?"



"Lo amavi?"



"Si. Si,si,si! Oh mio Symmachus, gli dei abbiano pietà di me, ma lo amavo. Lo amavo. Ma ora... ora... non lo so... non sono sicura... io..."



Il volto duro di Symmachus si allentò leggermente e i suoi occhi s'illuminarono di una nuova luce e sospirò. "Ai. E' qualcosa allora. Diventerai madre se sarà in mio potere. Per il resto -- Barenziah, mia cara Barenziah, penso che tu abbia scatenato una tempesta sul modo. Ci vorrà un po' di preparazione. Ma quando arriverà, sopravvivremo insieme. Come abbiamo sempre fatto."



Allora si avvicinò a lei, le tolse i vestiti e la portò a letto. Per la sofferenza e il desiderio, il suo corpo indebolito rispose al suo robusto come non aveva mai fatto prima, riversando tutto quello che l'Usignolo aveva svegliato alla vita in lei. E così facendo calmando i fantasmi senza riposo di tutto quello che aveva distrutto.



***



Era vuota, e svuotata. E poi fu piena, perché un figlio fu piantato e crebbe dentro di lei. Mentre suo figlio fioriva nell'utero, così fecero il suo sentimento verso il paziente, fedele, devoto Symmachus, che si era radicato nella lunga amicizia e nell'affetto ininterrotto -- e che ora, alla fine, maturava nella pienezza del vero amore. Otto anni dopo furono di nuovo benedetti, questa volta con una figlia.



***



Direttamente dopo il furto dello Scettro del Caos da parte dell'Usignolo, Symmachus aveva mandato delle comunicazioni urgenti segrete a Uriel Septim. Non era andato di persona come avrebbe fatto normalmente, preferendo invece rimanere con Barenziah nel suo periodo fertile per fare un figlio con lei. Per questo, e per il furto, soffrì la temporanea disapprovazione di Uriel Septim e sospetti ingiusti. Delle spie furono mandate per cercare il ladro, ma l'Usignolo sembrava essere sparito da dove era venuto -- qualunque fosse quel luogo.



"In parte Elfo Oscuro, forse," disse Barenziah, "ma in parte anche umano, penso, camuffato. Altrimenti non sarei arrivata così velocemente alla fertilità."



"Sicuramente parte Elfo Oscuro, e dell'antica dinastia Ra'athim, altrimenti non sarebbe stato in grado di liberare lo Scettro," ragionò Symmachus. Si girò per guardarla fissamente. "Non penso che avrebbe fatto l'amore con te. Come Elfo non avrebbe osato, perché allora non sarebbe stato in grado di lasciarti." Sorrise. Poi divenne di nuovo serio. "Ai! Sapeva che lo Scettro giaceva qui, non il Corno, e che doveva teletrasportarsi in salvo. Lo Scettro non è un'arma chiaramente visibile, a differenza del Corno. Prega gli dei almeno perché non ha preso quello! Sembra che se lo aspettasse -- ma come faceva a saperlo? Avevo messo lo Scettro lì di persona, con l'aiuto della coda del Clan Ra'athim che ora è re nel Castello Ebonheart come ricompensa. Tiber Septim ha preso il Corno, ma ha lasciato lo Scettro in custodia. Ai! Ora l'Usignolo può usare lo Scettro per piantare semi di discordia e dissenso dovunque va, se lo desidera. Questo da solo non gli darà il potere. Quello giace nel Corno e nell'abilità di usarlo."



"Non sono sicuro che l'Usignolo stia cercando il potere," disse Barenziah.



"Tutti cercano il potere," disse Symmachus, "ognuno a modo suo."



"Non io," rispose. "Io, Milord, ho trovato quello che stavo cercando."


Come aveva previsto Symmachus, il furto dello Scettro del Caos ebbe poche conseguenze a breve termine. L'attuale Imperatore, Uriel Septim, mandò dei messaggi piuttosto duri per esprimere l'indignazione e il dispiacere per la sparizione dello Scettro e chiedendo a Symmachus di compiere ogni sforzo per trovarlo e comunicare ogni sviluppo al Mago Guerriero Imperiale appena nominato, Jagar Tharn, nelle cui mani era stata messa la questione.



"Tharn!" Symmachus tuonò con disgusto e frustrazione mentre camminava per la piccola stanza dove Barenziah, a quel tempo incinta di qualche mese, era seduta serenamente ricamando un lenzuolo da bambino. "Proprio Jagar Tharn. Ai! Non gli darei indicazioni per attraversare la strada, nemmeno se fosse un vecchio ubriacone barcollante."



"Cos'hai contro di lui, amore?"



"Solo non mi fido di quel bastardo elfico. Parte Elfo Oscuro, parte Elfo Alto e parte solo gli dei sanno cosa. Tutte le qualità peggiori delle sue stirpi, garantisco." Sbuffò. "Nessuno sa molto di lui. Dice di essere nato a Valenwood da una donna Elfo dei Boschi. Sembra essere stato in qualunque posto da -- "



Barenziah, immersa nell'appagamento e nella stanchezza della gravidanza, fino ad allora stava solo assecondando Symmachus. Ma ora gettò improvvisamente il suo cucito e lo guardò. Qualcosa aveva stimolato il suo interesse. "Symmachus. Questo Jagar Tharn poteva essere l'Usignolo camuffato?"



Symmachus pensò prima di rispondere. "No, amore mio. Il sangue umano sembra il componente mancante negli avi di Tharn." Per Symmachus, Barenziah lo sapeva, questa era una mancanza. Suo marito disdegnava gli Elfi dei Boschi come ladri sfaticati e gli Elfi Alti come sterili intellettuali. Ma ammirava gli umani, specialmente i Bretoni, per la loro combinazione di pragmatismo, intelligenza ed energia. "L'Usignolo è di Ebonheart, del Clan Ra'athim- della Casata Hlaalu, la Casata di Mora in particolare, direi. Questa casata ha sangue umano dall'inizio. Ebonheart era invidiosa che lo Scettro venisse messo qui quando Tiber Septim prese da noi il Corno della Convocazione."



