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Skyrim: the legend of Dovahkiin

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-Keeran-
view post Posted on 6/5/2013, 19:50




di male in peggio...le tue storie sono propio brutte,si possono paragonare a quelle di un bambino di 5 anni...vergognati....


scherzo :trollface:
 
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Lady Iris
view post Posted on 6/5/2013, 19:50




Pruto, plis.

:durso:
 
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Lady Iris
view post Posted on 13/5/2013, 10:44




Chapter XI
Angry, pain and darkness



Arrivai a Whiterun che era oramai sera inoltrata, e la città in lontananza non era altro che un ammasso di puntini luminosi che la rendeva misteriosa, ma al tempo stesso accogliente...
O forse ero solo io ad essere particolarmente di buon umore a dispetto della stanchezza e le ferite, semplicemente non mi importava: cos'era una spalla dolorante rispetto alla soddisfazione di aver portato a termine la missione più importante della mia vita?
Potevo già immaginarmi la faccia di Kodlak, i suoi occhi finalmente sereni...
-Ehi, ehi tu!- venni brutalmente riportata alla realtà dall'arrivo trafelato di una guardia, che dovette riprendere fiato tanto aveva corso.
-Respira.- gli dissi, tranquilla ma fredda, il mio astio nei confronti delle guardie e dell'Impero forse si era attenuato, ma non era mai sparito del tutto e ogni volta che le guardie mi rivolgevano la parola mantenevo un atteggiamento distaccato e impersonale.
-S-sei...una dei Compagni...no?
-Sì, cosa c'è? Vado di fretta.- forse si accorse del tono gelido data l'occhiata che mi lanciò, continuando ad alternare il fiatone alle parole.
-Jorrvaskr...è...sotto attacco.- il mio cuore si fermò.
-Cosa?!- scesi da cavallo con un unico salto, ignorando la fitta alla spalla e alle gambe e mi precipitai dalla guardia, scuotendolo con ben poca grazia -Come sarebbe a dire è sotto attacco?! Chi è stato?
-I...Mano d'Argento.- mi feci bastare quel nome.
Lo lasciai di scatto, altrettanto velocemente risalii a cavallo e lo spronai con un colpo di talloni più forte del solito, tanto che il destriero impennò.
-Non ora, dannazione!- mi ressi a fatica, mantenendo un precario equilibrio, e mi parve di aver perso un'eternità di tempo prezioso quando, finalmente, il quadrupede riprese un galoppo serrato che non sentii nemmeno tanta era la preoccupazione.
Cosa diavolo ci facevano i Mano d'Argento? Perché attaccare proprio ora? Da quanto l'attacco andava avanti? Qualcuno era rimasto ferito?
Tante domande a cui non sapevo trovare risposta, ed erano una più dolorosa dell'altra, sfogai la mia preoccupazione sul cavallo, spronandolo ancora e ancora, gridando nelle sue orecchie di andare più veloce, pregai Kynareth di darmi la velocità del vento per arrivare, nonostante fossi a pochissimi metri dalla destinazione Jorrvaskr non mi era mai parsa così lontana ed irraggiungibile.
I volti di tutti i miei Fratelli e Sorelle di Scudo si alternavano nella mia mente, ma erano soprattutto Kodlak e Vilkas a darmi quelle terribili fitte di terrore allo stomaco, a farmi pregare intensamente come mai avevo fatto in vita mia, a farmi tremare dalla paura.
-Per favore non andatevene...non andate via!- pensai, poi con un altro colpo di briglie, sicuramente doloroso per il cavallo, pretesi più velocità, alzandomi appena con il sedere dalla sella, piegandomi in avanti quasi per non sentire le fitte di dolore ai glutei a causa della cavalcata sempre più intensa.
Le porte della città erano aperte, probabilmente per sedare la rivolta dei Mano d'Argento, ed entrai di corsa senza problemi con il rumore degli zoccoli che, battendo lungo la strada selciata di Whiterun, rimbombavano nella mia testa come tamburi, scandendo il tempo.
Quando arrivai davanti a Jorrvaskr scesi da cavallo, abbandonandolo praticamente a se stesso, e corsi verso l'ingresso. La scena che trovai fu terribile: i cadaveri di alcuni Mano d'Argento giacevano a terra in posizioni scomposte, ossa rotte, ferite aperte, mentre altri ancora combattevano contro Aela e Torvar che, spalla contro spalla, ne respingevano la maggior parte a colpi di spada e ascia, tra grida, ringhi, parole che si perdevano nella cacofonia della battaglia.
Afferrai l'arco ed una freccia, puntando verso una bretone la cui ascia non raggiunse mai la testa di Torvar.
-Ma che...scricciolo!- mi accolse il biondo, mentre Aela mi lanciò un sorriso sollevato, per quanto poté si intende.
Non sembrava ferita gravemente, a parte qualche livido, ma gli occhi verdi erano frementi e rossi, probabilmente si stava trattenendo per non rilasciare la bestia che era in sé, non davanti alle guardie di Whiterun e la popolazione già sconvolta che ci osservava dalle loro case.
-Sei tornata.- con un unico affondo la spada corta della cacciatrice si piantò nella testa di un avversario ed altrettanto velocemente venne rimossa proprio mentre io mi piazzavo accanto a lei -Non qui, vai dentro!
-Cosa?!- protestai -Ma voi...
-Noi ce la caveremo, va' dentro!- confermò l'altro Compagno, ed a quel punto mi lasciai convincere, salendo due a due i gradini che portavano a Jorrvaskr per poi spalancare la porta socchiusa.
Dentro, il caos: i pezzi di carbone posti al centro della stanza usati spesso come focolare, erano sparpagliati rendendo il pavimento pericoloso e caldo, l'odore di sangue, sudore e bruciato rendeva l'aria consumata e quasi irrespirabile mentre i Compagni ed i Mano d'Argento si affrontavano.
-AH!- senza pensarci mi gettai su un Imperiale armato di arco e frecce che si teneva lontano dalla vera battaglia, affondando il pugnale nella sua clavicola e strappandogli un grido di dolore e paura.
Si girò, afferrandomi per una delle cinghie dell'armatura e cercando di spingermi in avanti, ma io ribaltai la situazione riuscendo a cadergli sopra ed affondai di nuovo la lama nella sua carne, uccidendolo.
-Tu brutta...- mi girai di scatto, ma una Nord incombeva già su di me, pronta a levare la sua arma e spaccarmi la testa.
-No!- alzai istintivamente un braccio per proteggermi, pur sapendo che sarebbe stato inutile, ma la gigantesca sagoma di Farkas mi salvò la vita investendo la donna con la sua potenza.
Non ricordo di aver mai visto Farkas in quel modo: gli occhi azzurri solitamente calmi, lontani dal mondo quasi, erano carichi di rabbia, furore ed esaltazione per la battaglia, le sopracciglia spesse e scure corrugate ed i denti scoperti in una smorfia lo rendevano feroce come mai lo avevo visto, forse fu la prima volta in cui realizzai che il Compagno poteva davvero essere pericoloso se avesse voluto, che la bestia c'era anche in lui pronta ad uscire.
-Farkas...- lo chiamai, e l'uomo sembrò riscuotersi.
-Ce l'hai fatta.- senza troppi complimenti mi tirò su per un braccio, reggendo la sua spada con l'altra mano e facendomi gemere -Ti ha ferito?
-N-no. Non lei.- lo rassicurai, massaggiandomi la spalla con ancora la pelle arrossata e dolorante -Come...
-Attenta!- scattai di lato proprio quando il licantropo si lanciò in avanti, travolgendo due avversari nella sua carica.
-Farkas!- un avversario si piazzò avanti a me, e lo persi di vista -Levati di mezzo!- il Khajiit che mi attaccò era una femmina, e scoprì i denti in quello che doveva essere un soffio di rabbia.
-Non ne uscirete vivo nessuno, parola di Shez'han Rad!- avevo già affrontato un Khajiit, ma a differenza di quello incontrato nel Tumulo, la femmina avanti a me non era codarda e soprattutto era sveglia, notò subito la spalla ferita e cercò di approfittarne, spingendomi a parare o usare sempre quel braccio, sfuggendo o incalzandomi a seconda dei miei movimenti.
-Adesso basta!- in un attimo di rabbia mi gettai con tutta la forza che avevo sulla Khajiit, che invece di contrattaccare rimase ferma sul posto, il muso fremente e gli occhi spalancati quasi avesse visto un mostro, e non una Nord all'attacco, e fu con quello sguardo, quella paura negli occhi che la sua testa volò via dal corpo per ruzzolare sul legno, lasciando una scia rosso scarlatto -Bastarda...- mormorai, pulendo la lama sui suoi vestiti, poi spostai lo sguardo lungo la sala, la battaglia non era finita.
-Athis!- infatti notai subito l'elfo scuro in difficoltà, e senza perdere tempo arrivai alle spalle del Mano d'Argento che lo stava attaccando per trapassargli lo stomaco con la spada, gettando il corpo in avanti.
-I...ris...- mormorò quello.
Gli occhi dell'elfo scuro erano ricchi di dolore e si teneva la mano sull'addome, dove una ferita profonda macchiava di rosso la sua corazza di cuoio e rendeva il grigio della sua pelle più cereo che mai, in tremendo contrasto con il rosso dello sguardo -Sei...
-Zitto, non ti muovere.- strappai il mantello dalle spalle del cadavere accanto a lui e cercai di tamponare la ferita, la stoffa si inzuppò ed io iniziai ad entrare nel panico, perché ero un guerriero e non un guaritore, inoltre la ferita rischiava di infettarsi.
-Cazzo...
-Lascia fare a me.- Ria si chinò accanto a me -Ci penso io a lui, tu combatti.
Giovane, silenziosa, orgogliosa più che mai di far parte del gruppo di Jorrvaskr, non eravamo mai state molto unite, preferivo di gran lunga Aela a quella orgogliosa fanciulla, ma non potei non riconoscere che con il suo carattere calmo avrebbe tenuto la situazione sotto controllo molto meglio di me.
-Dove sono Kodlak e Vilkas?- le chiesi, dato che del Precursore e del giovane non c'era traccia.
-Ho visto Vilkas scendere le scale verso gli alloggi, stava inseguendo da solo quattro di quei figli di puttana.
