VENTINOVESIMO CAPITOLO:
Sulla strada di J. Kerouac
Ebbene sì, torno in questo topic dopo secoli. Dopo la mia opinione su
After, ci tenevo a portare un libro "migliore". Uso le virgolette perché anche un capolavoro acclamato dalla critica può celare molti difetti, e in generale non essere perfetto. Dopo essere stata in dubbio tra
Anna Karenina di Tolstoj e
Sulla strada di Kerouac, ho scelto quest'ultimo: non perché mi abbia fatto più effetto del romanzo russo (anzi, è il contrario), ma perché è più breve e l'ho letto di recente. Non mi dispiacerebbe un giorno parlare di
Anna Karenina, ma lì c'è davvero tanto da dire e mi devo rinfrescare i nomi dei protagonisti; e per fare tutto questo mi servono più energie mentali. Al momento, infatti, mi si sono tutte prosciugate a causa della tesi.
Chiudo il pippone introduttivo e dò inizio alla mia nabbaggine n° 29
Sulla strada è considerato il manifesto della cosiddetta beat generation, di cui lo scrittore ha fatto parte: una generazione di persone che hanno vissuto una gioventù sregolata e "ribelle" negli Stati Uniti degli anni '40-'50. Il romanzo, di base, non ha una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine; lo sviluppo dei personaggi è minimo o nullo e si avverte l'assenza di un filo conduttore. Con questo non sto criticando l'opera: in questo modo
Sulla strada ricalca esattamente la vita di Kerouac, che si identifica nel suo protagonista e ha trasferito negli altri personaggi alcune persone della sua vita. Il romanzo racconta di una vita passata, appunto, sulla strada, tra autostop, lunghi viaggi fatti con pochi soldi, avventure e bravate di ogni genere. Il protagonista, Sal, è sostanzialmente la spalla dell'amico Dean Moriarty, che domina il romanzo con la sua vitalità inesauribile, una vitalità che rasenta la follia.
L'aspetto più affascinante del romanzo, a mio avviso, è il binomio tra il desiderio di Sal di darsi alla pazza gioia e quello di una vita comoda e tranquilla, vissuta nel comfort di una casa. Sal è diviso tra queste due tensioni soprattutto nelle prime battute del romanzo; poi, in realtà, questo binomio va un po' a perdersi: trascinato da Dean, Sal perde il proprio lato più pacato e razionale e abbraccia completamente il caotico stile di vita dell'amico. è qui che il mio interesse per i personaggi è un po' scemato, e ne parlerò più avanti.
Cominciamo dagli aspetti che mi sono piaciuti del romanzo. Lo stile è uno di questi: è conciso e scorrevole, ma negli episodi di follia più intensa imita in modo parossistico il ritmo della musica bop. So che questa caratteristica era più pronunciata in lingua originale, ma anche la traduzione italiana che ho letto, a mio avviso, rende benissimo l'effetto.
Anche le descrizioni dei paesaggi sono incredibili: le sconfinate terre disabitate degli Stati Uniti, il caos di Città del Messico, tutto concorre a conferire all'ambiente lo stesso carattere sregolato e folle della vita dei personaggi.
Il mio problema principale con questo romanzo, però, sono proprio i protagonisti.
All'inizio, trovavo Sal un personaggio interessante. Come ho accennato prima, era accattivante il suo dissidio tra la volontà di fare quante più esperienze possibili nella vita, e il suo desiderio, ogni tanto, di un'esistenza tranquilla e monotona. A un certo punto della storia, per influsso dell'amico Dean, Sal mette da parte la sua parte più "pantofolaia" per diventare in tutto e per tutto un seguace di Dean. Perde quindi quel po' di buon senso, di assennatezza che prima lo distingueva dall'amico. Il suo personaggio si appiattisce e ogni possibilità di sviluppo va a farsi friggere. Il romanzo diventa così una rassegna di avventure, bravate, casini che restano irrisolti, fughe e viaggi a 150 km/h.
Ma se fosse stato solo questo, mi sarei messa l'animo in pace e avrei continuato a leggere volentieri, godendomi le splendide descrizioni e lo stile "beat". Il mio vero problema con il romanzo, però, è che non mi è andato giù il personaggio di Dean Moriarty. Sal lo ammira sin dalle prime battute del libro, ma almeno all'inizio sembra più cosciente dei suoi difetti. Dopo, invece, comincia a idolatrarlo. E Dean non è affatto uno da idolatrare: è un uomo che, a conoscerlo, ti verrebbe solo da prendere a calci nei denti. Sposa donne a cacchio, fa figli a muzzo e li abbandona come se niente fosse; ruba, combina casini e poi si lagna se i poliziotti ce l'hanno con lui; è sempre arrapato, anche con le ragazzine giovanissime; l'autore lo descrive sempre scatenato, sempre grondante sudore (e a lungo andare tutta questa sua follia e tutto sto sudore mi hanno fatto venire il cringe). Gli unici personaggi che criticano i suoi comportamenti sono, guarda caso, le fidanzate dei suoi amici; ma le loro critiche cadono a vuoto, perché nel romanzo i personaggi femminili sono di contorno. Allo stesso tempo Sal loda la grande conoscenza che Dean ha della letteratura del tempo, la sua incredibile capacità di guidare...e io basta, non ce la facevo più. Dean mi ha fatto tanto l'effetto di un Gary Stu: un personaggio negativo e fastidioso, che per qualche motivo è considerato un modello e non paga mai per le sue strunzate. Abbandona mogli, traumatizza i suoi figli e alla fine che mi viene detto? Che Sal è ossessionato da lui, che non riesce a smettere di pensare a lui...ma cacchio, sposatelo se ti piace tanto. Ma neanche questo è possibile, perché purtroppo il romanzo è figlio del suo tempo e del suo difficile autore, e perciò ha anche un sottotesto omofobo.
Sulla strada, insomma, è indubbiamente un pezzo importante della letteratura americana. Ha numerose qualità, in primis il suo stile originale e la bellezza delle sue descrizioni. D'altra parte, è figlio della sua generazione e per questi motivi alcuni suoi aspetti sono invecchiati maluccio. Forse è proprio il suo essere un manifesto ad averne compromesso la godibilità: se quel binomio iniziale tra il desiderio di una vita sfrenata e quello di una vita tranquilla si fosse mantenuto, creando anche degli scontri tra i personaggi, il romanzo sarebbe stato molto più interessante. Ma in questo caso Kerouac ha fatto una scelta diversa e ha voluto orientare la propria fatica come il manifesto della beat generation: per questo motivo il romanzo ha finito per appiattirsi su un solo punto di vista e perdere la sua problematicità.