Barenziah sospirò un po'. La rivalità tra Ebonheart e Mournhold risaliva quasi all'alba della storia di Morrowind. Una volta le due nazioni erano una, con tutte le miniere lucrose prese come feudo dai Ra'athims, la cui nobiltà serbava l'Alta Autorità di Morrowind. Ebonheart si dovette dividere in due città stato separate, Ebonheart e Mournhold, quando i gemelli della Regina Lian -- nipoti del leggendario Re Moraelyn -- furono lasciati entrambi come eredi. Circa nello stesso periodo l'ufficio dell'Alto Re fu sostituito da un temporaneo Capo di Guerra nominato da un consiglio nei tempi di emergenza provinciale.



Comunque, Ebonheart rimase gelosa delle sue prerogative come la città stato più antica di Morrowind ("primo tra gli eguali" era la frase che citavano spesso i suoi governanti) e chiedevano che la legittima custodia dello Scettro del Caos doveva essere data alla loro casa governante. Mournhold rispondeva che lo stesso Re Moraelyn aveva messo lo Scettro alla custodia del dio Ephen -- e Mournhold era senza dubbio il luogo natale del dio.



"Allora perché non dire a Jagar Tharn dei tuoi sospetti? Lascia che recuperi quella cosa. finché al sicuro, cosa importa chi la recupera o dov'è?"



Symmachus la guardò senza comprenderla. "E' importante," disse dolcemente dopo un po'. "Ma non penso così tanto. Ai." Aggiunse. "Certamente non abbastanza perché tu te ne preoccupi ancora. Tu stai solo seduta li e bada al tuo," e qui le sorrise perfidamente, "ricamo."



Barenziah gli lanciò il modello di ricamo. Colpì Symmachus proprio in faccia -- con l'ago, il ditale e tutto il resto.



***



Pochi mesi dopo Barenziah diede alla luce un bel figlio, che chiamarono Helseth. Non si seppe più niente dello Scettro del Caos o dell'Usignolo. Se Ebonheart possedeva lo Scettro, non se ne vantava certamente.



Gli anni passarono velocemente e nella felicità. Helseth crebbe alto e forte. Era molto simile a suo padre, che adorava. Quando Helseth aveva otto anni Barenziah partorì un secondo figlio, una bambina, per la grande gioia di Symmachus. Helseth era il suo orgoglio ma la piccola Morgiah -- chiamata come la madre di Symmachus-- teneva il suo cuore.



Tristemente, la nascita di Morgiah non fu il precursore di tempi migliori. Le relazioni con l'Impero si deteriorarono lentamente senza motivo apparente. Le tasse furono aumentate e le quote crescevano col passare degli anni. Symmachus si sentiva che l'Imperatore lo sospettava di essere coinvolto nella sparizione dello Scettro e cercò di provare la sua lealtà facendo ogni sforzo per soddisfare le richieste sempre maggiori. Allungò le ore di lavoro e alzò i prezzi e prese parte della differenza sia dal tesoro reale sia dai suoi averi privati. Ma i tributi si moltiplicarono e i cittadini e i nobili cominciarono a lamentarsi. Era un brontolio minaccioso.



"Voglio che tu prenda i bambini e parta per la Città Imperiale," disse alla fine Symmachus una sera nella disperazione. "Devi farti ascoltare dall'Imperatore, altrimenti tutta Mournhold di rivolterà entro la primavera." Sorrise in modo vigoroso. "Hai un modo per trattare con gli uomini, l'amore. L'hai sempre fatto."



Barenziah forzò un sorriso anche lei. "Anche con te, presumo."



"Si. Specialmente con me," riconobbe affettuosamente.



"Entrambi i bambini?" Barenziah guardò verso una finestra nell'angolo, dove Helseth stava strimpellando con un liuto mentre canticchiava un duetto con la sua sorellina. Helseth aveva allora quindici anni, Morgiah otto.



"Potrebbero ammorbidire il suo cuore. Inoltre, è ora che Helseth sia presentato davanti alla Corte Imperiale."



"Forse. Ma questa non è la vera ragione." Barenziah prese fiato e affrontò il problema. "Non pensi di poterli tenere al sicuro qui. Se è per questo, nemmeno tu sei al sicuro qui. Vieni con noi," chiese.



Lui prese le sue mani. "Barenziah. Amore mio. Cuore del mio cuore. Se me ne vado adesso, non ci sarà niente per cui tornare. Non ti preoccupare di me. Starò bene. Ai! Posso badare a me stesso -- e posso farlo ancora meglio se non mi preoccupo di te e dei bambini."



Barenziah appoggiò la testa sul suo petto. "Ricordati solo che abbiamo bisogno di te. Ho bisogno di te. Possiamo vivere senza tutto il resto se noi restiamo. Mani vuote e stomaci vuoti sono più facili da sopportare di un cuore vuoto." Cominciò a piangere, pensando all'Usignolo e a quel sordido affare dello Scettro. "La mia stupidità ci ha portato a questo."



Le sorrise teneramente. "Se fosse così, questo non è un brutto posto dove essere." I suoi occhi si fermarono in modo indulgente sui loro figli. "Nessuno di noi dovrebbe mai andare senza, ne volere nulla. Mai. Mai, amore mio. Te lo prometto. Ti hanno dato tutto una volta Barenziah, io e Tiber Septim. Ai. Senza il mio aiuto l'Impero non sarebbe mai cominciato. Ho aiutato la sua ascesa." La sua voce s'indurì. "Posso aspettare fino a questo autunno. Puoi dire questo a Uriel Septim. Questo e che la mia pazienza non è infinita."



Barenziah restò senza fiato. Symmachus non era solito alle minacce vuote. Aveva pensato che si sarebbe rivoltato contro l'Impero allo stesso modo che il suo vecchio lupo domestico che viveva vicino al focolare si sarebbe rivolto contro di lei. "Come?" si chiese senza fiato. Ma lui scosse il capo.



"Meglio che tu non lo sappia," disse. "Digli solo quello che ti ho detto e se dovesse dimostrarsi ostinato, non temere. E' abbastanza Septim che non farebbe mai male al messaggero." Sorrise cupamente. "Perché se lo facesse, se ti dovesse torcere un capello, amore mio, o ai bambini -- allora mi aiutino tutti gli dei di Tamriel, pregherà di non essere nato. Ai. Gli darò la caccia, a lui e a tutta la sua famiglia. E non riposerò finché l'ultimo Septim non sarà morto." Gli occhi rossi da Elfo Oscuro di Symmachus brillarono chiaramente nella luce declinante. "Ti faccio questa promessa, amore mio. Mia Regina... mia Barenziah."