-Quattro?!- mi alzai con un ringhio a causa della fitta alla spalla -Idiota, non può farcela da solo!- mi precipitai verso gli alloggi scendendo le scale quasi in due balzi, trovando la porta aperta, o meglio un'anta era stata del tutto distrutta e potei passare con facilità, solo per potermi addentrare nel corridoio stranamente silenzioso delle stanze.
Più mi addentravo nel corridoio, più i rumori del piano di sopra si facevano lontani, quel silenzio inaspettato quanto strano ebbe il potere di farmi rabbrividire mentre avanzavo cauta e silenziosa, proprio come quella volta, nel Tumulo delle Vecchie Glorie.
-Dove accidenti sono?- gli occhi saettavano ovunque, sempre troppo lenti -Dove...
-Stammi lontano, mostro!- una voce provenne da dietro una porta in fondo al corridoio.
Sospettosa iniziai ad avvicinarmi ad essa, ma prima che potessi raggiungerla un altro urlo anticipò la rottura della stessa. Scattai all'indietro ed incoccai una freccia, ma fu solo il corpo di un Nord a me sconosciuto, un Mano D'argento, che rotolò in maniera scomposta fino ai miei piedi: gli occhi erano aperti e il suo torace una massa irriconoscibile di carne.
-Ma...- solo una creatura avrebbe potuto avere tanta forza e tanta ferocia.
Alzai gli occhi, incontrando un lupo mannaro proprio sull'uscio della porta stessa. La bestia, su due zampe, ansimava pesantemente e perdeva sangue in alcuni punti, mi guardò per un lungo istante prima di iniziare a ritrasformarsi. In pochi, dolorosi secondi il lupo lasciò spazio a Vilkas, che sollevò lo sguardo chiaro su di me.
-Vilkas!- il mio cuore si allargò di sollievo nel vederlo vivo, e mi precipitai da lui per poterlo abbracciare. Mi prese il volto tra le mani, con meno delicatezza rispetto al solito, ma non me ne curai, non mi importava, e lasciai che mi baciasse prima di stringermi a sé.
-Sei tornata...- sussurrò, ed io annuii contro la sua spalla, trattenendomi a stento dallo stringerlo forte come avrei voluto, ma non ne avevo la forza ed il suo corpo era pieno di ferite e lividi.
-Cos'è successo?- mormorai, finalmente sciogliendolo dall'abbraccio per guardare il suo viso stravolto -Sei ferito?
-Non gravemente. Comunque ci hanno teso un'imboscata. Hanno circondato Jorrvaskr in massa, respingendo anche le guardie cittadine.- gli sfiorai appena uno zigomo gonfio e violaceo.
-Ho fatto il prima possibile.- garantii, quasi sentendomi in colpa per non essere stata lì al momento dell'attacco -Te lo giuro, ho...
-Lo so, lo so.- strinse la stoffa dei pantaloni logori che indossava, l'unico indumento sopravvissuto alla trasformazione in lupo, e gettò un'occhiata lungo il corridoio -Hai visto Kodlak?- scossi la testa -L'ho seguito per dargli manforte con alcuni di questi...bastardi.- inspirò, cercando di placare la furia che gli scorreva dentro, che faceva pulsare le vene delle braccia -Ma sono stato seguito anche io.- accennò all'ormai cadavere.
-Lo cerchiamo insieme, vieni.- gli presi delicatamente il braccio mentre si alzava, cercando di non mostrare troppa premura perché sapevo che non gli sarebbe stata gradita, ed insieme ci dirigemmo verso la stanza del Precursore.
Vilkas era vivo, ma la mia preoccupazione era per Kodlak solo contro più avversari e, anche se il Precursore non era da sottovalutare, i Mano d'Argento sapevano essere insidiosi contro i lupi mannari, avevano già dimostrato di saper combatterli con efficacia e crudeltà.
Percorremmo il corridoio il più rapidamente possibile, ma la tranquillità durò fin troppo poco: qualunque cosa stesse accadendo sopra le nostre teste doveva essere devastante, perché una parte del muro sopra di noi crollò.
-Attenta!- Vilkas mi spinse avanti e caddi sbattendo i gomiti, e quando mi ripresi dal polverone che si sollevò tra me e Vilkas c'era un muro di pietra.
-Vilkas!- lo chiamai, alzandomi e avvicinandomi alla parete crollata -Stai bene?
-Frana di merda, si può sapere che cazzo sta succedendo lassù?- sì, stava bene -Sei ferita?- mi chiese.
-No.
-Almeno questo.- lo sentii sospirare -Maledizione, proprio adesso!
-Vai a chiamare gli altri.- gli dissi io, attenta a non toccare nessuna pietra per timore che mi cadesse addosso -Io raggiungo Kodlak.
Per un attimo non ricevetti che il silenzio come risposta, poi la voce del Compagno arrivò, contrita ma decisa.
-Ti raggiungerò subito.
-Lo so che lo farai.- anche se non poteva vedermi, sorrisi alla roccia, indietreggiando -Quando arriverai sarà già tutto finito.- temendo che la paura di rimanere di nuovo sola in quella situazione mi avrebbe bloccata, diedi le spalle alla parete franata e corsi verso la stanza del Precursore, ma non ci arrivai mai.
-Muori, cane!- il cozzare di due lame deviò la mia attenzione verso una stanza più grande, un piccolo dormitorio, dove trovai finalmente Kodlak intento a combattere due avversari, uno doveva essere un Nord data la stazza robusta sotto quell'armatura pesante, mentre il secondo era un Imperiale mingherlino ma anche agile, e schivava tutti gli affondi del Precursore per poi attaccare quando l'uomo era impegnato ad affrontare il gigantesco compagno. Ai loro piedi c'erano tre cadaveri.
L'uomo presentava ferite di diverse entità: tagli sul volto, le braccia, lividi di diversa gravità ed ammaccature sull'armatura che indossava, ma la sua lotta rimaneva serrata e feroce, tanto da riuscire a tener testa a quei due infidi avversari.
-Figli di puttana!- scagliai una freccia che, rapida e letale, colpì il Nord alla spalla, facendolo urlare.
Kodlak ne approfittò per entrare nella sua guardia e menare un fendente che gli fece perdere una gran quantità di sangue e cadere a terra, immobile.
-Bastardo!- gracchiò l'Imperiale con voce terrorizzata, ma la mia seconda freccia lo fece tacere con uno squittio patetico e terrorizzato quando questa lo mancò di un pollice circa.
-Non ti muovere.- lo avvertii, venendo avanti con l'arco teso e l'ultima freccia rimasta già incoccata.
-Iris...- sorrisi al mio Precursore, gettandogli un'occhiata rapida che subito si spostò sull'ultimo avversario rimasto -Ce l'hai fatta.
-È tutto nella bisaccia, Kodlak.- dopo aver annuito, il Precursore si fece avanti, spingendo invece l'altro ad indietreggiare fino alla parete.
Aveva ancora la spada in mano, ma sembrava non aver la minima idea di cosa farne mentre la sagoma possente di Kodlak, a cui lasciai spazio indietreggiando sempre con l'arco puntato, si avvicinava a lui.
-F-fermo, non mi uccidere! N-non mi uccidere!- urlò, e pochi secondi dopo un odore pungente mi arrivò alle narici, facendomi storcere il naso: l'uomo si era urinato addosso.
-Guarda, getto la spada! La getto!- continuò quello lasciando la presa sull'arma e scivolando a terra.
-Ti sto offrendo la possibilità di morire con la tua arma in pugno e tu la getti via così?- gli chiese invece il Nord, con un tono a metà tra l'incredulo e il disgustato, poi sollevò l'arma pronto a colpire.
-T-ti p-prego...
-Io non lo farei...se...fossi in te!- mi sentii afferrare da dietro e gridai di sorpresa mentre perdevo la presa sull'arco.
Sia Kodlak che l'Imperiale si girarono verso il Nord che mi aveva presa in ostaggio approfittando della nostra distrazione. Il suo pugnale di fattura orchesca era puntato contro la pelle della mia gola, mentre l'altra mano mi circondava la vita, stringendomi a sé in maniera quasi dolorosa,nel tentativo di usarmi come merce di scambio o scudo in caso Kodlak non si fosse posto problemi ad uccidere lo stesso il nostro nemico.
Vidi il Precursore spalancare gli occhi, mentre la sua arma tornava a calare fino a sfiorare il pavimento con la punta della lama.
-Ti credevo morto.- disse.
-C-ci siete andati...vicino.- ammise quello, nonostante il tono volesse essere arrogante era possibile percepire la paura di un'azione disperata -Ma sfortunatamente, per voi si intende, ho la pelle dura.- fece una pausa -Facciamo così.- chiusi gli occhi quando lo sentii tossire, quando un po' di sangue colò lungo il mio volto, sangue non mio -A-desso...tu getti la spada. E lasci andare il mio compare...e io non la uccido.
-Kodlak non farlo!- gridai d'istinto, e la lama si spinse ancora di più contro la mia gola, costringendomi a tacere.
-Zitta!- mi intimò l'uomo, poi tornò a guardare l'anziano licantropo che, ancora immobile e con la spada in pugno, sembrava voler uccidere con lo sguardo quell'animale che mi teneva in suo potere -Allora?
Non potendo parlare, continuai a guardare Kodlak, a supplicarlo con gli occhi di non cedere: sebbene la paura mi facesse tremare e sudare freddo in quell'inferno di sangue, ero consapevole che non era un ricatto a cui valeva la pena di cedere, la mia vita in cambio di quella di due nostri nemici, gli stessi che avevano ucciso Skjor ed avrebbero continuato a terrorizzare le zone circostanti non era un prezzo equo.
Vedendolo esitante, il Nord lo incalzò.
-Dovresti sentire come trema...vuoi davvero che questa bella fanciulla muoia?- chiusi gli occhi, vergognandomi come un cane della paura che, sì, mi faceva tremare come una bambina infreddolita.
Vivere con i Compagni significava dover mettere la morte in conto costantemente, erano i rischi del mestiere, ma nei racconti, nella mia testa, la morte doveva essere qualcosa si onorevole, come morire in battaglia o per proteggere qualcuno a te caro, e non con la gola aperta come un capretto. Lo squallore di una morte così improvvisa e poco onorevole gareggiava in me con la paura stessa, che sembrava alitarmi sul collo al pari del Mano d'Argento che mi teneva, ora stringendo forte la presa sul mio fianco, affondando in maniera spasmodica le dita nella carne. Gemetti.