Barenziah gli sorrise, tenendolo più stretto possibile. Ma nonostante il calore del suo abbraccio, non poteva evitare di tremare.



***



Barenziah stava davanti al trono dell'Imperatore, provando a spiegare le difficoltà di Mournhold. Aveva aspettato settimane per un'udienza con Uriel Septim, venendo ingannata per un pretesto o un altro. "Sua Maestà è indisposta." "Un problema importante chiede l'attenzione di Sua Eccellenza." "Mi spiace, Vostra Altezza, ma ci dev'essere stato un errore. Il suo appuntamento è per la prossima settimana. No, vedi..." E ora non stava andando meglio. L'Imperatore non aveva la minima intenzione di ascoltarla. Non l'aveva invitata a sedersi, né aveva fatto andar via i bambini. Helseth stava fermo come un'immagine scolpita, ma la piccola Morgiah aveva cominciato ad agitarsi.



Lo stato della sua mente non l'aiutava per niente. Poco tempo dopo l'arrivo nel suo appartamento, l'ambasciatore di Mournhold nella Città Imperiale aveva chiesto di entrare, portando con sé un fascio di dispacci da Symmachus. Cattive notizie, molte. La rivolta era alla fine iniziata. I paesani si erano organizzati attorno a pochi membri scontenti della nobiltà minore di Mournhold e chiedevano che Symmachus si dimettesse e lasciasse le redini del governo. Solo la Guardia Imperiale e una manciata di truppe le cui famiglie erano seguaci della casata di Barenziah per generazioni stavano tra Symmachus e la folla. Le ostilità erano già iniziate ma apparentemente Symmachus era al sicuro e ancora al comando. Non per molto, scrisse. Supplicò Barenziah di fare più possibile con l'Imperatore -- ma in ogni caso doveva rimanere nella Città Imperiale finché lui le avesse scritto per dirle che era sicuro tornare a casa coi bambini.



Aveva provato a piombare attraverso la burocrazia imperiale -- con poco successo. E per aumentare il suo panico, tutte le notizie da Mournhold si erano improvvisamente fermate. Barcollando infuriata tra i numerosi maggiordomi dell'Imperatore e impaurita del destino che aspettava lei e la sua famiglia, le famiglie passavano in modo teso, in modo doloroso, senza rimorso. Poi un giorno venne l'ambasciatore di Mournhold per dirle che si doveva aspettare delle notizie da Symmachus al più tardi la sera seguente, non attraverso i canali regolari ma attraverso un falco notturno. Apparentemente per lo stesso colpo di fortuna, fu informata lo stesso giorno da un impiegato dalla Corte Imperiale che Uriel Septim aveva acconsentito finalmente di concederle un'udienza presto quella mattina.



L'Imperatore accolse con calore loro tre quando entrarono nella sala delle udienze con un sorriso di benvenuto troppo splendente che tuttavia non raggiunse i suoi occhi. Poi, mentre lei presentava i suoi figli, li guardò con un'attenzione fissa che era reale ma in qualche modo inappropriata. Barenziah aveva trattato con gli umani per quasi cinquecento anni e aveva sviluppato l'abilità di leggere le loro espressioni e movimenti in un modo che era molto maggiore di quello che un umano possa mai percepire. Per quanto l'Imperatore potesse provare a nasconderlo, c'era fame nei suoi occhi -- e qualcos'altro. Dispiacere? Si. Dispiacere. Ma perché? Aveva diversi bei bambini suoi. Perché bramare i suoi? E perché guardarla con un desiderio -- comunque breve -- così depravato? Forse era stanco della sua consorte. Gli umani erano notoriamente, anche se prevedibilmente, incostanti. Dopo quel lungo sguardo bruciante il suo sguardo si era allontanato quando cominciò a parlare della sua missione e della violenza che era eruttata a Mournhold. Rimase fermo come una pietra durante tutta la sua descrizione.



Disorientata dalla sua inerzia e infastidita senza limite, Barenziah guardò il volto pallido e fisso, cercando qualche traccia dei Septim che aveva conosciuto nel passato. Non conosceva bene Uriel Septim, avendolo incontrato solo una volta quando era ancora un bambino e poi di nuovo alla sua incoronazione venti anni prima. Due volte, questo era tutto. Era stato una presenza ferma e degna anche alla cerimonia, anche come giovane adulto -- anche se non così remotamente gelido come era questo uomo più maturo. Infatti, a parte la somiglianza simile, non sembrava essere per niente lo stesso uomo. Non lo stesso, anche se qualcosa di lui era familiare per lei, più familiare di quanto dovesse essere, qualche stratagemma di postura o di gesti...



Improvvisamente sentì molto caldo, come se della lava fosse stata versata su di lei. Illusione! Aveva studiato le arti dell'illusione bene da quando l'Usignolo l'aveva ingannata così malamente. Aveva imparato a scoprirli -- e lo sentiva ora, certamente come un uomo cieco poteva sentire il sole sul suo volto. Illusione! Ma perché? La sua mente lavorò furiosamente anche mentre la sua bocca continuò a raccontare dettagli dei problemi di Mournhold. Vanità? Gli umani si vergognavano spesso dei segni dell'età quanto gli Elfi erano fieri di mostrarli. Comunque il volto di Uriel Septim sembrava in armonia con la sua età.



Barenziah non osò usare nessuna delle sue magie. Anche i nobili minori avevano dei metodi di scoprire il mana, se non addirittura di proteggersi dai suoi effetti, all'interno delle proprie stanze. L'uso della stregoneria qua avrebbe causato la furia dell'Imperatore allo stesso modo di estrarre un pugnale.



Magia.



Illusione.



Improvvisamente le venne in mente l'Usignolo. Poi stava seduto davanti a lei. Poi la visione cambiò ed era Uriel Septim. Sembrava triste. Intrappolato. Poi la visione sfumò ancora e un altro uomo di sedeva al suo posto, come l'Usignolo e comunque diverso. Pelle pallida, occhi iniettati di sangue, orecchie da Elfo -- e attorno a lui un violento bagliore di male concentrato, un'aura di energia soprannaturale -- un bagliore orribile e distruttivo. Questo uomo era capace di qualunque cosa!



Poi vide ancora il volto di Uriel Septim.



Come poteva essere sicura che non si stava immaginando quelle cose? Forse la sua mente la stava ingannando. Sentì una stanchezza improvvisa, come se stesse portando un fardello pesante da troppo tempo per una distanza troppo lunga. Decise di abbandonare la sua seria narrazione dei mali di Mournhold -- in quanto era decisamente chiaro che non la stavano portando da nessuna parte -- e passare a delle facezie. Facezie, comunque, con un piano nascosto.



"Ricorda, Sire, che Symmachus e io abbiamo cenato con la vostra famiglia poco dopo l'incoronazione di suo padre? Non era più vecchio della piccola Morgiah. Eravamo molto onorati di essere gli unici ospiti quella sera -- a parte il vostro miglior amico Justin, naturalmente."



"Ah si," disse l'Imperatore, sorridendo con cautela. Con molta cautela. "Credo di ricordarlo."



"Lei e Justin eravate così amici, Vostra Maestà. Mi è stato detto che morì non molto tempo dopo. Un vero peccato."



"Infatti. Non voglio ancora parlare di lui." I suoi occhi si svuotarono -- o divennero ancora più vuoti, se era possibile. "Come da sua richiesta, Milady, terremo questo in considerazione e le faremo sapere."



Barenziah d'inchinò, e così fecero i bambini. Un cenno dall'Imperatore li congedò e si allontanarono dalla presenza imperiale.



Prese un respiro profondo appena emersero dalla stanza del trono. "Justin" era stato un compagno di giochi immaginario, anche se il giovane Uriel aveva insistito che fosse preparato un posto per Justin ad ogni pasto. Non solo, Justin, nonostante il nome maschile, era una ragazza! Symmachus aveva continuato a lungo lo scherzo dopo che era sparita come tutti gli amici immaginari d'infanzia -- chiedendo della salute di Justin ogniqualvolta lui e Uriel Septim si incontravano, ottenendo risposte in tono falsamente serio. L'ultima notizia che Barenziah aveva sentito di Justin, diversi anni prima, era che l'Imperatore aveva evidentemente detto una storia elaborata a Symmachus, che aveva incontrato un giovane Khajiit avventuroso ma incorreggibile, si erano sposati e si erano insediati a Lilandril per coltivare felci di fuoco e mugworts.



L'uomo che sedeva nel divano dell'Imperatore non era Uriel Septim! L'Usignolo? Poteva essere...? Si. Si! Un suono di riconoscimento passò attraverso di lei e Barenziah capì che aveva ragione. Era lui. Lo era! L'Usignolo! Travestito da Imperatore! Symmachus aveva sbagliato, così tanto...



E ora? Si chiese freneticamente. Cos'era successo a Uriel Septim -- e più importante, cosa voleva dire per lei e Symmachus e per tutta Mournhold? Ripensandoci, Barenziah pensò che tutti i loro problemi erano causati da questo falso Imperatore, l'Usignolo -- o chiunque fosse veramente. Doveva aver preso il posto di Uriel Septim poco prima che le domande irragionevoli verso Mournhold cominciarono. Questo avrebbe spiegato il perché le relazioni si erano deteriorate per così tanto tempo (per come gli umani consideravano il tempo) dopo la sua relazione scomoda con Tiber Septim. L'Usignolo sapeva della nota lealtà di Symmachus per, e della conoscenza della, Casata Septim, e stava praticando un attacco preventivo. Se quello era il caso, erano tutti in terribile pericolo. Lei e i figli erano in suo potere qui nella Città Imperiale e Symmachus era solo ad affrontare i problemi dell'intervento dell'Usignolo su Mournhold.



Cosa doveva fare? Barenziah tenne i bambini davanti a lei con una mano su una spalla di entrambi, provando a rimanere fredda, padrona di sé, con le dame e cavalieri personali che le facevano da scorta. Alla fine raggiunsero la loro carrozza. Anche se le loro stanze erano a solo poche vie dal Palazzo, la dignità reale proibiva di viaggiare a piedi anche per distanze limitate -- e per una volta Barenziah lo apprezzava. La carrozza sembrava una specie di rifugio ora, falso come sapeva essere la sensazione.



Un ragazzo corse verso una delle guardie e gli diede una pergamena, poi indicò la carrozza. La guardia la portò a lei. Il ragazzo aspettò, con gli occhi larghi luccicanti. La lettera era breve ed elogiativa e chiedeva semplicemente se Re Eadwyre di Wayrest, della Provincia di Alta Roccia, poteva avere un'udienza con la famosa Regina Barenziah di Mournhold, in quanto aveva sentito parlare molto di lei e avrebbe voluto far la sua conoscenza.



Il primo impulso di Barenziah fu di rifiutare. Voleva solo lasciare la città! Certamente non aveva voglia di svagarsi con un uomo impressionato. Guardò in alto, aggrottando le sopracciglia e una delle guardie disse, "Milady, il ragazzo dice che il suo padrone aspetta la sua risposta laggiù." Guardò nella direzione indicatale e vide un bellissimo uomo anziano a cavallo, circondato da mezza dozzina di cortigiani e cavalieri. La vide e s'inchinò rispettosamente, togliendo un capello piumato.



"Molto bene," disse Barenziah impulsivamente al ragazzo. "Di al tuo padrone che può venire stanotte, dopo cena." Il Re Eadwyre sembrava gentile e grave e abbastanza preoccupato -- ma nemmeno un po' innamorato. Almeno era qualcosa, pensò malinconicamente.

Barenziah stava alla finestra della torre, aspettando, poteva sentire la vigilanza dei familiari. Ma anche se il cielo notturno era chiaro come il giorno ai suoi occhi, non poteva ancora vederlo. Poi improvvisamente arrivò, un punto rapido tra le esili nuvole notturne. Ancora pochi minuti e il grande falco notturno finì la sua discesa, piegando le ali, con gli artigli che si chiudevano sul suo spesso bracciale di pelle.



Portò l'uccello al suo trespolo dove attese, ansimante, mentre le sue dita impazienti presero il messaggio contenuto in una capsula su una gamba. Il falco bevve energicamente dall'acqua finché non ebbe fatto, poi agitò le penne e si lisciò col becco, sicuro alla sua presenza. Una piccola parte della sua coscienza condivise la soddisfazione di un lavoro ben fatto con il falco, missione computa, e riposo ottenuto... anche se sotto a tutto c'era del disagio. Le cose non andavano bene, neanche per la sua umile mente di uccello.