-Allora?- a quanto pare doveva aver perso la pazienza, perché il freddo della lama si fece più pressante, più pericoloso -C-che facciamo?
-Va bene.- spalancai gli occhi arrossati per guardare il vecchio Biancomanto che, in tutta la sua dignità, lasciò cadere l'arma a terra e diede le spalle all'Imperiale.
-Kodlak...- mormorai, stringendo i pugni per la frustrazione.
Involontariamente, avevo fatto in modo che il Precursore venisse costretto alla resa, dov'erano gli altri, accidenti?!
-Bravo. Sei un vecchio con cui si può ancora ragionare, vedo.- tuttavia, nonostante la lama si fosse allontanata dalla mia gola, il bandito non mi lasciò andare né allentò la presa intorno alla mia vita.
-Ho mantenuto la parola. Lascia andare la fanciulla.- disse infatti Kodlak al Nord, ma quello, ignorando il tremore dei suoi muscoli a pezzi, mi strinse ancora più a sé.
-Lasciami!- esclamai, gettandogli un'occhiata furiosa e disgustata
-Quanta fretta, vecchio!- tornai a guardare la mia guida, il mio maestro, e mi accorsi con orrore che, alle sue spalle, l'Imperiale si era alzato ed aveva sollevato la spada per colpire -Non abbiamo finito.
-KODLAK ATTEN...!- urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, ma le mie parole non giunsero mai alle sue orecchie.
Un attimo prima gli occhi azzurri di Kodlak mi guardavano, preoccupati ma anche pieni di forza e speranza, e l'attimo dopo la sua testa veniva staccata dal corpo, iniziando a cadere.
Il mondo si fermò. La voce mi morì in gola, ed una terribile sensazione di arido mi riempì la bocca e lo sterno, un gelo che altro non era che la quiete forzata prima della tempesta. Non me ne rendevo conto, semplicemente assistevo ad una scena che non riuscivo a capire, che non riuscivo ad accettare.
Fu solo con il tonfo della sua testa sul pavimento che mi riscossi. Ed il dolore arrivò tutto insieme, con la rabbia e la disperazione di un momento già vissuto che ero stata costretta a rievocare.
-NO!- urlai con tutta l'aria che avevo nei polmoni -NO! NO! KODLAK!- persi forza sulle gambe, e sarei sicuramente caduta se il Nord non mi avesse trattenuta.
-Sta' buona!- mi intimò con tono affaticato ma soddisfatto -Ora di sicuro non sente più nulla.
-Sei stato fenomenale.- sentii dire l'Imperiale, e chinai la testa, cercando di sfogare in qualche modo il nodo allo stomaco che si era fatto pesante, soffocante, che non mi permetteva di respirare bene.
Dovevo liberarmi di tutto quel dolore, dovevo liberarmi di tutta quella disperazione, ma non ci riuscivo. Ero come bloccata, paralizzata dal dolore e dall'incredulità da quella testa mozzata, che ancora mi guardava con gli occhi aperti.
Aperti come i suoi.
-Un colpo preciso.- sobbalzai nell'udire quelle parole, quel tono così...scherzoso.
Chissà quante volte lo avevamo usato noi dopo aver ucciso dei banditi...eppure in quel momento mi parve la cosa più brutta che potessi udire, ed una sensazione di furia iniziò a farsi largo in me.
Smisi di agitarmi, e chiusi gli occhi.
-Che c'è, ti sei stancata?- mi chiese ironico il mio carceriere, e vedendo che non rispondevo mi scosse e mi costrinse a tirarmi di nuovo in piedi -Ti ho fatto una domanda, stronzetta. Rispon...- gli pestai ferocemente il piede, all'improvviso, e lui colto di sorpresa mi lasciò andare, poi estrassi il pugnale che avevo alla cintura e con un grido di rabbia affondai la lama nella fronte, accompagnata dal terribile rumore della cartilagine che si rompeva quasi placida al ferro della mia arma.
Il Nord cadde a terra con un gemito, senza nemmeno accorgersene.
-No, maledetta!- non ancora soddisfatta, con i muscoli che tremavano in preda all'adrenalina e la furia, girai il viso verso l'ultimo Mano D'Argento rimasto, che si fermò di scatto, terrorizzato.
E solo in quel momento realizzai che era stato lui, quell'omuncolo insulso dai capelli scuri, ad aver ucciso Kodlak.
Mi girai a guardarlo lentamente, come se non avessi fretta.
-Chi sei?- mi chiese, balbettando.
Non capii perché me lo chiese, ma non mi interessava, sempre molto lentamente mossi i primi passi verso di lui, il pugnale ancora in mano e la lama sporca di sangue e resti di osso e cervello.
-S-tammi lontana!
-Lo hai ucciso.- non riconobbi la mia voce, roca e terribile, sembrava che non l'avessi usata per anni -Hai ucciso Kodlak...
-Ferma!
-LO HAI UCCISO!- la falsa calma che mostravo si ruppe in mille pezzi come una maschera di vetro, e prima che il mio avversario potesse anche solo sollevare l'arma mi gettai addosso a lui e lo buttai a terra, poi sollevai il pugnale con entrambe le mani ed affondai di nuovo, stavolta all'altezza del ventre.
A differenza del compagno, sotto i miei colpi l'Imperiale urlò, si dimenò, addirittura pianse, chiese pietà, chiese grazia, ma io non avevo pietà per nessuno, e pian piano il pianto si fece gemito, e il gemito si fece silenzio.
L'assassino di Kodlak era morto, ma io non ero ancora soddisfatta.
-Dove vai?- gli chiesi, continuando a gridare, ad affondare sul suo corpo martoriato, sporcandomi di rosso.
Nei suoi occhi vuoti il volto che mi restituì lo sguardo non era il mio, ma quello di una bestia distrutta dal dolore, che voleva la sofferenza di quel bastardo morto troppo presto.
-Non è abbastanza!- il braccio iniziava a farmi male, ma lo ignorai -Non è abbastanza!-affondai di nuovo, oramai sorda ai rumori, agli odori sgradevoli del corpo, alle lacrime che continuavano a rigarmi il volto -Torna indietro! Sei morto troppo presto, accidenti! Troppo presto!- non udii la parete crollata che veniva buttata giù, né le voci degli altri che mi raggiunsero.
-Iris!- mi accorsi di loro solo quando oramai erano sull'uscio della porta, avanti a tutti Vilkas, l'unico a non essere trasformato, seguito da Aela e Farkas in forma ferale.
Li vidi e capii che li conoscevo, ma non li riconobbi. Dovevo solo chiarire...chiarire che non era colpa mia.
-Non sono stata io...- mormorai, fissandoli gli occhi spalancati, ottenendo solo il silenzio -Non sono stata io.- ripetei, più sicura e convinta, e il breve senso di smarrimento che era arrivato nel sentirmi chiamare, sparì per essere sostituito da quella furia autodistruttiva -È stato lui, lui!- e ripresi ad infierire, ogni colpo che andava a fondo non era mai abbastanza e ne esigevo subito un altro, la vendetta che era in me lo esigeva, ed io l'accontentavo, lasciandomi trascinare in quel falso appagamento che credevo mi nutrisse quando in realtà mi lasciava più vuota di prima -Troppo presto! È morto troppo presto!
-Smettila adesso!- sentii la presa della mano di Vilkas sul polso, quello che stringeva il pugnale, ma io non volevo essere fermata.
-Lasciami!- gridai, cercando di liberarmi -Lasciami, deve pagare!
-Posa questo cazzo di pugnale, accidenti!
-No!
-POSALO!- applicò una dolorosa pressione sul polso, costringendomi a lasciare l'arma che cadde a terra con un tonfo sordo e terribilmente forte alle mie orecchie.
-Lasciami Vilkas, lasciami!- continuai ad agitarmi, ma il Compagno mi afferrò anche l'altro polso, costringendomi ad allontanarmi dal cadavere martoriato che giaceva a terra in una posa innaturale -Non ho finito!
-Invece sì, hai finito.
-No!- mi agitavo senza posa, senza tregua -Lasciami, accidenti! Deve morire!
-È già morto!
-Non abbastanza tardi! Devo...devo fare giustizia!
-Falla finita, ho dett...!- il suo tono rabbioso mi mandò il sangue alla testa e, liberando un polso, lo colpii con tutta la forza che avevo sulla guancia, lasciandolo basito.
Come poteva non capire che Kodlak era morto per colpa sua? Che la sua testa giaceva in quell'angolo sudicio per colpa di quel bastardo? E come potevo, io, non capire che quel rimarcare la colpa dell'Imperiale altro non era che un modo per non pensare al fatto che, in verità, credevo fosse colpa mia?
Perché se avessi dato il colpo di grazia a quel Nord, se avessi puntato alla testa invece che alla spalla, o semplicemente se fossi stata più attenta, non sarei stata usata come ricatto e Kodlak avrebbe già ucciso entrambi.
A quest'ora tutto avrebbe potuto essere finito, Jorrvaskr avrebbe festeggiato la sua vittoria e Kodlak avrebbe stretto tra le mani la testa della strega, la sua cura.
Ma non lo avrebbe fatto.
Kodlak Biancomanto era morto, e la sua anima non avrebbe potuto essere curata.
Kodlak Biancomanto era morto, e avrebbe passato l'eternità imprigionato nei campi di Hircine.
Kodlak Biancomarto era morto, e la sua testa mozzata mi fissava con un'espressione di vuota sorpresa, proprio come quella di mio padre.
Vilkas mi lasciò andare, negli occhi una furia ed una delusione che sembrava contenere a stento. Il ringhio che gli uscì dalle labbra mi fece indietreggiare, spaventata.
Non volevo schiaffeggiarlo, non volevo fargli del male. Provai a spiegargli cosa aveva scaturito in me quella reazione, ma non ci riuscii.
-Anche lui...come lui.- mormorai e finalmente scoppiai a piangere, lasciandomi cadere di peso a terra -Come lui...- ripetei, continuando a singhiozzare.
Mi abbandonai sul pavimento, i pugni che battevano a terra alla ricerca di un sollievo che non arrivava ma che, anzi, continuava a fuggire.
Alzai di nuovo gli occhi, ma non cercai Vilkas, non cercai i miei Fratelli di Scudo, cercai Kodlak, il suo sguardo, credendo per un attimo che fosse solo un brutto sogno, che in realtà lui era ancora lì e mi avrebbe rassicurata...
Per questo, quando incrociai di nuovo quegli occhi privi di vita, i miei nervi non ressero e caddi a terra, ancora sveglia, ma impossibilitata a muovermi.
Sentivo Vilkas chiamarmi, gli altri agitarsi e tornare alla loro forma umana, li vedevo ma non capivo, non realizzavo, nella mia mente c'era, assordante, il rumore della spada tra le mani del boia.

-No! No fermi! Fermi!- tenta di agitarsi, ma il soldato la tiene ferma -Vi prego non fatelo.
-Zitta!- la strattona forte, e geme, un gemito di rabbia e dolore, l'ufficiale si è difeso fin troppo bene, ma lei era armata solo di pugnale, dopotutto.
Ma questo non cambia niente.
Lei ha perso. E suo padre è tenuto in ginocchio da due soldati Imperiali mentre un terzo gli si avvicina.
-Iansen!- i movimenti di Sameera sembrano così deboli, quasi finti, rispetto al suo agitarsi quasi selvaggio, che ad occhio esterno ricorda quelle piccole volpi intrappolate nelle sue reti.
Sì, si agitano molto, ma alla fine è sempre stata la lama a trionfare.
-Vi prego, si tratta di un errore! Noi...
-No, Sameera, nessun errore.- la voce piatta, vuota quasi, del Nord ha il potere di zittire la moglie e placare la figlia -L'amuleto è mio, e mio soltanto. Sono l'unico a venerare Talos.
-Sai che è contro la legge.
-Quale legge? Non quella dei Nord.- replica secco il biondo.
-Papà ti prego, sta zitto!- non credeva che la sua voce potesse essere così fievole, eppure la gola le fa male...possibile che da un tale sforzo di muscoli possa nascere solo un pigolio come il suo?
-La legge dell'Impero.
-La legge dei Thalmor.- per un attimo boia e vittima si guardano, e il contatto visivo viene rotto solo da uno dei due aguzzini, che con un movimento secco costringe il Nord a chinare la testa.
-Giù, contadino. È ora di pagare.- si guarda intorno, disperata, come se aspettasse che qualcuno intervenga, che salvi suo padre, che salvi la situazione che va degenerando.
La lama si alza.
Ma non accadrà, non può accadere.
Il soldato tiene gli occhi fissi sul collo dell'uomo, lo stesso dove dondola, abbandonato a sé stesso, l'Amuleto di Talos.
Ma ora si risolve tutto...
La lama cala con un unico movimento ed i suoi occhi verdi incrociano quelli della figlia, in un ultimo saluto.
Non...
Un tonfo.
E quegli occhi verdi la guardano ancora, ma privi della forza che ha sempre regnato in essi. Privi della vita stessa.