Le sue dita tremavano mentre dispiegava la sottile pergamena e guardava la scrittura frenetica. Non era la mano salda di Symmachus! Barenziah si sedette lentamente, con le dita che lisciavano il documento mente preparava la mente e il corpo per accettare con calma il disastro, se doveva essere un disastro.



Era un disastro.



La Guardia Imperiale aveva disertato da Symmachus e si era unita ai ribelli. Symmachus era morto. Le truppe leali rimanenti avevano sofferto una sconfitta decisiva. Symmachus era morto. Il capo dei ribelli era stato riconosciuto come Re di Mournhold dai messi imperiali. Symmachus era morto. Barenziah e i bambini erano stati dichiarati traditori dell'Impero ed era stata messa una taglia sulle loro teste.



Symmachus era morto.



Quindi l'udienza con l'Imperatore avvenuta quella mattina non era stato nient'altro che una copertura, uno stratagemma. Una sciarada. L'Imperatore doveva saperlo di già. Era stata bloccata, le si chiedeva di stare tranquilla, prenderla con calma, Milady Regina, si goda la Città Imperiale e le gioie che offre, state qui per quanto volete. Il suo soggiorno? La sua detenzione. La sua prigionia. E in tutta probabilità, il suo arresto imminente. Non era delusa della sua situazione. Sapeva che l'Imperatore e i suoi servi non le avrebbero mai più permesso di andarsene dalla Città Imperiale. Almeno, non in vita.



Symmachus era morto.



"Milady?"



Barenziah saltò, spaventata dall'avvicinamento del servo. "Cosa c'è?"



"Il Bretone è qui, Milady. Re Eadwyre," aggiunse in modo servile la donna, notando l'incomprensione di Barenziah. Esitò. "Ci sono notizie, Milady?" disse, indicando il falco.



"Niente che non possa aspettare," disse rapidamente Barenziah, e la sua voce sembrava riecheggiare nel vuoto che si spalancò improvvisamente come un abisso dentro di sé. "Bada all'uccello." Si alzò, lisciò la gonna e si preparò ad occuparsi del suo visitatore reale.



Si sentì intorpidita. Intorpidita come i muri di pietra intorno a lei, intorpidita come la quiescenza dell'aria notturna... intorpidita come un corpo senza vita.



Symmachus era morto!



***


Il Re Eadwyre la salutò in modo grave e cortese, forse eccessivamente. Dichiarò essere un ammiratore fervente di Symmachus, che era presente in modo importante nelle leggende della sua famiglia. Gradualmente spostò la sua conversazione sui suoi affari con l'Imperatore. Indagò sui dettagli e chiese se il risultato era stato favorevole per Mournhold. Trovandola vaga, disse improvvisamente,"Milady Regina, deve credermi. L'uomo che si dichiara l'Imperatore è un impostore! So che sembra folle, ma io -- "



"No," disse Barenziah con un improvvisa fermezza. "Ha perfettamente ragione, Milord Re. Lo so."



Eadwyre si rilassò nella sua sedia per la prima volta, con gli occhi improvvisamente divenuti penetranti. "Lo sapeva? Non sta solo prendendo in giro qualcuno che ritiene un pazzo?"



"Le assicuro, Milord, che non è così." Prese un respiro profondo. "E chi suppone che si stia fingendo l'Imperatore?"



"Il Mago Guerriero Imperiale, Jagar Tharn."



"Ah. Milord Re, ha, per caso, sentito parlare di qualcuno chiamato l'Usignolo?"



"Si, Milady, in effetti lo conosco. Io e i miei alleati lo riteniamo essere lo stesso rinnegato Tharn."



"Lo sapevo!" Barenziah si alzò e provò a mascherare il suo sconvolgimento. L'Usignolo -- Jagar Tharn! Oh, ma l'uomo era un demone! Diabolico e insidioso. E così tanto astuto. Aveva costruito la loro caduta in modo perfetto! Symmachus, Symmachus mio...!



Eadwyre tossì in modo modesto. "Milady, Io... noi... noi abbiamo bisogno del vostro aiuto."



Barenziah sorrise cupamente per l'ironia. "Credo che dovrei essere io a dire queste parole. Ma continui, per favore. Come posso aiutarla, Milord Re?"



Velocemente il monarca delineò un piano. La maga Ria Silmane, prima apprendista del vile Jagar Tharn, era stata uccisa e dichiarata traditrice dal falso Imperatore. Aveva comunque mantenuto un po' dei suoi poteri e poteva ancora contattare alcuni di quelli che aveva conosciuto bene nel piano mortale. Aveva scelto un Campione che sarebbe partito per trovare lo Scettro del Caos, che era stato nascosto dallo stregone traditore in un luogo sconosciuto. Questo Campione doveva usare il potere dello Scettro per distruggere Jagar Tharn, che era altrimenti invulnerabile, e salvare il vero Imperatore che era prigioniero in un'altra dimensione. Comunque il Campione, anche se fortunatamente era ancora vivo, ora languiva nelle Prigioni Sotterranee Imperiali. L'attenzione di Tharn doveva essere distratta mentre il prescelto veniva liberato con l'aiuto dello spirito di Ria. Barenziah controllava le orecchie del falso Imperatore -- e apparentemente i suoi occhi. Avrebbe fornito la distrazione necessaria?



"Suppongo che possa ottenere un'altra udienza con lui," disse Barenziah con cautela. "Ma sarebbe abbastanza? Devo dirle che io e i miei figli siamo recentemente stati dichiarati traditori dell'Impero."



"A Mournhold, forse, Milady, e Morrowind. Le cose sono diverse nella Città Imperiali e nelle Province Imperiali. La stessa palude amministrativa che rende quasi impossibile ottenere un'udienza con l'Imperatore e coi suoi ministri ci permette anche abbastanza che lei non possa essere illegalmente imprigionata o punita in altro modo senza il beneficio di un processo legale. Nel vostro caso, Milady, e dei suoi figli, la situazione è ulteriormente esacerbata dal vostro rango reale. Come Regina e eredi legittimi, le vostre persone sono considerate inviolabili -- sacrosante, infatti." Disse sorridendo il Re. "La burocrazia imperiale, Milady, è un claymore a doppio taglio."