Persi i sensi.



Note dell'Autrice
Sì, esatto. Alla fine anche il povero Kodlak ha tirato le cuoia, il suo Destino era già segnato all'inizio della storia xD Ma come potete vedere le cose vanno diversamente, insomma, un personaggio come Kodlak che muore in maniera così...banale.
No Bethesda, no, non ci siamo...
Insomma, nient'altro da dire.
Preparatevi, il prossimo capitolo sarà altrettanto movimentato :D|
Lady Iris

Edited by Lady Iris - 13/5/2013, 12:15
 
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Lady Iris
view post Posted on 16/5/2013, 13:41




inserito Banner della storia nella prima pagina^^
 
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Ryuk-Snepsi
view post Posted on 16/5/2013, 14:01




Maledizione, speravo in un nuovo capitolo :quellapianginadidawson: comunque perchè nel banner c'è scritto Lady Phoenix!?
 
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Lady Iris
view post Posted on 16/5/2013, 14:09




Sono Lady Phoenix su EFP, e la ragazza me l'ha fatta col mio nick di EFP^^
per il nuovo capitolo dovrai aspettare la prossima settimana xD
 
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Lady Iris
view post Posted on 20/5/2013, 18:05




Chapter XII
Self-distructive desire



Il funerale di Kodlak ci fu due giorni dopo l'attacco.
Per fortuna, oltre a lui non c'erano state altre vittime: Athis infatti, nonostante fosse ancora debole e dovesse sedersi spesso, si stava già riprendendo e Torvar credo potesse essere ucciso semplicemente privandolo dell'idromele.
Per quanto riguarda me, ero semplicemente vuota. Restai a letto per tutto il giorno seguente, non tanto per le ferite sul mio corpo tanto quelle dell'anima. Non mangiai né bevvi niente. Tutto quello che volevo era essere lasciata in pace. E l'animo degli altri doveva essere abbattuto quanto il mio dato che nessuno cercò di convincermi ad uscire da questo stato di apatia.
Gliene fui grata.
Ma il giorno dopo Vilkas entrò nella mia stanza scuro in viso e con tono piatto mi comunicò che i funerali di Kodlak sarebbero stati allestiti per la mattina stessa. Non potevo non partecipare perciò, nonostante fossi a pezzi, nonostante avessi gli occhi rossi e gonfi a forza di versare lacrime silenziose, nonostante volessi sprofondare nella terra, mi imposi di farmi coraggio e mi alzai quando oramai il licantropo aveva già lasciato la stanza.
Come avevo fatto tutte le mattine da quando ero a Jorrvaskr, mi alzai e mi diressi verso la bacinella dell'acqua, riempiendola con quella che trovai nel fiasco, specchiandomici dentro: di chi erano quegli occhi rossi? Di chi era quell'aspetto tetro e pessimo? Di chi era quello sguardo spento?
Fu quasi con sorpresa che mi accorsi che, quella donna che ricambiava la mia espressione triste, ero io.
Tirai su con il naso una volta, poi mi lavai il viso.
La spalla era stata medicata, ma non ho mai saputo da chi, non me ne importava nulla.
Feci tutto meccanicamente e mi ritrovai vestita senza nemmeno rendermene conto, già in cammino verso la Forgia Celeste, dove gli altri si erano già radunati: il corpo di Kodlak era stato adagiato su di una pira che Aela, con una torcia in mano, avrebbe acceso per celebrare un vero funerale Nord, come lui avrebbe voluto, e la sua testa era stata adagiata o ricucita all'altezza del collo, da dove mi trovavo non riuscivo a capirlo e non ci provai nemmeno. Abbassai lo sguardo rapidamente, temevo di incrociare di nuovo i suoi occhi spalancati nonostante avessero avuto la gentilezza di chiuderli.
Al funerale c'erano i Compagni al completo, ma non solo: Kodlak era conosciuto e soprattutto molto amato in città, e vidi qualche sacerdote del tempio di Kynareth, persino il predicatore matto di Talos che tormentava Witherun che, in un silenzio fin troppo strano per lui aspettava, quasi solenne.
Approfittai di quel momento di silenzio per studiare i volti dei miei Fratelli di Scudo: Aela era seria, impassibile come sempre nel suo nascondere il dolore che due perdite importanti le avevano arrecato; Farkas stava zitto, le grandi spalle ricurve e la bocca spiegata all'ingiù; Eorlund Mantogrigio teneva gli occhi fissi sul corpo del Precursore defunto, c'era una tale dignità nel suo dolore da mettere i brividi; e Vilkas...
Cercai il suo sguardo, ma non lo trovai: i suoi occhi guardavo il vuoto, non vedevano Kodlak, non vedevano la Forgia Celeste, andavano oltre, a cercare la vendetta, a cercare i pochi bastardi sopravvissuti alla battaglia, ad ucciderli tutti.
E quando avevo provato ad avvicinarmi a lui, poco prima, mi aveva respinta con un'aura di gelo che, da quando era iniziata la nostra relazione, credevo avesse rimosso per sempre da me.
Il mio egoismo mi faceva notare, maligno, che la persona per me più importante mi teneva lontana nel momento del bisogno, ma l'altra parte di me capiva il suo bisogno di solitudine e non riuscivo ad arrabbiarmi con lui del tutto, soprattutto dopo quello schiaffo che gli avevo rifilato, ricco di una rabbia ed un rancore che non dovevano essere rivolti a lui come invece era accaduto.
-Chi comincia?- anche adesso ci fu silenzio, un silenzio che ruppi io.
-Lo farò io.- continuai a guardare avanti, ma sentii gli occhi di tutti puntati su di me.
Potevo sentire il disappunto di alcuni contro la solidarietà di altri: perché io ero il Compagno più giovane, ero l'ultima arrivata, eppure ero la stessa persona che aveva ucciso la Strega di Glenmoril, che aveva ottenuto la cura per la licantropia e, soprattutto, ero quella presente al momento della morte di Kodlak.
Ne avevo diritto? Non lo sapevo e tutt'ora me lo chiedo, ma nessuno me lo impedì e cominciai il rituale.
-Davanti all'antica fiamma- pausa -siamo abbattuti.- le due ultime parole si persero insieme a quelle degli altri Compagni, poi tacqui per lasciare parola al silenzioso fabbro di Jorrvaskr.
-Per questa perdita...
-...piangiamo.- di nuovo il coro rispose.
-Per i Caduti...
-...urliamo.- Vilkas pronunciò la frase del rituale con apparente calma, ma tutti noi lo conoscevamo anche troppo bene.
Quella che agli estranei era parso un tono ricco di dolore ma anche sicuro, tranquillo, a noi Compagni parve più la quiete prima della tempesta.
-E per noi...- la voce tonante di Farkas contrastava con la sua espressione da bambinone triste.
-...prendiamo commiato.- sì, prendiamo commiato.
Quello era l'ultimo saluto dei Compagni al loro grande Precursore, era il mio ultimo saluto all'uomo che mi aveva salvato la vita, che mi aveva dato tutto quando non mi era rimasto niente, che mi aveva insegnato più di mille maestri, più di mille accademie.
Aela si avvicinò alla pira e vi avvicinò la torcia. La legna attecchì rapidamente e presto il corpo dell'uomo fu totalmente coperto dal fumo e dalle fiamme.
-Addio, Kodlak...- il mio sussurro si perse nei piccoli fiocchi di cenere che iniziarono a danzare subito nell'aria, e fu con fatica che distolsi lo sguardo da quella figura che non avrei più rivisto per spostarlo sulla cacciatrice.
-Il suo spirito se n'è andato.- fece una pausa brevissima, un battito di ciglia -Membri del Circolo, riuniamoci alla Forgia Terrena per piangere un'ultima volta insieme.- e con quelle parole la cerimonia fu conclusa e i membri del Circolo si ritirarono.
-Vilkas...- chiamai il Nord, ma quello mi sorpassò come se non avessi parlato, come se non fossi stata lì.
Ed io tacqui, immobile, mentre lui passava oltre seguito da Farkas e Aela, con cui si diresse verso la Forgia Terrena, abbassando lo sguardo solo una volta che fui sicura di essere sola. Tremavo di rabbia, e la voglia di piangere tornò pressante, facendomi lacrimare gli occhi.
Ma io ero già stufa di piangere.
Un guaire attirò la mia attenzione, e solo allora notai il vecchio Ysgramor seduto vicino alla pira funeraria del Precursore: il pelo era arruffato e l'orecchio destro privo di una parte, segno che doveva aver combattuto anche lui, ma a parte le ferite sembrava star bene fisicamente. Erano gli occhi neri a trasmettere tristezza, senza barriere o specchi, occhi terribilmente espressivi nel loro dolore.
Mi avvicinai al cane e mi sedetti accanto a lui, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, poi la mano destra si sollevò per fare due carezze a quel vecchio compagno di mille avventure che dava l'ultimo saluto al suo padrone.
-Ti manca già, eh?- sussurrai, e Ysgramor appoggiò il suo testone spelacchiato sul mio braccio, guardandomi come a dare conferma -Anche a me.- abbracciai la bestiola come fosse il mio migliore amico e restai lì, con lui, finché le fiamme non divorarono tutto, lasciando solo cenere e ciocchi bruciacchiati.