Quindi. Almeno lei e i bambini erano al sicuro per il futuro. Poi un pensiero la colpì. "Milord Re, cosa voleva dire quando prima ha detto che controllavo gli occhi del falso Imperatore? E apparentemente, così com'è?"



Eadwyre sembrò a disagio. "Si sussurrava tra i servi che Jagar Tharn tenesse il suo ritratto in una sorta di santuario nelle sue stanze."



"Capisco." I suoi pensieri vagarono momentaneamente a quella sua insana storia d'amore con l'Usignolo. Era stata follemente innamorata di lui. Stupida donna. E l'uomo che aveva amato un tempo aveva ucciso l'uomo che amava veramente. Che aveva amato. Amato. E' sparito ora, lui è... lui... Non poteva ancora accettare il fatto che Symmachus fosse morto. Ma anche se era vero, si disse fermamente, il suo amore era vivo e rimaneva. Sarebbe sempre stato con lei. Insieme al dolore. Il dolore di vivere il resto della sua vita senza di lui. Il dolore di provare a sopravvivere ogni giorno, ogni notte, senza la sua presenza, il suo conforto, il suo amore. Il dolore di sapere che non avrebbe mai visto i suoi figli diventare una bella coppia di adulti, che non avrebbero mai conosciuto il loro padre, quanto era coraggioso, quanto forte, quanto magnifico, quanto li amava... specialmente la piccola Morgiah.



E per questo, per tutto questo, per tutto quello che hai fatto alla mia famiglia, Usignolo -- devi morire.



"Vi sorprende?"



Le parole di Eadwyre irruppero nei suoi pensieri. "Cosa? Cosa mi sorprende?"



"Il vostro ritratto. Nella stanza di Tharn."



"Oh." Il suo volto divenne imperturbabile. "Si. E no."



Eadwyre poteva vedere dalla sua espressione che desiderava cambiare argomento. Passò ancora ai loro piani. "Il nostro prescelto potrebbe aver bisogno di qualche giorno per fuggire, Milady. Può dargli un po' di tempo in più?"



"Si fida di me per questo, Milord Re? Perché?"



"Siamo disperati, Milady. Non abbiamo scelta. Ma anche se l'avessimo -- perché, si. Si, mi fiderei di lei. Ho fiducia in lei. Vostro marito è stato buono con la mia famiglia negli anni. Lord Symmachus--"



"E' morto."



"Cosa?"



Barenziah raccontò gli eventi recenti velocemente e freddamente.



"Milady... Regina... ma è terribile! Mi... mi dispiace..."



Per la prima volta la stabilità glaciale di Barenziah fu scossa. Nel volto della simpatia, sentì la sua calma esterna cominciare a crollare. Raccolse la sua calma e si decise di essere tranquilla.



"In queste circostanze, Milady, posso chiedere a malapena--"



"No, buon Milord. In queste circostanze devo fare ciò che posso per vendicarmi degli assassini del padre dei miei figli." Una singola lacrima sfuggì dalla fortezza dei suoi occhi. L'asciugò in modo impaziente. "In cambio chiedo solo che lei protegga i miei figli orfani per quanto potrà."



Eadwyre si alzò. I suoi occhi scintillavano. "Giuro di farlo, Regina così coraggiosa e nobile. Gli dei della nostra terra amata, in effetti Tamriel, siano miei testimoni."



Le sue parole la toccarono assurdamente, tuttora profondamente. "La ringrazio dal cuore e dall'anima, buon Milord Re Eadwyre. Avrà la g-gra--gratitudine infinita mia e dei mi-miei fi-figli-- "



Scoppiò a piangere.



***



Non dormì quella notte, ma si sedette in una sedia di fianco al suo letto, con le mani piegate sul grembo, pensando profondamente e a lungo nel passare dell'oscurità. Non poteva dirlo ai bambini -- non ancora, non finché avrebbe dovuto.



Non aveva bisogno di chiedere un'altra udienza con l'Imperatore. Una chiamata arrivò all'alba.



Disse ai figli che si aspettassero che stesse via qualche giorno, disse loro di non dare problemi ai servi e li baciò per salutarli. Morgiah frignò un po'; si annoiava e si sentiva sola nella Città Imperiale. Helseth sembrò tetro ma non disse nulla. Era molto simile a suo padre. Suo padre...



Al Palazzo Imperiale, Barenziah non fu scortata nella grande sala delle udienze ma in un piccolo salotto dove l'Imperatore stava facendo da solo colazione. Accennò un saluto col capo e indicò la finestra con la mano. "Vista magnifica, non è vero?"



Barenziah guardò fuori dalle torri della grande città. Le venne in mente che questa era la stanza dove aveva incontrato per la prima volta Tiber Septim così tanti anni fa. Secoli fa. Tiber Septim. Un altro uomo che aveva amato. Chi altro aveva amato? Symmachus, Tiber Septim... e Straw. Si ricordò del ragazzo delle stalle biondo con un affetto improvviso e intenso. Non l'aveva realizzato fino ad allora, ma aveva amato Straw. Solo che lei non glielo aveva mai detto. Era così giovane allora, quelli erano giorni spensierati, giorni sereni... prima di tutto, prima di tutto questo... prima... di lui. Non Symmachus. L'Usignolo. Era scioccata di sé. L'uomo che poteva ancora influenzarla. Anche adesso. Anche dopo tutto quello che era successo. Una forte onda di emozioni confuse passò su di lei.



Quando alla fine si voltò, Uriel Septim era scomparso -- e l'Usignolo era al suo posto.



"Lo sapevi," disse tranquillamente, scrutando il suo volto. "L'hai capito. Subito. Volevo sorprenderti. Potevi almeno fingere."



Barenziah allargò le braccia, provando a far pace nella tempesta che si agitava dentro di lei. "Temo che la mia abilità nel fingere non sia al livello della sua, mio signore."



Sospirò. "Sei arrabbiata."



"Solo un po', devo ammetterlo," disse freddamente. "Non so lei, ma io trovo il tradimento piuttosto offensivo."



"Quanto è umano da parte tua."



Prese un respiro profondo. "Cosa vuoi da me?"