Il crepuscolo arrivò.
Avevo passato l'intera giornata lì alla Forgia Celeste, con Ysgramor come unica compagnia, ma alla fine dovetti alzarmi. Ysgramor si stiracchiò le vecchie ossa per poi allontanarsi non appena lo sciolsi dall'abbraccio, così scesi da sola le scale e rientrai a Jorrvaskr.
I membri del Circolo erano ancora chiusi nella Forgia Terrena, ma gli altri Compagni sedevano lungo la tavolata. Il clima era triste e silenzioso, niente a che vedere con il caos che solitamente regnava lì, e mi sentii di nuovo soffocare.
-Ehi.- mi sentii chiamare e vidi Njada venirmi incontro con la mia bisaccia in mano.
Njada non era di certo la mia preferita tra i Compagni: era una Nord dai capelli biondi, dalla lingua pungente e soprattutto dal destro potente. I primi giorni era stata un'ottima avversaria per quelle piccole risse tanto comuni tra i Compagni, ma non ci parlavamo molto, i nostri caratteri focosi ed il suo sarcasmo finivano sempre per farci litigare e non sempre in maniera pacifica. Perciò mi stupii quando la vidi.
-Cosa vuoi?- le chiesi, con tono secco anche se privo di cattiveria, e la vidi alzare un sopracciglio chiaro per guardarmi dai suoi quindici centimetri in più mentre mi porgeva la borsa.
-L'ho trovata a terra, probabilmente uno di quegli esaltati ha rubato il cavallo con cui sei arrivata.- un moto di rabbia mi fece stringere i pugni, ma presto l'attenzione cadde su quella dannata borsa e soprattutto sul suo contenuto.
La presi e la aprii: la testa sembrava essere ancora al suo posto, ma iniziava a puzzare e dovetti sbrigarmi a richiuderla per non sentire quel tanfo terribile.
-L'hai aperta?- chiesi alla bionda, tornando a guardarla, e quella scosse la testa.
-No, ma puzza. Non ti chiederò cosa c'è dentro, spero solo che tu sappia quello che fai, non abbiamo bisogno di altri guai.- lo sguardo che le gettai finì per farle abbassare il proprio, e fu solo allora che mi misi la bisaccia a tracolla.
-Era un lavoro per Kodlak, ma oramai non ha più importanza.- sospirai -C'è altro?
-No.
-Bene...- la vidi iniziare ad allontanarsi, prima di richiamarla -Grazie. Per averla recuperata.- un cenno del capo fu tutto quello che ottenni da lei prima che ci separassimo.
La sala aveva già acquistato un aspetto migliore sebbene ci fosse ancora qualche sedia rotta ed i resti di carbone bruciato sul pavimento, e forse per distrarmi, cercai di sistemare più che potei, finché non tornai a sedermi accanto al fuoco con i miei ricordi, nella mia immobilità.
Quando finalmente Vilkas, Farkas ed Aela rientrarono era notte fonda, e fu la cacciatrice a notarmi per prima.
-Sei ancora in piedi?- mi chiese, ed io alzai le spalle senza guardarla così come non guardai i gemelli.
-Sono stata a letto tutto il giorno, ieri.- continuai a fissare il fuoco -Athis mi ha detto che c'è un prigioniero.- aggiunsi dopo una pausa mentre ripensavo alle parole dell'elfo scuro.
Un Mano d'Argento era sopravvissuto ed era stato messo sotto chiave, forse nella speranza di ottenere qualche informazione, ma non sapevo altro.
-C'era un prigioniero.- mi corresse Vilkas, mentre Farkas se ne stava in silenzio, quel gigantone dalle spalle incurvate aveva in qualche modo il potere di scatenare una certa tenerezza -Non avevamo più bisogno di lui.
-Sapete dove sono gli altri?
-Non ti riguarda.- finalmente mi voltai a guardarlo, ma quando parlai non gli urlai addosso, né lo guardai male.
-Perché non dovrebbe?
-Infatti, perché no?- tutti guardammo Aela, che ignorando me e Farkas si girò ad affrontare gli occhi furiosi di Vilkas -Siamo solo in tre.
-Non può aiutarci nelle condizioni in cui è adesso.- mi alzai senza pulirmi la fuliggine che mi sporcava le mani e mi diressi verso di loro.
-Sto benissimo.- sibilai -E voglio sapere dove sono.- strinsi i pugni -Se sapete dove si trovano voglio venire a combattere con voi.
-Assolutamente no.- l'insofferenza tornò a farsi largo in me, improvvisa come una puntura d'ape.
-Perché?
-Perché ti manderemmo a morire inutilmente!- feci per parlare, ma il licantropo mi precedette facendo un passo avanti e sovrastandomi con la nostra differenza di altezza -Sei ferita, sei debole. E soprattutto non hai la forza necessaria per affrontare un piccolo esercito come quello che troveremo. Non abbiamo bisogno di altri morti. Vuoi un'altra fottuta spiegazione oppure ti basta questo? Ti basta sapere che non avresti nessuna possibilità?- il tono si era fatto sempre più insofferente, arrabbiato, così come la sua espressione, espressione che cambiò radicalmente quando aprii bocca.
-A dire il vero...una ne avrei.- sollevai gli occhi, che avevo abbassato quando Vilkas si era fatto avanti -In queste condizioni non posso. Ma se voi...
-No!- di nuovo fu Vilkas ad interrompermi -Non ci pensare nemmeno, ho capito cosa stai pensando. Non te lo permetterò!
-Voglio accettare la licantropia, Vilkas. Mi è stata offerta una volta e ho rifiutato perché non mi sentivo pronta, ma ora lo sono.- a differenza di lui ero calma, preda di quella che, solo adesso, riesco a riconoscere come lucida follia, e per una volta i suoi ringhi sommessi non ebbero il potere di intimidirmi.
Anzi, mi fecero più determinata che mai.
-Sì, certo...sei pronta per la vendetta! Non ti è rimasto niente di quello che ti ha insegnato Kodlak?
-Non parlarmi in questo modo!- lo attaccai, furiosa a quelle parole -Non provare a dire che Kodlak non mi ha lasciato niente! Al contrario, mi ha dato e lasciato moltissimo, ma come voi volete la vostra vendetta, io voglio la mia!- mi accorsi che stavo praticamente urlando, e con fatica abbassai i toni, non volendo coinvolgere tutta Jorrvaskr nella nostra discussione.
Inspirai profondamente e ripresi:
-Ne ho diritto. Ero lì con lui quando...- mi morsi il labbro, poi guardai tutti e tre -quando gli hanno mozzato la testa. È colpa mia, mi aveva presa in ostaggio...- strinsi i pugni -Devo poterlo vendicare insieme a voi. Non avrò pace finché non l'avrò fatta pagare a quei bastardi!- mi fissavano tutti e tre con emozioni differenti: Aela sembrava approvare, Farkas era addolorato e Vilkas era semplicemente furioso.
Mi capiva, probabilmente, ma l'idea che accettassi la bestia lo mandava su tutte le furie e cercava di proteggermi a modo suo dal tormento che affliggeva lui e il fratello da oramai una vita. Tuttavia la scelta spettava a me, a nessun altro.
-È una mia scelta.- aggiunsi infatti, ora guardando solo lui -Voglio unirmi al mondo ferale.
-Non ci sono più streghe a cui tagliare la testa, lo sai?- mi chiese allora Aela.
-Lo so.
-E sai anche che apparterrai a Hircine per tutta la vita e oltre?
-Sì.- non capii come riuscivo a mantenermi così calma, forse era l'idea della vendetta a farmi stare meglio, il pensiero che i pochi sopravvissuti avevano le ore contate, o forse non mi rendevo del tutto conto del vero significato di quelle parole.
Regnò altro silenzio, che venne rotto brutalmente da Vilkas.
-Fa' come ti pare.- disse infatti, guardandomi con aria fredda e altezzosa, come prima di quell'avventura al Tumulo delle Vecchie Glorie, un'occhiata che mi impedì di nascondere il dispiacere che mi causò -Ma non sarò certo io a dannarti l'anima!- detto questo ci diede le spalle ed uscì da Jorrvaskr sbattendo uno dei portoni.
Mi faceva male. Il suo atteggiamento mi feriva come mille pugnali. Io capivo il suo punto di vista, avevamo passato intere notti a parlarne, ma lui sembrava non voler capire il mio e si allontanava da me nel momento in cui avevo più bisogno della sua presenza, del suo affetto. Ma il mio orgoglio mi impedì di fermarlo o di farglielo capire in qualche modo.
L'orgoglio mi ha spesso causato problemi, eppure non sono mai riuscita a rinunciarvi, è parte del mio carattere, come la mia spavalderia inopportuna, così tacqui e non cercai di fermarlo in nessun modo.
Guardai sia Aela che Farkas, ma quest'ultimo scosse la testa.
-Mi dispiace Iris, davvero. Io...credo che hai ragione, ma non posso farlo.- disse, incrociando le braccia muscolose -Non posso fargli questo.- capii che stava parlando di Vilkas ed annuii con la testa, anche se contrariata e anche lui se ne andò, probabilmente alla ricerca del fratello. Lo stesso fratello a cui non avrebbe fatto il torto di trasformare in un lupo mannaro la sua...
La sua cosa, poi? La sua donna? La sua compagna? La sua amante?
Noi eravamo tutto e niente. Ed era proprio quel niente a farmi stare male in quei momenti.
Rimase solo Aela, e quella incrociò le braccia fissandomi con il suo sguardo indecifrabile e profondo.
-La voglia di vendetta potrebbe oscurare il tuo giudizio.- disse, ed io sentii lo stomaco stringersi, temendo che si sarebbe rifiutata anche lei di trasformarmi -E questo non è una decisione che va presa alla leggera.- sospirò -Ma non posso negarti questa possibilità. Non spetta a me decidere. Sei sicura?- era vero.
La vendetta oscurava la mia capacità di giudizio, ma non me ne rendevo conto: non c'era più Kodlak a farmi da cura, la mia cura era morta con lui, ed oramai il veleno che mi aizzava contro i Mano d'Argento, gli stessi Mano d'Argento che avevano ucciso Skjor, scorreva libero nel mio corpo.
Doveva uscire, o sarei impazzita.
-Sì. Sono sicura.- Aela mi conosceva bene, molto, e sapeva cosa stava succedendo in me, ma come aveva detto ero libera di decidere se accogliere lo spirito ferale o meno e dovevo farlo da sola.
Non sarei tornata indietro e lo sapeva, così come lo sapevo io.
-Alla Forgia Terrena, tra un'ora.- fortunatamente se ne andò subito e non dovetti risponderle, perché non ero sicura che sarei riuscita a parlare, non con la gola così secca.

Non feci fatica a trovare l'ingresso per la Forgia Terrena, e quando entrai non mi stupii nemmeno di vedere Aela in forma ferale. Avevo già vissuto quel momento, anche se il mio stato d'animo non avrebbe potuto essere più diverso: la confusione e la curiosità provate la prima volta erano sparite per lasciare spazio ad una determinazione disperata e non osavo farmi troppe domande per non rischiare di tornare sui miei passi.
Ora vedevo la licantropia come una potenza dal prezzo alto: dal momento in cui il rituale si sarebbe concluso, la mia anima sarebbe appartenuta ad Hircine e non avrei mai avuto la possibilità di accedere a Sovnegarde, il paradiso dei Nord, inoltre il sangue mi vincolava a sé, da ora in poi sarebbe stata la mia ossessione e la mia fobia, la mia forza e la mia più grande debolezza.
Potevo ancora tornare indietro e lasciare che fossero Vilkas e gli altri a vendicare Kodlak, ma se avessi permesso alla mia paura di vincere me ne sarei pentita per tutta la vita, e scossi la testa per scacciare quello che mi parve un pensiero ridicolo.
La bacinella che sitrovava al centro della stanza era sporca e conteneva un po' di sangue che riconobbi come quello di Aela dato che la licantropa perdeva sangue dal braccio, e non ci misi molto a capire che avrei dovuto berlo.
Alla sola idea dovetti deglutire per reprimere un conato che minacciava di risalire lungo lo stomaco.
Feci qualche passo avanti fino a specchiarmi in quella pozza rossa. Essa mi restituì un viso che studiai con distaccato interesse come fosse il volto di qualcun altro: sguardo devastato, stanco e dagli occhi arrossati, occhi carichi di rabbia e dolore, mentre la bocca era piegata in una smorfia che, ancora oggi, non so bene di preciso cosa volesse esprimere.
Forse paura, forse rimpianto, forse senso di colpa: paura perché stavo per affrontare un grande cambiamento di cui non conoscevo del tutto le conseguenze, rimpianto perché la mia umanità se ne stava andando e sarei stata proprietà di un daedra capriccioso per l'eternità, senso di colpa perché, accettando la bestia, stavo infrangendo una tacita promessa che avevo fatto a Vilkas e Kodlak.
Ciò che stavo facendo era sbagliato, profondamente sbagliato, potevo immaginarmi fin troppo bene lo sguardo deluso del Precursore se avesse saputo, ma mi dissi che era proprio per lui che lo stavo facendo, così intinsi la mano nella bacinella e quando ritirai le dita sporche di sangue, esso si mischiò alle lacrime che non riuscii più a trattenere.
Perché se prima una parte di me bramava la bestia, ora quella stessa parte mi stava pregando di fare marcia indietro e tornare in me, e seppi di non essere pronta, di non volerlo davvero.
Ma non lo feci.
-Lo faccio per lui...- pensai mentre, singhiozzando ad occhi chiusi per non guardare Aela né il suo sguardo tagliente, avvicinavo la mano alla bocca -Lo faccio per Kodlak.
Il sangue era appiccicoso e da vicino emanava un certo odore di ruggine, ma ignorando gli improvvisi crampi allo stomaco mi feci forza, leccai via il sangue dalla mano e lo inghiottii.
Non potevo più tornare indietro.
Riaprii gli occhi e guardai Aela, che per tutto il tempo non aveva smesso di guardarmi con i suoi occhi da lupa. E fu allora che iniziò tutto.
Una scossa mi pervase il corpo, cogliendomi di sorpresa, e subito dopo fitte di dolore tremendo iniziarono a martellare la testa e soprattutto lo sterno, che pareva dovesse spezzarsi sotto la pressione di una forza invisibile che andava crescendo all'interno del mio corpo, oramai incontenibile.
-Ah...ah!- non riuscii a fare altro che boccheggiare mentre le fitte si facevano sempre più forti ed il battito del mio cuore accelerava per la paura, le gambe non ressero più il mio peso e dovetti appoggiarmi a quella specie di bacinella di pietra per non cadere, artigliando la pietra con le braccia tremanti.
-A...aela!- gracchiai, alzando lo sguardo.
Davanti ai miei tremori, alle fitte ed al sudore che mi riempiva il corpo, la cacciatrice era impassibile nella sua forma ferale, sembrava una cosa normale per lei, ma non per me.
-C-che...che succed...AH!- un'altra fitta più forte ed un rivolo di saliva iniziò a colare a lato della mia bocca mentre il dolore si faceva sempre più lancinante, sempre più incontenibile, respiravo con affanno, ma ogni respiro mi sembrava insufficiente e ne volevo subito un altro. Fu con orrore che mi accorsi di riuscire ad incanalare sempre meno aria nei polmoni ogni volta.
-CHE MI SUCCEDE?!- gridare era stata una pessima idea, il dolore allo sterno aumentò e caddi a terra gridando -Ai...utami!- esclamai rivolta ad Aela, ero sempre più terrorizzata, ma la mia Sorella di Scudo non si mosse, né si lasciò impietosire dal pallore del mio volto.
Cercai di alzarmi, e fu solo dopo parecchi tentativi che mi riuscii ad appoggiare di nuovo a quella bacinella dannata, mentre la vista iniziava a calare insieme al respiro.
Non riuscivo più ad immettere aria, ed ebbi paura.
-Non...c-ce la...faccio.- sussurrai, poi tossii, dovevo essere patetica mentre lottavo in quel modo contro la bestia che prendeva possesso di me, con i miei movimenti sconnessi e la bava alla bocca, ma in quel momento non riuscii a tenere onorevolmente il dolore, non ero preparata a tutto questo...e, intanto, il mondo iniziava a farsi lontano e scuro.
Caddi a terra, le fitte di dolore divennero convulsioni e portai con me un antico scudo di ferro che risuonò come una frana per le mie orecchie tappate: prima di perdere del tutto conoscenza riuscii a specchiarmi in quel metallo e vidi che i miei occhi non erano più verdi, ma gialli come quelli degli uomini lupo.

Energia. Vita . Furore.
Questo scorre nelle sue vene, nei suoi muscoli pompati.
E la trasformazione ha inizio: le ossa dolgono terribilmente, le sente crescere con scatti rabbiosi ed improvvisi, quasi avessero fretta, e la pelle ed i muscoli non possono fare altro che adeguarsi, tirandosi per permettere all'osso di restare al loro interno, tirandosi a tal punto che lei crede possano strapparsi.
Ed un ringhio di dolore si infrange contro le sue labbra, labbra che morde ferocemente con i denti...anche se più che denti, quelle oramai sono zanne tanto sono lunghe ed appuntite. Le fanno male mentre crescono forando la gengiva e ringhia di nuovo, un ringhio che non ha niente a che vedere con l'uomo, è del tutto animalesco.
Si china a quattro zampe mentre un nuovo dolore alla base della schiena accoglie la crescita di una nuova appendice, la coda, che inizia subito ad agitarsi in preda all'ira e all'estasi che il dolore ed il suo stesso sangue che sente in bocca le danno.
I capelli neri iniziano ad allungarsi e folti peli neri ricoprono la pelle fino a nasconderla del tutto ai suoi occhi dilatati. E con questi occhi si guarda le mani: le dita sono anch'esse ricoperte di pelo e le unghie crescono velocemente, incurvandosi in quelli che saranno dei pericolosi artigli. Non riesce a guardare le zampe posteriori, ma di sicuro anche loro sono state coinvolte in quel processo.
Ma questo chiuso, tutto questo chiuso non va bene. È insopportabile.
Guidata dall'istinto, la bestia si alza in maniera malferma sulle zampe posteriori e lascia quel buco soffocante, fino a trovare sollievo con la visione delle due lune.
Sì, le due lune sono davvero uno spettacolo meraviglioso. Sono le sue guide, le sue luci in quella notte di nuova vita.
E ululare le viene naturale, un suono prolungato e quasi melodico che pare quasi voler arrivare al cielo, toccare con la voce almeno una di quelle lune gemelle così lontane. Sì, la notte è il suo regno.
Non ricorda nemmeno come, ma è la bestia si è diretta fuori città, verso i boschi, e qui comincia la sua caccia.
I suoi sensi non sono mai stati così potenti, così utili. Ogni singolo rumore le arriva amplificato, ogni odore pungente e chiaro. La sua preda non avrà scampo.
Lei non corre, lei cavalca il vento. Come ha potuto non iniziare prima? A quattro zampe la velocità è raddoppiata e quasi non fa in tempo a toccare l'erba che subito è ora di abbandonarla per il passo successivo.
Il respiro è cavernoso, il torace si alza e si abbassa velocemente mentre l'odore del bersaglio si fa sempre più forte, sempre più vicino. E il cervo intento ad abbeverarsi non fa nemmeno in tempo ad alzare la testa che il grande lupo gli salta addosso, ghermendolo con i suoi artigli e affondando le zanne nel collo, tingendo l'erba e l'acqua di rosso.
L'ebbrezza di quel liquido scarlatto la fa andare in estasi, un'estasi che dura troppo poco, prima che un nuovo odore, più allettante, più forte, le raggiunga le narici.
Lo sente...sente l'odore degli umani chiamarla.
E lei accorre.
Abbandona il cervo, quasi lanciando via la carcassa sanguinante, poi inizia a correre verso la fonte di quell'odore solitario ed irresistibile.
Rallenta in prossimità di una radura e si alza su due zampe per annusare l'aria: la sua figura pare ancora più possente, con le braccia lunghe, gli artigli frementi e la coda che si agita metterebbe paura a chiunque.
Manca poco. La preda è vicina, basta procedere per...
Un vero e proprio ruggito la fa girare, e l'attimo dopo una sagoma nera la spinge a terra, cercando di braccarla. È un altro lupo, esattamente come lei, perché le sta facendo questo?
Si agita sotto la presa del simile, e liberando un braccio lo ferisce con un'artigliata al muso che lo fa indietreggiare, permettendole di alzarsi.
Una volta in piedi, si guardano.
L'odore di quel licantropo è inconfondibile, lo riconosce, eppure non gli permetterà di farle perdere la sua preda. Gli ringhia contro cercando di spaventarlo, ma in tutta risposta quello le ringhia contro a sua volta: è ovvio che non cederà.
Non ha altra scelta: con un unico balzo raggiunge il licantropo per cercare di colpirlo con un'altra artigliata, ma quello si scansa e, dopo esserle arrivato alle spalle, cerca di braccarla, azzannandole una spalla con i suoi lunghi denti.
Il dolore arriva forte e lancinante, facendola guaire, ma anche la sua reazione è altrettanto rapida:portando le braccia all'indietro afferra la collottola dell'avversario e riesce a lanciarlo via facendolo passare sopra di sé.
Se non fosse assurdo, ad occhio esterno la belva sembrerebbe quasi sorridere. Tuttavia è una sensazione che dura poco, presto i suoi occhi gialli, che non hanno niente di umano, si concentrano sulla sua ferita: sangue scuro cola dalla spalla per tutto il braccio, bruciando su quei due segni che sembrano quasi pulsare, l'odore della sostanza quasi le annebbia i sensi mentre riporta gli occhi sul lupo, che si è rialzato in piedi.
Le gira intorno e lei lo segue costantemente con lo sguardo, finché non salta di nuovo, ma stavolta è pronta: lo accoglie in una stretta in cui si avvinghiano, e rotolando tra il terreno scosceso del bosco, artigliate e morsi si alternano ai loro ringhi e i guaiti, in un tornado di forza e rabbia che si interrompe solo quando la bestia la spinge via, facendole sbattere la schiena.
Si rialza quasi subito, compiaciuta dalla sua forza, e dopo aver scrollato la testa si prepara ad un nuovo scontro. Lei non capisce perché l'altro licantropo le stia facendo questo, ma se vuole combattere sarà accontentato: si corrono incontro e di nuovo il dilaniare di carni ricomincia, più feroce di prima, i guaiti, i ringhi sembrano squarciare l'equilibrio di quella notte dove le due lune sono piene. Viene buttata a terra ed assaltata, ma la prontezza di sollevare le zampe posteriori e ribaltare la situazione la salva dalla poderosa artigliata che invece si è preso l'altro, che inizia a guaire steso a terra. E non si rialza.
Lei ha vinto.
Si rialza, e scrollandosi la polvere e l'erba di dosso si dirige verso la bestia ferita. Non ha fretta, non ha paura. È tempo di pagare il prezzo della sconfitta...
Peccato che il secondo licantropo la pensi diversamente. Perché anche lui è qui?
Non può fare a meno di chiederselo e normalmente non lo attaccherebbe, ma il fatto che i due abbiano interrotto la sua caccia la rende particolarmente nervosa. Gli ringhia contro scoprendo parte delle zanne e le gengive, ma il suo nuovo avversario non sembra accettare la sfida: la osserva, cercando di carpire il più possibile dai singoli movimenti, la invita quasi, e lei non si fa attendere.
Ma quest'avversario non ha niente a che fare con il precedente: prima c'era solo la forza bruta da affrontare, mentre questo lupo è dotato di una grande intelligenza, schiva i colpi, attende quasi placidamente gli assalti di lei, che in pochi minuti è già stanca e con il fiatone, ma soprattutto è al limite della sua pazienza, non le va più di giocare.
Quando attacca di nuovo si aspetta che lui indietreggi o si scansi, perciò viene colta di sorpresa quando si sente opporre una fiera resistenza che vede i due licantropi impegnati in una lotta in piedi sulle zampe posteriori, morsi e graffi non vengono risparmiati.
Un guaito rompe la lotta, ma stavolta è il suo: forse è riuscita ad evitare che l'artigliata al viso le cavasse un occhio, ma il bruciore che sente partire da sotto l'occhio destro fino alla bocca zannuta le brucia, e fa aumentare la sua rabbia vertiginosamente, poco importa che durante il suo momento di distrazione il licantropo avrebbe potuto attaccarla, non ne se cura.
Deve solo pagare.
Si lecca il sangue che esce dalla ferita e si getta di nuovo all'attacco: riesce ad agguantare il lupo, ma quest'ultimo ribalta la situazione spingendola a terra e facendole sbattere la schiena forte sul terreno roccioso e povero di erba. Il pianto che ricorda un cucciolo è davvero il suo? E il dolore che le attraversa la schiena a fitte brevi ma intense quando sparirà?
L'altro si avvicina, non sembra avere intenzioni bellicose, non vuole ucciderla o infierire su di lei, si limita a controllare le sue condizioni...illuso.
Non appena è abbastanza vicino la bestia salta e lo atterra, bloccandogli le zampe con gli artigli, affondando nel pelo fino a sentirlo ringhiare di dolore. Beh, quando affonderà le zanne nella sua gola non sentirà più nulla!
Spalanca la bocca, pronta a colpire, ma di nuovo qualcuno si intromette.
Un terzo lupo le arriva alle spalle e la strattona afferrandola e lanciandola di lato.
Cade di pancia, con il muso sanguinante che le pizzica a causa della polvere e dell'erba, ma nel momento in cui prova ad alzarsi il nuovo arrivato le finisce sopra e le afferra la collottola con i denti, stringendo forte. E stavolta non è solo un guaito a uscire dalla sua gola, ma un vero e proprio ululato di dolore, di rabbia, mentre quella presa forte, più forte dell'acciaio o il metallo che potrebbe piegare non lascia la sua pelle, mentre gli artigli sulle spalle si fanno più pressanti.
Si agita, ringhia e cerca di lottare contro quell'avversario, ma due scontri si fanno sentire, è stanca e ferita, i morsi e la perdita di sangue l'hanno indebolita troppo.
E pian piano i suoi movimenti si fanno più lenti, più affaticati, l'odore di sangue che le annebbia i sensi quasi la spaventa, adesso, perché riconosce che è il suo. Così come riconosce che il nuovo arrivato l'ha sconfitta.
La rabbia e l'adrenalina iniziano a scomparire, e sopraggiunge la stanchezza, poi la debolezza e infine il sonno. Il mondo si fa nero.