"Ora tu stai fingendo." La guardò direttamente in faccia. "Sai cosa voglio da te."



"Vuoi tormentarmi. Fa pure. Sono in tuo potere. Ma lascia stare i miei figli."



"No, no, no. Non voglio per niente questo, Barenziah." Si avvicinò, parlando nella vecchia voce carezzevole che aveva fatto tremare il suo corpo. La stessa voce che stava facendo la stessa cosa a lei, lì e in quel momento. "Non capisci? Questo era l'unico modo." Le sue mani si chiusero sulle sue braccia.



Sentì la sua fermezza dileguarsi, il suo disgusto verso di lui che si indeboliva. "Potevi prendermi con te." Lacrime spontanee si raccolsero nei suoi occhi.



Scosse il capo. "Non ne avevo il potere. Ah, ma ora, ora...! L'ho tutto. Mio da averlo, mio da condividerlo, mio da darlo -- a te." Scosse ancora la sua mano verso la finestra e la città sottostante. "Tutta Tamriel è mia per sdraiarsi ai suoi piedi -- e ciò è solo l'inizio."



"E' troppo tardi. Troppo tardi. Mi hai lasciato a lui."



"E' morto. Il contadino è morto. Pochi anni -- cosa importa?"



"I bambini--"



"Posso adottarli io. E ne avremo altri insieme, Barenziah. Oh, e che figli saranno! Che cose gli passeremo! La tua bellezza e la mia magia. Ho poteri che tu non puoi nemmeno sognare, nemmeno nelle tue immaginazioni più selvagge!" Si spostò per baciarla.



Scivolò dalla sua presa e si voltò. "Non ti credo."



"Ci credi, e lo sai. Sei ancora arrabbiata, questo è tutto." Sorrise. Ma non raggiunse i suoi occhi. "Dimmi cosa vuoi, Barenziah. Barenziah mia amata. Dimmi. Sarà tuo."



La sua intera vita passò davanti a lei. Il passato, il presente e il futuro che doveva ancora arrivare. Tempi differenti, vite differenti, Barenziah differenti. Quale era quella vera? Quale era la vera Barenziah? Perché quella scelta avrebbe determinato la forma del suo destino.



Lo fece. Lo sapeva. Sapeva chi era la vera Barenziah e quello che voleva.



"Una camminata nel prato, mio signore," disse. "Una canzone o due, forse."



L'Usignolo si mise a ridere. "Vuoi essere corteggiata."



"E perché no? Lo fai così bene. E' passato molto tempo, comunque, da quando ho avuto il piacere."



Sorrise. "Come vuole, Milady Regina Barenziah. Il tuo desiderio è il mio comando." Prese la sua mano e la baciò "Ora e per sempre."



***



E così passarono i loro giorni nel corteggiamento -- camminando, parlando, cantando e ridendo insieme, mentre il lavoro dell'Imperatore era lasciato ai subordinati.



"Vorrei vedere lo Scettro," disse pigramente un giorno Barenziah. "L'ho visto solo per un attimo, ti ricorderai."



Aggrottò le sopracciglia. "Niente mi darebbe un piacere maggiore, gioia del cuore -- ma sarebbe impossibile."



"Non ti fidi di me," s'imbronciò Barenziah, ma ammorbidì le labbra mentre si piegò su di lei per un bacio.



"Sciocchezze, amore. Naturalmente mi fido. Ma non è qui." Ridacchiò. "In effetti, non è da nessuna parte." La baciò ancora, questa volta più appassionatamente.



"Stai parlando ancora per indovinelli. Voglio vederlo. Non puoi averlo distrutto."



"Ah. Sei diventata più saggia dall'ultima volta che ci siamo incontrati."



"In qualche modo hai ispirato la mia fame per la conoscenza." Si alzò. "Lo Scettro del Caos non può essere distrutto. E non può essere portato via da Tamriel, senza le peggiori conseguenze per la terra stessa."



"Ahhh. Mi impressioni, amore mio. E' tutto vero. Non è distrutto e non è stato portato via da Tamriel. E comunque, come ho detto, non è da nessuna parte. Puoi risolvere l'enigma?" La tirò verso di lui e lei si sporse nel suo abbraccio. "Ecco un indovinello ancora più grande," sussurrò. "Come può uno creare l'uno dal due? Posso fare questo e te lo mostrerò." I loro corpi si fusero, gli arti si aggrovigliarono insieme.



Più tardi, quando si furono tirati un po' in disparte e lui giaceva appisolato, lei pensò con aria assonnata, "Uno di due, due di uno, tre di due, due di tre... quello che non può essere distrutto o bandito può essere diviso, forse..."



Si alzò, con gli occhi ardenti. Cominciò a sorridere.



***



L'Usignolo teneva un diario. Scribacchiava delle annotazioni su di esso ogni notte dopo dei rapporti veloci dai suoi subordinati. Era chiuso in uno scrittoio. Ma il lucchetto era semplice. Era stata, dopo tutto, un membro della Gilda dei Ladri in una vita passata... in un'altra vita... un'altra Barenziah...



Un mattino Barenziah riuscì a dargli di soppiatto uno sguardo rapido mentre era occupato nella sua toeletta. Scoprì che il primo pezzo dello Scettro del Caos era nascosto in un'antica miniera Nanica chiamata la Tana della Zanna -- anche se la sua locazione era data solo in termini vaghi. Il diario era riempito di eventi annotati in una strana stenografia ed erano molto difficili da decifrare.



Tutta Tamriel, pensò, nelle sue e nelle mie mani, e forse di più -- ma comunque...



Per tutto il suo fascino esteriore c'era un freddo vuoto dove il suo cuore doveva essere, una mancanza di cui era incosciente, pensò. Uno poteva intravederlo ogni tanto, quando i suoi occhi divenivano vuoti e duri. E comunque, anche se aveva un concetto diverso, bramava anche lui la felicità e la soddisfazione. Sogni da contadino, pensò Barenziah e Straw lampeggiò ancora davanti ai suoi occhi, sembrando perso e triste. Poi Therris, con un sorriso felino da Khajiit. Tiber Septim, potente e solitario. Symmachus, solido, flemmatico Symmachus, che faceva ciò che si doveva fare, silenziosamente e in modo efficiente. L'Usignolo. L'Usignolo, un indovinello e una certezza, sia l'oscurità che la luce. L'Usignolo, che avrebbe governato tutto, e di più -- e diffuso il caos nel nome dell'ordine.



Barenziah se ne andò da lui in modo riluttante per visitare i suoi figli, a cui doveva ancora raccontare della morte del loro padre -- e dell'offerta di protezione da parte dell'Imperatore. Lo fece alla fine, e non fu facile. Morgiah si attaccò a lei per ciò che sembrò un era, singhiozzando miseramente, mentre Helseth corse nel giardino per rimanere solo, rifiutando successivamente tutti i suoi tentativi di parlare con lui dell'argomento di suo padre, o anche di lasciare che lo tenesse sul suo petto.



Eadwyre la chiamò mentre era lì. Le disse cosa aveva scoperto finora, spiegando che doveva ancora rimanere e scoprire il più possibile.



L'Usignolo la beffò del suo vecchio ammiratore. Era decisamente conscio del sospetto di Eadwyre -- ma non era minimamente perturbato, perché nessuno prendeva il vecchio pazzo seriamente. Barenziah riuscì anche a preparare una riconciliazione di un qualche tipo tra di loro. Eadwyre rinnegò pubblicamente i suoi dubbi, e il suo "vecchio amico" l'Imperatore lo perdonò. Fu in seguito invitato a cenare con loro almeno una volta alla settimana.



I bambini apprezzavano Eadwyre, perfino Helseth, che non approvava la connessione di sua madre con l'Imperatore e di conseguenza lo detestava. Era diventato burbero e capriccioso col passare dei giorni e litigava spesso con sia sua madre che con il suo amante. Eadwyre non era contento a sua volta della loro relazione e l'Usignolo si divertiva molto certe volte mostrando pubblicamente il suo affetto per Barenziah solo per irritare il vecchio.



Non potevano sposarsi, naturalmente, perché Uriel Septim era già sposato. Almeno, non ancora. L'Usignolo aveva esiliato l'Imperatrice poco dopo aver preso il posto dell'Imperatore, ma non osava farle del male. Prese rifugio nel Tempio dell'Uno. Si diceva che stesse soffrendo per una cattiva salute e gli agenti dell'Usignolo fecero circolare delle voci che avesse problemi mentali. I figli dell'Imperatore erano stati in modo simile mandati in varie prigioni in tutta Tamriel camuffate come "scuole."



"Peggiorerà col tempo," disse con leggerezza l'Usignolo, riferendosi all'Imperatrice e guardando i seni gonfi e la pancia ingrossata di Barenziah con soddisfazione. "E per i loro figli... Beh, la vita è piena di rischi, vero? Ci sposeremo. Tuo figlio sarà il mio erede legittimo."



Lui voleva il figlio. Barenziah era sicura di ciò. Era molto meno sicura, comunque, dei suoi sentimenti verso di lei. Litigavano sempre ora, spesso violentemente, solitamente su Helseth, che lui voleva mandare lontano in una scuola nell'Isola di Summerset, la provincia più lontana dalla Città Imperiale. Barenziah non si sforzava di evitare questi litigi. L'Usignolo, dopo tutto, non aveva interesse in una vita facile e calma; e comunque, si divertiva molto nel riappacificarsi in seguito...



Certe volte Barenziah prendeva i figli e si ritirava nel loro vecchio appartamento, dichiarando che non voleva più avere niente a che fare con lui. Ma lui veniva sempre a riprenderla e lei si lasciava sempre riportare indietro. Era ineffabile, come l'alba e il tramonto delle lune gemelle di Tamriel.



***



Fu incinta di sei mesi prima di decifrare alla fine la posizione dell'ultimo pezzo dello Scettro -- facile, visto che ogni Elfo Oscuro sapeva dove era il Monte di Dagoth-Ur.



Quando litigò la volta successiva con l'Usignolo, lasciò semplicemente la città con Eadwyre e cavalcò velocemente verso Alta Roccia e Wayrest. L'Usignolo era furioso, ma c'era poco che potesse fare. I suoi assassini erano decisamente inetti e non osava lasciare il suo posto di potere per inseguirli di persona. Nemmeno poteva dichiarare apertamente guerra a Wayrest. Non aveva giustificazioni legittime sul suo figlio non ancora nato. Effettivamente, la nobiltà della Città Imperiale non aveva approvato la sua relazione con Barenziah -- come non l'avevano fatto molti anni prima per Tiber Septim -- e furono contenti di vederla andar via.



Wayrest non si fidava allo stesso modo di lei, ma Eadwyre era amato fanaticamente dalla sua piccola e ricca città stato e i suoi modi... eccentrici erano prontamente approvati. Barenziah e Eadwyre si sposarono un anno dopo la nascita di suo figlio dall'Usignolo. Per questo evento sfortunato, Eadwyre aveva una passione per lei e per i suoi figli. Lei a sua volta non lo amava -- ma gli era affezionata, e questo era già qualcosa. Era bello avere qualcuno e Wayrest era un bel posticino, un buon posto per far crescere i figli, mentre aspettavano, e aspettavano il loro tempo, e pregavano per il successo del Campione nella sua missione.



Barenziah poteva solo sperare che non ci avrebbe messo molto, chiunque fosse questo Campione senza nome. Lei era un Elfo Oscuro e aveva tutto il tempo del mondo. Tutto il tempo. Ma non aveva più amore da dare né odio da bruciare. Non aveva più nulla, nient'altro che dolore e memorie... e i suoi figli. Voleva solo crescere la sua famiglia e fornire loro una buona vita e che le fosse lasciata vivere ciò che rimaneva della sua. Non aveva dubbio che doveva essere ancora una lunga vita. E durante questa vita voleva pace, quiete e serenità, dell'anima e del cuore. Sogni da contadino. Questo era ciò che voleva. Questo era quello che voleva la vera Barenziah. Questo era ciò che era la vera Barenziah. Sogni da contadino.



Sogni da contadino.



 
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Frabi911
view post Posted on 14/11/2014, 01:30




Sei un matto! Grandissimo! Sono tutti e 5 i libri??
 
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view post Posted on 14/11/2014, 02:02

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Ti rendi conto che hai riuppato una discussione risalente a giugno 2006??
Controllare la data prima di postare non sarebbe una brutta idea.
 
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2 replies since 29/6/2006, 09:52   1315 views
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