Note dell'autrice
Licantropia, YEAH!!!
Non potevo inserire Iris nell'arco della storia dei Compagni senza farle contrarre la licantropia (che per me è dolorosa, si tratta di diventare un bestione di quasi tre metri, il corpo non è abituato, no?) ma spero di avervi presi lo stesso di sorpresa...ce l'ho fatta vero?
*passa palla di fieno*
Per il resto, che dire?
Ecco: Ysgramor. Quel cagnolone immaginario mi ha fatto pena, non c'è niente di più genuino e sincero dell'amore di un cane per il padrone e qui il vecchio segugio lo dimostra. ma ora come si evolveranno le cose con la licantropia? Vi piace come è stato descritto il pezzo finale con gli occhi della bestia? Il rapporto con Vilkas andrà migliorando o peggiorando? Scopritelo nella prossima puntata (?)
Lady Iris
 
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Martykiin
view post Posted on 20/5/2013, 18:32




*___________________________*
 
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view post Posted on 20/5/2013, 19:03

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Amo i licantropi.
Amo Vilkas.
Amo come scrivi.

La mia vita è finalmente completa..
Hai mai pensato di scrivere un libro? Sarei la prima a comprarlo *___*
 
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Lady Iris
view post Posted on 20/5/2013, 19:23




aaaw Maka <3 Come si fa a non amare Vilkas e i licantropi? *_*
scrivere un libro? è in programma da qualche anno, ma per ora è bloccato sullo stesso punto da un anno e cmnq non mi piace più la storia xD ora sto pensando a cosa scrivere^^
Grazie per i commenti a te e Marty <3
 
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Martykiin
view post Posted on 20/5/2013, 19:41




Se tu scrivessi un libro, scommetto che diventerebbe un best-seller :sisi:
 
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Ryuk-Snepsi
view post Posted on 22/5/2013, 11:10




Per i licantropi vi appoggio, ma per Vilkas non se ne parla.... sarà che sono maschio, ma anche se fosse che ci trovate in quel Compagno!? Comunque hanno ragione Sorella, dovresti farlo un bel libro, magari incentrato su di me :ghgh: Sai quanti volumi venderesti!? Miliardi!
 
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view post Posted on 22/5/2013, 12:09

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CITAZIONE
Per i licantropi vi appoggio, ma per Vilkas non se ne parla.... sarà che sono maschio, ma anche se fosse che ci trovate in quel Compagno!?

è un licantropo ed essere licantropo fa di lui un uomo SEXY!

è un guerriero ca**utissimo e ciò fa di lui un uomo SEXY!!

è Impetuoso e passionale e ciò fa di lui un uomo SEXY!!!

Ma soprattutto...ha una voce che come poche....è ciò fa di lui un uomo SEXYYY!!!!

:dance: :dance: :dance:

Voi maschi non potete capire... troppo impegnati a vedere la scollatura di Aela, eh? :asd:
 
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Lady Iris
view post Posted on 22/5/2013, 12:26




CITAZIONE (Ryuk-Snepsi @ 22/5/2013, 12:10) 
Per i licantropi vi appoggio, ma per Vilkas non se ne parla.... sarà che sono maschio, ma anche se fosse che ci trovate in quel Compagno!? Comunque hanno ragione Sorella, dovresti farlo un bel libro, magari incentrato su di me :ghgh: Sai quanti volumi venderesti!? Miliardi!

ma certo, chiamerei la saga: cronache di uno scorfanello che si credeva bello :sisi:

[QUOTE=~Maka,22/5/2013, 13:09 ?t=65234441&st=15#entry534904266]
CITAZIONE
è un licantropo ed essere licantropo fa di lui un uomo SEXY!

è un guerriero ca**utissimo e ciò fa di lui un uomo SEXY!!

è Impetuoso e passionale e ciò fa di lui un uomo SEXY!!!

Ma soprattutto...ha una voce che come poche....è ciò fa di lui un uomo SEXYYY!!!!

:dance: :dance: :dance:

Voi maschi non potete capire... troppo impegnati a vedere la scollatura di Aela, eh? :asd:

Maka, oh Maka!!! *stritola e la riempie di fiorellini* hai proprio afferrato il concetto. Mi dispiace Ryuk, ma non hai possibilità U_U
 
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Ryuk-Snepsi
view post Posted on 22/5/2013, 14:33




CITAZIONE (~Maka @ 22/5/2013, 13:09)
troppo impegnati a vedere la scollatura di Aela, eh? :asd:

ahahahahah quanto è vero... Era un obbligo metterti un +1!
Comunque Iris aspetto il prossimo capitolo :pippone:
 
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323 replies since 7/3/2013, 15:03   10062 views
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